La Corte costituzionale ha affermato la legittimità della cd. “sugar tax”, ovvero dell’imposta che colpisce la cessione e l’immissione in commercio delle bevande analcoliche zuccherate.
La Corte costituzionale, infatti, con sentenza del 26 marzo 22024, n.49 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 661 a 676, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, con riguardo agli artt. 3 e 53 della Costituzione, sollevata con ordinanza dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
La sugar tax è infatti giustificata dal fatto che tali bevande analcoliche, per la loro particolare composizione, provocano malattie come diabete e obesità.
Non vi sarebbe, inoltre, una irragionevolezza nella scelta del legislatore che non ha imposto la sugar tax anche su altri prodotti alimentari.
L'introduzione della sugar tax con riguardo alle bevande analcoliche, infatti, sarebbe stata effettuata proprio sulla base delle evidenze scientifiche.
I fatti di causa
Con ordinanza del 14 novembre 2022, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 661 a 676, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, “nella parte in cui ha assoggettato ad imposta sul consumo i soli prodotti rientranti nelle voci NC 2009 e 2202 della nomenclatura combinata dell’Unione europea (ossia certe bevande analcoliche) ottenuti con l’aggiunta di edulcoranti, e non anche altri prodotti alimentari diversi dalle bevande ma parimenti contraddistinti dall’aggiunta dei medesimi edulcoranti”.
L’art. 1 della legge n. 160 del 2019 ha introdotto, infatti, ai commi da 661 a 676, l’imposta sul consumo delle bevande analcoliche cui siano state aggiunte sostanze edulcoranti, di origine naturale o sintetica, per ridurre la diffusione dell’obesità e del diabete, collegate all’abuso di zuccheri aggiunti.
Il TAR Lazio, in particolare, ha ritenuto non manifestamente infondata la censura di violazione del principio di eguaglianza tributaria, di cui agli artt. 3 e 53 Cost., secondo cui “a situazioni eguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario diseguale”.
Il TAR Lazio ha richiamato, a tal proposito, il consolidato indirizzo della stessa Corte costituzionale in base al quale il “legislatore ordinario può assumere, quali soggetti passivi di imposta idonei a concorrere alle pubbliche spese, anche coloro che pongono in essere presupposti aventi una rilevanza economico-sociale, ma non necessariamente anche patrimoniale”, e questo “a condizione che siano oggettivamente rilevabili, si prestino ad essere comparati con altre situazioni fiscalmente rilevanti e siano misurabili economicamente”.
Secondo questa impostazione, ogni prelievo tributario deve trovare la causa giustificatrice in “indici concretamente rilevatori di ricchezza” da cui sia “razionalmente deducibile l’idoneità soggettiva all’obbligazione d’imposta”.
Ciò premesso, il TAR Lazio ha ritenuto che la disciplina in questione contrastasse con il principio di eguaglianza tributaria risultante dal combinato disposto degli artt. 3 e 53 Cost., poiché colpisce fiscalmente le sole bevande analcoliche contenenti sostanze edulcoranti (eccedenti una certa soglia) e non anche altri prodotti alimentari contenenti le stesse sostanze.
In sostanza, per il Tar Lazio, sarebbe stata introdotta una differenziazione di trattamento fiscale non supportata da alcun criterio giustificativo.
Al fine di soddisfare il principio di eguaglianza e ragionevolezza, il legislatore avrebbe dovuto esporre le ragioni per cui tale obiettivo deve essere perseguito effettuando l’imposizione solo sugli edulcoranti contenuti nelle bevande analcoliche e non su quelli contenuti in altri prodotti alimentari.
La sentenza della Corte costituzionale
Per la Corte costituzionale, nel merito, la questione sollevata non è fondata.
La stessa Corte costituzionale infatti, ha affermato in molteplici circostanze, che il principio dell’eguaglianza tributaria, desumibile dal combinato disposto degli artt. 3 e 53 Cost., impone che “ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione” (sentenza n. 288 del 2019).
Questo poiché il legislatore gode di “un’ampia discrezionalità in relazione alle varie finalità alle quali s’ispira l’attività di imposizione fiscale” (sentenza n. 108 del 2023).
Sulla base di queste premesse è stato affermato che “non è di per sé lesivo del principio di uguaglianza e di capacità contributiva il fatto che il legislatore individui, di volta in volta, quali indici rivelatori di capacità contributiva, le varie specie di beni patrimoniali sia di natura mobiliare che immobiliare (sentenza n. 111 del 1997)”.
Tuttavia, “[l]a possibilità di imposizioni differenziate […], anche se non vietata dagli artt. 3 e 53 Cost., deve pur sempre ancorarsi a una adeguata giustificazione obiettiva”.
Del resto, ha precisato la Corte, “nell’ordinamento nazionale, il trattamento tributario riservato ai singoli prodotti alimentari è già ampiamente differenziato: basti pensare al caso dell’IVA che, in base a quanto disposto dalla Tabella A, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, in linea con il diritto dell’Unione europea in materia di IVA armonizzata, si applica alle varie tipologie di prodotti con aliquote diverse (4, 5, 10 o 22 per cento), in base a ragioni commerciali, politiche o anche solo di opportunità”.
La giustificazione dell’introduzione della imposta sulle bevande analcoliche edulcorate, per la Corte “discende dalla attitudine delle stesse, per la loro particolare composizione, a provocare diabete, obesità e altre patologie non trasmissibili: attitudine puntualmente attestata da studi scientifici riversati in raccomandazioni di organismi internazionali specificamente volti a suggerire l’imposizione fiscale sulle medesime bevande (così significativamente si legge nel già richiamato rapporto pubblicato dall’Ufficio europeo dell’OMS nel 2022)”.
È proprio questa “specifica attestazione scientifica a porsi all’origine sia del presupposto dell’imposta, individuato nella cessione e/o immissione in commercio sul territorio nazionale delle bevande analcoliche edulcorate; sia della base imponibile, individuata nel quantitativo di bevanda immessa in commercio per il consumo (e non della sostanza edulcorante in quanto tale); sia, infine, dei soggetti passivi della medesima imposta, individuati nei produttori (condizionatori o acquirenti o importatori) delle medesime bevande”.
Inoltre, “La medesima giustificazione scientifica risulta, inoltre, sufficiente a impedire che i prospettati profili di omogeneità, rispetto alle citate bevande, di altri prodotti alimentari edulcorati raggiungano una soglia di evidenza tale da rendere arbitraria, e quindi irragionevolmente discriminatoria, la scelta impositiva del legislatore (sentenze n. 108 del 2023, n. 240 del 2017, n. 10 del 2015, n. 142 del 2014 e n. 116 del 2013)”.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 661 a 676, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sollevata, con riguardo agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda.