Successivamente alle conferenze ministeriali per la protezione del mare del Nord fu soprattutto il principio n°15 della Dichiarazione di Rio del 1992 che mise in evidenza la necessità di adottare un approccio precauzionale volto ad evitare il verificarsi di danni irrimediabili all’ambiente (buono il principio, sbagliata l’attuazione n.d.r.) e fornire una prima enunciazione generale del principio : “Al fine di proteggere l’ambiente sarà generalmente seguito dagli Stati l’approccio precauzionale, secondo le possibilità di ciascun Paese. Laddove vi siano minacce di danni seri e irreversibili, la mancanza di una piena certezza scientifica non sarà utilizzata come ragione per posporre nel tempo l’adozione di misure, efficaci rispetto ai costi, atte a evitare il degrado ambientale”
Il principio di precauzione nell’UE e l'adozione del Regolamento n. 178/2002
Come abbiamo visto poc’anzi, l’esistenza di problematiche legate al consumo degli alimenti nonchè al rispetto della tutela dell’ambiente, ha portato gli Stati membri dell’UE ad introdurre, in materia ambientale, un richiamo al “principio di precauzione”.
L’art.191 TFUE afferma che: “la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un livello di tutela tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonchè sul principio ‘chi inquina paga”.
Secondo la Commissione, il “principio di precauzione” si inserisce all’interno del più generale contesto dell’”analisi del rischio” trovando applicazione nei momenti in cui “l’incertezza scientifica non consente una valutazione completa del rischio e i responsabili ritengono che il livello prescelto di protezione dell’ambiente o della salute umana, animale o vegetale, possa essere minacciato”.
Elementi che caratterizzano il principio di precauzione sono:
- l’esistenza di un rischio potenziale, “anche se questo rischio non può essere interamente dimostrato, o la sua portata quantificata o i suoi effetti determinati per l’insufficienza o il carattere non concludente dei dati scientifici”,
- una valutazione scientifica che, “per l’insufficienza dei dati, il loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente di determinare con sufficiente certezza il rischio in questione”.
Vediamo che dal contenuto della Comunicazione emerge chiaramente come l’interpretazione del principio di precauzione sia coerente con l’Accordo SPS ed ispirata quindi alla volontà di evitare un ricorso ingiustificato al principio in questione che possa celare una dissimulata forma di protezionismo.
Anche la Corte di giustizia in alcuni casi molto noti di emergenza alimentare, ha preso posizioni forti.
E’ il caso della Causa C-180/96, relativa alle misure adottate dalla Commissione per fronteggiare la prima manifestazione dell’encefalopatia spongiforme bovina (la c.d. mucca pazza degli anni ‘90).
La Corte, infatti, una volta ricordato che: “il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi”, ha poi precisato che : “la protezione della salute umana rientra tra gli obiettivi della politica della comunità in materia ambientale”, (al momento della sentenza non esistevano ancora gli artt. 152 e 153 del TCE oggi 168 e 169 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea) – inseriti successivamente), "di talchè si deve ammettere che quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata dei rischi per la salute delle persone, le Istituzioni possono adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità dei rischi”.
Così facendo la Corte ha risolto il problema del bilanciamento del duplice interesse di tutela della salute e libera circolazione dei prodotti alimentari in presenza di incertezze scientifiche sulla nocività della carne bovina applicando il principio di precauzione.
L’art. 7 del Regolamento CE n°178/2002
Con l’adozione del Reg. CE n°178/2002, che stabilisce, i "principi e i requisiti generali della legislazione alimentare", il principio di precauzione è stato ufficialmente formalizzato all’interno della normativa sulla sicurezza alimentare, diventandone uno dei principi fondanti.
L’Art. 7 del reg. CE n°178/2002 al paragrafo 1 descrive quindi il principio di precauzione come un mezzo attraverso cui, in situazioni in cui sia individuata la “possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione di incertezza sul piano scientifico”, è possibile adottare “misure provvisorie di gestione del rischio necessarie a garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa che ulteriori informazioni scientifiche divengano disponibili per compiere una valutazione più esaustiva del rischio”
Lo stesso art. 7 al paragrafo 2 afferma che “le misure adottate sulla base del paragrafo 1 sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito dalla Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica…”
Da tale formulazione si possono facilmente evincere gli elementi fondanti che concorrono a definire il contenuto sostanziale di tale principio all’interno del contesto normativo del diritto alimentare che ora vediamo meglio:
- il tipo di interesse tutelato
- il livello di incertezza che giustifica il ricorso al principio
- il carattere proporzionato e provvisorio della misura, la quale deve comunque essere adottata sulla base di una previa valutazione del rischio.
