La Corte di cassazione si è pronunciata in ordine a un caso in cui un uomo, dopo aver scoperto di non essere il padre biologico di suo figlio con un test, aveva chiesto la restituzione delle somme corrisposte alla ex moglie per anni.
La Cassazione ha considerato inammissibile il ricorso.
Vediamo cosa ha stabilito la Cassazione.
I fatti di causa
Tizio evocava in giudizio l'ex coniuge dopo aver scoperto, a seguito di un test, di non essere il padre biologico di suo figlio.
Per questo motivo chiedeva la nullità o l'annullamento del decreto di omologa del verbale di separazione personale del 1989 nella parte in cui la separazione veniva qualificata come consensuale e non invece con addebito nei confronti della ex coniuge, con la conseguente condanna di quest'ultima, ex art. 2041 c.c., alla restituzione di tutte le somme ricevute a titolo di assegno di mantenimento e al risarcimento dei danni, anche morali, ex art. 2043 c.c.
Il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile la domanda.
La Corte d'appello di Roma considerava improcedibile la domanda di addebito proposta al di fuori del giudizio di separazione.
Veniva proposto ricorso in Cassazione.
La sentenza della Corte di cassazione
La Corte di cassazione ha considerato il ricorso inammissibile.
La Corte distrettuale, infatti, aveva rilevato che in sede di separazione nulla era stato disposto a titolo di mantenimento in favore della moglie, in quanto i due coniugi erano economicamente indipendenti.
A fronte di questi accertamenti, ha chiarito la Corte di cassazione, "la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un'inammissibile richiesta di rivisitazione nel merito".
La Corte territoriale aveva inoltre escluso la ripetibilità delle somme corrisposte a titolo di assegno divorzile poiché tali quote sono del tutto estranee all'eventuale annullamento della separazione consensuale omologata.
Sotto questo profilo, ha chiarito la Cassazione, "il mezzo in esame non si confronta in alcun modo con la statuizione impugnata, malgrado il ricorso per cassazione debba necessariamente contestare in maniera specifica, a pena di inammissibilità, la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata".
Per questi motivi la Corte ha infine dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese.