Che si tratti di intervenire nelle manifestazioni o di contrastare la criminalità, l’uso della forza da parte degli agenti di polizia è sempre un tema molto delicato e dibattuto su cui oggi vogliamo fare chiarezza.
Quando l’uso della forza è legittimo
Gli agenti di polizia possono ricorrere all’uso della forza in circostanze ben precise: in particolare, in presenza delle c.d. “adunanze sediziose” ossia, come disposto dall’art. 655 c.p., quelle riunioni o assembramenti di carattere violento con dieci o più partecipanti, che mettono in pericolo l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone e che non vengono sciolte dai manifestanti nonostante gli avvertimenti degli agenti.
Gli articoli di riferimento sono quindi il 51, 52 e 53 del Codice penale.
Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere
L’art. 51 c.p. riguarda il caso in cui un superiore ordina a un sottoposto di usare un’arma e l’agente, nell’eseguire il comando ricevuto, adempie a un proprio dovere.
Se il comando è legittimo l’azione sarà naturalmente permessa dalla legge.
Se però l’ordine non è legittimo e il sottoposto se ne rende conto, ha il dovere di rifiutarsi di eseguirlo, perché altrimenti sarà penalmente responsabile tanto quanto il superiore che gli ha imposto l’uso dell’arma.
Ad esempio, nell’ipotesi in cui un automobilista distratto abbia superato a velocità consentita il posto di blocco che gli segnalava di fermarsi e uno dei due poliziotti abbia quindi ordinato all’altro di aprire il fuoco, quest’ordine risulterà evidentemente illegittimo e sproporzionato e non bisognerà dargli seguito.
La legittima difesa
L’art. 52 riguarda invece la legittima difesa, che consiste nella necessità di difendere sé stessi o altre persone dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta.
Pertanto in tali situazioni, l’uso di un’arma da parte del poliziotto che viene aggredito o che vede aggredite altre persone è legittima quando sia
- proporzionata: è tale la risposta che risulti adeguata e non eccessiva rispetto all’offesa subita;
- e costituisca l’unico modo che l’agente ha per difendere sé o altri dall’offesa ingiusta.
Se ad esempio un agente viene minacciato da un uomo armato che ha tutta l’intenzione di ferirlo, sarà legittimo da parte sua difendersi con l’arma di servizio.
Uso legittimo delle armi
L’art. 53 c.p. dispone i casi in cui la polizia può ricorrere all’uso delle armi o di altri mezzi di “coazione fisica”, ossia tutte quelle modalità con cui si può forzare la volontà di qualcuno, costringendolo ad adottare una condotta determinata. Costituiscono mezzi di coazione fisica i gas lacrimogeni, i getti d’acqua con gli idranti o l’uso degli sfollagente.
I poliziotti nella loro funzione di pubblici ufficiali, possono quindi usare le armi o altre forme di coazione fisica quando questo risulti assolutamente necessario
- per respingere una violenza: può trattarsi sia di una violenza fisica (es. un’aggressione), che psichica (es. una minaccia). Ciò vale tanto nel caso in cui la violenza sia rivolta al poliziotto, sia quando venga rivolta a cose o persone che l’agente ha il dovere proteggere, come quando vengono compiuti degli atti vandalici o delle azioni di violenza durante una manifestazione;
- o per vincere una resistenza all’Autorità: ad esempio se un poliziotto intima ad un rapinatore di sdraiarsi a terra e questi non solo non lo fa, ma colpisce l’agente con un pugno. In questo caso il poliziotto potrà rispondere colpendolo alle gambe con un manganello;
- e infine per impedire delitti gravi come quelli di strage, omicidio volontario, rapina a mano armata o sequestro di persona.
Condizioni generali in cui il poliziotto possa usare le armi o la forza
L’agente di polizia può ricorrere all’uso delle armi o ai mezzi di coazione fisica
- quando sta adempiendo a un proprio dovere: è ovviamente escluso il ricorso a tali mezzi se l’agente non è in servizio, mentre se è in servizio potrà farlo solo se ci sono le condizioni necessarie;
- e in presenza di una situazione di emergenza o di urgenza massima che non può essere fronteggiata in nessun altro modo se non con le armi o con la forza.
Ciò significa che la scelta di sparare o di usare la forza bruta deve essere assolutamente necessaria: in diritto si parla di “extrema ratio” ossia l’unica soluzione possibile per fronteggiare una determinata situazione di pericolo.
Pertanto l’agente, prima di fare qualsiasi cosa, deve valutare quanto sta accadendo e considerare tutte le possibili alternative.
La seconda cosa fondamentale da tenere presente è che, in ogni caso, l’uso delle armi o della forza deve essere proporzionato rispetto all’offesa subita dal poliziotto. Se gli venisse lanciato un sasso da un manifestante, l’agente non potrebbe rispondere con un colpo di pistola, perché sarebbe una reazione eccessiva e sproporzionata.
Durante le manifestazioni quali regole deve seguire la polizia?
Tutti i cittadini sono titolari del diritto innegabile di riunirsi pacificamente e senz’armi, così come è riconosciuto e tutelato dall’art. 17 della Costituzione.
Se la riunione si svolge in un luogo aperto al pubblico, come un cinema o un teatro, non sarà necessario dare alcun preavviso alle autorità competenti.
Trattandosi di luoghi privati, vi si può accedere a determinate condizioni o in particolari momenti e l’ingresso è regolato da specifici obblighi di accesso, come il possesso di un biglietto o simili.
Quando invece ci si voglia riunire in un luogo pubblico come una piazza o una strada, bisognerà darne preavviso alla polizia, affinché le forze dell’ordine conoscano il numero dei partecipanti, del luogo e del percorso in cui si terrà la manifestazione.
È richiesta questa procedura non perché la Questura debba autorizzare la manifestazione ma per ragioni di ordine pubblico e sicurezza, dal momento che tra i manifestanti in buona fede potrebbe esserci qualche facinoroso.
Difatti l’unico motivo per cui la Questura potrebbe vietare una manifestazione, è la presenza di rischi accertati per la sicurezza e l’incolumità pubblica.
Nel caso in cui una manifestazione venga organizzata senza alcun preavviso, la pena per gli organizzatori potrà consistere nella reclusione fino a sei mesi e una multa tra i 103 e i 403 euro.
Se invece la manifestazione si svolge ugualmente, nonostante l’espresso divieto del Questore, gli organizzatori rischieranno la reclusione fino ad un anno e un’ammenda da 206 a 413 euro.