Parlare di reato aberrante significa fare riferimento a tutte quelle ipotesi nel corso delle quali il soggetto agente realizza, a seguito di un errore nell’impiego dei mezzi oppure per altre cause, un reato diverso da quello realmente voluto oppure arreca un’offesa a una persona diversa da quella prospettata inizialmente.
Il reato aberrante non deve però essere confuso con un’altra ipotesi prevista dal legislatore, vale a dire il reato putativo (art. 49 c.p.) il quale intende escludere la punibilità poiché l’azione posta in essere è inidonea a realizzare un reato.
Il codice penale prevede due ipotesi di reato aberrante: stiamo parlando dell’aberratio ictus (art. 82 c.p.) e dell’aberratio delicti (art. 83 c.p.).
Vediamo insieme in cosa consiste l’anomala esecuzione del reato, ovvero cos’è il reato aberrante.
Il reato aberrante: artt. 82 e 83 c.p.
Il reato aberrante è disciplinato agli artt. 82-83 c.p. come quell’istituto giuridico individuato dalla dottrina per descrivere quel particolare reato commesso per un errore commesso dal soggetto agente e che per questa ragione verifica un reato diverso da quello voluto oppure offende una persona diversa da quella che si voleva.
L’evento non deve essere voluto dall’agente neppure indirettamente e deve essere il frutto di un errore.
Proprio la linea di demarcazione tra “voluto” e “non voluto” è l’aspetto fondamentale di questa categoria individuata dalla dottrina, il cui nome trae origine dall’espressione latina aberratio e intesa come la deviazione del fatto voluto che diventa per errore un diverso fatto commesso.
A propria volta, il reato aberrante può essere scisso a seconda che l’errore ricada sul momento formativo della volontà del soggetto agente (cd. aberratio causae), oppure un errore nell’utilizzo dei mezzi e per cui venga cagionato un evento diverso da quello voluto (aberratio delicti), ma anche la vittima del reato sia una persona diversa da quella che si voleva (cd. aberratio ictus).
Cosa vuol dire aberratio ictus
L’espressione aberratio ictus fa riferimento a quel tipo di reato che, commesso a seguito di un errore nell’impiego dei mezzi oppure per altre cause, cagiona un’offesa a una persona diversa da quella inizialmente voluta.
L’istituto dell’aberratio ictus è disciplinato all’art. 82 c.p.:
“Quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell'articolo 60.
Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà”.
La norma prende in evidenzi principi generali in tema di elemento psicologico del reato e per il quale l’errore non assume alcuna rilevanza.
L’agente risponde dell’azione come se avesse colpito la persona presa di mira, poiché, l’offesa si è venuta a realizzare normativamente alla stessa maniera, cioè in via equivalente, a quella voluta.
Per questa ragione, il dolo è perfetto nei suoi elementi costitutivi e investe pienamente il fatto commesso.
L’evento commesso in danno della persona diversa non deve essere nè voluto nè prospettato dall’agente, altrimenti ne risponderebbe a titolo di dolo e non di reato aberrante ex art. 82 c.p.
E’ questo il caso di chi, per un errore nell’utilizzo dei mezzi di esecuzione oppure per un’altra causa, cagioni un’offesa a una persona diversa da quella predestinata.
L’elemento soggettivo
L’elemento psicologico dell’aberratio ictus è particolare, poichè viene a crearsi una discrepanza tra evento voluto ed evento accidentale.
L’autore del reato pone in essere “correttamente” la volontà di commettere l’azione e lo fa con dolo, ma la sua esecuzione di connota di un “errore-inabilità”.
Un esempio di reato aberrante
Vediamo alcuni esempi per meglio comprendere la teoria del reato aberrante.
- Tizio intende derubare Caio e, afferrando la pistola, esplode un colpo in aria per intimidirlo. Il proiettile viene però deviato da un ostacolo e finisce per ferire Sempronio.
Tizio non risponderà del reato di rapina (evento voluto), ma di lesione personale (evento non voluto).
- Caia vuole danneggiare l’auto di Mevia colpendola a sassate. Una volta scagliata la pietra, questa rimbalza e ferisce il passante Filano.
Caia non risponderà del reato di danneggiamento (evento voluto) ma di lesioni (evento non voluto).
Le tipologie di aberratio ictus
Con riferimento alla figura dell’aberratio ictus, la dottrina distingue 4 diverse ipotesi.
Aberratio ictus monolesiva
Si parla di aberratio ictus monolesiva nel caso in cui l’offesa venga arrecata esclusivamente a persona diversa da quella voluta, così come disposto ex art. 82, co. 1 c.p.
Ai fini dell’applicabilità, la dottrina si è domandata se sia necessario che nei confronti della vittima designata si vengano a realizzare gli estremi del tentativo.
