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1 Marzo 2024
17:00

Polizze vita, la Corte costituzionale dice no alla prescrizione breve: storica sentenza

La Corte costituzionale, con la storica sentenza del 29 febbraio 2024, n. 32, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2952, secondo comma, del Codice civile, nella parte in cui non prevede l'esclusione, dal termine di prescrizione biennale, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali, d'ora in poi, opera la prescrizione decennale. Coloro che sono beneficiari di una polizza vita, adesso, avranno la possibilità di far valere i loro diritti per il termine più lungo di dieci anni.

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Polizze vita, la Corte costituzionale dice no alla prescrizione breve: storica sentenza
Avvocato
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La Corte costituzionale, con sentenza del 29 febbraio 2024, n. 32, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2952, secondo comma, del Codice civile, nella parte in cui non prevede l'esclusione, dal termine di prescrizione biennale, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera la prescrizione decennale.

La portata della sentenza è dunque storica, poiché adesso i diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita potranno essere fatti valere per ben 10 anni e non più soltanto per 2 anni, come accadeva prima.

I beneficiari delle polizze vita, infatti, non di rado sono all’oscuro del contratto stipulato e non hanno il tempo necessario per venire a conoscenza dei fatti ed esercitare i loro diritti, riscuotendo le somme di cui risultano beneficiari.

D’ora in poi, le cose andranno diversamente, poiché i beneficiari godranno di un margine di tempo ampio per far valere i loro diritti.

Vediamo in dettaglio cosa ha stabilito la Corte costituzionale e cosa cambia per i consumatori.

I fatti di causa

Nel gennaio del 2002 Tizio aveva stipulato con una società una polizza di assicurazione sulla vita di durata decennale e aveva indicato suo figlio come beneficiario.

Successivamente tale contratto veniva trasformato in altra tipologia di polizza vita.

Tizio perdeva la vita nel 2009 e solo nel 2015 il figlio presentava richiesta di liquidazione della polizza in questione.

La società assicuratrice, dunque, negava al figlio di Tizio la possibilità di ottenere quanto richiesto, in considerazione della maturata prescrizione biennale decorrente dalla morte del contraente, ai sensi dell’art. 2952, secondo comma, c.c.

Il figlio di Tizio adiva il Tribunale ordinario di Lucca, che dichiarava, da un lato, la nullità del contratto originario, ritenendolo uno strumento finanziario che avrebbe richiesto la previa conclusione di un “contratto quadro”, ai sensi dell'art. 23 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e, da un altro lato, l'inefficacia del secondo contratto, poichè trattavasi di novazione di obbligazione avente fonte in un contratto invalido.

Di conseguenza, il Tribunale di Lucca condannava la parte convenuta alla restituzione del premio versato.

La società proponeva appello e avverso la sentenza di primo grado.

La Corte d'appello di Firenze sollevava d'ufficio questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2952, secondo comma, cod. civ., nel testo introdotto dell'art. 3, comma 2-ter, del d.l. n. 134 del 2008, come convertito, e antecedente a quello sostituito con l'art. 22, comma 14, del d.l. n. 179 del 2012, come convertito, applicabile ratione temporis al caso in esame.

Nell’ordinanza di rimessione veniva censurato il contrasto della norma con gli artt. 3 e 47 Cost.: secondo il giudice a quo, il vulnus poteva essere sanato eliminando la prevista durata biennale della prescrizione per i diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita.

Il rimettente affermava, in particolare, che già l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) aveva evidenziato l'irragionevolezza della previsione di un termine breve di prescrizione rispetto alle polizze vita: invero, con la circolare n. 403/D del 16 marzo 2000,l’ISVAP aveva invitato le imprese assicurative a liquidare gli importi concernenti il ramo vita anche in caso di richieste tardive, poiché era emerso “dall'esame di taluni esposti […] che nella maggior parte dei casi la tardiva richiesta dipendeva dal fatto che i beneficiari non erano a conoscenza dell'esistenza della polizza, avendo ritrovato la documentazione solo in un momento successivo al decesso dell'assicurato”.

La sentenza della Corte costituzionale

Per la Corte costituzionale, le questioni di legittimità sollevate dal giudice di Firenze, sono fondate.

La Consulta ha premesso che: “Nella disciplina della prescrizione il legislatore gode di ampia discrezionalità che gli consente di perseguire finalità pubblicistiche e, al contempo, di bilanciare gli interessi privatistici delle parti che si contrappongono. Può, in particolare, stabilire lunghi termini di prescrizione, così come può, invece, prevedere termini brevi, magari associati a una flessibilità del termine di decorrenza ed eventualmente abbinati – sul modello di altri ordinamenti giuridici – a un termine finale che non si può oltrepassare”.

Tuttavia, la discrezionalità che il legislatore incontra nella definizione dei termini di prescrizione, incontra un limite, poiché la prescrizione non può non rendere “effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce, e di conseguenza inoperante la tutela voluta accordare al cittadino leso" (sentenza n. 234 del 2008).

Questo limite, secondo la Consulta, “risulta valicato dalla disposizione censurata”.

Secondo la Corte costituzionale, in particolare, “nell'assicurazione sulla vita, infatti, è tutt'altro che remota l'eventualità che il titolare del diritto al pagamento delle somme dovute dall'assicuratore sia un terzo beneficiario e che egli sia ignaro di aver acquisito il diritto, non essendo a conoscenza della sua designazione”.

Di conseguenza, “La pretesa che un tale diritto sia esercitato in tempi molto brevi si risolve, dunque, in una eccessiva difficoltà, se non in una impossibilità di farlo valere”.

In definitiva, secondo la Consulta, “la norma censurata vìola il principio di ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost., e, al tempo stesso, pregiudica diritti che derivano dal risparmio previdenziale, tutelato dall'art. 47 Cost.”.

La Corte ha dunque dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 2952, secondo comma, del codice civile, nel testo introdotto dall'art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 2008, n. 166, e antecedente a quello sostituito con l'art. 22, comma 14, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, nella parte in cui non prevede l'esclusione, dal termine di prescrizione biennale, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera la prescrizione decennale”.

A seguito di questa sentenza storica, i beneficiari di una polizza assicurativa sulla vita potranno far valere i loro diritti per i successivi 10 anni dalla morte del contraente.

In questo modo, essi avranno di certo un margine di tempo notevole per riscuotere quanto dovuto dalla compagnia assicuratrice.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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