L’applicazione di questo principio risulta indubbiamente finalizzata a garantire, in via principale, la tutela della vita e della salute come obiettivo delineato dal Reg. CE 178/2002 mentre il rischio prevede che si debba compiere una valutazione complessiva del rischio per la salute, basata sui dati scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale dai quali devono essere emerse incertezze scientifiche.
Le misure precauzionali dovranno, quindi, essere proporzionate, allo scopo di assicurare che il perseguimento di un alto livello di tutela avvenga anche considerando – e non pregiudicando- le concorrenti esigenze legate al principio di libera circolazione delle merci nel mercato dell’Unione.
L’art. 7 del reg. CE n°178/2002 ha quindi posto, a causa della sua formulazione, il problema dell’individuazione della natura, facoltativa o obbligatoria, della norma.
Il Legislatore dell’Unione ha infatti adottato, nell’enunciazione di tale principio, una “ formula fragile”, affermando che : “possono essere adottate (…) misure provvisorie di gestione del rischio”. Se ci basiamo su queste parole vediamo che il principio di precauzione non troverebbe applicazione obbligatoria, ma solo eventuale, a riprova della prudenza del legislatore europeo, il quale preferisce non ancorarsi ai principi da lui stesso affermati e, più volte richiamati, dalla Corte di giustizia.
In fin dei conti la precauzione, è per sua natura, non obbligatoria ma facoltativa e il giudizio sulla necessità di adottarla finisce per mutare in ragione delle diverse gradazioni che il rischio può assumere.
L’art. 7 quindi, allorché enuncia il principio di precauzione e ne delimita l’ambito di applicazione, non fa espresso richiamo né alle Istituzioni UE, né agli Stati membri, di talché, è da ritenere che il potere di agire in via precauzionale spetti tanto Istituzioni dell'UE (in particolare alla Commissione) quanto alle autorità nazionali.
La Corte di giustizia ha più volte precisato, infine, che in mancanza di armonizzazione e nel caso in cui sussistano incertezze in merito alla ricerca scientifica, gli Stati membri sono legittimati a decidere il livello a cui intendono garantire la tutela della salute e della vita umana, fermi restando i principi in materia di sicurezza alimentare e i principi generali della legislazione alimentare.
Più precisamente dovranno essere sempre rispettati il principio di analisi del rischio, e il principio di precauzione di cui agli art.. 6 e 7 del reg. 178/2002.
Quindi il principio di precauzione non rileva solo nell’ambito dell’analisi del rischio ma in quanto principio generale e caposaldo del complessivo sistema della sicurezza alimentare a livello europeo.
Quando si invoca il principio di precauzione
Vediamo poi che il Principio di precauzione ha anche un impatto positivo a livello internazionale, avendo esso lo scopo di garantire un livello appropriato di protezione dell’ambiente e della salute nei negoziati internazionali.
Tale principio è stato, infatti, riconosciuto da diverse convenzioni internazionali e viene in risalto in special modo nell'Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) concluso nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
Ma quando può invocarsi il principio di precauzione?
Secondo la Commissione europea, il principio di precauzione “può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza”.
Il ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la comunicazione del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde alla fase di presa di decisione.
La Commissione sottolinea, poi, che il principio di precauzione può essere invocato solo nell'ipotesi di un rischio potenziale, e che non può in nessun caso giustificare una presa di decisione arbitraria.
Le autorità incaricate della gestione del rischio, quindi, possono decidere di agire o di non agire, in funzione del livello di rischio.
Se il rischio è alto, si possono adottare varie categorie di misure.
Si può trattare di atti giuridici proporzionati, del finanziamento di programmi di ricerca, di misure d’informazione al pubblico, ecc.
Vi sono poi tre principi specifici alla base del ricorso al principio di precauzione:
- una valutazione scientifica la più completa possibile e la determinazione, nella misura del possibile, del grado d'incertezza scientifica;
- una valutazione del rischio e delle conseguenze potenziali dell'assenza di azione;
- la partecipazione di tutte le parti interessate allo studio delle misure di precauzione, non appena i risultati della valutazione scientifica e/o della valutazione del rischio sono disponibili.
Inoltre, i principi generali della gestione dei rischi restano applicabili allorché il principio di precauzione viene invocato tenendo presenti i cinque seguenti principi:
- la proporzionalità tra le misure prese e il livello di protezione ricercato;
- la non discriminazione nell'applicazione delle misure;
- la coerenza delle misure adottate con quelle già prese in situazioni analoghe o che fanno uso di approcci analoghi;
- l'esame dei vantaggi e degli oneri risultanti dall'azione o dall'assenza di azione;
- Il riesame delle misure alla luce dell'evoluzione scientifica.
L'onere della prova
Le regole esistenti nella legislazione comunitaria e in quella di numerosi paesi terzi applicano il principio dell'autorizzazione preventiva (elenco positivo) prima dell'immissione sul mercato di alcuni tipi di prodotti, quali le medicine, gli antiparassitari o gli additivi alimentari.
Ciò costituisce già un modo di applicare il principio di precauzione spostando la responsabilità della produzione delle prove scientifiche. È questo il caso in particolare delle sostanze ritenute a priori pericolose o che possono essere potenzialmente pericolose ad un certo livello d'assorbimento. In questo caso il legislatore, per precauzione, ha previsto l‘inversione dell'onere della prova, stabilendo che tali sostanze siano considerate come pericolose finché non sia dimostrato il contrario.
Spetta quindi alle imprese realizzare i lavori scientifici necessari per la valutazione del rischio. Finché il livello di rischio per la salute e per l'ambiente non può essere valutato con sufficiente certezza, il legislatore non può legittimamente autorizzare l'utilizzazione della sostanza, salvo in casi eccezionali per effettuare prove.
In altri casi, nei quali non è prevista una simile procedura di autorizzazione preventiva, può spettare all'utilizzatore, persona privata, associazione di consumatori o di cittadini o al potere pubblico di dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un procedimento.
Un'azione adottata in base al principio di precauzione può comportare in alcuni casi una clausola che preveda l'inversione dell'onere della prova sul produttore, il fabbricante o l'importatore; tuttavia un tale obbligo non può essere sistematicamente previsto in quanto principio generale.
Questa possibilità dovrebbe essere esaminata caso per caso, quando una misura viene adottata a titolo di precauzione nell'attesa dei dati scientifici supplementari, per dare ai soggetti, che hanno un interesse economico nella produzione e/o nella commercializzazione del prodotto o del procedimento in questione, la possibilità di finanziare le ricerche scientifiche necessarie su base volontaria.
Le misure basate sul principio di precauzione possono stabilire una responsabilità in materia di produzione delle prove scientifiche necessarie ad una valutazione del rischio completa.
Per concludere possiamo dire che la Commissione ritiene che il principio di precauzione sia un principio di applicazione generale che deve essere preso in considerazione particolarmente nei settori della protezione dell'ambiente e della salute umana, animale o vegetale.
Anche se nel Trattato il principio di precauzione viene menzionato esplicitamente solo nel settore dell'ambiente, il suo campo d'applicazione è molto più vasto. Esso comprende quelle specifiche circostanze in cui le prove scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni, ricavate da una preliminare valutazione scientifica obiettiva, che sussistono ragionevoli motivi di temere che gli effetti potenzialmente pericolosi sull'ambiente e sulla salute umana, animale o vegetale possono essere incompatibili con il livello di protezione prescelto.
Il principio di prevenzione
Quando si parla di principio di precauzione non ci si può esimere dal parlare anche del principio di prevenzione in quanto questi due principi costituiscono comunque i pilastri fondamentali del diritto dell'ambiente.
Abbiamo detto che il principio di prevenzione riguarda il diritto dell’ambiente, ma perché è così importante per il diritto agroalimentare?
Esso è importante in quanto nel campo del diritto dell’ambiente, il principio di prevenzione, prevede che la Pubblica Amministrazione debba intervenire in via cautelativa al fine di evitare che si verifichi l’evento dannoso nel momento in cui si accerti con certezza il rischio del verificarsi dello stesso.
Esso può essere riassunto nel noto pensiero del dott. Bernardino Ramazzini da Carpi: “prevenire è meglio che curare"
Il principio in parola trova specifica statuizione in differenti fonti del diritto UE e di quello interno.
In particolare, l’articolo 191 del TFUE prevede al comma 2 che: "La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga". In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione.”
Nel diritto interno invece, il D.lgs. 152/2006 prevede, all’art. 304, rubricato “azione di prevenzione” che : “Quando un danno ambientale non si e' ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza”
Per chiudere possiamo dire che la differenza tra il principio di precauzione ed il principio di prevenzione va ricercata nell’effettività del danno e nella possibilità che lo stesso si verifichi.