Una parte della dottrina ritenuta prevalente (Romano, Leone, Conti, Delitala), ritiene che per la configurabilità dell’aberratio ictus monolesiva non sia necessaria di per sè alcuna presenza del tentativo, poichè si ritiene bastevole l'idoneità degli atti commessi – ancorchè se rivolti a persona diversa, ovvero la vittima designata.
Avverso questa teoria vi è poi altra corrente, più recente, (Padovani) che ritiene di doversi ragionare in via opposta. Infatti, ritenendo diversamente, l’autore del reato risponderebbe dello stesso a titolo di dolo e punendo così un comportamento ancora vigente nella fase dell’ideazione.
Per tale ragione, si finirebbe per violare il principio cd. cogitationis poenam nemo patitur, ovvero secondo cui non può mai esservi reato, né di conseguenza pena, se la volontà criminosa non si materializza in un comportamento esterno.
Per meglio chiarire, ecco un esempio:
Tizio, volendo uccidere l’amico durante la cena, avvelena del vino e lo ripone in un nascondiglio. Caia, moglie di Tizio, trova la bottiglia in un cassetto e decide di stapparla.
Dopo il primo sorso, Caia si accascia a terra e muore.
Se si ritenesse applicabile il principio suesposto, Tizio risponderebbe del reato di omicidio volontario e consumato per una condotta nè tipica, nè idone, nè diretta in modo inequivoco a uccidere l’amico.
Più correttamente, invece, a Tizio dovrebbe essere imputato il reato di omicidio colposo per la morte della moglie.
L’aberratio ictus monolesiva comporta che l’autore risponde del delitto realizzato nei confronti della persona diversa, come se lo avesse commesso ai danni della vittima designata e salvo il regime dell’art. 60 c.p. per il caso di errore sulla persona.
Il reato aberrante si basa su un errore, che incide sulla mera esecuzione del fatto costituente reato e non già sull’erronea convinzione della persona offesa (come nel caso dell’art. 60 c.p.).
Aberratio ictus bioffensiva
Si parla di aberratio ictus bioffensiva con riferimento a quel reato commesso arrecando un’offesa sia alla vittima designata che a un’altra vittima non prospettata e non voluta dall’agente.
La disciplina è rimessa all’interno dell’art. 82, co 2, c.p. e per cui l’autore sarà punito con la pena fissata per il reato più grave, aumentata fino alla metà.
Aberratio ictus plurioffensiva
Parlare di aberratio ictus plurioffensiva significa riferirsi all’ipotesi di un’offesa a più persone, compresa la vittima designata.
Si tratta di un’ipotesi non disciplinata dal legislatore e che fa luce sulla problematicità sorgente nel caso in cui l’autore del reato arrechi un’offesa alla vittima designata, alla persona diversa e colpisca anche altre persone.
Secondo parte della dottrina (Antolisei, occorrerebbe discutere se una tale previsione dia adito a un aumento di pena, a tanti aumenti di pena quante sono le persone offese oppure se occorra fare riferimento al concorso di reati.
Aberratio ictus a più persone, indenne la vittima designata
Si tratta di un’ipotesi non prevista dall’art. 82 c.p e che tenda a ricongiungersi con quella dell’aberratio ictus in cui vengano colpite due o più persone, diverse dalle vittima predestinata che invece resta indenne.
Stando alla visione della giurisprudenza dominante, questa ipotesi deve essere ricollegata a quella già prevista ex art. 82 c.p. e la cui pena deve ricadere secondo le regole previste dal suo secondo comma.
Che si intende per aberratio delicti
L’aberratio delicti è disciplinato all’art. 83 c.p.:
“Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
Se il colpevole ha cagionato altresì l'evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati”.
Il legislatore intende far luce sul caso in cui l’agente, per errore nell’impiego dei mezzi oppure per altra causa, provochi un evento diverso da quello voluto e il fatto commesso è punito dalla legge come delitto colposo.
Proviamo a spiegarlo con un esempio: fingiamo che Tizio voglia ammazzare Caio e che per farlo gli spari contro e, per lo spavento del momento, questi cada a terra svenuto. Il proiettile colpisce del materiale infiammabile e provoca un incendio.
Tizio non risponderà del reato di danneggiamento poichè lo stesso è punito solo a titolo di dolo.
Elemento soggettivo
La norma conferma che l’evento diverso cagionato viene punito a titolo di colpa.
La dottrina si è domandata se per la punibilità dell’evento diverso a titolo di colpa occorra effettivamente una volontà colposa dell’agente.
Mentre parte della corrente dominante si è schierata a favore della tesi, non è mancato invece chi abbia ritenuto che fosse necessario parte di un’ipotesi di responsabilità oggettiva che, ai soli fini sanzionatori, è considerata “come se fosse” colposa.
Nella stessa direzione andrebbe anche la giurisprudenza, abbracciando l'orientamento per cui occorrerebbe parlare una colpa presunta.
Evento diverso o reato più grave (artt. 82-83 c.p.)
L’art. 82 fa riferimento all’inciso “reato più grave” e che intende far riferimento alle circostanze concrete presenti nella fattispecie, intese in maniera tecnica.
Per questa ragione, ove l’errore nell’esecuzione avesse cagionato un evento diverso (per esempio, lesioni) accanto all’evento voluto (per esempio, omicidio) troverebbe luogo la disicplina dell’aberratio delicti (art. 83) e non già l’aberratio ictus (art. 82).
Secondo la giurisprudenza, qualora l’evento venutosi a creare sia una naturale e prevedibile prosecuzione dell’evento voluto, questo verrà punito a titolo di dolo, alternativo o eventuale a seconda dei casi.
Volendo ragionare per esempi:
- Troverà applicazione l’art. 82 c.p. e non l’art. 83 c.p., nel caso di Tizio che voleva uccidere e che finisca per ferire soltanto (i due eventi sono omogenei) oppure voleva ferire ma finisca per uccidere (anche qui, gli eventi sono omogenei);
- Integra l’art. 83 c.p. il caso di Caio che con l’intenzione di Ferire Tizio, provochi un incendio oppure nel caso di voler danneggiare l’auto, ne cagioni la morte.
Evento plurimo
Qualora, oltre all’evento non voluto, l’agente abbia anche provocato l’evento voluto, occorrerebbe fare riferimento all’esplicito riferimento ex art. 83, comma 2, del Codice Penale.
Secondo lo stesso, infatti, il soggetto risponderà di un reato doloso e di un reato colposo, secondo la logica del concorso di reati.
Stando alla giurisprudenza (Cass., 9 gennaio 1996, n. 175), la disciplina del concorso di reati non trova applicazione nel caso in cui l’evento voluto venga a configurarsi come delitto tentato.
Aberratio itineris causarum
La dottrina, infine, ha creato una terza categoria di reato aberrante. Si tratta del cd. aberratio causae o itineris causarum e che ricorrerebbe nel caso in cui, per errore nella fase di consumazione del reato, la successione causale degli eventi venga a svolgersi in maniera diversa da quanto previsto dall’autore.
E’ il caso di chi, volendo uccidere il nemico cercando di annegarlo, lo scaraventi nel fiume ma il soggetto non muoia per annegamento, ma perché sbatte la testa contro il fondale.
L’autore risponderà sempre di omicidio poichè la diversa successione causale non produce alcun effetto difforme.
Invece, diversa è l’ipotesi in cui il soggetto – credendo che la propria azione abbia potuto causare un evento – determina un dato evento in conseguenza di una successiva azione.
E’ il caso di chi intenda uccidere una persona a colpi di pistola e, credendo la vittima morta, la seppellisca ma questa muoia per soffocamento e non per sparatoria.
Aberratio ictus e omicidio preterintenzionale
Il rapporto intercorrente tra omicidio preterintenzionale (ex art. 584 c.p.) e aberratio ictus (ex art. 82 c.p.) è da lungo tempo al centro di accesi dibattiti della dottrina e della giurisprudenza.
Secondo un primo orientamento, abbracciato da una corrente minoritaria, il discrimine sorgente tra la fattispecie di reato e la sua connotazione fonderebbe sul coefficiente volitivo dell’agente.
Mentre infatti il reato di omicidio preterintenzionale si ritiene integrato per la presenza del dolo nella commissione delle condotte presupposte (lesioni e percosse), questi non è configurabile nel caso di aberratio ictus e ciò dal momento che le lesioni e le percosse non erano dirette nei confronti di quel soggetto.
Altra corrente invece sarebbe giunta alla possibile integrazione dell’omicidio preterintenzionale aberrante, con il risultato di creare una fictio iuris criticata da alcuni studiosi.
Secondo questa corrente, infatti, affinchè possa parlarsi di un omicidio preterintenzionale aberrante occorrerebbe essere in presenza di alcuni requisiti:
- i reati presupposti ex artt. 581 e 582 c.p. devono connotarsi per l’elemento soggettivo del dolo;
- l’esecuzione del reato deve essere affetta da un errore da cui scaturisca un’offesa ai danni di un soggetto diverso;
- la sussistenza dell’evento morte ulteriore che, anche se non prevedibile concretamente dall’autore, si pone come nesso eziologico tra la condotta e l’evento.
Non sono mancate le critiche a questa teoria, le quali hanno ritenuto che altro non sia che un "rafforzamento" del concetto della responsabilità oggettiva e che l’aver cagionato un’offesa a una persona diversa da quella inizialmente voluta, non può essere un elemento giuridico automatico.