Il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità un disegno di legge costituzionale per l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri, detto anche premierato.
La riforma costituzionale, voluta dalla Presidente Giorgia Meloni e dal Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha lo scopo di consolidare il principio democatico e valorizzare il ruolo e la stabilità dei Governi, ma anche quello di evitare il cd. trasformismo parlamentare.
Vediamo quali saranno le novità che potrebbero essere introdotte se la riforma venisse definitivamente approvata.
Il premierato nella storia politica italiana
Non è la prima volta che la storia politica italiana intende approvare il premierato, ma andiamo con ordine.
Il primo progetto di riforma costituzionale risale al 1997 quando l'allora capo del governo Massimo D’Alema, propose per la prima volta la riforma del sistema bicamerale. Secondo il progetto, il Presidente del Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto ricevere la fiducia soltanto dalla Camera e non anche dal Senato. Inoltre, avrebbe avuto il potere di nomina e revoca dei ministri.
Il secondo tentativo del 2006 e proposto dal Governo Berlusconi non vide mai la luce, poichè bocciato dagli elettori in sede di referendum costituzionale.
Ulteriormente, il premierato è tornato a far parlare di sè nel 2020 quando Matteo Renzi propose una figura simile a quella di un sindaco: il Premier sarebbe stato votato dai cittadini italiani allo stesso modo in cui viene eletto il sindaco dei Comuni con meno di 15.000 abitanti.
Qualora questa proposta di riforma costituzionale venisse definitivamente approvata, si tratterebbe del quinto referendum costituzionale in Italia. Il primo, risalente al 2001, ha modificato il Titolo V della Costituzione.
Cosa prevede la riforma costituzionale del premierato
Il disegno di riforma costituzionale è composto di 5 articoli e prevede l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri, garantendo il rispetto del voto popolare e la continuità del mandato.
“Il testo si ispira a un criterio “minimale” di modifica della Costituzione vigente, in modo da operare in continuità con la tradizione costituzionale e parlamentare italiana e da preservare al massimo grado le prerogative del Presidente della Repubblica, figura chiave dell’unità nazionale”, è quanto si apprende dal Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri, n. 57.
Proprio per questa ragione, il candidato Premier, necessariamente un parlamentare, potrà essere votato contestualmente alle elezioni per le Camere ed eletto nella Camera nella quale si è candidato.
Vediamo le novità previste dal premierato.
L’elezione del Premier
La parte più importante della proposta di riforma costituzionale riguarda senz’altro l’elezione del Presidente del Consiglio.
Infatti, se dovesse essere definitivamente approvata, il Premier verrebbe eletto direttamente dai cittadini italiani e a differenza di quanto avviene adesso, la cui nomina è uno dei poteri del Presidente della Repubblica.
Il Presidente del Consiglio durerebbe in carica per 5 anni e, garantendo la continuità del suo mandato, potrà essere sostituito:
- esclusivamente da un parlamentare della maggioranza;
- solo per la prosecuzione e l’attuazione dello stesso programma di Governo.
La cessazione del mandato decreterebbe lo scioglimento delle Camere.
I poteri del Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica potrà nominare i Ministri tra quelli indicati dal Presidente del Consiglio eletto.
Il premio di maggioranza
Con l’obiettivo di assicurare la governabilità, i seggi saranno assegnati in Parlamento assicurando un premio assegnato su base nazionale.
Il partito o la coalizione di partiti collegati al Premier otterrà 55 seggi.
Norma antiribaltone
In ottica di stabilità alla Nazione, il Presidente della Repubblica – se il Presidente del Consiglio si dimettesse – potrà assegnare la formazione del nuovo Governo al Premier uscente oppure a un altro parlamentare eletto e collegato al Presidente del Consiglio.
L’iter di approvazione del premierato
L’approvazione di una riforma costituzionale è soggetta a un preciso iter, così come disciplinato dall’art. 138 della Costituzione.
“Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”.
Spieghiamo semplicemente in cosa consiste l’iter di approvazione.
Una volta approvato il testo della riforma, questa deve passare per due letture da parte dei rami del Parlamento e a un intervallo di non meno 3 mesi.
La Camera e il Parlamento devono poi approvare la riforma a maggioranza assoluta, ovvero il 50% + 1 dei voti.
Per ottenere l’approvazione, il Parlamento dovrà approvare il testo a maggioranza qualificata (stiamo parlando dei ⅔ dei componenti).
Se ciò non fosse possibile, su proposta proveniente da almeno 1% dei parlamentari, 500.000 elettori oppure 5 Consigli regionali, si procederà al referendum confermativo.