Nel caso in cui l’assicurazione ritardi nel pagamento del risarcimento assicurativo, il primo mezzo di tutela è rappresentato dal reclamo alla compagnia assicurativa. Se la compagnia assicurativa non fornisce riscontro alla richiesta, ci si può rivolgere all’IVASS.
Quanto tempo ha l’assicurazione per pagare un danno?
I tempi di pagamento da parte dell’assicurazione per i danni derivanti da un sinistro sono indicati ai sensi dell’art. 148 del Codice delle assicurazioni:
- per i sinistri con soli danni a cose: l’impresa di assicurazione formula offerta al danneggiato entro sessanta giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento, ovvero comunica in maniera specifica i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Se il modulo di denuncia è sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro il termine di sessanta giorni è ridotto a trenta .
- Per i sinistri con danni anche a persone o in ipotesi di decessi: l’impresa di assicurazione formula offerta di risarcimento entro novanta giorni.
Cosa fare se l’assicurazione non paga in tempo il risarcimento: il reclamo
Può verificarsi l’ipotesi in cui, decorsi i termini stabiliti dall’art. 148 del Codice delle assicurazioni, la compagnia assicurativa non paghi. In queste ipotesi, come primo passo, è possibile inoltrare un reclamo alla compagnia assicurativa stessa. Presso ogni impresa assicurativa, infatti, vi è un Ufficio reclami che ha il dovere di esaminare ogni richiesta ricevuta e fornire risposta entro quarantacinque giorni.
Qualora non si riceva risposta nel termine indicato oppure qualora la risposta fornita non appaia soddisfacente, è possibile effettuare reclamo all’IVASS, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, che è tenuta a verificare i fatti e ad applicare all’impresa assicurativa le sanzioni previste in ipotesi di ritardo immotivato.
Cosa fare in caso di rifiuto del risarcimento
Può accadere che la compagnia assicurativa si rifiuti di pagare il risarcimento, poiché, ad esempio, c’è un sospetto di frode o la documentazione fornita non appare esaustiva.
In questi casi è opportuno rivolgersi a un avvocato, il quale valuterà la possibilità di esperire un’azione legale, volta ad accertare la dinamica del sinistro e la sussistenza effettiva dell’ obbligo in capo alla compagnia assicurativa di pagare il risarcimento dei danni.
Gli effetti della mora debendi dell’assicuratore
Con riguardo al tema degli effetti della mora debendi dell’assicuratore, è utile esaminare una recente ordinanza della Corte di cassazione, sez. III, del 21 agosto 2023, n. 24893, in occasione della quale sono state tracciate utili coordinate ermeneutiche.
Come ha ricordato la Corte, la mora debendi dell’assicuratore nei confronti del terzo danneggiato viene spesso definita, dalla prassi forense e giudiziaria, quale "mala gestio impropria": ma, come ha chiarito la stessa Cassazione, questa è espressione atecnica.
Questo poiché un’ipotesi di cattiva gestione degli interessi altrui può essere riferita esclusivamente al rapporto tra assicurato e assicuratore; mora e mala gestio in questo caso sono dunque concetti non coincidenti. Come ha precisato la Corte, “la mora e' l'effetto dell'inadempimento d'una obbligazione di dare; la mala gestio e' invece l'inadempimento di una obbligazione di fare (la cura degli interessi dell'assicurato)”.
Di conseguenza, l'assicuratore che incorra nella mala gestio nei confronti dell'assicurato può essere tenuto al pagamento di somme eccedenti il massimale sia a titolo di interessi e anche a titolo di capitale.
Nel rapporto tra assicuratore e danneggiato, invece, l'assicuratore ricopre la veste di debitore, e la mora dell'assicuratore avrà le conseguenze di cui all'articolo 1224 c.c. e cioè, come ha specificato la Corte, “l'obbligo di pagamento di somme eccedenti il massimale a titolo di interessi o maggior danno ex articolo 1224 c.c., ma mai a titolo di capitale”.
Di conseguenza, il terzo danneggiato il quale intenda ottenere la condanna dell'assicuratore al pagamento del danno da mora deve formulare domanda di pagamento degli interessi o del maggior danno.
