La Naspi (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego) è l'indennità di disoccupazione spettante ai lavoratori licenziati o in disoccupazione involontaria al termine di un rapporto di lavoro.
Può avere una durata fino a 24 mesi ed è calcolata sulle settimane di contribuzione del lavoratore negli ultimi 4 anni di lavoro.
Ecco una guida completa sulla Naspi.
Naspi: cos'è e come funziona
Il Decreto Legislativo 4 marzo 2015 n. 22 contenente le “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” è il Decreto che contiene la normativa sulla Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI).
Nel Decreto attuativo del Jobs Act in materia di ammortizzatori sociali all’art. 1 viene disciplinata la principale e più famosa prestazione a sostegno del reddito dei lavoratori disoccupati: “A decorrere dal 1 maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, e nell’ambito dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) introdotta dalla Riforma Fornero, una indennità mensile di disoccupazione, denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione”.
La NASpI ha sostituito le prestazioni di ASpI e mini ASpI introdotte dall’art. 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92 con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015.
Per evento di disoccupazione si intende l’evento di cessazione dal lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione.
A chi spetta la Naspi
L’art. 2 del Decreto Legislativo 4 marzo 2015 n. 22 individua a chi spetta la Naspi, che è l'ex indennità di disoccupazione.
La Naspi spetta ai:
- lavoratori dipendenti settore privato (operai, impiegati, quadri e dirigenti, apprendisti e soci di cooperative, personale artistico con rapporto di lavoro subordinato);
- dal 1 gennaio 2022 spetta anche agli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti dalle cooperative e loro consorzi, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci di cui alla Legge n. 240/1984;
- dal 1 gennaio 2022 spetta anche ai lavoratori assunti con contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione;
- Dal 1° luglio 2023 rientrano tra i soggetti beneficiari i lavoratori sportivi subordinati, iscritti al Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi, a prescindere dal settore professionistico o dilettantistico in cui svolgono l’attività lavorativa.
Sono destinatari della NASpI i lavoratori dipendenti con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
Sono destinatari della Naspi anche gli apprendisti ed i soci di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma subordinata, ai sensi dell’art. 1, co. 3, della legge n.142 del 2001, nonché il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.
Il comma 221 dell’articolo 1della legge 30 dicembre 2021, n. 234 ha ampliato la platea dei destinatari della NASpI, includendo nella tutela anche la categoria dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato (Circolare Inps n. 2 del 4 gennaio 2022).
Per i lavoratori sportivi subordinati, iscritti al Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi, si applicano, con decorrenza 1° luglio 2023, le tutele previste dalla NASpl a prescindere dal settore professionistico o dilettantistico in cui essi svolgono la prestazione. Ciò anche in caso di assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante.
Sono coperti da indennità NASpI gli eventi di disoccupazione involontaria intervenuti: dal 1° luglio 2023 per i lavoratori sportivi subordinati e dal 1° gennaio 2022 per i lavoratori sportivi assunti con contratto di apprendistato professionalizzante.
Esclusi dalla Naspi
Rimangono esclusi dall'indennità NASpI:
- i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 2, articolo 1 del D.Lgs n. 165/2001;
- gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato
per i quali trovano applicazione le disposizioni del DL n.86/1988
(co. 1, art. 2, D.Lgs n. 22/2015).
Pertanto ai dipendenti pubblici con contratto a tempo indeterminato non spetta la Naspi. Le pubbliche amministrazioni, secondo quanto previsto dal D. Lgs. 165/2001, ai cui dipendenti statali non spetta la Naspi sono i seguenti: tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Esclusi anche gli operai agricoli a tempo determinato. Le disposizioni relative alla NASpI non si applicano inoltre nei confronti degli operai agricoli a tempo determinato, per i quali trovano applicazione le norme di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, all'articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, all'articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247.
La categoria dei collaboratori coordinati e continuativi che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione sono invece destinatari di una specifica e distinta tutela denominata DIS-COLL introdotta in via sperimentale per il 2015 dall’art. 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22 in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015.
Tra gli esclusi vi è anche il lavoratore che matura i requisiti per la pensione. Ossia il lavoratore che cessi il rapporto di lavoro e maturi i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata non può accedere alla NASpI, lo stabilisce la lettera c), comma 40, dell'art. 2 della Legge n. 92/2012).
Requisiti Naspi
Vediamo ora a chi spetta la disoccupazione e quali sono i requisiti per la Naspi. A disciplinarlo è l’art. 3 del Decreto attuativo al Jobs Act, legge 183 del 2014.
La nuova Assicurazione sociale per l’impiego (NASPI) è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
- siano in stato di disoccupazione involontaria ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
- possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione.
Un ulteriore requisito era quello di far valere almeno trenta giornate di lavoro effettivo o equivalenti, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione. Tale requisito non è più richiesto per gli eventi di disoccupazione intervenuti a fare data dal 1° gennaio 2022.
Lo stato di disoccupazione deve essere involontario, ossia il lavoratore deve aver perso involontariamente la propria occupazione.
Lo stato di disoccupazione è certificato dalla DID, Dichiarazione di immediata disponibilità, da rendere al Centro per l'Impiego o in sede di presentazione della domanda di Naspi.
Sono esclusi, pertanto, i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale (tranne i casi di cui sotto).
Quindi la Naspi è riconosciuta se il lavoratore è stato licenziato. Quindi per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o soggettivo. La Naspi spetta anche in caso di licenziamento per giusta causa.
Naspi in caso di licenziamento disciplinare. Il Ministero del Lavoro nell’interpello n. 13 del 24 aprile 2015 ha incluso nei casi in cui spetta l’erogazione della Naspi al lavoratore anche i licenziamenti disciplinari (per giusta causa). Le ipotesi di licenziamento disciplinare per il Ministero sono fattispecie della c.d. “disoccupazione involontaria” con conseguente riconoscimento della NASpI”. Per maggiori informazioni vediamo Naspi in caso di licenziamento disciplinare.
La residenza non conta per la Naspi, perché non costituisce requisito di accesso ai fini del riconoscimento delle prestazioni a carattere previdenziale, essendo possibile per il richiedente indicare alternativamente la residenza e/o il domicilio.
Per la NASpI e la DIS-COLL, a seguito della sottoscrizione del patto di servizio, i disoccupati devono rendere la loro disponibilità ed hanno l’obbligo di partecipazione alle misure di politica attiva proposte dai Centri per l’Impiego. I Centri per l’Impiego possono comunque procedere alla sottoscrizione del patto di servizio personalizzato anche per i soggetti dichiarati irreperibili o senza fissa dimora facendo riferimento all’indirizzo di domicilio dagli stessi comunicato in fase di rilascio della DID online. La condizione dunque di irreperibilità/senza fissa dimora non costituisce elemento ostativo al riconoscimento dei trattamenti di NASpI e DIS-COLL (Messaggio Inps n. 689/2019).
Naspi in caso di dimissione e risoluzione consensuale
La NASpI, come abbiamo visto, è un sussidio di disoccupazione che non spetta in caso di dimissioni e risoluzione consensuale.
Ma ci sono delle eccezioni richiamate dall’Inps nella circolare. La Naspi è infatti riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 40 dell'articolo 1 della legge n. 92 del 2012.
Naspi in caso di dimissioni per giusta causa: ecco quando spetta. La circolare n. 94 del 12 maggio 2015 precisa però che la NASpI viene riconosciuta dall’Inps in caso di dimissioni che avvengano per giusta causa secondo quanto indicato, a titolo esemplificativo, dalla circolare n. 163 del 20 ottobre 2003 qualora motivate:
- dal mancato pagamento della retribuzione;
- dall'aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
- dalle modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
- dal c.d. mobbing;
- dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda (art.2112 co.4 codice civile);
- dallo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 codice civile;
- dal comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.
La Naspi spetta anche in caso di dimissioni durante il periodo tutelato di maternità ex art.55 del D.Lgs. n.151 del 2001 (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio).
Naspi e dimissione del lavoratore padre. Il comma 1 dell'articolo 54 del D. Lgs 151/2021, come modificato dal D .Lgs. n. 105/2022, prevede che le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro nonché fino al compimento di un annodi età del bambino. Il successivo comma 7 dispone che in caso di fruizione del congedo di paternità, di cui agli art. 27-bis e 28 del D. Lgs 151/2001, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Il comma 1, art. 55 del D. Lgs 151/2001 dispone che, in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. Il comma 2 prevede che tale disposizione si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità. In assenza di specifica qualificazione dello stesso, l’indennità di NASpI spetta quindi al lavoratore padre sia nel caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio che nel caso di fruizione del congedo di paternità alternativo. Lo stabilisce la circolare Inps n. 32 del 2023.
Naspi e dimissione per trasferimento del lavoratore. La circolare Inps n. 142 del 29 luglio 2015 ha confermato la possibilità per il lavoratore di ricevere la Naspi in caso di dimissione per trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda. In questa ipotesi “l’elemento della distanza della sede di lavoro – entro o oltre i 50 chilometri o la raggiungibilità della predetta sede fino a 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici – rispetto alla residenza del lavoratore, incide sia sul requisito di accesso alla tutela sotto il profilo della cessazione involontaria sia sul mantenimento della prestazione”.
Naspi spetta per la conciliazione presso la DTL. Per quanto attiene alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro si precisa che essa non è ostativa al riconoscimento della prestazione qualora sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione da tenersi presso la Direzione Territoriale del Lavoro secondo le modalità previste all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 come sostituito dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92 del 2012.
Niente Naspi in caso di risoluzione consensuale post richiesta congiunta di accordo alla DPL. Al Ministero del Lavoro è stato chiesto se è possibile riconoscere l'indennità mensile di disoccupazione NASpI (di cui al D. Lgs n.22 del 4 marzo 2015), nel caso in cui il lavoratore venga a trovarsi in stato di disoccupazione a seguito di richiesta congiunta, con il datore di lavoro, di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro per le aziende dimensionate al di sotto dei 15 dipendenti al di fuori dal tentativo obbligato di conciliazione (di cui all'articolo 7 della legge n. 604/1966 come modificato dall'articolo 1, comma 40, della legge n. 92/2012).
Con comunicato stampa del 15 febbraio 2016, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fatto presente che la NASpI non spetta nel caso di specie, in quanto l'art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 22/2015 stabilisce che la NASpI è riconosciuta, oltre che nei casi di licenziamento, anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge n. 604/1966.
Naspi in caso di conciliazione volontaria. L’indennità spetta anche in caso di offerta di conciliazione agevolata secondo l’art. 6 del D. Lgs. n. 23 del 2015. Secondo tale norma in caso di licenziamento il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso, in una delle sedi di cui all’art. 2113, quarto comma, c.c., un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta. La firma di tale accordo per chiudere il rapporto di lavoro non impedisce al lavoratore di percepire la Naspi in quanto si tratta comunque di disoccupazione involontaria. Per maggiori vediamo Naspi e conciliazione volontaria.
La Naspi non spetta per i periodi di CIG a zero ore e malattia senza integrazione. Il Ministero del Lavoro ha chiarito con una nota del 20 marzo 2015 che nel computo dei mesi per la durata della Naspi non saranno considerati i periodi di CIG a zero ore o di malattia senza integrazione del datore di lavoro. Per ogni due settimane di cassa integrazione a zero ore spetterà una settimana in meno di Naspi. Vediamo perché nell’approfondimento Naspi, cassa integrazione e malattia.
Come individuare i 4 anni per la Naspi
La Naspi spetta se il lavoratore è disoccupato involontariamente e può far valere almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Non è più necessario che il lavoratore deve poter far valere almeno 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesiche precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Questo vuol dire che dal giorno di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore deve verificare se ha almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti quel giorno.
Si ci pone il problema di individuare il quadriennio e se vi sono periodi neutri, ossia che non contano.
In presenza di una pluralità di periodi neutri – cioè periodi non utili ai fini della ricerca del requisito contributivo e lavorativo – che si susseguono si richiede che almeno il primo evento neutro cominci o sia in corso nel quadriennio di osservazione ai fini della ricerca del requisito contributivo. Il predetto quadriennio viene così ampliato in misura pari alla durata dell’evento neutro.
Se nel quadriennio così ampliato "si rinviene" un ulteriore evento neutro, il quadriennio dovrà essere ulteriormente ampliato in misura pari alla durata dell’evento rinvenuto. Il procedimento di ampliamento si protrae fino alla ricostruzione del periodo di osservazione di
48 mesi (quadriennio) al netto degli eventi neutri.
I periodi di inoccupazione o disoccupazione non danno luogo a neutralizzazioni ed a conseguenti ulteriori ampliamenti del quadriennio; tuttavia non determinano, di per sé, interruzione della ricostruzione del quadriennio di osservazione, lo stabilisce la circolare Inps n. 142 del 2015.
Calcolo requisito 13 settimane di contribuzione
Per quanto riguarda il calcolo delle 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, l’Inps precisa che ai fini del diritto sono valide tutte le settimane retribuite, purché per esse risulti, anno per anno, complessivamente erogata o dovuta una retribuzione non inferiore ai minimali settimanali (legge 638/1983 e legge 389/1989).
La disposizione relativa alla retribuzione di riferimento non si applica ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, agli operai agricoli e agli apprendisti per i quali continuano a permanere le regole vigenti.
Per contribuzione utile al diritto si deve intendere anche quella dovuta ma non versata dal datore di lavoro, in base al principio della c.d. automaticità delle prestazioni ex art. 2116 c.c. Quindi se il datore di lavoro non versa i contributi previdenziali il lavoratore, al quale in busta paga è stata comunque trattenuta la percentuale di contributi a carico lavoratore, spetta la Naspi.
