Per pratica commerciale si intende quel tipo di azione, omissione, condotta, dichiarazione oppure comunicazione commerciale, come per esempio le pubblicità diffuse con ogni mezzo (stampa, televisione oppure social), mediante la quale un professionista intenda promuovere, vendere oppure fornire beni o servizi ai consumatori.
Quando la pratica commerciale è tesa a falsare oppure trarre in inganno la libera scelta del consumatore ed è quindi praticata con violazione del principio di diligenza professionale, viene definita scorretta.
Quindi, in sintesi, una pratica commerciale scorretta è quel tipo di comunicazione di marketing che sia in grado di indurre in errore il consumatore riguardo il prezzo, le caratteristiche oppure le modalità di utilizzo di un certo prodotto.
Quando è scorretta una pratica commerciale?
L’articolo 20 del Codice del Consumo, cioè il Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, definisce scorrette quelle pratiche commerciali che, in contrasto con il principio di diligenza professionale, siano false oppure idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o a chi è diretta.
La disciplina è stata introdotta a opera della Direttiva 2005:29:CE del Parlamento europeo e del Consiglio, cioè la cd. “Direttiva sulle pratiche commerciali sleali”, e successivamente è stata attuata nel nostro ordinamento da parte del Decreto legislativo 2 agosto, 2007, n. 146. Le modificazione apportate hanno inciso sul Codice del Consumo così come noi oggi lo conosciamo.
Perchè una pratica possa essere ritenuta sleale deve rispondere a due criteri:
- essere contraria all’obbligo della diligenza professionale, cioè non avere né la competenza, né l’attenzione richieste per agire con onestà nel mercato e ledere così il principio generale di buona fede;
- compromettere o essere in grado di farlo in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio, ossia alterando la sua capacità di decidere consapevolmente o indurlo ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso.
La definizione di pratica commerciale sleale è particolarmente ampia e comprende al suo interno le pratiche ingannevoli, aggressive e comparative.
Vediamo di seguito le differenze.
Qual è la differenza tra pratica commerciale ingannevole e pratica commerciale aggressiva
Nel novero delle pratiche commerciali scorrette rientrano sia quelle ingannevoli, sia quelle aggressive.
Sebbene, la linea di confine dell’una e dell’altra talvolta possa sembrare assai sfumata, se non addirittura sovrapponibile, il legislatore non è dello stesso avviso.
Sono pratiche ingannevoli tutte quelle attività che contengono informazioni false, non veritiere oppure alterate che, in qualsiasi modo, ingannano (o sono idonee a farlo) la percezione complessiva del consumatore.
Non è necessario che il consumatore sia stato effettivamente ingannato, poichè basta la potenzialità della trovata di marketing.
Anche un’omissione può essere considerata ingannevole, poiché in grado di influenzare in un verso oppure in un altro la libera decisione del compratore.
Sono, invece, pratiche aggressive quelle che ostacolano la libertà di scelta o di comportamento del consumatore e che solitamente sono il frutto di comunicazioni persistenti e invadenti, capaci di esercitare sul consumatore un indebito condizionamento.
L’indebito condizionamento, in sostanza, altro non è che l’abuso della posizione di potere che un determinato player commerciale sa di avere nel mercato e che sfrutta consapevolmente a proprio vantaggio attraverso una pressione coercitiva della volontà negoziale del consumatore finale.
Esempi di pratiche commerciali scorrette
La Direttiva 2005/29/CE indica una vera e propria black list di pratiche commerciali ritenute sleali.
Ecco quali sono:
- affermazioni false in ambito di codici di condotta o di approvazioni di organismi in riferimento all’attività esercitata;
- esibire un marchio senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
- invitare all’acquisto di prodotti avendo il ragionevole dubbio di non essere in grado di poterli fornire o invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente con l’intenzione di vendere altro prodotto;
- dichiarare falsamente che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato;
- impegnarsi a fornire l’assistenza post-vendita ai consumatori e poi offrire concretamente tale servizio in un’altra lingua senza comunicarlo al consumatore prima che questi si sia impegnato a concludere l’operazione o dare falsa impressione che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto;
- affermare o generare comunque l’impressione che la vendita del prodotto sia lecita ove non lo sia;
- presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell’offerta fatta dal professionista;
- comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo di indurre il consumatore ad acquistare il prodotto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;
- affermare che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole o promettere prodotti a titolo gratuito (omaggi, vincita premi, etc.) e richiedere poi un corrispettivo;
- includere nel materiale promozionale materiale che dia al consumatore l’impressione di aver già ordinato il prodotto in commercio mentre non lo ha fatto;
- dichiarare falsamente o dare l’impressione che il professionista non agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale o presentarsi falsamente come consumatore;
- creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto;
- effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza e a non ritornarvi o effettuare ripetute e sgradite sollecitazioni commerciali per telefono, fax, e-mail o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza – ad eccezione delle circostanze e nella misura in cui tali comportamenti siano consentiti dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale;
- tenere comportamenti che impediscano o dissuadano il consumatore ad esercitare i suoi diritti contrattuale, come ad esempio la richiesta di risarcimento;
- esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione della custodia dei prodotti che il professionista ha fornito ma che il consumatore non ha richiesto – salvo il caso di beni dati in sostituzione;
- informare esplicitamente il consumatore che se non acquista il prodotto o servizio sarà in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista.
Come segnalare una pratica commerciale di questo tipo e quali sono le sanzioni applicabili? Lo spieghiamo di seguito.
Chi sanziona le pratiche commerciali scorrette
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM),è l’autorità amministrativa indipendente competente in materia di controllo e vigilanza delle regole in materia concorrenziale.
Nota anche più frequentemente con il nome di Antitrust, dal momento che esercita il proprio potere in materia di legislazione antimonopolistica, essa è in grado sia di agire d’ufficio (cioè di propria sponte), sia di recepire le segnalazioni inviate dai consumatori.
Le istanze danno quindi il via a vere proprie attività istruttorie di accertamento delle pratiche commerciali, al culmine delle quali verrà emessa una sanzione nei confronti del responsabile.
Quali sono le sanzioni previste
L’Antitrust tra i suoi poteri ha quello di intimare l'interruzione immediata della pratica e della diffusione della comunicazione commerciale a questa collegata.
Oltre ciò, può irrogare delle sanzioni a carattere amministrativo-pecuniario, che vanno da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 500.000 euro.
Come denunciare una pratica commerciale scorretta
Il consumatore che intenda ottenere tutela contro una pratica commerciale scorretta può inviare la propria segnalazione all’AGCM:
- a mezzo posta ordinaria;
- tramite pec, potocollo.agcm@pec.agcm.it
- compilando la segnalazione online
La segnalazione darà impulso all’attività istruttoria dell’autorità amministrativa indipendente.
Una volta ricevuta la segnalazione, l’Autorità avvertirà il consumatore soltanto qualora intenda avviare il procedimento che, in ogni caso, può svolgersi innanzi al giudice ordinario oppure innanzi al TAR.
E’ bene sapere però che, nell’invio della denuncia, è fondamentale che il consumatore fornisca una descrizione precisa e dettagliata della pratica commerciale sleale, poichè ciò permetterà all’Antitrust di raccogliere tutti gli elementi utili al suo compito.