La Corte di cassazione, sezione I civile, con ordinanza dell’8 gennaio 2024, n. 511, ha stabilito che è legittimo il rifiuto dell’Ufficiale dello stato civile, il quale non voglia registrare nell’atto di nascita due donne come madri di un bambino nato a seguito di procreazione medicalmente assistita, poiché tale atto risulterebbe contrario alle norme dell’ordinamento interno.
Questa sentenza si inserisce nel solco tracciato dalla Cassazione ormai da anni, e ribadisce i principi espressi dai Giudici anche con riguardo ad altri casi rispetto ai quali erano stati sollevati dubbi, avuto riguardo ai diritti di due madri unite sentimentalmente.
Vediamo i fatti di causa e la decisione della Corte di Cassazione.
I fatti di causa
Caia si era sottoposta in Danimarca alla fecondazione eterologa, con seme di donatore anonimo e con il consenso di Mevia.
A seguito della pratica di procreazione medicalmente assistita (PMA), era nato il loro figlio.
Le due donne avevano chiesto che nell'atto di nascita fosse dato atto che il bambino era stato procreato con la PMA di tipo eterologo con il consenso di Mevia e che dunque entrambe le donne fossero riconosciute come genitrici.
L'Ufficiale di Stato Civile aveva opposto il proprio rifiuto nei confronti della madre che viene definita “intenzionale”, ovvero Mevia, di procedere alla dichiarazione di riconoscimento di filiazione naturale, perché tale riconoscimento è in contrasto con l'art.250 c.c. che fa riferimento a genitori di sesso diverso.
Viene infatti stabilito, all’art. 250 c.c., primo comma, che: “Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente”.
Caia e Mevia chiesero, quindi, al Tribunale di Pisa di accertare l'illegittimità del provvedimento dell'Ufficiale di Stato Civile e che fosse ordinata la rettificazione dell'atto di nascita.
Esse sostennero che, sulla base della legge n. 40/2004 era possibile riconoscere la qualifica di genitore anche al coniuge omosessuale che dia il proprio consenso alla fecondazione eterologa dell'altro coniuge.
Le donne chiesero, inoltre, l’applicazione della legge del Wisconsin, affermando che questa consentiva la omogenitorialità, a seguito della fecondazione eterologa.
Il Tribunale decise di rimettere la controversia alla Corte costituzionale, poiché dubitava della legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 29, comma 2, del d.P.R. n. 396/2000, 250 c.c., 5 e 8 della legge n. 40/2004.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 237/2019, dichiarò l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale.
A seguito della riassunzione del giudizio, il Tribunale respinse il ricorso e affermò la legittimità del rifiuto opposto dall'Ufficiale di Stato Civile.
Quanto alla richiesta di applicabilità della legge del Wisconsin, il Tribunale affermò che "nessuna equiparazione appare possibile sulla base delle norme e della giurisprudenza rilevante e deve escludersi che il minore abbia acquisito nello Stato di cittadinanza della madre lo status di figlio della madre e della co-madre e pertanto non può farsi luogo a riconoscimento di tale status nel nostro ordinamento ai sensi dell'art. 33 cit".
La Corte di appello si espresse in senso contrario, accogliendo il ricorso contro la decisione di primo grado.
L'ordinanza della Corte di cassazione
Secondo la Corte, l'unico strumento utilizzabile ai fini della contestazione della legittimità del rifiuto opposto dall'ufficiale di stato civile è il procedimento di rettificazione ex art.95, comma 1, dPR n.396/2000.
Nel caso in esame, ha specificato la Cassazione, si tratta della formazione di un atto di nascita richiesto all'ufficiale di stato civile italiano e la legislazione applicabile è esclusivamente quella nazionale, nel rispetto delle modalità indicate dall'art. 30 del dPR n.396/2000 previa verifica, in capo al soggetto che effettua la dichiarazione, della condizione di paternità o maternità.
In questo ambito, ha chiarito la Corte di cassazione, va valutata la legittimità del rifiuto opposto dall'Ufficiale di stato civile.
Le disposizioni che regolano l'ordinamento dello stato civile non rientrano nel campo della legge n.218/1995, e secondo la Corte “ciò trova conferma nello stesso dettato dell'art.33 della legge n.218/1995, che è rubricato "filiazione" e concerne i criteri di individuazione del diritto applicabile per determinare lo status di figlio, e non già la disciplina regolamentare di formazione degli atti di nascita che hanno funzione probatoria e non costitutiva del diritto di status”.
Per la Cassazione, in definitiva “L'applicazione dell'art.33 DIP da parte della Corte di appello ha realizzato dunque una evidente violazione di legge perché ha consentito la formazione, attraverso un'operazione interpretativa della normativa americana, di un atto di nascita di un bambino nato in Italia con l'applicazione diretta del diritto straniero, laddove ciò non è consentito all'ufficiale di stato civile in ragione del precipuo e limitato esercizio dei poteri di carattere pubblico attribuitigli, da cui esorbitano quelli costituivi dello status filiationis, status che può conseguire alla diretta applicazione della legge nazionale ex art.231 e seg. cod.civ. ed ex lege n.40/2004, ove ne ricorrano i presupposti ivi previsti, e/o all'esito dell'esperimento delle azioni di stato e/o in caso di trascrizione in Italia dell'atto di nascita formato all'estero, relativo a un minore, figlio di madre intenzionale italiana e di madrebiologica straniera (Cass. n. 23319/2021) o di una sentenza straniera, ipotesi tutte non ricorrenti nel caso in esame”.
La Cassazione ha dunque cassato la decisione senza rinvio poiché “la controversia va infatti decisa nel merito, ex art. 384, secondo comma, cod.proc.civ., con il rigetto dell'originaria domanda, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e restando assorbite tutte le altre questioni”.
Le spese dell'intero giudizio sono state collocate a carico delle donne in solido.