Il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili è previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 ed è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Tale fattispecie ricorre quando qualcuno occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture al fine di evadere le imposte.
Il reato di occultamento o distruzione di scritture contabili, dunque, si differenzia dall’ipotesi sanzionata amministrativamente che consiste nella mancata tenuta delle scritture contabili.
In quest’ultima ipotesi, dunque, non si prefigge reato.
Vediamo, allora, in cosa consiste il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili e cosa dice la Cassazione.
Cosa si intende per occultamento o distruzione delle scritture contabili?
L’occultamento o distruzione di documenti contabili è un reato previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
La norma punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione.
L’occultamento o la distruzione possono essere effettuati per la totalità dei documenti o solo per una parte degli stessi.
L’occultamento o la distruzione di documenti o scritture contabili deve impedire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Interessante la sentenza della Cassazione penale, sez. III , 13 dicembre 2017 n. 5079, con cui è stato ribadito che, ai fini della configurabilità del reato in questione, non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la omessa tenuta delle scritture contabili, “ma è necessario un "quid pluris" a contenuto commissivo consistente nell'occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge”.
La disposizione di cui al Decreto Legislativo 74 del 2000, articolo 10, infatti, “prevede una doppia alternativa condotta riferita ai documenti contabili (la distruzione e l'occultamento totale o parziale), un dolo specifico di evasione propria o di terzi e un evento costitutivo, rappresentato dalla sopravvenuta impossibilità di ricostruire, mediante i documenti i redditi o il volume degli affari al fine dell'imposta sul valore aggiunto.
E' evidente che si tratta di un reato a condotta vincolata commissiva con un evento di danno, rappresentato dalla perdita della funzione descrittiva della documentazione contabile.
Ne consegue che la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo ossia il non avere tenuto le scritture in modo tale che sia stato obiettivamente più difficoltosa – ancorché non impossibile – la ricostruzione ex aliunde ai fini fiscali della situazione contabile, ma richiede, per l'integrazione della fattispecie penale un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell'occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture”.
La Cassazione, in sostanza, fa riferimento sulla condotta commissiva ai fini della configurabilità del reato, poiché non è sufficiente una mera omissione.
Come viene punito
La pena per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili è quella della reclusione da tre a sette anni.
Differenza tra occultamento e omessa tenuta delle scritture contabili
L’occultamento o la distruzione di documenti e scritture contabili costituisce reato, mentre l’omessa tenuta delle scritture contabili non è reato, ma è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa.
All’art. 9 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 viene infatti previsto che in ipotesi di mancata tenuta delle scritture contabili, viene inflitta una sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 8.000.
La stessa sanzione si applica a chi, nel corso degli accessi eseguiti ai fini dell'accertamento in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, si rifiuta di esibire documenti e scritture contabili o dichiara di non possederli o comunque si sottrae all'ispezione e alla verifica.
Quanto tempo devono essere conservate le scritture contabili
Secondo quanto disposto dall’art. 2220 c.c. le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione.
Per lo stesso periodo devono essere conservate:
- le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti.
- le scritture e documenti possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini.
Quando si configura il reato
Il reato si configura nell’ipotesi in cui documenti e scritture contabili siano materialmente distrutte oppure occultate.
Le scritture contabili devono dunque preesistere al comportamento del reo.
Cosa comporta la mancata esibizione delle scritture contabili
La mancata esibizione delle scritture contabili comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa che va da euro 1000 a euro 8000.
In questo caso, infatti, vi è un mero comportamento omissivo, a differenza dell’ipotesi di reato disciplinata dal d.lgs. n. 74/2000.
Sulla differenza tra le due fattispecie si è espressa la Corte di cassazione, sez. III, con sentenza del 20 febbraio 2019, n. 7646 che ha precisato che il reato del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10, “presuppone l'istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito, donde la necessità del relativo specifico accertamento, anche per distinguere la fattispecie penale rispetto alla condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente dal Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, articolo 9, comma 1”.
In pratica, secondo la Cassazione, non si può occultare o distruggere ciò che non esiste in precedenza.
Questo è il discrimen tra mancata esibizione di scritture contabili e occultamento o distruzione delle stesse.