Il Dlgs. n. 231 dell’8 giugno 2001: “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” ha introdotto la responsabilità amministrativa degli Enti. Ciò significa che l’ente può essere chiamato a rispondere di taluni reati commessi a suo profitto o vantaggio dai dirigenti o dalle persone sottoposte alla loro vigilanza. La disciplina si applica agli enti con personalità giuridica, alle società ed associazioni anche se prive di personalità giuridica. Non si applica, invece, allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici e a quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
D.Lgs 231/01, introduzione della responsabilità amministrativa degli enti
L’art. 1 d.lgs. 231/2001 chiarisce il campo di applicazione della disciplina relativa alla “responsabilità da reato degli enti”, stabilendo che essa possa sorgere sia a carico degli enti forniti di personalità giuridica sia a carico di quelli che ne sono privi. Non sono invece soggetti alla normativa in esame gli enti di cui al comma 3 ovvero lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici e gli enti che svolgono attività di rilievo costituzionale. La ratio di tale esclusione va ricercata nella considerazione che, con riferimento a detti enti, le tipologie di sanzioni previste dal decreto legislativo 231/2001, quali la sanzione pecuniaria e la sanzione interdittiva, sarebbero inapplicabili o disfunzionali, perché i loro effetti negativi, lungi dal ricadere direttamente sull’ente, si produrrebbero invece in capo ai cittadini.
I soggetti interessati
Dunque, posto che si tratti di un tipo di responsabilità che va ad investire gli enti ( che sono fatti tuttavia di persone), capiamo quali sono i soggetti su cui ricadano gli effetti di questa responsabilità.
L’art. 5 individua due categorie di soggetti le cui condotte illecite determinano il sorgere della responsabilità in capo all'ente.
- Soggetti apicali, ossia soggetti aventi ruoli di rappresentanza, amministrazione e direzione dell’ente;
- Soggetti non apicali, ossia coloro che sono sottoposti all’altrui vigilanza o direzione;
Non è tuttavia sufficiente che tali soggetti commettano un fatto di reato, ma è necessario, affinché sorga anche la responsabilità dell’ente, che il comportamento penalmente illecito sia commesso “nell’interesse o a vantaggio dell’ente”, con la precisazione (art. 5 comma 2) che, qualora il soggetto attivo del reato agisca per un interesse esclusivo proprio o di terzi, la responsabilità dell’ente non può sorgere.
I reati presupposto
I reati presupposto la cui commissione determina la responsabilità dell’ente sono un catalogo chiuso. Si tratta di reati contro la Pubblica amministrazione, reati in materia societaria, reati informatici e ambientali.
Il modello organizzativo previsto dal D.Lgs 231/01
Ma vediamo nel dettaglio perché si parla di modello organizzativo previsto da questo decreto legislativo, ovvero che cosa si intenda. Il modello organizzativo che il D.Lgs. 231/2001 impone all’ente di adottare è volto a valutare e a gestire il rischio di commissione dei reati all’interno dell’ente stesso. L’art. 6 comma 2 indica le caratteristiche proprie del modello di gestione:
- Individuazione delle attività a rischio, nel cui ambito possono essere commessi reati;
- Previsioni di specifici e cadenzati controlli;
- Fissazione della modalità di gestione delle risorse finanziarie al fine di impedire la commissione di fatti penalmente illeciti;
- Previsione di obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sull’applicazione e sul rispetto delle regole poste dal modello organizzativo;
- Applicazione di sanzioni disciplinari nel caso di elusione o violazione del modello di gestione
Modelli di organizzazione ed associazioni di categoria
L’art. 6 del Dlgs. 231/2001 prevede come condizione esimente della responsabilità, l’adozione ed efficace attuazione da parte dell’ente di modelli di organizzazione e gestione, idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
I modelli di organizzazione e gestione possono essere redatti in conformità a codici di comportamento adottati dalle associazioni di categoria. I codici di comportamento adottati dalle associazioni di categoria sono sottoposti ad una procedura di verifica e controllo da parte del Ministero della Giustizia, disciplinata dagli articoli 5, 6 e 7 del DM n. 201 del 26 giugno 2003 e dalle disposizioni del Capo Dipartimento per gli Affari di Giustizia adottate il 2 dicembre 2009.
Il procedimento è istruito dall’Ufficio I della Direzione Generale della Giustizia Penale, che cura anche il momento della concertazione con i Ministeri interessati, la Banca d’Italia e la CONSOB e deve essere definito entro trenta giorni con la formulazione di osservazioni ovvero con l’approvazione.
Le sanzioni previste dal D.Lgs 231/01
Le sanzioni che si applicano all’ente riconosciuto responsabile per la commissione di un reato da parte di un proprio intraneo sono disciplinate agli artt. 10 e ss. del decreto legislativo stesso.
- La sanzione pecuniaria;
- Le sanzioni interdittive;
- La confisca;
- La pubblicazione della sentenza di condanna
Le sanzioni interdittive sono:
a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.