Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte consiste in un comportamento ingannevole posto in atto dal contribuente per non pagare all’erario quanto dovuto.
I tributi oggetto di questa figura di reato sono le imposte sui redditi e l’imposta sul valore aggiunto.
Come efficacemente stabilito dalla Corte di cassazione, con sentenza del 20 febbraio 2023, n. 7041, “il legislatore ha inteso evitare che il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell'Erario”.
Il fulcro della previsione contenuta all'articolo 11 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 risiede, dunque, nella situazione ingannevole creata dal contribuente per raggiungere una finalità specifica: quella di sottrarsi al pagamento delle imposte.
La Corte ha inoltre chiarito che: “La norma punisce due distinte condotte: l'alienazione simulata ed il compimento di atti fraudolenti. Per quanto qui interesse, per atto fraudolento (cfr. Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, Di Tullio, Rv. 268798,) deve intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dalla alienazione simulata, sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque rendendo più difficoltosa l'azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell'Erario” (Corte di cassazione, sentenza del 20 febbraio 2023, n. 7041).
Cos'è il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e in che cosa consiste
Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte consiste nella condotta di chi, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di interessi o sanzioni amministrative per un ammontare superiore a cinquantamila euro, compie atti fraudolenti sui propri beni o sui beni altrui onde rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.
La pena è quella della reclusione da sei mesi a quattro anni e se l’ammontare di imposte, sanzioni e interessi è superiore a duecentomila euro, si applica la reclusione da un anno a sei anni.
Viene inoltre perseguita la condotta di chi, onde ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a euro cinquantamila.
La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni.
Se l’ammontare è superiore a duecentomila euro, si applica la pena della reclusione da un anno a sei anni.
Quali sono le imposte oggetto del reato
Le imposte oggetto del reato sono le imposte sui redditi e le imposte sul valore aggiunto.
Elementi costitutivi del reato
Gli elementi costitutivi del reato sono:
- quello oggettivo: la condotta fraudolenta del soggetto che rende inefficace la procedura di riscossione coattiva ovvero indica un attivo o un passivo difformi dalla realtà nella documentazione: sul punto, la Cassazione ha specificato, quanto all’oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, che “non è il diritto di credito del fisco, bensì la garanzia generica data dai beni dell'obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell'imposta e dei relativi accessori” (Corte di cassazione, sentenza del 20 febbraio 2023, n. 7041);
- quello soggettivo: il dolo specifico dell’agente ovvero la coscienza e volontà del soggetto agente di compiere l’azione, accompagnate dalla finalità concretamente perseguita, ovvero quella di sottrarsi al pagamento delle imposte dovute. L’agente, cioè, deve compiere una condotta finalizzata alla sottrazione all’erario del pagamento dovuto.
Come chiarito dalla Corte di cassazione, sez.III penale, con sentenza del 10 maggio 2023, n. 19603, al fine della configurabilità del reato “non è più necessario l'effettivo avvio di un qualsiasi accertamento fiscale, essendo ora sufficiente che l'azione sia idonea a rendere inefficace l'esecuzione esattoriale, configurandosi dunque l'illecito penale in termini di reato di pericolo concreto (sul punto cfr. Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2006, Pass., Rv. 266771″ cit.), integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell'Erario – a pregiudicare l'attività recuperatoria dell'amministrazione finanziaria (Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, F., Rv. 274066)”.
Con riguardo, in particolare, alla nozione di "atti fraudolenti", la Cassazione ha stabilito che “devono ritenersi tali tutti quei comportamenti che, quand'anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, dovendosi cioè ravvisare l'esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all'esecuzione”.
Atto fraudolento è dunque “qualsiasi atto, connotato da una componente di artificio, inganno o menzogna, che sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio – o comunque rendendo più difficoltosa – l'azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell'Erario”.
Gli atti compiuti dall'obbligato, “oggettivamente idonei a eludere l'esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando siano connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, così mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa la procedura di riscossione coattiva”.
Quali sono i soggetti attivi e passivi del reato e quali sono i loro ruoli
I soggetti attivi del reato sono i contribuenti, soggetto passivo è l’erario.
Quali sono gli elementi oggettivi del reato
L’elemento oggettivo del reato è costituito dalla condotta di colui che compie un atto fraudolento al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte.
Atto fraudolento è dunque ogni azione caratterizzata da una componente di artificio o inganno idonea a mettere a repentaglio l'azione di recupero del bene, in questo modo sottratto alle ragioni dell'Erario.
Quali sono gli elementi soggettivi del reato
L’elemento soggettivo è il dolo specifico, come ha chiarito la Cassazione, con sentenza del 12 settembre 2018 n. 40442, che ha stabilito che il dolo specifico “ricorre quando l’alienazione simulata o il compimento di altri atti fraudolenti, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, siano finalizzati alla sottrazione al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrativi relativi a dette imposte”.
Quando si configura il reato di sottrazione fraudolenta
Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte si configura quando un soggetto che deve pagare determinate imposte, si sottrae al pagamento delle stesse compiendo atti fraudolenti ovvero ingannevoli e artificiosi.
Viene inoltre punita la condotta di chi indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a euro cinquantamila.
Sanzioni e conseguenze del reato
La pena per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è quella della reclusione da sei mesi a quattro anni.
Se l’ammontare delle somme evase è superiore a euro duecentomila si applica la reclusione da uno a sei anni.
Chi indica elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o passivi fittizi è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Se l’ammontare è superiore a duecentomila euro, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni.
Quali sono le pene previste per il reato e quali sono i criteri di determinazione
La pena prevista è quella della reclusione da sei mesi a quattro anni.
Il criterio di determinazione è legato, in primo luogo, all’entità delle somme evase.
Se l’ammontare di queste ultime è superiore a euro duecentomila si applica la reclusione da uno a sei anni.
Per quanto riguarda, invece, chi indica elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o passivi fittizi è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Se l’ammontare è superiore a duecentomila euro, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni.
Vengono inoltre previste pene accessorie (art. 12 D.lgs. n. 74/2000):
- “l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni”;
- “l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni”;
- “l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni”;
- “l'interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria”;
- “la pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 36 del codice penale”.
Quali sono le circostanze aggravanti e attenuanti del reato e quali sono gli effetti
All'13-bis D.lgs. n. 74/2000 è stabilito è stabilita una circostanza attenuante: “Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell'articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie”.
Le pene sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, i debiti tributari vengono integralmente pagati.
Le pene sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista attraverso l’elaborazione di modelli di evasione fiscale.
Quali sono le misure cautelari e preventive applicabili al reato e quali sono le condizioni
All’art. 12-bis è stabilito che nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato.
La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro.
Quanto all’ammissibilità del sequestro preventivo preordinato alla confisca, la Corte di cassazione, con sentenza n. 44557/2019 ha statuito, richiamando l’orientamento consolidato della stessa Corte, che: “è legittimo il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca che presenti una struttura “mista”, prevedendo, in via principale, la sottoposizione a vincolo, a titolo di sequestro diretto, del profitto dei reati conseguito dalla persona giuridica e, subordinatamente all’accertata impossibilità di esecuzione di questo, il sequestro di un valore equivalente nella disponibilità del legale rappresentante dell’ente”.
E’ dunque ammissibile il sequestro preventivo diretto del profitto dei reati e del sequestro per equivalente qualora la prima tipologia di sequestro non sia possibile.
Quando non si configura il reato
Non si configura il reato quando la violazione della norma tributaria dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sul suo ambito di applicazione.