Ai fini del perfezionamento del requisito richiesto di 13 settimane minimo di contributi nei 4 anni, si considerano utili:
- i contributi previdenziali, comprensivi di quota DS e ASpI versati durante il rapporto di lavoro subordinato;
- i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria se all'inizio dell'astensione risulta già versata o dovuta contribuzione ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
- i periodi di lavoro all’estero in paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione (non sono considerati utili i periodi di lavoro all'estero in Stati con i quali l’Italia non abbia stipulato convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale);
- i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino agli 8 anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell'anno solare.
Diversamente, non sono considerati utili i periodi di lavoro all'estero in Stati con i quali l’Italia non abbia stipulato convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale.
Naspi e periodi di lavoro nel settore agricolo. Qualora il lavoratore abbia alternato periodi di lavoro nel settore agricolo e periodi di lavoro in settori non agricoli, i periodi sono cumulabili ai fini del conseguimento della indennità di disoccupazione NASPI purché nel quadriennio di osservazione risulti prevalente la contribuzione non agricola e sempre che la relativa domanda sia presentata nel termine di sessantotto giorni rispetto alla cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro anche se avvenuto in agricoltura. A tal fine, per la verifica dell’entità delle diverse contribuzioni, restano fermi i parametri di equivalenza già in precedenza adottati che prevedono sei contributi giornalieri agricoli per il riconoscimento di una settimana contributiva.
Quali sono i periodi neutri esclusi da computo Naspi. Non sono inoltre considerati utili, in quanto non coperti da contribuzione effettiva, i seguenti periodi coperti da contribuzione figurativa:
- malattia e infortunio sul lavoro nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro (ovviamente nel rispetto del minimale retributivo);
- cassa integrazione straordinaria e ordinaria con sospensione dell'attività a zero ore (CIG a zero ore);
- assenze per permessi e congedi fruiti dal lavoratore che sia coniuge convivente, genitore, figlio convivente, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità.
Ai fini della determinazione del quadriennio da prendere in considerazione per la verifica del requisito contributivo, l’eventuale presenza dei suddetti periodi non considerati utili, deve essere neutralizzata in quanto ininfluente, e determina un conseguente ampliamento del quadriennio di riferimento.
In relazione alla nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) non è più richiesto alcun requisito di anzianità assicurativa.
La circolare Inps n. 142 del 29 luglio 2015 in merito al requisito contributivo di almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, ha chiarito alcuni aspetti relativi al calcolo delle settimane e alla individuazione del quadriennio per la ricerca del requisito contributivo richiesto, unitamente agli altri requisiti legislativamente previsti.
In presenza di una pluralità di periodi neutri (cassa integrazione a zero ore, malattia e infortunio senza integrazione del datore di lavoro, ecc.) – cioè periodi non utili ai fini della ricerca del requisito contributivo e lavorativo – che si susseguono si richiede che almeno il primo evento neutro cominci o sia in corso nel quadriennio di osservazione ai fini della ricerca del requisito contributivo. Il predetto quadriennio viene così ampliato in misura pari alla durata dell’evento neutro.
Se nel quadriennio così ampliato “si rinviene” un ulteriore evento neutro, il quadriennio dovrà essere ulteriormente ampliato in misura pari alla durata dell’evento rinvenuto.
Il procedimento di ampliamento si protrae fino alla ricostruzione del periodo di osservazione di 48 mesi (quadriennio) al netto degli eventi neutri.
Si chiarisce ad ogni buon conto che i periodi di inoccupazione o disoccupazione non danno luogo a neutralizzazioni ed a conseguenti ulteriori ampliamenti del quadriennio; tuttavia non determinano, di per sé, interruzione della ricostruzione del quadriennio di osservazione.
A tal fine giovi il seguente esempio:
Quadriennio dal 15.5.2015 al 15.5.2011, CIG a zero ore per 30 mesi dal 31.5.2011 al 1.12.2008, malattia non integrata dal 20 ottobre al 25 novembre 2008: il requisito contributivo, per effetto dei predetti eventi che determinano l’ampliamento del quadriennio, deve essere ricercato entro l’8.10.2008. Il quadriennio di osservazione sarà pertanto 15.5.2015 – 08.10.2008.
Qualora all’interno di detto quadriennio (15.05.2015 – 08.10.2008) si rinvenga un evento interruttivo del rapporto assicurativo (es. inoccupazione) che non si esaurisca entro detto quadriennio ma risalga, a ritroso, a data precedente estendendosi ad esempio dal 31.12.2008 al 20.09.2008, il suddetto evento non comporta ulteriore ampliamento del quadriennio: la retrodatazione del quadriennio si estenderà sempre fino all’8.10.2008. Il periodo dell’evento interruttivo del rapporto assicurativo non è, infatti, da considerare neutro e non comporta quindi ampliamento del periodo di osservazione (quadriennio) ma è utile alla ricostruzione del quadriennio. In concreto ovviamente, nell’esempio riportato, l’ultima contribuzione utilizzabile ai fini della verifica della sussistenza del requisito contributivo sarà quella presente fino al 1 gennaio 2009.
Neutralizzazione dei periodi di CIG in deroga. Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro si osserva che, anche i periodi di CIG in deroga con sospensione dell’attività a zero ore – vista l’analogia di detta prestazione previdenziale di sostegno al reddito con la CIG ordinaria e straordinaria – sono da considerarsi “neutri” con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
Neutralizzazione dei periodi di lavoro all’estero in Paesi non convenzionati. Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, si precisa che i periodi di lavoro all’estero – in Stati con i quali l’Italia non abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali in materia di assicurazione contro la disoccupazione – sono da considerarsi “neutri” con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
Contribuzione Agricola e requisite delle tredici settimane. La circolare n. 194/2015 chiarisce anche alcuni aspetti legati al requisito contributivo di tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione. Valutazione della contribuzione agricola ed extra agricola ai fini della verifica della prevalenza per l’accoglimento di una domanda di NASpI.
I primi mesi di operatività in ordine alla prestazione NASpI hanno evidenziato anche elementi che, con riferimento al punto 2.2 b) della circolare n. 94 del 2015, suggeriscono una puntualizzazione. Si è infatti rilevato che la non omogeneità fra i periodi di osservazione utilizzati ai fini delle prestazioni di disoccupazione in agricoltura e i periodi di osservazione utilizzati ai fini delle prestazioni di disoccupazione nel settore extra agricolo è possibile fonte di pregiudizio nei confronti del lavoratore extra agricolo che presenti contribuzione agricola molto risalente nel quadriennio.
Fermo restando pertanto il consueto criterio di equivalenza ai fini del cumulo fra le due tipologie di contribuzione, si ritiene di introdurre, in subordine a quello già enunciato nella richiamata circolare, uno strumento di verifica della prevalenza il quale armonizzi la normativa NASpI con quella della DS agricola la quale ultima, ai suoi fini, prende in considerazione in primo luogo l’ultimo anno.
A questo fine, nei confronti del richiedente NASpI, dopo l’osservazione del quadriennio che eventualmente evidenzi prevalenza di contribuzione agricola, è possibile procedere – per determinare la prevalenza – ad osservazione dei soli ultimi dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro. Se in quest’ultimo periodo vi è prevalenza di contribuzione extra agricola, la domanda di NASpI, in presenza di tutti gli altri requisiti, è accoglibile.
Requisito 13 settimane di contribuzione operai agricoli. Gli operai agricoli a tempo indeterminato di cui alla legge n. 240 del 1984 – analogamente alla generalità dei lavoratori destinatari della prestazione NASpI per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2022 – ai fini dell’accesso alla indennità NASpI devono fare valere congiuntamente i seguenti requisiti, ai sensi del novellato articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 22 del 2015:
- stato di disoccupazione di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;
- almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione.
La circolare n. 2 del 4 gennaio 2022 stabilisce che con specifico riferimento al menzionato requisito contributivo delle tredici settimane, si fa presente che sono fatti salvi, e quindi sono considerati utili per l’accesso alla NASpI, i contributi contro la disoccupazione versati nel settore agricolo sia ai fini del diritto, della misura e della durata della prestazione NASpI. I predetti contributi versati nel settore agricolo precedentemente al 1° gennaio 2022 non potranno tuttavia essere considerati utili ai fini della durata della NASpI nel caso in cui gli stessi ricadano nel quadriennio di osservazione e siano stati già utilizzati per la fruizione dell’indennità di disoccupazione agricola.
Esempio 1) Lavoratore OTI interessato dalla riforma che ha iniziato l’attività lavorativa il 1° luglio 2021 e cessa dalla medesima il 1° luglio 2022. Il lavoratore può accedere in presenza di tutti i requisiti all’indennità di disoccupazione agricola in competenza 2021, beneficiando dell’indennità sulla base delle giornate indennizzabili secondo la normativa. A seguito della cessazione nel 2022, il lavoratore ha diritto alla NASpI in presenza dei requisiti, ma nel calcolo della prestazione non viene considerata la contribuzione del settore agricolo nell’anno 2021 qualora sia stato beneficiario della disoccupazione agricola competenza 2021.
Esempio 2) Lavoratore OTI interessato dalla riforma che ha iniziato l’attività lavorativa il 1° luglio 2021 e cessa dalla medesima il 1° luglio 2022. Il lavoratore sceglie di non accedere alla disoccupazione agricola. A seguito della cessazione nel 2022, il lavoratore ha diritto alla NASpI in presenza dei requisiti e nel calcolo della prestazione viene considerata anche la contribuzione del settore agricolo nell’anno 2021.
Quadriennio Naspi e aspettativa sindacale. I periodi durante i quali i lavoratori sono collocati in aspettativa non retribuita in quanto chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali sono considerati utili ai fini del diritto e della misura delle pensioni (art.
31, L. 300/1970 ).
Inconsiderazione dell’esplicito richiamo della norma in questione alla sola tutela pensionistica, i periodi di aspettativa sindacale coperti da contribuzione figurativa non sono utili ai fini del perfezionamento del requisito contributivo per l’accesso alla prestazione NASpI.
Tuttavia i suddetti periodi – seppure non utili per il perfezionamento del requisito contributivo – possono essere considerati "neutri" con un corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di 12 mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro.
Contributi agricoli nei 4 anni precedenti. Una considerazione particolare si impone sulla contribuzione versata in agricoltura nel quadriennio di osservazione per la definizione della durata di una indennità NASpI. In caso di prestazioni di disoccupazione agricola erogate nell’ambito del quadriennio da prendere in considerazione per il calcolo dell’indennità NASpI, saranno detratte dalla contribuzione utile a definire la durata di quest’ultima le giornate di effettivo lavoro dipendente, agricolo ed eventualmente non agricolo, coperte da contribuzione contro la disoccupazione involontaria che hanno determinato la durata dell’indennità di disoccupazione agricola. La detrazione delle giornate di effettivo lavoro dipendente agricolo andrà effettuata manualmente.
Ai fini della durata delle indennità NASpI successive alla prima, le indennità NASpI già percepite determinano il non computo di un numero di settimane di contribuzione doppio rispetto alla durata della prestazione NASpI percepita.
Requisito 30 giornate di lavoro effettivo (fino al 2021)
La lettera b) del comma 221 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022, introducendo il comma 1-bis all’articolo 3 del decreto legislativo n. 22 del 2015, ha altresì introdotto una novità di rilievo in ordine ai requisiti di accesso alla indennità di disoccupazione NASpI, disponendo, per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2022, la non applicazione del requisito di cui alla lettera c) del comma 1 del citato articolo 3, ossia delle trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Quindi, oltre allo stato di disoccupazione e alla presenza nell’estratto conto previdenziale del lavoratore di almeno 13 settimane di contributi versati negli ultimi 4 anni precedenti l’inizio dello stato di disoccupazione, un ulteriore requisito che era previsto fino al 31 dicembre 2021, poi abrogato dal 1 gennaio 2022, era che il lavoratore doveva possedere per avere la Naspi sono le trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione. Vediamo come si calcolano, secondo quanto precisato dalla circolare Inps n. 94/2015.
Le giornate di lavoro effettivo sono le giornate di effettiva presenza al lavoro a prescindere dalla loro durata oraria. In particolare esse sono indicate nel flusso mensile UNIEMENS – con i quali i datori di lavoro trasmettono i dati retributivi e contributivi – col codice “S”.
A questo fine gli eventi di seguito elencati, che si verificano o siano in corso nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione, determinano un ampliamento – pari alla durata degli eventi medesimi – del periodo di dodici mesi all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate:
- malattia e infortunio sul lavoro nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro (ovviamente nel rispetto del minimale retributivo);
- cassa integrazione straordinaria e ordinaria con sospensione dell'attività a zero ore;
- assenze per permessi e congedi fruiti dal lavoratore che sia coniuge convivente, genitore, figlio convivente, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità.
Anche i periodi di malattia con integrazione della retribuzione a carico del datore di lavoro determinano – se si verificano o siano in corso nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro – un corrispondente ampliamento del periodo di osservazione all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate.
Esclusivamente al fine del raggiungimento del presente requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo, si precisa quanto segue: I periodi di assenza dal lavoro per maternità obbligatoria, se all'inizio dell'astensione risulta già versata o dovuta contribuzione ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro, ove si verifichino o siano in corso nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione, determinano un ampliamento – pari alla durata degli eventi medesimi – del periodo di dodici mesi all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate.
Lavoratori domestici: calcolo del requisito 30 giornate di lavoro effettivo. La circolare n. 194 del 27/11/2014 precisa: Ai fini del diritto alla nuova prestazione di disoccupazione NASpI, l’art. 5 del D.Lgs. n.22 del 2015 ha introdotto il requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono la cessazione involontaria del rapporto di lavoro. Al riguardo sono necessary ulteriori chiarimenti in merito alla modalità secondo cui rinvenire il requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari (colf, badanti, baby sitter).
Vista l’impossibilità di riscontrare l’effettiva presenza al lavoro in ciascuna giornata, ai fini della verifica della sussistenza del requisito delle 30 giornate è necessario ricorrere al sistema già in uso per l’accredito della contribuzione e per il pagamento di tutte le prestazioni relative ai lavoratori domestici, individuando in tal modo una metodologia che permetta di determinare – ancorché in via convenzionale – una presenza al lavoro assimilabile a trenta giornate effettive negli ultimi dodici mesi.
