La Corte di Cassazione, sez. 1, civile, con ordinanza 15 febbraio 2024 – 28 febbraio 20204, n. 5242 si è pronunciata sul ricorso proposto da una donna che insisteva per ottenere la corresponsione dell’assegno di mantenimento a seguito della separazione e rigettando la questione in ragione della scelta di voler continuare a lavorare part-time, pur essendo laureata e potendosi impegnare a tempo pieno data ormai la maggiore età dei figli.
Il caso
La vicenda trae origine dalla sentenza resa dalla Corte d’Appello di Venezia che, così come il Tribunale di primo grado precedentemente, escludeva il diritto all’assegno di mantenimento a vantaggio di Caia e in ragione del fatto che la stessa avrebbe ormai avuto la possibilità di cogliere ulteriori occasioni di avanzamento di carriera che avrebbero potuto migliorare la condizione economica, stante anche l’età dei figli divenuti maggiorenni e potendo mettere a frutto il percorso di laurea conseguito nel mentre del matrimonio.
Caia, tuttavia, sceglieva di proporre ricorso innanzi alla Suprema Corte di Cassazione avverso la decisione e lamentando l’omessa valutazione da parte dei giudici sulle risorse economiche dell’ex marito Tizio che, a seguito della morte del genitore e della conseguente eredità, erano notevolmente aumentate e per cui l’assegno di mantenimento avrebbe dovuto essere rimodulato tenendo conto: dell’apporto esclusivo di Caia nell’accudimento dei figli e la cura all’abitazione.
La decisione
La Corte di Cassazione, sez. 1, civile, con ordinanza 15 febbraio 2024 – 28 febbraio 20204, n. 5242, sebbene avesse ritenuto fondati i motivi addotti circa l’aumento dell’ammontare del mantenimento dei figli versato da Tizio e l’incremento delle disponibilità economiche di questi a seguito della successione ereditaria, riteneva inammissibile il ricorso nella parte relativa alla corresponsione del mantenimento alla ex Caia.
I Giudici hanno infatti motivato la propria pronuncia ritenendo che sia compito della parte che richieda l’assegno di mantenimento spiegare e motivare che lo stato in cui versa la propria situazione economica non sia ascrivibile a sua colpa.
Solo in questo modo è possibile escludere che questi non si sia adoperato doverosamente per migliorare la propria posizione retributiva, contrattuale e familiare, in maniera confacente sia alle proprie attitudini sia capacità.
In ragione di ciò, si apprende dall’ordinanza, gli Ermellini hanno invece ritenuto Caia versante proprio in tali condizioni di colpa, dal momento che sceglieva di avvalersi ancora di un orario lavorativo parziale che si ripercuoteva sulle condizioni stipendiali ridotte, pur avendo conseguito la laurea in Scienze Politiche e avendo tre figli ormai maggiorenni.
Caia, pur avendo completato il percorso di studi nel corso del matrimonio, non si era mai maggiormente proiettata a un’autonomia economica personale.