Il disegno di legge Nordio sulla riforma della giustizia, approvato in Consiglio dei ministri, sta dividendo giuristi e magistrati. Le modifiche sono molte ma noi vogliamo soffermarci su quelle che hanno fatto più discutere:
- Soppressione dell’abuso d’ufficio
- Modifica del traffico di influenze illecite
- Inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte dei p.m.
- Limitazione alla pubblicazione delle intercettazioni sui giornali
Partiamo dal primo.
In cosa consiste l’abuso d’ufficio?
L’abuso d’ufficio è disciplinato dall’art. 323 del codice penale e si colloca nell’ambito dei delitti contro la pubblica amministrazione.
Questo tipo di illecito si verifica quando un pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, abusi di un proprio potere per procurare intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale per sé o per altri, oppure per danneggiare un terzo.
Un esempio classico? La situazione in cui un dirigente comunale faccia vincere, ad amici di amici, una gara d’appalto per la realizzazione di un’opera pubblica.
Perché, allora, lo si vuole abolire?
Bisogna considerare un dato statistico: nel 2021 su 5418 procedimenti penali avviati per abuso d’ufficio, ben 4.613 sono stati archiviati (oltre l’85%), mentre le condanne sono state solo 9!
Inoltre la normativa sull’abuso d’ufficio è proprio una delle ragioni che negli ultimi anni ha influito sul rallentamento generalizzato della macchina burocratica. La c.d. “paura della firma” ne è la manifestazione lampante: i sindaci, temendo di commettere un abuso d’ufficio, hanno evitato di firmare atti anche importanti, bloccando o ritardando ad esempio l’approvazione di progetti del PNRR. Con notevoli rischi finanziari per il nostro paese.
Queste, dunque, le ragioni della riforma: come sottolineato dal governo, si tratta di un reato “evanescente” che non fa altro che oberare la macchina della giustizia già abbondantemente sovraccarica.
C’è però da fare una riflessione importante: se l’abuso d’ufficio venisse soppresso, non si incorrerebbe in un vuoto normativo? Venendo meno la sua funzione deterrente, cosa frenerà i pubblici ufficiali dal commettere questo reato in futuro?
Vedremo come il legislatore intenderà affrontare questo punto.
Il traffico di influenze illecite
Rimanendo all’interno dei delitti contro la pubblica amministrazione, anche il traffico di influenze illecite subirà delle modifiche.
Nella versione attuale l’art. 346 bis del codice penale punisce la condotta di chi sfrutti o vanti conoscenze, esistenti o asserite, nella pubblica amministrazione, per far ottenere ad altri indebite agevolazioni in presenza di iter burocratici complessi.
Poniamo il caso in cui dobbiate evadere una pratica amministrativa particolarmente lunga e qualcuno vi dica di avere delle conoscenze nella pubblica amministrazione che potrebbero aiutarvi a risolvere tutto in tempi brevi.
Questo qualcuno farà quindi da mediatore tra voi e il pubblico ufficiale che si occuperà della pratica e, in cambio della mediazione illecita, può chiedere, per sé o per il funzionario, del denaro o un altro tipo di vantaggio.
E’ bene precisare che al momento la norma punisce tanto il mediatore quanto il privato che dà o fa la promessa, anche quando il primo abbia solo millantato una conoscenza nel settore pubblico!
Ed è proprio su questo punto che si inserisce la riforma: il reato prenderà in considerazione solo i casi più gravi, ossia quando il mediatore abbia reali conoscenze nella pubblica amministrazione e le sfrutti per far ottenere (a un privato) un’agevolazione. Al contrario, la millanteria non sarà più penalmente rilevante.
Passiamo ora ad un’altra tematica molto discussa:
l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte dei Pubblici Ministeri
Il processo penale italiano è ormai noto per le sue forti lungaggini, tanto che da alcuni anni si sta lavorando ad una sua graduale semplificazione. Ritroviamo tale obiettivo anche in questa riforma, nella parte in cui si intende sancire l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte dei pubblici ministeri.
Ma prima di analizzarla nel vivo, facciamo un piccolo excursus.
Come si articola il processo penale?
Quando si parla di “processo” è importante distinguere due concetti: il procedimento e il processo vero e proprio.
Con “procedimento penale” si intende l'insieme di atti che precede l’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero e che permette di raccogliere tutte le informazioni utili all’instaurazione del processo. Di solito è caratterizzato da due fasi: prima quella delle indagini preliminari e poi quella dell’udienza preliminare. In questa sede il GUP (il Giudice dell’Udienza Preliminare), dovrà valutare se ci sono i presupposti per proseguire in giudizio oppure no.
Quindi perché l’udienza preliminare è importante?
Perché rappresenta una garanzia per l’indagato.
Facciamo un esempio estremo: se il PM accusasse l’indagato per motivi e antipatie personali, assolutamente infondati, il giudice in udienza può fermare tutto sin da subito, senza che si arrivi al processo.
Per i reati meno gravi – come quelli puniti con un massimo di 4 anni di reclusione – vi è però un’eccezione: la legge prevede infatti la citazione diretta in giudizio, il che significa che dalle indagini preliminari si salta la fase l’udienza preliminare e si arriva direttamente al giudizio. Se poi l’imputato viene assolto o condannato, il PM potrà impugnare la sentenza e contestarla in appello.
Cosa cambia con la riforma?
“Il PM non potrà più appellare le sentenze di proscioglimento per i reati oggetto di citazione diretta”.
La ragione? Si tratterebbe di una sorta di compensazione. Considerando che con la citazione diretta l’indagato viene portato in giudizio senza le garanzie tipiche dell’udienza preliminare, l’eventuale sentenza di proscioglimento sarà intoccabile. Il PM, infatti, non potrà più impugnarla in appello col rischio che, come spesso accade, si trasformi addirittura nel risultato opposto, ossia una condanna.
Arriviamo all’ultimo punto della nostra disamina: le intercettazioni
Non c’è processo penale senza titoli di giornale annessi!
Spesso però, al solo scopo di fare notizia, vengono pubblicate informazioni che sarebbero dovute rimanere riservate.
Quello delle intercettazioni è da sempre un tema delicato, perché se da un lato deve essere garantito il diritto di cronaca del giornalista, dall’altro non bisogna violare il diritto alla privacy e alla dignità di chi sia stato intercettato.
Ecco perché, sebbene ai sensi dell’art. 114 c.p.p. sia vietato pubblicare le intercettazioni coperte dal segreto, ciò non implica che tutte quelle non secretate possano e debbano essere pubblicate indiscriminatamente. È importante fare sempre una valutazione di opportunità, affinché venga tutelata la reputazione e l’immagine del soggetto coinvolto. Per questa ragione la riforma intende tutelare coloro che siano estranei alle indagini, evitando che le relative conversazioni vengano diffuse.
I giornalisti potranno infatti pubblicare solo le intercettazioni riportate nella motivazione di un provvedimento dei giudici o che sia stato utilizzato nel corso del giudizio.
Intercettazioni, quindi, che abbiano un’effettiva utilità e rilevanza.