Il salario minimo è secondo molte persone necessario al fine di ridurre le disuguaglianze salariali, la povertà e per aumentare il benessere dei lavoratori. Tuttavia, non tutti sono d'accordo, in quanto c'è il rischio di mettere ai margini la contrattazione collettiva.
Cos’è il salario minimo?
Il salario minimo è la retribuzione oraria minima che un datore di lavoro deve offrire a un lavoratore. Oggi se ne parla perché in Italia non esiste, ma c’è l’ipotesi di introdurlo e, se verrà introdotto, sarà probabilmente di 9€ lordi all’ora. L’idea dietro al salario minimo è quella di ridurre la povertà e le disuguaglianze salariali, aumentare il benessere delle persone che lavorano e portare a un incremento conseguente dei consumi. Questo, però, sarà possibile solo se il salario minimo sarà in linea con la produttività dei lavoratori. In caso contrario, sarà insostenibile per le aziende e gli effetti saranno gli opposti.
Il salario minimo serve in Italia?
In Italia il salario minimo potrebbe non essere conveniente. A dirlo è la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, la quale sostiene che sia più opportuno puntare sulla contrattazione collettiva, come si è sempre fatto. Cioè, sull’accordo tra associazioni datoriali come Confindustria, Confcommercio e altre associazioni, e sindacati dei lavoratori come CGIL, CISL e UIL, CISAL, UGL e altri. Il motivo è che con la contrattazione collettiva si stipulano i contratti collettivi, i quali prevedono i vari livelli di retribuzione dei lavoratori e i relativi livelli minimi degli stipendi lordi. Cosa succede se un’azienda non ha aderito a nessun contratto collettivo? I datori di lavoro, se non hanno aderito a nessun contratto collettivo, non possono comunque offrire retribuzioni inferiori rispetto a quelle previste dal CCNL. E, nel caso non esistesse nessun CCNL si guardano le retribuzioni del contratto collettivo del settore più affine.
Come capire se il salario minimo converrebbe in Italia?
Per determinare la potenziale utilità del salario minimo, quello che si può fare, è valutare i livelli minimi retributivi dei contratti più rappresentativi, cioè che comprendono più lavoratori. Per esempio, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha verificato i 63 contratti collettivi più rappresentativi. Cosa significa “livelli minimi retributivi”? In pratica, per ognuno di questi contratti, si è visto il minimo retributivo per il livello di inquadramento più basso (quota TFR, ratei di tredicesima e quattordicesima compresi). La cosa interessante che emerge da questo studio è che di questi contratti, ben 39 su 61, hanno una retribuzione minima oraria superiore ai 9 euro. Inoltre, la maggioranza dei contratti con il minimo sotto i 9 euro l’ora, hanno comunque minimi superiori agli 8 euro. Guardando il numero totale di lavoratori compresi tra i vari contratti esaminati, l’81,8% ha paghe superiori ai 9 euro l’ora.
Alla luce di questi dati, non converrebbe adottare il salario minimo per alzare lo stipendio a chi ha paghe orarie inferiori ai 9€ lordi l’ora? In realtà, le controindicazioni sono molte. Innanzitutto, con un’imposizione della legge, si rischierebbe di mettere ai margini la contrattazione collettiva, che invece è stata efficace nel mettere d’accordo i rappresentanti dei datori di lavoro e lavoratori sul salario. Inoltre, il salario minimo potrebbe creare problemi di liquidità alle aziende che dovessero trovarsi costrette ad alzare di colpo gli stipendi.
Come aiutare chi è sottosoglia?
Probabilmente, calare dall’alto una retribuzione lorda minima non è conveniente, meglio puntare sulla contrattazione collettiva cercando di favorire obiettivi diversi. Forse converrebbe di più concentrarsi sul salario minimo netto percepito dal lavoratore e non sul salario minimo lordo, il cui costo è a carico del datore di lavoro e che per il lavoratore verrà tassato.
Come alzare il salario minimo netto percepito dal lavoratore?
Favorendo maggiormente la contrattazione collettiva, le aziende ed i lavoratori che puntano sulla retribuzione mista, cioè sulla retribuzione in denaro e in beni e servizi (per esempio premi di risultato, welfare aziendale, buoni spesa e buoni pasto). In conclusione, la partita per aumentare i salari dei lavoratori, in questo momento, è più trasversale rispetto all’aumento della retribuzione oraria in busta paga.