L’Inps ritiene individuare la presenza al lavoro equivalente a 30 giornate effettive in cinque settimane di lavoro considerate convenzionalmente di sei giorni ciascuna.
Pertanto, considerato che per l’accredito delle settimane si fa riferimento al trimestre solare e che per la copertura contributiva di una settimana sono necessarie 24 ore, al fine di individuare il numero di settimane accreditato nel trimestre medesimo si opera sommando tutte le ore di lavoro presenti nel trimestre e dividendo le stesse per 24.
Esempio: 80 ore lavorate nel trimestre/24=3,33 settimane di contribuzione arrotondate a 4. Ai fini della verifica del requisito in argomento si opererà dunque calcolando, con la predetta metodologia, il numero di settimane lavorate in ciascun trimestre solare, sulla base dei versamenti contributivi effettuati dal datore di lavoro o dai datori di lavoro se il lavoratore aveva in essere più rapporti lavorativi. Ne consegue che, quando nei dodici mesi di osservazione per la ricerca del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro sono presenti – secondo le ordinarie modalità di accredito della contribuzione nella gestione lavoratori domestici sopra descritte – almeno 5 settimane di contributi, il requisito delle 30 giornate si intende soddisfatto.
Calcolo delle 30 giornate di effettivo lavoro per lavoratori a domicilio, lavoratori con periodi di lavoro all’estero, lavoratori interessati da neutralizzazione e conseguente contribuzione di interesse molto risalente, lavoratori agricoli. Per la generalità dei lavoratori la verifica della sussistenza del predetto requisito si realizza analizzando il flusso telematico (Uniemens) attraverso il quale i datori di lavoro trasmettono mensilmente all’INPS i dati retributivi e contributivi, comprensivi dell’indicazione del numero di giornate effettivamente lavorate e della loro collocazione temporale.
Con riferimento alle categorie di lavoratori per le quali il flusso Uniemens non evidenzia i dati inerenti alle giornate effettivamente lavorate, quali ad esempio i lavoratori a domicilio, nonché con riferimento ai lavoratori con lunghi periodi neutri che comportino ricostruzione di un quadriennio nel quale Uniemens non forniva ancora le giornate lavorate, ai lavoratori con dati contributivi derivanti da formulari esteri, si impone la ricerca di una metodologia alternativa di individuazione delle 30 giornate.
Anche in relazione a queste ultime tipologie di lavoratori si considera pertanto soddisfatto il requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo quando sono presenti, nei 12 mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, 5 settimane di contribuzione. In ordine ai lavoratori agricoli, per i quali il dato delle giornate lavorate è desumibile dagli archivi telematici, si impone tuttavia una modalità alternativa ove questi ultimi non risultino ancora aggiornati e i dati ancora non presenti risultino decisivi. In questa eventualità si farà ricorso alle buste paga del lavoratore agricolo.
Calcolo delle 30 giornate di effettivo lavoro in caso di lavoratori in somministrazione, lavoratori con rapporto di lavoro intermittente. Ulteriori casi di neutralizzazione. Il D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 disciplina, tra l’altro, agli articoli da 13 a 18 e da 30 a 40, rispettivamente, il contratto di lavoro intermittente e il contratto di somministrazione di lavoro. Entrambe le tipologie contrattuali sono contraddistinte da periodi di lavoro e di non lavoro, il cui alternarsi presenta carattere di imprevedibilità, non riconducibile alla volontàdel lavoratore.
I predetti periodi di non lavoro non sono utili ai fini del soddisfacimento del requisito delle tredici settimane di contribuzione per l’accesso alla prestazione, oltre che per la determinazione della durata e della misura della stessa. Inoltre, gli stessi non sono neutralizzati ai fini della ricerca del requisito contributivo.
Diversamente, tali periodi sono considerati “neutri”, con un corrispondente ampliamento del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro. Tale possibilità di neutralizzazione va riferita anche ai casi in cui l’Agenzia di somministrazione, non potendo più mantenere alle proprie dipendenze uno o più lavoratori assunti a tempo indeterminato, per mancanza di occasioni di lavoro, avvia l’apposita procedura, disciplinata dall’art. 25 del CCNL per la categoria delle Agenzie di Somministrazione di lavoro, finalizzata alla riqualificazione professionale del lavoratore, procedura la cui durata è di 6 mesi o, per i lavoratori ultracinquantenni, di 7 mesi.
Calcolo Naspi
L’art. 4 del Decreto attuativo disciplina il calcolo e la misura della nuova indennità di disoccupazione, ex Aspi e ora chiamata Naspi, che ricordiamo è in vigore da maggio 2015. Vediamo come si calcola la Naspi.
La NASpI è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni utili, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive (retribuzione imponibile esposta nella predetta dichiarazione mensile uni-emens), divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33 (che è uguale a 52 diviso 12).
Nelle ipotesi di pagamento dell’indennità relativa a frazione di mese, si precisa che il valore giornaliero dell’indennità è determinato dividendo l’importo così ottenuto per il divisore 30. Ai fini del calcolo sono considerate tutte le settimane, indipendentemente dal fatto che esse siano interamente o parzialmente retribuite (in uni-emens settimane di tipo “X” o “2).
Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore all'importo di 1.425,21 euro mensili (valore per l'anno 2024, come stabilito dalla circolare Inps n. 25 del 2024), rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente, l'indennità mensile è pari al 75 per cento della retribuzione.
Nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo, l’indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementato di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo.
L'indennità mensile non può in ogni caso superare il tetto massimo di euro 1.550,42 (valore per l’anno 2024), importo che viene annualmente rivalutato. Su tale indennità non si applica il prelievo di cui all’
art. 26 della Legge n. 41/1986 (aliquota apprendisti pari al 5,84 per cento) (co. 4, art. 4, D.Lgs n. 22/2015).
In caso di pagamento dell'indennità relativa a frazioni di mese, il valore giornaliero è determinato dividendo l'importo ottenuto per 30.
Naspi e assegni familiari. Il lavoratore che percepisce la Naspi ha diritto nei casi previsti anche all’assegno per il nucleo familiare (ANF), come già accedeva per l’indennità di disoccupazione e l’Aspi. L'ANF per molte famiglie è stato sostituto dall'assegno unico universale per figli a carico.
Riduzione Naspi del 3% al mese dopo 6 mesi
L’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 22 del 2015 prevede che l’indennità di disoccupazione NASpI è ridotta in misura pari al tre per cento ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione (91° giorno della prestazione).
La lettera c) del comma 221 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022 ha modificato l’articolo 4, comma 3, sopra richiamato, disponendo che, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2022, la NASpI si riduce del tre per cento ogni mese a decorrere dal primo giorno del sesto mese di fruizione.
Quindi:
1) Per gli eventi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro intervenuti fino alla data del 31 dicembre 2021, l’indennità NASpI si riduce nella misura del tre per cento ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione, quindi dal 91° giorno di indennità.
2) Per gli eventi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro intervenuti a fare data dal 1° gennaio 2022:
- per la generalità dei beneficiari dell’indennità NASpI, la prestazione si riduce nella misura del tre per cento ogni mese a decorrere dal primo giorno del sesto mese di fruizione, quindi dal 151° giorno di indennità;
- per i beneficiari dell’indennità NASpI che hanno compiuto 55 anni di età alla data di presentazione della domanda di NASpI, la prestazione si riduce nella misura del tre per cento ogni mese a decorrere dal primo giorno dell’ottavo mese di fruizione, quindi dal 211° giorno di indennità.
Se il beneficiario ha compiuto il 50° anno di età la riduzione ha inizio il primo giorno dell’8° mese di fruizione, lo stabilisce la circolare Inps n. 2 del 2022.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 4, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2015 n.22, la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo delle indennità di disoccupazione NASpI è pari, secondo i criteri già indicati nella circolare Inps n. 25 del 2024, ad euro 1.425,21 per il 2024.
L’importo massimo mensile di detta indennità, per la quale non opera la riduzione di cui all’art. 26 della legge n. 41 del 1986, non può in ogni caso superare, per il 2024, euro 1.425,21.
Calcolo Naspi part-time
Per i lavoratori che hanno un contratto di lavoro a tempo parziale il calcolo della Naspi è lo stesso già spiegato in precedenza. Va sempre considerata la retribuzione utile degli ultimi 4 anni (nei quali ci saranno periodi a retribuzione ridotta, essendo un contratto part-time) e va sempre tenuto conto della percentuale del 75% di cui sopra.
Esempi di calcolo Naspi
Vediamo un esempio di calcolo della Naspi e della riduzione della Naspi dopo il quarto mese. Si consideri un lavoratore che ha una retribuzione imponibile previdenziale degli ultimi 4 anni pari a 1.800 euro. Se ho lavorato 208 settimane negli ultimi 4 anni, ossia 4 anni di lavoro pieni ed ho ricevuto uno stipendio lordo di 1.800 euro, avrò una retribuzione imponibile ai fini previdenziali pari a 1.800 euro per 208 settimane.
Sulla retribuzione di 1.800 euro, essendo quest’ultima superiore a 1.425,21 euro, si calcola il 75% di 1.421,25 euro che è pari a 1.065,94 euro a cui si aggiunge il 25% della differenza tra 1.800 e 1.425,21 euro, ossia 94,69 euro. La conseguenza è che la Naspi è pari a 1.425,21 + 94,69 = 1.519,90 euro.
Questo è l'importo percepito per i primi 6 mesi, poi scatta la riduzione del 3% per ogni mese, quindi il lavoratore in questione riceve al settimo mese percepisce un importo ridotto del 3%, quindi 1.474,30 euro, ossia il 97% di 1.519,90 euro. Il mese successivo, il 97% di 1.474,30, ossia 1.430,07 e così via.
Durata della Naspi
Ora chiariamo quanto dura la disoccupazione.
L’art. 5 stabilisce che “la NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni”.
Quanti mesi dura la disoccupazione?
Quindi la durata massima della Naspi è di 24 mesi, di cui sei mesi pieni e 18 mesi con riduzione mensile del 3%. In caso di over 50, sempre 24 mesi di cui 8 mesi pieni e 18 mesi con riduzione mensile del 3%.
Ma per stabilire quanti mesi dura la disoccupazione bisogna controllare il proprio estratto conto contributivo dell'Inps e conteggiare le settimane di contribuzione ivi presenti negli ultimi 4 anni.
L’art. 5 stabilisce infine che “ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione”.
L’Inps detta le seguenti modalità operative:
- ai fini del calcolo della durata della prestazione sono presi in considerazione solo i periodi di contribuzione presenti nel quadriennio di osservazione come individuato secondo i criteri riguardanti il calcolo delle 13 settimane di contribuzione di cui sopra;
- ai fini del non computo dei periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione di prestazione di disoccupazione sono presi in considerazione, per esserne esclusi, i periodi di contribuzione precedenti la prestazione della quale hanno costituito base di calcolo;
- i periodi di contribuzione relativi al rapporto di lavoro successivi all’ultima prestazione di disoccupazione sono sempre utili ai fini della determinazione della durata di una nuova NASpI poiché non hanno già dato luogo ad erogazione di prestazioni di disoccupazione.
Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione, anche nei casi in cui dette prestazioni siano state fruite in unica soluzione in forma anticipata.
La circolare n. 142 del 29/07/2015 specifica che per determinare la durata della prestazione NASpI si procede come segue.
1 – Si considerano in prima istanza le prestazioni di Disoccupazione ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo dell’inizio del quadriennio di osservazione per la determinazione della durata dell’indennità NASpI.
1 a) Per la prima prestazione DSO o ASpI e cioè per quella con la data di cessazione più vecchia:
Si calcolano i Contributi Fuori Quadriennio nel seguente modo: 52 settimane – contributi utili alla prestazione nel quadriennio;
Si calcolano le Settimane utilizzate come segue, e cioè:
– Per il caso di prestazione con durata teorica fino a 52 settimane:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori
c) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)
– Per il caso di prestazione con durata teorica superiore a 52 settimane:
a) Durata effettiva in settimane
b) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori
c) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)
Si verifica se i Contributi Fuori Quadriennio coprono tutte le settimane utilizzate; in questo caso per la domanda in esame di NASpI non ci sono settimane da scomputare e sarà il residuo Contributi Fuori Quadriennio ad essere ridotto di dette settimane.
Se i Contributi Fuori Quadriennio non coprono tutte le settimane utilizzate per la domanda di DSO o ASpI, si azzererà il numero di Contributi Fuori Quadriennio (da considerare per eventuali successive domande DSO o ASpI con biennio a cavallo) e la ulteriore parte residua di settimane da ritenersi utilizzate sarà detratta dai contributi presenti nel quadriennio da considerare per il calcolo della durata della prestazione NASpI.
1 b) Per la seconda prestazione DSO o ASpI ed eventuali successive sempre di DSO o ASpI (in ordine di data cessazione a partire dalla più vecchia):
Si calcolano le Settimane utilizzate come segue, e cioè:
Per il caso di prestazione con durata teorica fino a 52 settimane:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori
c) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)
Per il caso di prestazione con durata teorica superiore a 52 settimane:
a) Durata effettiva in settimane
b) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori
c) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a).
Si calcolano i Contributi Fuori Quadriennio nel modo seguente:
52 settimane – contributi utili alla prestazione nel quadriennio, nel limite comunque del residuo
Contributi Fuori Quadriennio risultato dalle precedenti domande con biennio a cavallo;
Si verifica se i Contributi Fuori Quadriennio coprono tutte le settimane utilizzate; in questo caso per la domanda di NASpI in esame non ci sono settimane da scomputare e sarà il residuo Contributi Fuori Quadriennio ad essere ridotto di conseguenza.
Se i Contributi Fuori Quadriennio non coprono tutte le settimane utilizzate per la domanda di DSO o ASpI, si azzererà il numero di Contributi Fuori Quadriennio (da considerare per eventuali successive domande DSO o ASpI con biennio a cavallo) e la ulteriore parte residua di settimane da ritenersi utilizzate sarà detratta dai contributi presenti nel quadriennio da considerare per il calcolo della durata della prestazione NASpI.
2 – Si considerano tutte le domande di prestazione Ds ordinaria (DSO) e ASpI, miniASpI, NASpI, DS Requisiti ridotti e miniASpI 2012 del lavoratore già percepite con data cessazione nel quadriennio ad esclusione di quelle già esaminate al punto 1, e cioè delle prestazioni di Disoccupazione ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo dell’inizio del quadriennio di osservazione per la determinazione della durata dell’indennità NASpI.
2 a– Per le prestazioni di cui al presente punto di Ds ordinaria (DSO) e ASpI e con durata teorica fino a 52 settimane si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINORE tra i seguenti:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Settimane contribuzione presenti nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI
c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di DSO o ASpI che cadono nel quadriennio di osservazione.
2 b– Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds Ordinaria (DSO) e di ASpI con durata teorica superiore a 52 settimane si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINIMO tra i seguenti:
a) Durata effettiva in settimane
b) Settimane contribuzione presenti in un numero di mesi pari alla durata teorica della prestazione, precedenti l’evento di DSO/ASpI
c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda che cadono nel quadriennio di osservazione.
2 c– Per le domande di cui al presente punto 2 di miniASpI e NASpI si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINORE tra:
a) Settimane di durata effettiva x 2
b) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di miniASpI e NASpI che cadono nel quadriennio di osservazione dell’ultima domanda di NASpI.
2 d– Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds Requisiti Ridotti e miniASpI 2012 si calcolano le Settimane già utilizzate in una misura pari alle Settimane di contribuzione nell’anno solare precedente l’anno di presentazione della domanda di Ds RR o di MiniASpI 2012, che cadono nel quadriennio di osservazione per l’ultima domanda di NASpI.
3 – Si considerano i contributi del lavoratore nel quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) prima della data cessazione attività a seguito della quale viene richiesta la NASpI
4 – Al termine del calcolo fin qui illustrato si sommano i contributi nel quadriennio calcolati al punto 3, e cioè i contributi del lavoratore nel quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) prima della data cessazione attività, e si riducono del numero delle Settimane di contributi utilizzate come calcolate ai punti precedenti, facendo comunque salvi i contributi derivati dai rapporti di lavoro successivi alla data cessazione che ha dato luogo all’ultima indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore.
5 – Dividendo per 2 il risultato si ottiene la durata della prestazione NASpI.
Durata dell’indennità NASpI. Precisazioni dell’Inps.
L’Inps ha comunicato che dagli esiti restituiti dall’applicazione del procedimento di calcolo adottato nel corso dei primi mesi di operatività è emersa l’opportunità di precisare meglio alcuni elementi informativi del calcolo per armonizzare le indicazioni fornite nelle due precedenti circolari relative all’indennità Naspi (circolare n. 94 e n. 142 del 2015).
In particolare si rende necessario chiarire meglio le modalità di calcolo delle settimane utilizzate per prestazioni di DSO e ASpI che non possono più concorrere a determinare la durata delle prestazioni NASpI e, in particolare, sottolineare l’importanza ai fini del calcolo dei punti 1, lett. C) e 4 del paragrafo 2.5 della circolare n. 94 del 2015.
Le regole qui enunciate, nelle simulazioni effettuate e nell’esame dei casi reali che sono sotto monitoraggio in questa prima fase di applicazione della normativa, restituiscono risultati del calcolo più coerenti con le indicazioni fornite dal Ministero vigilante. Ne consegue che non ha più ragione di essere mantenuta la distinzione di cui alle lettere b) e c) del paragrafo 6 punti 1. 1a) e 1. 1b) della circolare n. 142 del 2015 che collega effetti diversi, ai fini del calcolo della durata NASpI, alla circostanza che i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO o ASpI siano o meno contenuti nel quadriennio di osservazione per la NASpI.
Alla luce di quanto precede, dunque, per ogni domanda NASpI che presenti una o più domande DSO/ASpI nel quadriennio con biennio di rispettiva osservazione a cavallo, si dovrà calcolare in primo luogo il valore minimo tra le settimane di contribuzione presenti negli ultimi 12 mesi anche ove non siano interamente compresi nel quadriennio di osservazione per la NASpI e le settimane utilizzate secondo l’operazione Durata effettiva / Durata teorica * max (52;durata teorica).
Il valore minimo tra le settimane di contribuzione presenti negli ultimi 12 mesi e le settimane di contribuzione riproporzionate in funzione dell’effettivo utilizzo della prestazione, verrà considerato come numero di settimane iniziali già utilizzate per la domanda in esame, da portare in sottrazione ai contributi fuori quadriennio fino a capienza di quest’ultimo con conseguente risparmio della contribuzione presente nel quadriennio.
Le strutture territoriali, nel caso in cui gli ultimi 12 mesi siano a cavallo dell’inizio del quadriennio, dovranno provvedere ad acquisire nella sezione contributi della domanda NASpI tutti i contributi presenti in detti 12 mesi (anche se parzialmente al di fuori del quadriennio). Per supportare le strutture in questa attività verrà sempre attivato in fase di “Precarica contributi” il caricamento di un anno in più rispetto al quadriennio NASpI.
Durata dell’indennità NASpI: Indennità di mobilità e indennità di mobilità in deroga fruite nel quadriennio di osservazione. L’articolo 5 comma 1 del D. Lgs. n. 22 del 2015 prevede che ai fini del calcolo della durata della prestazione NASpI non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione. Al riguardo si chiarisce che qualora il lavoratore nel periodo di osservazione di quattro anni precedenti la cessazione del rapporto di lavoro che dà diritto alla indennità NASpI ha fruito di indennità mobilità e di mobilità in deroga, i relativi periodi di contribuzione necessari per il diritto alle predette prestazioni di mobilità possono essere presi in considerazione ai fini della determinazione della durata della indennità NASpI e, pertanto, non devono essere “detratti” quali periodi che hanno già dato luogo ad erogazione di prestazioni di disoccupazione.
Durata Naspi in presenza di Contratti di solidarietà. Per quanto attiene ad alcuni Contratti di Solidarietà risalenti nel tempo e utilizzati nella prassi anche a zero ore fermo restando l’indice di congruità dell’intervento fissato al 60%, si specifica che, in presenza di periodi interessati da detti contratti – in concreto a zero ore – nel quadriennio di osservazione per l’accesso alla NASpI, è possibile procedere alla neutralizzazione dei relativi periodi sia ai fini del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro, che di quello delle 13 settimane di contribuzione.
Domanda Naspi entro 68 giorni
Ora vediamo come fare domanda per la "disoccupazione, ossia come fare la domanda per la Naspi. L’art. 6 del D. Lgs. n. 22/2015 stabilisce come avveniva per l’Aspi che per fruire dell'indennità i lavoratori aventi diritto devono, a pena di decadenza, presentare apposita domanda all’INPS, esclusivamente in via telematica, entro il termine di decadenza di sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
A questo fine si conferma che possono essere utilizzate le consuete modalità di presentazione:
- WEB – direttamente dal cittadino tramite PIN dispositivo attraverso il portale dell’Inps;
- Enti di Patronato – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi;
- Contact center integrato INPS-INAIL – n. 803164 da rete fissa e 06 164 164 da rete Mobile.
Dove si presenta la domanda per la Naspi sul sito dell’Inps?
La domanda per la Naspi può essere presentata cliccando in questo link e accedendo con PIN.
Oppure seguendo il percorso: “Sostegni, Sussidi e Indennità” > “Per disoccupati” > “NASpI: indennità mensile di disoccupazione” > “Utilizza il servizio” > “NASpI-Domanda” > “Utilizza il servizio”;
La domanda della Naspi va presentata entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, lo stabilisce il comma 1, dell'articolo 6 del Decreto Legislativo n. 22 del 2025.
In particolare il termine di sessantotto giorni per la presentazione della domanda decorre dalle date di seguito individuate:
- data di cessazione dell'ultimo rapporto di lavoro;
In relazione a questo punto si recepiscono recenti orientamenti giurisprudenziali in ordine alle ipotesi di intervenuta malattia o di inizio di congedo di maternità. Pertanto nel caso di evento di maternità indennizzabile insorto entro i sessantotto giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, il termine di presentazione della domanda rimane sospeso per un periodo pari alla durata dell’evento di maternità indennizzato e riprende a decorrere, al termine del predetto evento, per la parte residua.
Esempio: data di cessazione del rapporto di lavoro 31/05/2015 – inizio maternità 01/07/2015 fine periodo di maternità 01/12/2015 (durante questo periodo il termine di presentazione della domanda rimane sospeso). Dal 2° dicembre il termine riprende a decorrere, per la parte residua, e scade l’8 gennaio 2016.
- Nel caso di evento di malattia comune indennizzabile da parte dell’INPS o infortunio sul lavoro/malattia professionale indennizzabile da parte dell’INAIL insorto entro i sessanta giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il termine di presentazione della domanda rimane sospeso per un periodo pari alla durata dell’evento di malattia indennizzato o di infortunio sul lavoro/malattia professionale e riprende a decorrere, al termine del predetto evento, per la parte residua.
Esempio: data di cessazione del rapporto di lavoro 31/07/2024 – inizio malattia o infortunio sul lavoro/malattia professionale 1/09/2024 fine periodo di malattia o infortunio 30/09/2024 (durante questo periodo il termine di presentazione della domanda rimane sospeso). Dal 1° ottobre il termine riprende a decorrere, per la parte residua, e scade il 6 novembre 2024.
- data di cessazione del periodo di maternità indennizzato quando questo sia insorto durante il rapporto di lavoro successivamente cessato; data di cessazione del periodo di malattia indennizzato o di infortunio sul lavoro/malattia professionale quando siano insorti durante il rapporto di lavoro successivamente cessato; data di definizione della vertenza sindacale o data di notifica della sentenza giudiziaria (si precisa che il riferimento deve essere sempre inteso alla sentenza di un giudizio di merito nulla influendo al nostro fine eventuali ordinanze in esito ad azioni cautelari intentate dal lavoratore); data di fine del periodo corrispondente all'indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate; trentesimo giorno successivo alla data di cessazione a seguito di licenziamento per giusta causa.
Come viene pagata la Naspi, L'ex indennità di disoccupazione viene pagata dall'Inps direttamente al lavoratore disoccupato.
Stato di disoccupazione: Dichiarazione di immediata disponibilità (DID)
I lavoratori possono dare la propria dichiarazione di immediate disponibilità in sede di domanda della Naspi e non più necessariamente recandosi al Centro per l’impiego competente.
L’art. 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150 ha ridefinito lo stato di disoccupazione, sostituendo pertanto la definizione di cui all’art. 1, comma 2, lett. c) del D.lgs. n. 181 del 2000. Ai sensi del richiamato art. 19 si considerano disoccupati i lavoratori privi di impiego che dichiarano, in forma telematica al portale nazionale delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego.
Il successivo art. 21 del decreto legislativo prevede che la domanda di indennità in ambito ASpI (ASpI, mini-ASpI), di indennità NASpI nonché di indennità DIS-COLL presentata dall’interessato all’INPS equivale a dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro ed è trasmessa dall’INPS all’ANPAL ai fini dell’inserimento nel sistema informativo unitario delle politiche attive, realizzato dall’Agenzia in collaborazione con l’Istituto.
Le richiamate disposizioni normative individuano, pertanto, due diverse modalità di presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, di cui una attraverso la registrazione al suddetto portale nazionale delle politiche del lavoro e l’altra attraverso la presentazione della domanda di indennità di disoccupazione in ambito ASpI, indennità di disoccupazione NASpI e indennità DIS-COLL.
Dichiarazione presso qualsiasi Centro per l’Impiego. L’art. 34, comma 1, lett. g) del richiamato decreto legislativo n. 150 ha disposto, tra l’altro, l’abrogazione della disposizione di cui all’art. 2 del decreto legislativo n. 181 del 2000 – ai sensi del quale lo stato di disoccupazione poteva essere comprovato dalla presentazione dell'interessato presso il servizio competente in ogni ambito territoriale dello Stato – precludendo quindi al lavoratore rimasto privo di occupazione di potere scegliere su tutto il territorio nazionale il Centro per l’impiego presso cui rilasciare la propria immediata disponibilità al lavoro.
Limiti di età per l’iscrizione al Centro per l’impiego. Con il Messaggio Inps numero 750 del 20-02-2024 è stato chiarito che il limite massimo di età per l’iscrizione al Centro per l’impiego, è presente esclusivamente rispetto all’iscrizione negli elenchi del collocamento mirato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333. Non è, invece, previsto alcun limite massimo di età per quanto riguarda l’iscrizione al collocamento ordinario, anche ai fini dell’accesso alle prestazioni di disoccupazione NASpI e Dis-coll. Pertanto, i lavoratori che perdono involontariamente la propria occupazione devono sempre rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità (DID). Di contro, per quanto attiene il limite minimo di età per l’iscrizione al Centro per l’impiego, questo risulta stabilito dall’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che fissa la possibilità di iscrizione al collocamento ordinario al compimento dei 16 anni di età. Detto limite, pertanto, rileva anche ai fini dell’accesso alla NASpI e alla DIS-COLL in relazione alla non possibilità di rilascio della DID per i soggetti di età inferiore ai 16 anni, con conseguente esclusione di accesso alle medesime prestazioni.
Tassazione Naspi
L’ indennità di disoccupazione NASpI, percepita in sostituzione del reddito di lavoro dipendente, in forza di quanto disposto dall’art. 6, comma 2 del Tuir, costituisce reddito della stessa categoria di quello perduto o sostituito. Quindi la Naspi è un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.
Pertanto, l’Inps, in qualità di sostituto di imposta ai sensi dell’art. 64 del DPR n. 600/73, sulle somme erogate a titolo di indennità NASpI:
- applica le ritenute IRPEF, determinate ai sensi dell’art. 11 del Tuir;
- riconosce, se richieste, le eventuali detrazioni fiscali per reddito (art. 13 del Tuir) e per carichi di famiglia (art. 12 del Tuir);
- effettua il conguaglio fiscale di fine anno tra le ritenute operate e l’imposta dovuta sul reddito complessivo (art. 23, comma 3 del DPR n. 600/73);
- rilascia la Certificazione Unica (art. 4, comma 6-ter del DPR. 322/1998).
Pertanto ad esempio il lavoratore disoccupato in sede di presentazione della domanda per la Naspi può richiedere la detrazione per lavoro dipendente, nonché la detrazione per figli a carico, la detrazione per coniuge a carico nonché la detrazione per altri familiari a carico.
Comunicazione del reddito annuo presunto per il 2024 ai fini dell’erogazione della prestazione NASpI già in corso di fruizione. Con il Messaggio n. 4361 del 5 dicembre 2023, l'Inps ha ricordato che per le prestazioni di disoccupazione NASpI in corso di fruizione, in riferimento alle quali durante l’anno 2023 è stata effettuata la dichiarazione relativa al reddito annuo presunto, con indicazione di reddito diverso da “zero”, è necessario comunicare entro il 31 gennaio 2024 anche il reddito presunto riferito all’anno 2024.
Tale adempimento è indispensabile anche se il reddito annuo presunto per l’anno 2024 è pari a “zero”.
In assenza della predetta comunicazione l’erogazione della prestazione NASpI verrà sospesa al 31 dicembre 2023.
Ai soggetti che abbiano invece comunicato per il 2023 un reddito presunto pari a “zero” l’erogazione della prestazione non verrà sospesa, fermo restando l’obbligo di comunicazione entro il 31 gennaio 2024 nel caso in cui prevedano di produrre per l’anno 2024 un reddito diverso da “zero”.
Per la disciplina dell’attività lavorativa in corso di prestazione NASpI si rimanda integralmente a quanto previsto dalle circolari in materia e in particolare dalla circolare n. 94 del 12 maggio 2015, paragrafo 2.10.
Decorrenza della Naspi
Vediamo ora da quando decorre il pagamento della Naspi, ossia entro quanto tempo viene pagata la Naspi. Una volta presentata la domanda è importante stabilire da quando decorre l’importo della Naspi accreditato al lavoratore dall’Inps.
La NASpI spetta a decorrere:
- dall'ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno;
- dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda, nel caso in cui la domanda sia stata presentata successivamente all’ottavo giorno;
- dall’ottavo giorno successivo alle date di fine dei periodi di maternità, malattia, infortunio sul lavoro/malattia professionale o di mancato preavviso di cui sopra, qualora la domanda sia stata presentata entro l’ottavo giorno;
- dal giorno successivo alla presentazione della domanda qualora questa sia presentata successivamente all’ottavo giorno ma, comunque, nei termini di legge;
- dall’ottavo giorno successivo alla data del trentesimo giorno successivo alla data di cessazione a seguito di licenziamento per giusta causa, qualora la domanda sia stata presentata entro l’ottavo giorno;
- dal giorno successivo alla presentazione della domanda qualora questa sia presentata successivamente all’ottavo giorno ma, comunque, nei termini di legge.
Nel caso della definizione della vertenza sindacale, la decorrenza della prestazione può essere anche precedente alla definizione del contenzioso giudiziario, ferma restando la necessità della sua verifica all’esito della sentenza definitiva.
L’eventuale rioccupazione durante i primi otto giorni che seguono la cessazione del rapporto di lavoro – in quanto non si è concretamente verificato l’inizio della erogazione della prestazione – non dà luogo all’applicabilità del regime della sospensione della prestazione.
Naspi e maternità o malattia
Vediamo ora effetti sulla prestazione in esame degli eventi di malattia e maternità che possono insorgere quando la prestazione NASpI è già in corso.
La NASpI non sostituisce l'indennità di malattia. In caso di malattia insorta durante la percezione della prestazione di disoccupazione, ma comunque entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, la prestazione di disoccupazione viene sospesa per tutta la durata dell’indennità di malattia per poi essere ripristinata per la parte residua dal momento della ripresa della capacità lavorativa.
L’evento di maternità è sempre indennizzato quando insorge entro sessanta giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Naspi e maternità. Quando la lavoratrice si trovi, all’inizio del periodo di congedo di maternità, disoccupata ed in godimento di prestazione di disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità anche qualora siano trascorsi sessanta giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. In questo caso la prestazione di disoccupazione si sospende per poi essere ripristinata per la parte residua al termine del periodo di maternità.
Condizioni da rispettare per la NASpI
Il Decreto attuativo all’art. 7 stabilisce le “condizionalità” ossia le condizioni che il lavoratore in stato di disoccupazione deve rispettare per continuare ad essere percettore della Naspi.
L’erogazione della NASpI è condizionata, a pena di decadenza dalla prestazione:
- alla permanenza dello stato di disoccupazione di cui all'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
- alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti ai sensi dell’art. 1 comma 2 lett. g) del decreto legislativo 21 aprile 2000 n.181 e successive modificazioni.
Pertanto il lavoratore percepisce l’indennità Naspi se resta disoccupato e se partecipa a quanto proposto dai Servizi competenti, ossia dal Centro per l’Impiego.
Poi il Decreto attuativo fa richiamo, in termini di diritto al pagamento della Naspi, a quanto previsto dal D. Lg3. 183 del 2014, che all’art. 1, comma 3, introduce ulteriori misure volte a condizionare la fruizione della NASpI alla ricerca attiva di un’occupazione e al reinserimento nel tessuto produttivo. Pertanto il lavoratore deve essere protagonista di questa ricerca attiva.
Viene inoltre previsto un Decreto del Ministro del Lavoro, di natura non regolamentare, che dovrò determinare le condizioni e le modalità per l’attuazione di queste condizioni che il lavoratore deve rispettare, nonché il sistema di sanzioni in caso di inottemperanza agli obblighi di partecipazione alle azioni di politica attiva.
Naspi e politiche attive
Il decreto legislativo n. 150 del 2015 dispone in materia di politiche attive del lavoro che prevedono la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo. A tal fine definisce una Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro costituita da soggetti, pubblici o privati, tra cui l’INPS relativamente alle competenze in materia di incentivi e strumenti a sostegno del reddito e l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) – istituita a decorrere dal 1° gennaio 2016 – con ruolo di coordinamento della rete.
Il medesimo decreto inoltre introduce, all’art. 19, una nuova definizione di stato di disoccupazione e prevede, all’art. 21, il rafforzamento dei meccanismi di condizionalità delle prestazioni a sostegno del reddito, comprese l’indennità NASpI e l’indennità DIS-COLL, prevedendo una partecipazione attiva del disoccupato alle politiche poste in essere dai Centri per l’Impiego finalizzate alla rioccupazione.
L’art. 20 introduce altresì il patto di servizio personalizzato – stipulato dal disoccupato con il Centro per l’impiego – quale strumento di supporto finalizzato alla ricerca di una nuova occupazione sulla base del profilo personale di occupabilità, determinato secondo le metodologie di profilazione degli utenti definite dall’ANPAL.
Patto di servizio personalizzato e obblighi del lavoratore
Uno degli obblighi principali del lavoratore che ha richiesto la Naspi è la stipula del Patto di servizio personalizzato entro 15 giorni dalla domanda della Naspi. L’art. 21 del Decreto Legislativo n. 150 del 2015 prevede altresì che il beneficiario delle suddette prestazioni di disoccupazione (Naspi ma anche Dis-coll e Asdi), ancora privo di occupazione, è tenuto a contattare il centro per l’impiego entro il termine di 15 giorni dalla data di presentazione della domanda di prestazione ai fini della stipula del patto di servizio personalizzato di cui all'articolo 20 del citato d.lgs. n. 150 del 2015. In mancanza, l’assicurato è convocato dal centro per l'impiego entro il termine stabilito con il decreto di cui all'articolo 2, comma 1.
Misure di condizionalità relative alla fruizione della NASpI – Obblighi di partecipazione alle misure di politica attiva del disoccupato e sanzioni per la loro inosservanza. Ai sensi dell’art. 20, comma 3 del richiamato decreto legislativo n. 150 del 2015, nel patto di servizio personalizzato sottoscritto con il centro per l’impiego deve essere riportata la disponibilità dell’interessato alle seguenti attività:
A) Partecipazione a iniziative e laboratori per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva di lavoro;
B) Partecipazione ad iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione;
C) Accettazione di congrue offerte di lavoro, come saranno definite – ai sensi dell’art. 25 del decreto in argomento – dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali su proposta dell’ANPAL. Fino alla data di adozione del suddetto provvedimento ministeriale trovano applicazione in materia le disposizioni di cui all’art.4 commi 41 e 42 della legge n.92 del 2012.
Sanzioni per lavoratori in Naspi
Ai sensi del successivo art. 21, comma 7, nei confronti di percettori di indennità in ambito ASpI, di NASpI e di DIS-COLL, in caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento di cui alla precedente lettera a. (partecipazione a iniziative e laboratori per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva di lavoro) si applicano le seguenti sanzioni:
1) la decurtazione di un quarto di una mensilità, in caso di prima mancata presentazione;
2) la decurtazione di una mensilità, alla seconda mancata presentazione;
3) la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.
In caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento di cui alla precedente lettera b. (partecipazione ad iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione) si applicano le seguenti sanzioni:
1) La decurtazione di una mensilità, alla prima mancata partecipazione;
2) la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.
In caso di mancata accettazione di un’offerta di lavoro congrua, di cui alla precedente lettera c., in assenza di giustificato motivo, si applica la decadenza dalla prestazione.
Il richiamato comma 7 prevede anche sanzioni in caso mancata presentazione, in assenza di giustificato motivo, alle convocazioni ovvero agli appuntamenti previsti per la conferma dello stato di disoccupazione e per la profilazione e la stipula del patto di servizio personalizzato, nonché per la frequenza ordinaria di contatti con il responsabile delle attività. In particolare è prevista:
1) la decurtazione di un quarto di una mensilità, in caso di prima mancata presentazione;
2) la decurtazione di una mensilità, alla seconda mancata presentazione;
3) la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.
In tutti i casi in cui è comminata la decadenza dallo stato di disoccupazione, non è possibile una nuova registrazione al portale nazionale delle politiche del lavoro prima che siano decorsi due mesi.
Le sanzioni sopra richiamate sono applicate dall’INPS, su comunicazione del relativo provvedimento adottato dal Centro per l’impiego per il tramite del sistema informativo unitario delle politiche attive di cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 150 del 2015, a far data dal giorno successivo a quello in cui si verifica l’evento di mancata partecipazione alle iniziative di orientamento, di mancata presentazione e di mancata accettazione di un’offerta di lavoro congrua. Esse comportano la trattenuta dell’importo relativo a trenta giornate di prestazione nella misura in corso di erogazione al momento del verificarsi dell’evento.
Come presentare ricorso. Avverso il provvedimento sanzionatorio adottato dal centro per l'impiego è ammesso ricorso all'ANPAL, che provvede ad istituire un apposito comitato, con la partecipazione delle parti sociali.
Naspi e offerta di lavoro congrua
Tra le condizioni per non perdere la Naspi, come abbiamo visto, c'è quella del rifiuto di un offerta di lavoro congrua o di partecipazione ad iniziative di politiche attiva. Nelle more dell’attuazione tramite decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – del disposto di cui all’art. 7 del D.Lgs. n.22 del 2015 in materia di condizionalità alla erogazione della indennità NASpI, stante il rinvio all’applicabilità alla NASpI delle disposizioni in materia di ASpI in quanto compatibili, la circolare Inps n. 142 del 29 luglio 2015 si pronuncia sull’ipotesi di rifiuto di partecipazione ad iniziative di politica attiva e di non accettazione di un’offerta di lavoro congrua.
Per effetto del combinato disposto di cui ai commi 41 e 42 dell’art.4 della legge n.92 del 28 giugno 2012, il rifiuto da parte del lavoratore di partecipazione ad iniziative di politica attiva o la non accettazione di un’offerta di lavoro congrua non costituisce ipotesi di decadenza dalla prestazione laddove le attività lavorative, di formazione o di riqualificazione si svolgano in un luogo che dista oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile mediamente in più di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico.
Viceversa il rifiuto alla partecipazione ad iniziative di politica attiva o la non accettazione di un’offerta di lavoro congrua in un luogo che dista entro 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile mediamente entro 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico, costituisce ipotesi di decadenza dalla prestazione, con decorrenza dal verificarsi dell’evento interruttivo che la determina.
Naspi in unica soluzione per avviare una nuova attività di autoimprenditorialità
Chi intende quindi avviare una nuova attività di lavoro autonomo può ricevere la Naspi in unica soluzione, anticipata. Ma ci sono dei casi in cui scatta la restituzione all’Inps. Per maggiori informazioni vediamo la Naspi anticipata in unica soluzione.
Decadenza o sospensione indennità Naspi in caso di nuovo lavoro dipendente
Il lavoratore che, durante il periodo di percezione dell’ex indennità di disoccupazione ora Naspi, svolge un’attività lavorativa, perde il diritto alla prestazione, quindi scatta la decadenza della nuova Aspi, se supera con il proprio reddito annuo il reddito minimo escluso da imposizione, ossia 8.000 euro. Se il lavoratore invece percepire un reddito inferiore scatta la sospensione dell’Aspi, ma il rapporto di lavoro deve essere non superiore a 6 mesi. In caso di due part-time, riguardo al diritto alla Naspi per la perdita di uno dei due contratti a tempo parziale ci sono regole particolari. Per maggiori informazioni vediamo l’indennità Naspi e nuovo lavoro dipendente.
Incentivi assunzioni lavoratori in Naspi
L’art. 24 del decreto al comma 3 modifica l’art. 2 comma 10 bis della legge n.92 del 2012 disponendo in materia di incentivi all’occupazione che al datore di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscono dell’indennità in ambito ASpI spetta per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore un contributo mensile pari al venti per cento dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore, in luogo della precedente misura del cinquanta per cento. Il rimanente trenta per cento verrà versato dall’INPS all’ANPAL ai fini del finanziamento del fondo Politiche attive del lavoro di cui all’art.1 comma 215 della legge n.147 del 2013.
Naspi e nuovo lavoro autonomo con partita IVA
Il lavoratore disoccupato percettore dell’indennità di disoccupazione Naspi, oltre ad avere la possibilità di essere assunto presso un nuovo datore di lavoro con un contratto di lavoro dipendente, potrebbe decidere di intraprendere un’attività di lavoro autonomo con partita IVA. Abbiamo visto che per tale situazione egli può chiedere una liquidazione anticipata. Il diritto alla prestazione decade se il reddito annuale prodotto è superiore a 4.800 euro, ossia il limite minimo escluso da imposizione fiscale. In caso di reddito inferiore a tale limite, il lavoratore è obbligato ad effettuare una comunicazione all’Inps. Per maggiori informazioni vediamo l’approfondimento Indennità di disoccupazione Naspi e lavoro autonomo con partita iva.
Cumulabilità redditi con Naspi
La circolare Inps n. 194 del 27 novembre 2015 precisa quanto segue.
L’art. 34 comma 2 del Decreto n. 150/2015 prevede che fermo quanto previsto dall’art.25 comma 3 in materia di offerta di lavoro congrua, le disposizioni di cui all’art.4 commi 40 a 45 della legge n.92 del 2012 sono abrogate a far data dall’adozione del decreto in materia di politiche attive e di patto di servizio di cui agli artt. 20 comma 1, 21 comma 2 e 22 comma 2 e non trovano, comunque, applicazione a far data dalla stipula del patto di servizio personalizzato.
Il successivo comma 3 del richiamato art. 34, apportando modificazioni alle disposizioni di cui agli artt. 9 comma 3, 10 comma 1 e 15 comma 12 del D.lgs. n. 22 del 2015 in materia di cumulabilità delle prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS – COLL con i redditi da lavoro subordinato, parasubordinato e autonomo, individua il reddito che consente la conservazione dello stato di disoccupazione nel reddito che corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’art.13 del T.U.I.R ( D.P.R. n.917 del 1986).
Stante le modifiche apportate dal decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, relativamente all’ammontare del reddito escluso da imposizione fiscale (c.d. no tax area) previsto per i titolari di redditi di lavoro dipendente (circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 6 febbraio 2024), l'Inps con il messaggio n. 1414 del 9 aprile 2024 ha riepilogato i limiti reddituali riferiti agli anni 2023 e 2024 ai fini della compatibilità con le prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL.
In particolare:
- il limite di reddito annuo da lavoro dipendente/parasubordinato è pari a 8.173,91 euro per l’anno 2023 (invariato rispetto al 2022);
- il limite di reddito annuo da lavoro autonomo è pari a 5.500 euro per gli anni 2023 e 2024 (invariato rispetto al 2022);
- il limite di reddito annuo da lavoro dipendente/parasubordinato è pari a 8.500 euro per l’anno 2024.
Le prestazioni di lavoro occasionale, di cui all’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, sono compatibili e cumulabili con le prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL nel limite di 5.000 euro e che, in tale ipotesi, il percettore delle predette indennità non è tenuto a effettuare alcuna comunicazione all’Istituto circa il reddito annuo presunto.
Obbligo di comunicazione dei redditi all’Inps in caso di attività lavorativa
I lavoratori in Aspi oltre ad avere gli obblighi comunicativi in caso di nuova attività di lavoro autonomo o lavoro dipendente, hanno anche un ulteriore obbligo: la comunicazione dei redditi presunti in occasione di nuovo anno. Si tratta di tutti i casi di svolgimento di più attività lavorative in concomitanza di percezione della NASpI.
L’Inps precisa che nei casi di svolgimento delle attività lavorative autonome, parasubordinate, subordinate, occasionali in concomitanza di percezione dell’indennità NASpI, qualora quest’ultima coinvolga più anni solari, stante la necessità di disporre di dati necessari per procedere alla riduzione dell’80 per cento della prestazione in funzione del reddito previsto, si rende necessario quanto segue:
- All’inizio di ogni nuovo anno di percezione della prestazione successivo al primo il percettore della prestazione dovrà fornire una nuova comunicazione del reddito presunto tramite modello NASpI Com entro il 31 gennaio.
- La mancata comunicazione del reddito per gli anni di prestazione successivi al primo non determina tuttavia la decadenza dalla prestazione ma la sua sospensione fino all’acquisizione della nuova comunicazione. Sarà cura delle strutture territoriali sollecitare l’adempimento al percettore di NASpI che non vi abbia provveduto.
In caso di svolgimento durante la percezione dell’indennità NASpI di più attività lavorative di diversa tipologia (autonome, parasubordinate, subordinate, occasionali) che non superino in ciascuno dei predetti settori i rispettivi limiti di reddito imposti per il mantenimento dello stato di disoccupazione, si dovrà verificare il reddito complessivo previsto derivante dal complesso delle attività e ridurre conseguentemente la prestazione NASpI in misura pari all’ottanta per cento di detto reddito complessivo. Qualora la verifica accerti la presenza di un reddito complessivo proveniente dalla somma dalle attività svolte in vari settori superiore a quello massimo consentito dalle norme vigenti per il mantenimento dello stato di disoccupazione (euro 8.000), la prestazione NASpI dovrà essere posta in decadenza.
Naspi e lavoro a chiamata (lavoro intermittente)
Il contratto di lavoro intermittente, o lavoro a chiamata, revisionato e disciplinato dagli artt. 13-18 dal D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (Jobs Act), costituisce un contratto di lavoro dipendente che può essere stipulato a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato. Tale contratto può assumere una delle seguenti tipologie:
lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro e diritto alla indennità di disponibilità; lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità.
Naspi in caso di lavoro a chiamata con indennità di disponibilità. Nel caso in cui il lavoratore già beneficiario di indennità NASpI si rioccupi con un contratto di lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata e diritto alla indennità di disponibilità, in termini di diritto alla Naspi, l’Inps nella circolare n. 142 del 29 luglio 2015 si precisa quanto segue.
Alla luce delle vigenti disposizioni sia in materia di indennità di disoccupazione ASpI che della nuova indennità NASpI, nell’ipotesi di rioccupazione con contratto di lavoro subordinato è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro dipendente laddove quest’ultimo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione.
Pertanto, anche nell’ipotesi in esame di rioccupazione del beneficiario di indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata da parte del prestatore di lavoro e obbligo di corresponsione della indennità di disponibilità da parte del datore di lavoro è ammissibile il cumulo della Naspi con il reddito da lavoro a chiamata (o intermittente), trattandosi di rapporto di lavoro subordinato con una tutela retributiva continuativa assicurata dall’indennità di disponibilità. Questo qualora il reddito da lavoro a chiamata – comprensivo della indennità di disponibilità – non superi il limite di € 8.000 per il mantenimento dello stato di disoccupazione.
In particolare trovano applicazione – in considerazione della durata del contratto, che può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, e del reddito annuo derivante dal medesimo – le disposizioni in materia di rioccupazione del beneficiario dell’indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro subordinato e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione.
Lavoro a chiamata senza indennità di disponibilità. Nel caso in cui il lavoratore beneficiario di indennità NASpI si rioccupi con contratto di lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità, l’indennità di disoccupazione NASpI resta sospesa per le sole giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere riconosciuta limitatamente ai periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra.
Tuttavia, anche per tale tipologia di lavoro intermittente, in applicazione di quanto disposto dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. n.22 del 2015, è ammesso il cumulo della Naspi con il reddito da lavoro intermittente qualora quest’ultimo non superi il limite annuo di 8.000 euro per il mantenimento dello stato di disoccupazione.
L’obbligo comunicativo in capo al lavoratore. Pertanto, laddove il percettore di NASpI intenda cumulare il reddito derivante dal rapporto di lavoro intermittente con la prestazione di disoccupazione, è tenuto a comunicare all’Istituto, entro il termine di un mese dalla ripresa dell’attività lavorativa, il reddito annuo che prevede di trarre dalla stessa. In tal caso la prestazione verrà ridotta e sarà effettuato il conguaglio a fine anno tra i redditi conseguiti in seguito all’attività lavorativa e l’indennità NASpI, secondo quanto previsto per la generalità dei lavoratori.
Stante quanto sopra, si sottolinea che nell’ipotesi in cui un lavoratore, non percettore di indennità di disoccupazione, sia titolare di un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato o indeterminato senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità, per i periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra, non è possibile accedere alla indennità di disoccupazione.
I periodi di lavoro e di non lavoro costituiscono infatti l’articolazione della prestazione lavorativa della tipologia del contratto in argomento e pertanto i periodi di non lavoro non possono essere assimilati ad una cessazione involontaria del rapporto di lavoro, presupposto per la presentazione della domanda di indennità di disoccupazione.
Decadenza dalla NAspi
Le ipotesi di decadenza dalla Naspi sono state già precedentemente descritte. In ogni caso, il Decreto riepiloga le ipotesi di decadenza.
Il lavoratore beneficiario decade dalla fruizione della NASpI, con effetto dal verificarsi dell’evento interruttivo, nei seguenti casi:
- perdita dello stato di disoccupazione (superamento di 4.800 euro di reddito da lavoro autonomo o 8.000 euro di reddito da lavoro dipendente) inizio di un'attività lavorativa subordinata senza provvedere alle comunicazioni di cui ai commi due e tre dell’articolo 9 (ossia mancata comunicazione di nuovo lavoro dipendente);
- inizio di un'attività lavorativa in forma autonoma senza provvedere alla comunicazione di cui all’articolo 10 (mancata comunicazione di nuovo lavoro autonomo);
- raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato; acquisizione del diritto all'assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per la NASpI;
- violazione delle regole di condizionalità di cui all’art. 7 del D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 22 e all’art. 4, co. 41 e co. 42 della legge 28 giugno 2012 n. 92.
Le regole di condizionalità riguardano le condizioni da rispettare per ricevere il pagamento della NASpI descritte in precedenza.
L’interruzione si realizza dal momento in cui si verifica l'evento che la determina, con conseguente obbligo di restituire l'indennità che eventualmente si sia continuato a percepire oltre la data del verificarsi dell’evento interruttivo.
Diniego Naspi: come fare ricorso all’Inps
Competente a decidere i ricorsi amministrativi presentati avverso i provvedimenti adottati in materia di Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego è il Comitato Provinciale della struttura che ha emesso il provvedimento.
Il ricorso va presentato entro il termine di 90 giorni dal ricevimento del provvedimento amministrativo:
- online (tramite codice PIN rilasciato dall’istituto), utilizzando la procedura disponibile tra i “Servizi Online” del sito www.inps.it, seguendo il percorso: servizi online – per tipologia di utente – cittadino – ricorsi online;
- tramite i patronati e gli intermediari dell’Istituto (Consulenti del Lavoro), attraverso i servizi telematici offerti agli stessi.
Decadenza di un anno. E’ confermata l’applicazione del regime decadenziale di un anno per la proposizione della vertenza giudiziaria avverso il provvedimento di concessione o diniego della prestazione che si ricorda decorre in alternativa:
- dal 181° giorno successivo a quello di comunicazione del provvedimento amministrativo di definizione della domanda di prestazione;
- dal 301° giorno successivo alla data di presentazione della domanda nel caso di mancata definizione;
- dal giorno successivo alla reiezione del ricorso amministrativo intervenuta entro il termine di 90 giorni;
- dal 91° giorno successivo alla presentazione del ricorso amministrativo al Comitato Provinciale.
Ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 22 del 2015, alla prestazione Naspi si applicano, per quanto non disciplinato espressamente dallo stesso decreto e in quanto compatibili, le norme già operanti in materia di indennità di disoccupazione ASpI, anche in merito al finanziamento.
Contribuzione figurativa durante la Naspi
La contribuzione figurativa, accreditata nell’estratto conto del lavoratore ed utile ai fini della calcolo della pensione, è rapportata alla retribuzione di cui all’art. 4, comma 1 (retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni utili, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive), entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l’importo massimo mensile della prestazione della NASpI, determinato ai sensi all’art. 4 comma 2.
Poiché l’importo massimo mensile della NASpI per l’anno 2024 è di € 1.425,21, la predetta contribuzione figurativa è riconosciuta solo entro il limite di € 1.995,29 (euro 1.425.21 per 1,4=euro 1.995,29).
Ai fini del calcolo delle quote retributive di pensione le retribuzioni relative ai periodi di contribuzione figurativa per i quali viene applicato il predetto tetto (1,4 volte l’importo massimo della NASPI) vengono neutralizzate, qualora, una volta rivalutate, siano di importo inferiore alla retribuzione media pensionabile ottenuta senza di esse.
Il periodo di contribuzione figurativa per NASpI è computato per l’anzianità contributiva ai fini pensionistici.
Indennità Naspi per soci di cooperative
L’art. 13 del Decreto attuativo del Jobs Act in materia di ammortizzatori sociali che ha disciplinato la nuova indennità di disoccupazione ex Aspi ora chiamata Naspi stabilisce anche la misura dell’indennità per le nuove categorie di lavoratori assicurati dal 1 gennaio 2013.
Più precisamente stabilisce che per i soci lavoratori delle cooperative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602 e per il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato, a decorrere dal 1 maggio 2015 la misura della NASpI è allineata a quella della generalità dei lavoratori.
Naspi o mobilità?
L’Inps nella circolare n. 142 del 29 luglio 2015 interviene per chiarire alcuni aspetti relativi alla domanda di indennità di mobilità o di indennità di disoccupazione NASpI.
A seguito dei quesiti pervenuti dalle strutture territoriali circa la possibilità per il lavoratore di optare tra la prestazione di mobilità e la prestazione di disoccupazione NASpI, l’Inps precisa quanto segue in ordine alla diversità delle due prestazioni con riferimento alla contribuzione versata dal datore di lavoro, ai requisiti di accesso, alla durata, alla misura ed alle tipologie di agevolazioni.
Per quanto concerne gli aspetti contributivi, il datore di lavoro è tenuto al versamento dell’aliquota contributiva ordinaria ASpI dell’1,61% (1,31% + 0,30%), a favore dei lavoratori per i quali è prevista l’assicurazione contro la disoccupazione. In materia di mobilità, invece, sono tenute al versamento del contributo dello 0,30 le aziende inquadrate, ai fini contributivi, nei settori economico–produttivi rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale.
Quanto agli aspetti legati ai requisiti di accesso, la prestazione di disoccupazione NASpI è rivolta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione a seguito di licenziamento individuale, licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015, dimissioni per giusta causa (individuate dalla giurisprudenza), nonché risoluzione consensuale (esclusivamente se avvenuta secondo la procedura di cui all’art. 7, L. 604/1966).
L’indennità di mobilità è, invece, rivolta ai lavoratori licenziati a seguito di una procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge n.223 del 1991 da aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale e appartenenti a particolari settori economico-produttivi.
Quanto ai requisiti di accesso, per la prestazione di disoccupazione NASpI si richiede, oltre allo stato di disoccupazione involontario, la presenza di almeno tredici settimane di contribuzione nel quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, nonché la presenza di almeno trenta giornate di effettivo lavoro nei dodici mesi precedenti la cessazione dal lavoro.
Per l’accesso alla indennità di mobilità, oltre all’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori licenziati devono avere la qualifica di operai, impiegati e quadri e un’anzianità aziendale di dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come disciplinato dall’art. 16, comma 1 della legge n.223 del 1991.
Quanto alla durata delle prestazioni in argomento, l’indennità NASpI è pari alla metà delle settimane di contribuzione nel quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, risultando pertanto strettamente legata all’anzianità contributiva del lavoratore.
La durata dell’indennità di mobilità, invece, è commisurata all’età anagrafica del lavoratore al momento del licenziamento nonché all’area geografica di ubicazione dell’azienda interessata dalla procedura di licenziamento collettivo. A tal proposito, si precisa che l’art. 2, comma 46 della legge n.92 del 2012 ha introdotto un regime transitorio della durata dell’indennità di mobilità per cui si dovrà applicare una graduale riduzione della durata dell’indennità di mobilità secondo quanto meglio specificato nella circolare n.2 del 2013 e nel messaggio Hermes 009916 del 24.12.2014. Infine, ai sensi dell’art. 7, comma 4 l’indennità di mobilità non può essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell'impresa che abbia attivato la procedura di cui all'articolo 4 della legge n.223 del 1991.
Quanto alla misura, l’indennità mensile NASpI è pari al 75% della retribuzione media mensile nei casi in cui tale retribuzione sia pari o inferiore ad un importo stabilito che per l’anno 2015 è di € 1.195; nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore all’importo stabilito, l’indennità NASpI è pari al 75% di detto importo incrementato di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione media mensile e il predetto importo stabilito. All’indennità mensile si applica una riduzione del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione. L’indennità NASpI non può superare un importo massimo mensile stabilito dalla legge, che per il 2016 è pari a € 1.300 lorde.
L’importo dell'indennità di mobilità è, invece, pari al trattamento straordinario di integrazione salariale che il lavoratore avrebbe percepito nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro, nei limiti dei “massimali”, previsti per le due fasce di retribuzione percepita prima del licenziamento e adeguati annualmente. Pertanto, detto importo, verrà corrisposto nella misura del cento per cento per i primi 12 mesi e dell’ottanta per cento a decorrere dal tredicesimo fino al termine della prestazione.
Sotto il profilo delle agevolazioni alle assunzioni, per i percettori delle prestazioni di disoccupazione ASpI, mini-ASpI e NASpI, l’art. 2, comma 10 bis della legge n.92 del 2012 prevede che, al datore di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori beneficiari della prestazione di disoccupazione, è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo pari al 50% dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.
Per i destinatari dell’indennità di mobilità, al datore di lavoro è concesso uno sgravio sulla quota di contribuzione, pari a quella dovuta per gli apprendisti, per una durata massima di:
– 18 mesi nel caso di assunzione a tempo indeterminato (art. 25, comma 9, della legge n.223 del 1991);
– 12 mesi nel caso di assunzione a tempo determinato, anche attraverso più contratti di lavoro. Se nel corso del rapporto, lo stesso è trasformato a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi. Il contratto può avere anche una durata più lunga ma gli incentivi sono limitati a dodici mesi (articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991).
L’assunzione di un lavoratore in mobilità comporta anche un incentivo di natura economica solo qualora il lavoratore assunto sia anche beneficiario della prestazione. Infatti, il datore di lavoro che senza esservi tenuto assume un lavoratore percettore di indennità di mobilità a tempo pieno e indeterminato percepisce (articolo 8, comma 2, della legge n.223 del 1991):
– il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un massimo di dodici mesi se il lavoratore ha meno di 50 anni;
– il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un massimo di 24 mesi se il lavoratore ha più di 50 anni, elevato a 36 nelle aree del Mezzogiorno.
Posto quanto sopra, nell’ipotesi di licenziamento collettivo a seguito di procedura di cui agli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, il lavoratore che abbia presentato apposita domanda di indennità di mobilità accede esclusivamente alla indennità di mobilità, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti; pertanto, sussistendo i requisiti di accesso a tale prestazione, il lavoratore non ha facoltà di optare tra l’indennità di mobilità e l’indennità di disoccupazione NASpI.
Al fine, comunque, di agevolare l’interessato a presentare correttamente la domanda della prestazione di mobilità o di NASpI si procederà ad inserire nella procedura informatica di presentazione della domanda di NASpI un avviso con il quale si porta a conoscenza dell’utente/lavoratore che se la cessazione del proprio rapporto di lavoro è avvenuta a seguito di licenziamento collettivo, ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, occorre presentare esclusivamente domanda di indennità di mobilità.
Al riguardo si richiama tuttavia il messaggio INPS n.1644 del 2015 nel quale è stato chiarito che, nel caso di reiezione delle domande di indennità di mobilità, sarà cura degli operatori della struttura territoriale inserire – in calce alla comunicazione di reiezione e della relativa motivazione – una nota con la quale si chiede al lavoratore di manifestare espressamente la volontà di trasformare la iniziale domanda di indennità di mobilità in domanda di indennità di disoccupazione.
A tal fine si precisa che il lavoratore dovrà manifestare la predetta scelta entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della comunicazione in argomento. In tale ipotesi, ai fini della decorrenza della prestazione di disoccupazione, si terrà in considerazione l’originaria domanda di indennità di mobilità, successivamente “trasformata” in domanda di disoccupazione.
Inoltre, nella procedura informatica di presentazione della domanda di indennità di mobilità si procederà ad inserire l’avviso con il quale si porta a conoscenza dell’interessato che l’indennità di mobilità deve essere richiesta solo se la cessazione del proprio rapporto di lavoro sia avvenuta a seguito di procedura di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991 e che in tutti gli altri casi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro occorre presentare domanda di indennità di disoccupazione NASpI.
Naspi e Servizio civile nazionale
La circolare Inps n. 142 del 29 luglio 2015 ha chiarito la disciplina dei rapporti fra indennità di disoccupazione NASpI e Servizio Civile nazionale. E’ stato chiarito che la Naspi è cumulabile con il compenso del Servizio Civile, vediamo perché.
In premessa l’ente previdenziale richiama il quadro normativo del Servizio civile nazionale.
Il decreto legislativo 5 aprile 2002, n.77 recante la disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001 n.64, all’art.9 rubricato “Trattamento economico e giuridico” stabilisce al comma 1 che l'attività svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità.
Ai sensi del successivo comma 2, agli ammessi a prestare attività in un progetto di servizio civile compete un assegno per il servizio civile, non superiore al trattamento economico previsto per il personale militare volontario in ferma annuale, nonché' le eventuali indennità da corrispondere in caso di servizio civile all'estero.
In relazione al compenso, l’Agenzia delle Entrate con circolare 10 giugno 2004 n.24/E ha chiarito che le somme percepite dai volontari ai sensi della normativa di settore, in mancanza dei presupposti che consentano di configurare il rapporto d’impiego dei volontari come un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente, devono essere qualificate quali redditi di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art.50, lettera c-bis) del TUIR. Relativamente al versamento della contribuzione, a norma dell’art. 9, co. 4, del D. Lgs. n.77/2002, il relativo onere era posto interamente a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
Ma dal 2009 è cessato a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile qualsiasi obbligo contributivo ai fini di cui al comma 4 per il periodo di servizio civile prestato dai volontari avviati dal 1° gennaio 2009.
I periodi di Servizio Civile Nazionale sono comunque riscattabili, in tutto o in parte, a domanda dell'assicurato, e senza oneri a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile. Sulla base delle integrazioni e modifiche esposte il regime previdenziale dei soggetti interessati risulta significativamente trasformato rispetto al passato.
Quindi i volontari del servizio civile, pur percependo un compenso – che vista la normativa fiscale vigente nonché le indicazioni dell'Agenzia delle Entrate è equiparato ai compensi percepiti dai soggetti che svolgono attività di lavoro parasubordinato (collaborazioni coordinate e continuative) – non ricevono copertura contributiva.
Per conseguenza, essendo rimasta immutata la natura delle somme percepite dai volontari del servizio civile qualificate quali redditi di collaborazione coordinata e continuativa ancorché cessato ogni obbligo contributivo, l’Inps ritiene di potere ricondurre la fattispecie in esame all’ipotesi normativa di cui all’art. 10 del D. Lgs. n.22 del 2015. La prestazione di disoccupazione, la Naspi è pertanto cumulabile con il compenso da servizio civile volontario subendo la riduzione pari all’80% del compenso previsto. Ciò comporta anche la copertura contributiva figurativa di un periodo altrimenti privo di tutela contributiva ancorché caratterizzato dallo svolgimento di attività a favore della collettività.
Le strutture territoriali provvederanno a gestire la situazione dei beneficiari di prestazione di disoccupazione NASpI i quali durante il periodo indennizzabile inizino il servizio civile volontario, applicando le medesime modalità riservate ai beneficiari della stessa prestazione che – durante il periodo indennizzabile – intraprendono una attività di lavoro parasubordinata (punto 2.10.b Circ. n.94 del 2015).
Analogamente sarà gestita la prestazione di disoccupazione NASpI di coloro che presentano, nei termini legislativamente previsti, la relativa domanda nel corso dello svolgimento del servizio civile a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato.
Resta inteso che, non rilevando l’inizio del Servizio civile nazionale da archivio delle comunicazioni obbligatorie UNILAV, rimane a carico dell’interessato la relativa comunicazione.
L’interessato dovrà altresì effettuare all’Inps la comunicazione in ordine all’importo del compenso annuo che questi trarrà dallo svolgimento del Servizio.
Le suddette comunicazioni dovranno effettuarsi entro un mese dall’inizio del Servizio Civile se questo interviene nel corso della percezione della prestazione di disoccupazione o entro un mese dalla domanda di prestazione di disoccupazione – presentata a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato – se il servizio civile è già in corso di svolgimento.
Si sottolinea che la presente disciplina comporta accredito di contribuzione figurativa nei periodi di sovrapposizione di Servizio civile nazionale con periodi indennizzati a titolo di NASpI.
Nei periodi in cui non sussiste sovrapposizione in quanto il Servizio civile nazionale si svolge in tutto o in parte al di fuori dei periodi indennizzati di NASpI, la copertura contributiva dei periodi di Servizio civile non concomitanti con i periodi indennizzati a titolo di NASpI può essere ottenuta, ai sensi del modificato comma 4 del citato decreto legislativo, solo a seguito di riscatto con onere a carico degli assicurati.
Naspi e lavoro all’estero
La circolare Inps n. 142 del 29 luglio 2015 ha chiarito importanti aspetti relativi al diritto alla Naspi in caso di periodi di lavoro all’estero. La Naspi spetta in caso di lavoro all'estero?
Effetti del lavoro all’estero sull’indennità NASpI. In caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato all’estero del soggetto percettore di NASpI occorre distinguere a seconda che il nuovo lavoro sia intrapreso in uno Stato che applica la normativa comunitaria o in uno Stato non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione o in uno Stato non comunitario che non sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione.
Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca in un Paese che applica la normativa comunitaria esportando la prestazione (artt. 7, 63 e 64 del Regolamento (UE) n. 883/2004). Se la persona disoccupata titolare di prestazione italiana chiede, in applicazione dell’articolo 64 del regolamento CE n. 883/2004, di esportare tale prestazione perché si reca in cerca di lavoro in uno Stato che applica la normativa comunitaria, è tenuta a iscriversi come persona in cerca di lavoro nello Stato in cui si è recata e quindi non è più a disposizione del Centro per l’impiego in Italia. Qualora trovi lavoro in detto Stato si produrrà la decadenza dall’indennità NASpI.
Analoga applicazione anche per il percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca in uno Stato non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione, esportando la prestazione.
Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto di lavoro in Paese estero che applica la normativa comunitaria. In tale ipotesi l’indennità viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi: in questo caso infatti nel momento in cui è stipulato il contratto di lavoro la persona disoccupata è iscritta al Centro per l’impiego.
Al termine del contratto di lavoro all’estero, prima di ripristinare l’indennità sospesa, occorre verificare che l’interessato non si sia iscritto all’ufficio del lavoro dello Stato estero di ultima occupazione e abbia chiesto una prestazione a carico di detto Stato. In tale ipotesi l’indennità NASpI non potrà più essere ripristinata.
In caso di un percettore di indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto di lavoro in Paese non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione, si applica quanto previsto sopra.
Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca uno Stato non comunitario che non sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione. In tale ipotesi se la persona ha già un contratto di lavoro nel Paese in cui si reca, l’indennità viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi, dopodiché si produce decadenza.
Nel caso invece la persona si rechi nell’altro Paese per brevi periodi e per motivi documentati, si applica quanto già previsto con messaggio n.367/8.1.2009.
Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che stipuli in Italia un contratto di lavoro subordinato da eseguire in un Paese che applica la normativa comunitaria. In tale caso, essendo il rapporto di lavoro disciplinato dalla normativa Italiana anche in materia previdenziale, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 22 del 2015 e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione, come nel caso di percettore di NASpI che si rioccupa in Italia.
Aspettativa sindacale o politica e Naspi
Sempre ai fini del calcolo delle settimane di contribuzione utili per il diritto alla Naspi, la circolare n. 142 del 29 luglio 2015 precisa che i periodi di aspettativa sindacale o politica non sono utili per i requisiti ai fini del riconoscimento della Naspi.
L’art. 31 della legge n.300 del 1970 dispone espressamente che i periodi durante i quali i lavoratori sono collocati in aspettativa non retribuita in quanto chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali sono considerati utili ai fini del diritto e della misura delle pensioni.
In considerazione dell’esplicito richiamo della norma in questione alla sola tutela pensionistica ed in relazione all’orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione – espresso in alcune pronunce rese in materia di trattamenti previdenziali non pensionistici (cfr. sentenze Cass. Civ. n. 7558 del 13/08/1997; n. 17130 del 3/12/2002) nelle quali essa ha affermato che se non vi sono disposizioni specifiche che prevedono il periodo di aspettativa per motivi politici e sindacali come utile figurativamente ai fini delle predette prestazioni – i periodi di aspettativa di cui al citato art. 31 coperti da contribuzione figurativa, non sono utili ai fini del perfezionamento del requisito contributivo per l’accesso alla prestazione NASpI.
Tuttavia, i suddetti periodi – seppure non utili per il perfezionamento del requisito contributivo – possono essere considerati “neutri” con un corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
Ciò in analogia a quanto previsto per l’indennità di mobilità rispetto alla quale, per il perfezionamento del requisito di sei mesi “di lavoro effettivamente prestato”, i periodi di aspettativa di cui all’art. 31 della Legge n.300 del 1970 sono considerati “neutri”.
Espletamento di cariche pubbliche elettive e non elettive in corso di prestazione. In ordine alla compatibilità e cumulabilità in tutto o in parte degli emolumenti derivanti dall’esercizio di cariche pubbliche elettive e non elettive con la fruizione di indennità di disoccupazione NASpI, in assenza di normativa esplicita specifica – fermo restando il presupposto del mantenimento dello status di disoccupato – si precisa quanto segue.
Ai sensi dei combinati disposti di cui agli artt. 31, 32 della Legge 20 maggio 1970, n.300 e degli artt. 79, 80, 81 e 82 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267 (T.U.E.L.), i lavoratori dipendenti chiamati a funzioni pubbliche elettive e non elettive possono essere collocati, a richiesta, in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato o, in alternativa, hanno diritto di assentarsi dal servizio per la partecipazione alle sedute e alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata.
Ai predetti lavoratori che chiedono di essere collocati in aspettativa non retribuita compete, ai sensi del richiamato art. 82 del D.Lgs. n.267 del 2000, una indennità di funzione corrisposta in misura intera. Per i lavoratori che, invece, non richiedono l’aspettativa non retribuita tale indennità di funzione è dimezzata. Ai sensi dell’art. 50 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (T.U.I.R.) la richiamata indennità di funzione è assimilata ai redditi di lavoro dipendente.
Ciò premesso, nell’ipotesi in cui il lavoratore dipendente che all’atto della cessazione involontaria del rapporto di lavoro ricopre cariche pubbliche percependo la relativa indennità di funzione può, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti, accedere alla prestazione NASpI.
In particolare, considerato che l’indennità di funzione è assimilata a reddito di lavoro dipendente, possono trovare applicazione rispetto alla prestazione NASpI, gli istituti – previsti per il caso di rioccupazione del beneficiario della prestazione con rapporto di lavoro subordinato – del cumulo, della sospensione e della decadenza in relazione all’importo lordo annuo dell’indennità di funzione e alla durata della carica rivestita. In tali ipotesi, il percettore di NASpI è tenuto alle comunicazioni in ordine allo svolgimento della carica ed alla misura annua dell’indennità di funzione da essa derivante.
Analogamente, anche per il beneficiario di NASpI che nel corso della fruizione della prestazione venga chiamato a ricoprire cariche pubbliche, possono trovare applicazione gli istituti suddetti con la relativa disciplina.
Naspi e pensione anticipata o di anzianità
Con la circolare n. 180 del 2014, l’Inps ha fornito istruzioni in merito alla fruizione delle indennità di ASPI e Mini-ASPI in caso di raggiungimento dei requisiti per il diritto a pensione.
Ai soggetti nei confronti dei quali si applicano le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze previgenti all’entrata in vigore del decreto legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la decadenza dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI deve essere riferita alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di vecchiaia o di anzianità.
Tali soggetti raggiunti i requisiti per il pensionamento, decadono dalla fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data di apertura della c.d. finestra di accesso. In coerenza con quanto specificato, quindi, l’Inps respinge le domande di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI per le quali la fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere successivamente alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di vecchiaia o di anzianità (data di apertura della c.d. finestra di accesso).
Sulla materia sono pervenute richieste di chiarimento all’Inps nei casi di soggetti che risultano aver percepito l’indennità di disoccupazione ASPI o mini ASpI successivamente alla data della prima decorrenza utile della pensione di anzianità, ma prima della effettiva corresponsione della pensione. La criticità è data dalla necessaria restituzione di un importo percepito durante un periodo che rimarrebbe privo di copertura sia reddituale, essendo intervenuta la cessazione dell’attività lavorativa, condizione questa di erogabilità dell’indennità di disoccupazione, sia pensionistica, stante la decorrenza della pensione di anzianità successiva alla data di presentazione della relativa domanda.
A tale proposito, infatti, sussistono situazioni come ad esempio quelle relative al regime sperimentale donna di cui all’art 1, comma 9, della legge n 23 agosto 2004 n. 243 o relative alla disciplina della totalizzazione di cui decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, nelle quali è impraticabile, dal punto di vista logico ed operativo, la possibilità di respingere le eventuali domande di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI per le quali la fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere successivamente alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di anzianità e, conseguentemente, applicare in modo restrittivo il principio della decadenza dalla fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data di apertura della c.d. finestra di accesso.
In questi casi, infatti, l’esercizio delle predette facoltà, anch’esse previste dalla legge, può consentire di avvalersi di requisiti più favorevoli per l’assicurato, attribuendo una decorrenza della pensione già in corso di percezione di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI ma una corresponsione della stessa solo dalla data dell’esercizio della facoltà, successiva all’apertura della c.d. finestra di accesso.
Ciò posto, dopo aver acquisito anche il concorde parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Inps chiarisce che nei casi in cui l’esercizio di una facoltà di legge (es. opzione per il regime sperimentale donna, totalizzazione, ricongiunzione o totalizzazione di periodi contributivi esteri ) comporti il perfezionamento del diritto a pensione ad un momento antecedente all’esercizio della facoltà, ma consenta di ottenere la pensione solo con decorrenza successiva all’esercizio delle predette facoltà, è possibile fruire dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI e Naspi fino alla prima decorrenza utile successiva all’esercizio delle predette facoltà.
Contributi Naspi
Contributi dovuti per finanziare la Naspi. La Naspi è finanziata con un contributo ordinario (1,61%) e un contributo aggiuntivo (1,40%) in caso di contratti a tempo determinato. I datori di lavoro devono anche il ticket licenziamento in caso di interruzione del rapporto di lavoro. Con un messaggio l’Inps ha anche dettagliato tutti i casi in cui questi contributi non sono dovuti, vediamoli. Il messaggio è il n. 4441 del 30 giugno 2015 e dettaglia appunto i profili contributivi della Nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASPI).
Il D.lgs. 22/2015, che ha introdotto la Naspi, ma anche le altre prestazioni erogate dall’Inps che prendono il nome di DIS-COLL e l’ASDI, non introduce elementi di novità riguardo alla contribuzione a supporto della NASpI, limitandosi ad affermare, attraverso la disposizione contenuta nell’articolo 14, che “Alla NASpI si applicano le disposizioni in materia di ASpI in quanto compatibili”. Conseguentemente, rimane inalterato l’impianto contributivo già previsto dall’articolo 2 della legge 92/12, quindi la contribuzione dovuta a finanziamento della Naspi è raggruppata nei seguenti tre elementi:
- contributo ordinario (commi 25-27 e 36);
- contributo addizionale (commi 28-30);
- contributo sulle interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (commi 31-35).
Contributo ordinario 1,61%
Il contributo è stabilito nella misura complessiva di 1,61% (1,31% + 0,30% ex art. 25, L. 845/1978). Sul contributo base (1,31%) trovano applicazione le eventuali riduzioni del costo del lavoro di cui all’art. 120 della legge n. 388/2000 ed all’art. 1, c. 361, della legge n. 266/2005, nonché le misure compensative di cui all’art. 8 del D.L. n. 203/2005, convertito con modificazioni nella legge n. 248/2005, previste in relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di TFR alle forme pensionistiche complementari, al Fondo di Tesoreria, ovvero nelle ipotesi di liquidazione mensile della Qu.I.R. senza accesso al Finanziamento assistito da garanzia.
Permane, inoltre, in favore di alcune categorie di lavoratori (es. soci lavoratori delle Coop ex DPR 30 aprile 1970, n. 602; personale artistico con rapporto di lavoro subordinato) e a determinate condizioni, l’allineamento graduale all’aliquota contributiva (ex ASpI), previsto dall’articolo 2, c. 27 della legge n. 92/2012. Si ricorda che l’adeguamento – che si realizza nel lustro 2013/2017 – riguarda sia il contributo base (1,31%) che quello integrativo (0,30%). Per l’anno in corso, le due contribuzioni si attestano rispettivamente nei termini di 0,78% e 0,18%, per una misura complessiva dello 0,96%.
Contributo addizionale contratti a termine 1,40%
Il contributo, fissato nella misura di 1,40% della retribuzione imponibile, è dovuto in relazione ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato.
Esclusi dal versamento del contributo addizionale Naspi. Si ricorda che, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2, c. 29 della legge n. 92/2012, sono esclusi dall’obbligo del relativo versamento le seguenti categorie di soggetti:
- lavoratori assunti con contratto a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
- lavoratori dipendenti (a tempo determinato) delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni;
- apprendisti;
- lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. n. 1525/1963.
Per i periodi contributivi maturati dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, sono parimenti esclusi i lavoratori assunti a tempo determinato per lo svolgimento delle attività stagionali definite tali dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011, dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.
In relazione, inoltre, alla previsione di cui all’articolo 2, c. 37 della legge n. 92/2012, il medesimo contributo non è dovuto nelle ipotesi di assunzione a tempo determinato di lavoratori in mobilità, ex articolo 8, c. 2 della legge n. 223/1991.
Sempre con riguardo al contributo addizionale, si ricorda che l’articolo 2, c. 30 della legge n. 92/2012 ne prevede la restituzione al datore di lavoro, nelle ipotesi di trasformazioni a tempo indeterminato di contratti a termine nonché nei casi di stabilizzazione del rapporto, purché intervenuta entro sei mesi dalla cessazione del precedente rapporto a tempo determinato. A seguito delle modifiche apportate dall’articolo 1, c. 135 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 all’originario testo della norma, a decorrere dal 2014, la restituzione può avvenire in misura integrale. .
Con riferimento alle trasformazioni/stabilizzazioni intervenute nel corso dell’anno 2015, la restituzione del contributo addizionale è compatibile con la fruizione dell’esonero contributivo fino a 8.060 euro, ex art. 1, commi 118 e seguenti, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ove spettante.
Naspi per giornalisti
l comma 103 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022), ha disposto il trasferimento all’INPS della funzione previdenziale svolta dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (INPGI), in regime sostitutivo delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, limitatamente alla gestione sostitutiva; il successivo comma 108 del medesmo articolo ha previsto che, a decorrere dal 1° luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2023, i trattamenti di disoccupazione sono riconosciuti ai giornalisti aventi diritto secondo le regole previste dalla normativa regolamentare vigente presso l'INPGI alla data del 30 giugno 2022.
L'Inps ha fornito le istruzioni amministrative in materia di indennità di disoccupazione a favore dei giornalisti iscritti all’INPGI con la circolare n. 91 del 27 luglio 2022.
Per gli eventi di disoccupazione che si verificheranno dal 1° gennaio 2024, ai giornalisti con rapporto di lavoro subordinato si applica la disciplina prevista per la generalità dei lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e, conseguentemente, la disciplina prevista in materia di indennità di disoccupazione NASpI.
I giornalisti in sede di presentazione della domanda di NASpI, i giornalisti devono indicare di appartenere a detta categoria di lavoratori al fine di consentire una corretta gestione della domanda medesima, selezionando l’apposita qualifica.
La prestazione di disoccupazione NASpI a favore della categoria in argomento è gestita dal “Polo nazionale INPGI 1”, istituito presso la Filiale metropolitana di Roma Flaminio, che continuerà altresì a gestire anche le indennità di disoccupazione a favore dei giornalisti riconosciute per gli eventi di disoccupazione involontaria intervenuti fino alla data del 31 dicembre 2023 e disciplinate dal citato Regolamento di previdenza della Gestione sostitutiva dell’AGO del 21 febbraio 2017. Lo ha stabilito il Messaggio n. 4579 del 20 dicembre 2023.