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19 Luglio 2024
11:16

Suicidio assistito e fine vita: la decisione della Consulta sui requisiti e il concetto di trattamenti di sostegno vitale

La Corte costituzionale con la sentenza n. 135 depositata nella giornata di giovedì 18 luglio ha ritenuto infondate le questioni di illegittimità costituzionali provenienti dal giudice di Firenze sulla scorta dell’art. 580 c.p., allo scopo di estendere la non punibilità del suicidio assistito al di là dei margini precedentemente fissati dalla Consulta risalenti al 2019.

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Suicidio assistito e fine vita: la decisione della Consulta sui requisiti e il concetto di trattamenti di sostegno vitale
Dottoressa in Giurisprudenza
Suicidio assistito e fine vita: la decisione della Consulta sui requisiti e il concetto di trattamenti di sostegno vitale

La Corte costituzionale con la sentenza n. 135 depositata nella giornata di giovedì 18 luglio ha ritenuto infondate le questioni di illegittimità costituzionali provenienti dal giudice di Firenze sulla scorta dell’art. 580 c.p., allo scopo di estendere la non punibilità del suicidio assistito al di là dei margini precedentemente fissati dalla Consulta risalenti al 2019.

La vacatio legis in tema di fine vita chiama nuovamente i giudici di legittimità a una riflessione sul “diritto di morire” espresso da chi necessiti di una perdurante assistenza farmacologica in ragione della patologia e che per questo abbia perso la propria autonomia vitale.

Al centro del nostro ordinamento, ricordiamo, vi è la tutela della vita umana intesa come diritto inviolabile ricondotto all’interno dell’art. 2 della Costituzione.

Secondo la Consulta, la dipendenza del paziente dai trattamenti di sostegno deve essere commisurato ad alcuni requisiti accertati dal servizio sanitario nazionale.

I requisiti necessari per il fine vita

Il servizio sanitario nazionale è chiamato a valutare lo stato del paziente, o meglio analizzare i requisiti per accedere al suicidio assistito:

  • presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili;
  • irreversibilità della patologia;
  • dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale;
  • capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli.

La Corte costituzionale con la sentenza n. 135/2024 conferma quindi le modalità procedurali di valutazione e i requisiti già stabiliti nella precedente sentenza n. 242/2019.

Esteso il concetto di trattamenti di sostegno vitale

La sentenza attuale getta le basi all’estensione del concetto di “trattamenti di sostegno vitale”.

Questi devono essere interpretati alla luce della cd. autodeterminazione terapeutica, cioè il riconoscimento fondamentale del diritto del paziente a poter rifiutare ogni tipologia di trattamento sanitario praticato sul proprio corpo, e ciò indipendentemente dal grado di complessità tecnica o di invasività.

Ne sono un esempio l’aspirazione del muco dalle vie bronchiali, l’inserimento di cateteri oppure l’evacuazione manuale che, solitamente effettuate da personale sanitario, possono essere compiute anche da familiari o caregivers istruiti all’assistenza del malato e sempre che la loro interruzione possa presumibilmente condurre alla morte in tempi brevi.

Secondo la Consulta, per poter ricorrere al fine vita, il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale non può e non deve determinare disparità di trattamento tra i pazienti.

In conclusione, il paziente già sottoposto a questo tipo di trattamento e il malato che non vi sia ancora stato sottoposto ma che, in ragione dell’avanzamento della patologia, renda necessario ricorrere a terapie specifiche per sostenere le funzioni vitali devono essere posti sullo stesso piano: entrambi possono legittimamente rifiutare il trattamento, purchè si trovino già nelle condizioni indicate dalla sentenza n. 242 del 2019.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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