La promessa di matrimonio è la dichiarazione con cui i futuri sposi si impegnano a contrarre matrimonio, così disciplinato agli artt. 79-81 c.c.
La promessa di matrimonio non rappresenta un obbligo giuridico e per questo non ha natura vincolante, ma ciò non esclude che i nubendi siano tenuti a dover rispettare reciprocamente l’impegno.
La promessa di matrimonio può essere semplice, ovvero fungente da “affermazione sociale” della propria volontà e non è soggetta a requisiti di forma e capacità, oppure solenne, vale a dire coincidente con le pubblicazioni di matrimonio (art. 93 c.c.).
La promessa di matrimonio nel codice civile
Il Codice Civile disciplina la promessa di matrimonio dall’articolo da 79 a 81.
La promessa di matrimonio è l’atto con il quale le parti si impegnano a contrarre il matrimonio. Può essere fatta da entrambi i futuri sposi, ovverosia reciprocamente, oppure soltanto da uno dei due.
La promessa di matrimonio è una dichiarazione volontaria e libera: questo significa che non obbliga i nubendi a contrarre le nozze, né prevede alcuna conseguenza in caso di mancata celebrazione. Quindi, la promessa di matrimonio non può essere frutto di alcuna forma di coercizione poiché la facoltà (o meno) di sposarsi è un diritto fondamentale.
Per sua natura, la promessa di matrimonio può essere solenne oppure semplice, in questo secondo caso non è soggetta a requisiti di forma e capacità dal momento che funge da “affermazione sociale” della propria volontà. In quanto tale non produce effetti particolari, eccezion fatta per l’obbligo di restituire i doni.
Promessa di matrimonio: valore legale
La promessa di matrimonio è una dichiarazione volontaria dei nubendi e assume valore legale a partire dalle pubblicazioni.
La promessa di matrimonio, quindi, rappresenta l’espressa manifestazione della volontà a contrarre nozze che, in quanto tale, non può mai essere frutto di atti di coercizione. Eventuali patti contrari sono considerati nulli.
Come si fa la promessa di matrimonio
La promessa di matrimonio consta di una libera dichiarazione resa dai futuri sposi che manifestano la loro volontà a volersi sposare e di darne pubblicazione, innanzi all’ufficiale di stato civile presso il comune di residenza.
Le pubblicazioni vengono richieste non meno di 3 mesi prima del giorno fissato per il matrimonio e restano poi affisse presso la Casa Comunale (e l’Albo Pretorio on-line) per 8 giorni. Allo scadere del termine occorre attendere ulteriori 3 giorni per la proposizione di eventuali opposizioni alla celebrazione.
La promessa di matrimonio semplice è un atto unilaterale, ovvero pronunciato da uno dei due futuri sposi, e che non consta di particolari formalità. per questo motivo, la promessa di matrimonio semplice ha un valore meramente sociale, dal quale poi discende l’impegno morale alle nozze.
Di contro, vi è poi la promessa di matrimonio solenne (art. 81 c.c.) e che consta di un impegno vicendevole espresso con atto pubblico o scrittura privata, cui successivamente segue la richiesta di pubblicazione (art. 93 c.c.).
Con la promessa di matrimonio, gli sposi si impegnano a celebrare il matrimonio entro 180 giorni, ovvero 6 mesi.
L’ufficiale di stato civile
Ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 396/2000, sono ufficiali dello stato civile il sindaco, in qualità di ufficiale del Governo:
- il vicesindaco,
- il consigliere comunale delegato dal sindaco a sostituirlo,
- il commissario prefettizio,
- e autorità diplomatiche e consolari,
- i comandanti di navi,
- i commissari di bordo,
- i comandanti di aeromobili e i direttori sanitari.
I documenti necessari
La promessa di matrimonio in Comune necessita di alcuni documenti, ecco quali sono:
documento d'identità in corso di validità;l'estratto di nascita da richiedersi presso i rispettivi comuni di residenza;modulo per la pubblicazione sottoscritto dai nubendi;marca da bollo
I documenti possono essere presentati anche a mezzo di un delegato provvisto di opportuna delega.
Se i futuri sposi sono stranieri, è anche necessario il nulla osta al matrimonio.
La revocabilità della promessa di matrimonio
La promessa di matrimonio non può essere frutto di alcun tipo di coercizione. Perciò, fino al momento della celebrazione, la promessa di matrimonio è revocabile.
Sono nulle tutte quelle clausole o postille che possano fissare un un obbligo a qualche prestazione oppure il pagamento di una penale per le nozze saltate.
Allo stesso modo, si considera nullo il patto con cui è stata prevista la corresponsione di una caparra per la celebrazione del matrimonio, dal momento che non può ritenersi valida in questo contesto la cd. clausola premiale.
Il fidanzamento ufficiale e la restituzione dei doni
Cosa succede ai doni ricevuti se vi è la rottura del fidanzamento ufficiale?
L’articolo 80 del Codice Civile, cioè "Restituzione dei doni", disciplina a tal proposito che:
“Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto.
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti”.
Ciò che precisa la norma è che, a prescindere dalle motivazioni che abbiano portato alla rottura del fidanzamento ufficiale, colui che ha donato ha il diritto di chiedere indietro i regali.
La particolarità però sta nel fatto che i doni in questione devono essere stati regalati perchè finalizzati alla promessa di matrimonio.
Sul punto, non sono mancano le pronunce della Corte di Cassazione, ad esempio:
Corte di Cassazione Civile, sezione I, ordinanza del 25 ottobre 2021, n. 29980
I doni tra fidanzati, nell’ottica dell’art. 80 c.c., sono vere e proprie donazioni e in quanto tali, rimesse alla disciplina prevista dalla legge. Così come le donazioni di tipo immobiliare.
A tal proposito, al fine cioè di poter richiedere la restituzione di quanto donato, bisognerà accertare che il dono sia stato “a causa della promessa di matrimonio”, poiché solo in quel caso il rapporto tra colui che dona e chi riceve, assume per effetto recessivo, la connotazione esistente tra venditore e acquirente.
Corte di Cassazione Civile, sezione I, sentenza 8 febbraio 1994, n. 1260
I regali ricevuti nel preesistente fidanzamento e fatti “a causa della promessa di matrimonio” devono essere restituiti al promittente, a prescindere dai motivi della rottura.
La promessa solenne e l’obbligo risarcitorio ex lege da recesso
Cosa succede nel caso di rottura del fidanzamento dopo le pubblicazioni?
La legge prevede a carico di chi, senza giusto motivo, scelga di rompere il fidanzamento prossimo al matrimonio una forma di responsabilità o, più correttamente, un’obbligazione ex lege che possa quanto meno rimborsare la controparte dell’importo delle spese sostenute in vista del matrimonio.
Pertanto, è previsto il risarcimento dei danni, escludendo quelli morali, a tutela del nubendo che abbia sostenuto delle spese per il matrimonio, così facendo un incolpevole affidamento sulla celebrazione.
Pensiamo al caso in cui Tizio e Caia abbiano richiesto le pubblicazioni del matrimonio, compiendo così la propria promessa solenne. Nel pieno dei preparativi e a pochi giorni dalle nozze, Tizio decide di rompere il fidanzamento. Cosa ne è delle spese per i preparativi ormai sostenute?
Le conseguenze sono spiegate dall’articolo 81 del Codice Civile, rubricato "Risarcimento dei danni":
“La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'art. 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti .
Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro.
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio".