Il tragico terremoto dell'Aquila del 2009 torna a far discutere, al centro del dibattito delle ultime ore la recente sentenza della Corte d'Appello con cui è stato negato il risarcimento alle vittime ritenendo la loro condotta incauta durante la notte dello sciame sismico.
I giudici di secondo grado hanno infatti respinto i ricorsi delle 7 persone offese costituitesi parti civili, ovvero i familiari degli studenti morti sotto le macerie della Casa dello Studente, in via Gabriele D'Annunzio 14.
I genitori di Nicola Bianchi, la mamma e la sorella di Ivana Lannutti, i familiari di Carmelina Iovine e Sara Persichitti, così come le famiglie di Enza Terzini, Michele Strazzella, Daniela Bortoletti e Tonino Colonna avevano chiesto la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il pagamento dei danni patrimonali e non patrimoniali.
Terremoto dell'Aquila: cosa accadde nella Casa dello Studente
Il terremoto dell'Aquila nella notte del 6 aprile 2009 continua a spaccare l'Italia, ritornando al centro delle polemiche a seguito della recente sentenza emessa dalla Corte d'Appello omonima.
I giudici, investiti dell'impugnazione al termine del primo grado, sono stati chiamati a valutare la richiesta di risarcimento delle parti civili: Nicola Bianchi, Enza Terzini, Carmelina Iovine, Sara Persichitti, Michela Strazzella, Tonino Colonna, Daniela Bortoletti i nomi degli studenti travolti dalle macerie del sisma.
La Commissione Grandi Rischi, riunitasi il 31 marzo 2009 (quindi, 5 giorni prima del terremoto), aveva provveduto a rassicurare la popolazione locale con messaggi incoraggianti sulla fine dello sciame sismico.
Durante quei giorni, l'allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, veniva sostituito da Bernardo De Bernardinis con lo scopo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle settimane precedenti.
Attenutisi alle dichiarazioni rassicuranti, gli aquilani non sarebbero stati indotti ad adottare le precauzioni necessarie, rimanendo in casa nelle notti a seguire.
La condotta incauta delle vittime
Secondo i giudici di secondo grado, gli studenti avrebbero saputo di vivere in un edificio poco sicuro e nonostante questo avrebbero accettato il rischio di rimanere all'interno della Casa dello Studente durante gli episodi sismici.
Proprio come Nicola Bianchi che sarebbe rimasto in casa per studiare e sostenere un esame il giorno dopo.
La Corte d'Appello dell'Aquila ha definito questo comportamento come "condotta incauta" poichè gli studenti non sarebbero morti perchè rassicurati dalle informazioni diramate dal collegio di esperti che si avvicendavano alla tv locale in quelle ore (e dunque convinti a rimanere nello studentato), ma piuttosto a causa di un comportamento inosservante dell'obbligo di diligenza e delle opportune cautele.
Le dichirazioni di Massimo Cialente, sindaco dell'epoca, De Bernardinis e dell'assessore regionale, Stati, si sarebbero limitate a descrivere i dati oggetto della loro valutazione scientifica, senza apportare alcun contributo teso a contraddire o minimizzare quanto stesse succedendo.
Risarcimento negato alle parti civili
La sentenza emessa dalla Corte d'Appello dell'Aquila assolve da ogni colpa la Commissione Grandi Rischi.
Stando ai giudici di secondo grado non ci sarebbero elementi bastevoli a dimostrare il nesso di causalità tra la condotta degli studenti e le dichiarazioni pubbliche rese dagli esperti. In tal modo non sarebbe possibile affermare che le vittime siano state rassicurate (quindi indotte) a rimanere in casa.
Per i giudici, in conclusione, "iil compendio probatorio acquisito (ovvero la convocazione della riunione, i verbali della stessa, così come deposizioni testimoniali), al di là del convincimento del capo del Dipartimento di Protezione civile emerso nel corso della conversazione casualmente intercettata tra lo stesso (Bertolaso) e l'assessore regionale (Stati) ha smentito o, comunque, non ha dato conferma della tesi che gli esperti partecipanti alla riunione del 31 marzo – ad esclusione del De Bernardinis, vice di Bertolaso, il quale, peraltro, alla stessa non diede alcun contributo scientifico – avessero, a priori, l'obiettivo di tranquillizzare la popolazione e, quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati oggetto della loro valutazione scientifica. Tesi che le parti appellanti ripropongono in termini meramente assertivi senza misurarsi con le risultanze istruttorie".
Le richieste di risarcimento delle parti civili sono state rigettate, che anzi adesso sono tenute al pagamento delle spese processuali.