Massimale capiente e obbligazione di valore
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 21 febbraio 2018, n. 4138 ha stabilito che “L'obbligazione dell'assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli nei confronti della vittima di un sinistro stradale ha natura di debito di valuta; essa tuttavia, nei limiti del massimale, va liquidata secondo i criteri propri dei debiti di valore, perché di valore è l'obbligazione risarcitoria che determina l'entità del debito indennitario. Quando, invece, il credito della vittima ecceda il massimale, l'obbligazione dell'assicuratore del responsabile va liquidata applicando le regole dettate per le obbligazioni di valuta dall'art. 1224 c.c.”.
Come si può vedere la Cassazione ha tracciato una linea ben precisa tra due ipotesi:
- l’obbligazione dell’assicuratore rientra nei limiti del massimale: in questa ipotesi va liquidata secondo le regole proprie dei debiti di valore;
- l’obbligazione dell’assicuratore eccede il massimale: in tal caso si applicano le regole proprie delle obbligazioni di valuta.
A questo punto appare utile ricordare la differenza tra debito di valore e debito di valuta:
- l’obbligazione di valore ha in principio a oggetto una prestazione diversa dalla dazione in denaro;
- l’obbligazione di valuta, sin dall’inizio, ha per oggetto una somma di denaro
In sede di liquidazione dell’obbligazione di valore, dunque, bisognerà quantificare il danno e l’eventuale ulteriore danno da ritardo. Dopo la liquidazione, il debito di valore assume natura di debito di valuta.
In ipotesi in cui, dunque, l’obbligazione dell’assicuratore rientri nei limiti del massimale, bisognerà fare riferimento ai criteri in tema di liquidazione delle obbligazioni di valuta.
Massimale incapiente e obbligazione di valuta
Nell’ipotesi in cui l’obbligazione dell’assicuratore non rientri nei limiti del massimale, bisognerà invece fare riferimento alla disciplina in tema di obbligazioni di valuta, la cui disciplina in tema di mora si trova all'art. 1224 c.c..
In base a tale disposizione sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali. Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento.
La Cassazione, con ordinanza del 12 febbraio 2019, n. 3976, riportando quanto specificato dalle Sezioni unite, ha chiarito che “che la liquidazione del maggior danno ex articolo 1224 c.c., comma 2, si sostituisce, e non si aggiunge, alla liquidazione degli interessi legali. Questi, infatti, rappresentano una liquidazione del danno effettuata ex ante e forfetariamente dal legislatore. Gli interessi legali nelle obbligazioni di valuta rappresentano dunque la liquidazione di un danno presunto. Qualora, di contro, il creditore dimostri che l'effettivo danno da mora sia stato superiore, e non abbia perciò ristorato dal solo pagamento degli interessi legali, il danneggiato avrà diritto al risarcimento di questo danno nella sua interezza, che dunque prenderà il posto della liquidazione forfettaria stabilita dal legislatore con la previsione degli interessi legali (Sez. U., Sentenza n. 10796 del 16/12/1994, Rv. 489242; nonché, più di recente, Sez. U., Sentenza n. 19499 del 16/07/2008)”.
Continua la Corte ricordando che “nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all'articolo 1224 c.c., comma 2, può ritenersi provato in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali”.
Come può l’assicuratore liberarsi dagli effetti della mora
Qualora l’assicuratore superi i termini previsti dalla legge, è tenuto a subire gli effetti della mora salvo che provi che il ritardo non sia a lui imputabile.
Così come ha stabilito la Corte di cassazione, con sentenza n. 4668 del 14 febbraio 2022,l’assenza di colpa va valutata in base al criterio di cui all’art. 1176 c.c., “e cioè valutando se il debitore abbia o non abbia tenuto una condotta conforme a quella che avrebbe tenuto, nelle medesime circostanza, un debitore di media diligenza”.
Ha chiarito la Corte, in particolare, che “l’assicuratore della r.c.a. non è un debitore qualsiasi: è un debitore qualificato dalla veste professionale. Egli dunque deve adempiere la proprie obbligazioni non già con la diligenza esigibile da qualunque persona di media avvedutezza, ma con la exacta diligentia esigibile da chiunque eserciti professionalmente un’attività economica, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2”.
In base a quanto specificato dalla Cassazione deve essere considerato negligente l’assicuratore che:
a) “ignori o trascuri di rispettare le norme di legge in base alle quali accertare la responsabilità del proprio assicurato”;
b) “ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali individuare i danneggiati”;
c) “ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali accertare e stimare il danno causato dal proprio assicurato”.