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20 Febbraio 2024
9:00

Quali sono le domande che il datore di lavoro non può farti durante il colloquio?

Il colloquio deve essere condotto rispettando la dignità della persona, evitando tutte quelle domande e comportamenti che possano essere irrispettosi, offensivi e potenzialmente lesivi della riservatezza del candidato.

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Quali sono le domande che il datore di lavoro non può farti durante il colloquio?
Dottoressa in Giurisprudenza
Quali sono le domande che il datore di lavoro non può farti durante il colloquio?

Il colloquio di lavoro è il momento in cui il recruiter potrà conoscere meglio le aspirazioni e le competenze del candidato, andando oltre quelle che sono le esperienze indicate nel suo curriculum vitae.

Per questa ragione, il colloquio deve essere condotto rispettando la dignità della persona, evitando tutte quelle domande e comportamenti che possano essere irrispettosi, offensivi e potenzialmente lesivi della riservatezza del candidato.

Ecco perché è importante sapere che la legge impone dei limiti alle domande che possono essere fatte al lavoratore e che le informazioni personali carpite dal datore, anche in via indiretta, quando ritenute illecite non possono rappresentare il fondamento per decidere della selezione del candidato.

Stiamo parlando della Legge del 20 maggio 1970, n. 300, ovvero lo Statuto dei Lavoratori, del Decreto Legislativo del 9 luglio 2003, n. 216, in attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, così come del Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, ma anche il Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e il Decreto Legislativo dell’11 aprile 2006, n. 198, ovverosia il Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna.

E' bene sapere che, qualora durante il colloquio di lavoro vengano poste una o più domande che invadono la privacy del lavoratore declinare la risposta è legittimo.

Il processo di selezione e di colloqui devono essere condotti rispettando il GDPR, ovvero il Regolamento UE 679/2016, e secondo cui l'azienda è tenuta a chiedere e/o utilizzare solo le informazioni strettamente necessarie e rilevanti per lo scopo del colloquio.

Vediamo quali sono le domande che non possono essere fatte durante un colloquio di lavoro e quali sono le conseguenze per un simile comportamento illecito.

Cosa non si può chiedere al colloquio di lavoro

Una volta inviato il cv e passata la prima fase di pre-selezione, ovvero quella durante la quale viene fatta una prima scrematura dei profili inviati all’azienda o al datore di lavoro in genere, il candidato viene contattato per un colloquio di lavoro.

Si tratta a tutti gli effetti di un’intervista che ha l’obiettivo di conoscere meglio il lavoratore, andando al di là della presentazione “su carta”, testando anche le sue capacità di analisi e ragionamento con domande spesso a brucia pelo.

Talvolta però, nonostante le migliori intenzioni di ricerca e selezione del personale, i responsabili delle risorse umane possono fare delle domande inappropriate al candidato, andando ben oltre le competenze professionali.

Secondo il Garante per la Protezione dei dati personali (26 novembre 1999, provv. 40029)

"Un'intervista o un colloquio, come qualsiasi altra dichiarazione, opinione o manifestazione del pensiero proveniente dall'interessato (uno scritto, un saggio, un articolo, ecc.), costituiscono senz'altro informazioni che riguardano la sua persona e come tali vanno trattati come "dati personali" meritevoli di tutela",

Per questa ragione, la legge intende evitare tutte quelle domande discriminatorie che possono violare la privacy e la dignità del lavoratore.

Opinioni politiche e religiose

Non è raro trovarsi a parlare tra amici e colleghi confrontandosi sulle esperienze avute durante le fasi di selezione per una posizione lavorativa.

L’art. 8 dello Statuto dei lavoratori è intitolato “Divieto di indagini sulle opinioni:

È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore”.

La norma sancisce il divieto assoluto di porre domande in sede di colloquio che abbiano lo scopo di conoscere e indagare le opinioni di tipo politico, religioso o sindacali del lavoratore.

Tali informazioni, infatti, non sono rilevanti ai fini dell’impiego e non hanno nessuna attinenza con l’incarico che si potrebbe assumere.

Stato civile e orientamento sessuale

Il Codice delle Pari Opportunità vieta qualunque tipo di discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attivita’, a tutti i livelli della gerarchia professionale.

Questo significa che domande come “Sei sposata/o?”, “Intendi avere dei figli?”, “Sei incinta?”, “Il tuo partner è uomo o donna?” sono totalmente fuoriluogo e nulla hanno a che vedere con le competenze e la professionalità del candidato.

Salute fisica, psicologica e disabilità

Il Dlgs 216/2003 e il 276/2003 impongono al datore di lavoro di evitare tutte quelle domande e allusioni che abbiano lo scopo di sondare e conoscere elementi tipici della vita privata del lavoratore.

Si tratta di domande che intendano carpire eventuali patologie cliniche, ma anche lo stato mentale o fisico del candidato.

Ha mai fatto uso di ansiolitici?”, “E’ affetto da stati d’ansia oppure soffre di attacchi di panico?”, ma anche quesiti che intendano conoscere un eventuale disabilità del lavoratore sono domande che non possono e non devono essere fatte al candidato.

Etnia e provenienza

Il il Dlgs 215/2003 – Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, tutela il lavoratore da tutte quelle situazioni in cui possa essere vessato da pregiudizi razziali e discriminatori.

Qualunque tipo di informazione sulla provenienza del lavoratore, riferito al contesto etnico di origine, non è pertinente ai fini dell’assunzione.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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