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26 Ottobre 2023
9:00

Ludopatia: reato continuato e imputabilità

La ludopatia è la dipendenza dal gioco d’azzardo e comporta, per chi ne soffre, una compulsione irresistibile a giocare, fino al punto in cui tale condotta giunge inevitabilmente a condizionare l’intera vita del soggetto dipendente, inducendolo a indebitarsi e, in talune occasioni, a commettere reati. Vediamo come incide la ludopatia sulla capacità di intendere e di volere dell'autore del reato e sulla continuazione.

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Ludopatia: reato continuato e imputabilità
Avvocato
ludopatia e imputabilità

La ludopatia è la dipendenza dal gioco d’azzardo e comporta, per chi ne soffre, una compulsione irresistibile a giocare, fino al punto in cui tale condotta giunge inevitabilmente a condizionare l’intera vita del soggetto dipendente, inducendolo a indebitarsi e, in talune occasioni, a commettere reati.

Tale condizione è stata posta sovente all’attenzione dei giudici, i quali si sono chiesti se la ludopatia fosse una condizione idonea a escludere l’imputabilità dell’autore di un determinato reato.

Bisognava stabilire, cioè, se il ludopatico fosse effettivamente capace di intendere e di volere nel momento in cui aveva commesso il reato.

Allo stesso modo, i giudici hanno analizzato l’incidenza della patologia ai fini della configurabilità del reato continuato.

Cos’è la ludopatia

La ludopatia è la dipendenza dal gioco d’azzardo ed è stata classificata nel DSM-IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) tra i disturbi degli impulsi, in quanto si sostanzia in un comportamento che risponde a un istinto irrefrenabile e che  compromette le attività personali, familiari e lavorative.

Il soggetto che soffre di questo disturbo, solitamente, ha pensieri ossessivi legati al gioco, tende a giocare somme di denaro sempre maggiori, è irritabile, non riesce a smettere, mente a chi lo circonda, può commettere attività di rilievo penale per finanziare le attività che alimentano la sua dipendenza.

D.L. n. 104/2020

Il D.L. n. 104/2020 è intervenuto per modificare l’art. 110 del TULPS (Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza) con riguardo alla regolamentazione del gioco per contrastare la ludopatia.

Il riferimento è ai commi che vanno dal 7 bis al 7 quinquies (quest’ultimo abrogato).

E’ stato stabilito, ad esempio, che determinati apparecchi utilizzati per il gioco lecito non possono riprodurre il gioco del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali, nonché tutti i giochi che, per modalità similari, possano indurre la stessa aspettativa di vincita.

E’ stato inoltre stabilito che deve essere garantita la prevenzione dei rischi connessi al gioco d'azzardo e devono essere definite le regole tecniche volte alla produzione degli apparecchi, compresi i parametri numerici di apparecchi installabili.

I premi ammissibili, inoltre, sono soltanto oggetti di modico valore non convertibili in alcun modo in denaro o per nuove partecipazioni al gioco all'interno del medesimo punto di vendita”.

Quando il codice penale vieta il gioco d’azzardo

Nel Codice penale sono presenti una serie di disposizioni che prevedono delle sanzioni per l’esercizio del gioco d’azzardo.

Non si tratta di delitti ma di contravvenzioni (le contravvenzioni, a differenza dei delitti, non sono punite con la multa e con la reclusione ma con le sanzioni più lievi dell’arresto e dell’ammenda).

La definizione di gioco d’azzardo è contenuta all’art. 721 c.p. ove è stabilito che: “sono giuochi d'azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria”.

Viene previsto, all’art. 718 c.p., che “Chiunque in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie, tiene un giuoco d'azzardo o lo agevola è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a euro 206.

Se il colpevole è un contravventore abituale o professionale, alla libertà vigilata può essere aggiunta la cauzione di buona condotta”.

La pratica del gioco d’azzardo, dunque, è punita dal Codice penale sia se esercitata in luogo privato, sia se esercitata in luogo pubblico e comporta la pena dell’arresto fino a un anno e l’ammenda non inferiore a 206 euro.

Viene punito sia chi pratica gioco d’azzardo, sia chi lo agevola.

Le circostanze aggravanti sono previste dall’art. 719 e sono le seguenti:

  • se il colpevole ha istituito o tenuto una casa da giuoco”;
  • “se il fatto è commesso in un pubblico esercizio”;
  • “se sono impegnate nel giuoco poste rilevanti”;“se fra coloro che partecipano al gioco sono persone minori degli anni diciotto”.

In tali ipotesi la pena è raddoppiata.

Secondo quanto previsto dall’art. 720 del Codice penale, al di fuori dei casi previsti dall’art. 718, è punito chiunque è colto mentre prende parte al gioco d'azzardo, ed è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516.

La pena è aumentata:

  • nel caso di sorpresa in una casa da giuoco o in un pubblico esercizio”;
  • “per coloro che hanno impegnato nel giuoco poste rilevanti”.

Viene sempre ordinata la confisca del denaro esposto nel giuoco e degli arnesi od oggetti a esso destinati.

All’art. 723 del Codice penale è invece punito chiunque, essendo autorizzato a tenere sale da gioco o da bigliardo, tollera che vi si facciano giochi non d'azzardo, ma tuttavia vietati dall'autorità.

La sanzione è quella dell’ammenda da euro 5 a euro 103.

Ludopatia, capacità di intendere e di volere e imputabilità

Un soggetto, per rispondere di un reato, deve essere prima di tutto imputabile.

Non sono imputabili i soggetti che hanno meno di quattordici anni e i soggetti incapaci di intendere e di volere.

Bisogna dunque stabilire se la persona che soffre di ludopatia può essere considerata capace di intendere e volere qualora commetta un reato a causa della sua dipendenza.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione, sez. VI penale, con sentenza del 18 luglio 2018, n. 33463.

La Cassazione si è trovata a dover decidere se fosse imputabile colui che aveva commesso un reato dovuto al suo stato di ludopatico.

La Cassazione ha dovuto stabilire, cioè, se fossero applicabili le disposizioni di cui agli artt. 88 e 89 del Codice penale.

All’art. art. 88 c.p. viene disciplinato il vizio totale di mente, che esclude l’imputabilità: “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d'intendere o di volere”.

All’art. 89 del Codice penale viene invece disciplinato per vizio parziale di mente ed è disposto che: “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita”.

La Cassazione ha ricordato che in giurisprudenza i disturbi della personalità hanno rilievo ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mentepurché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale”.

Non rilevano, dunque, ai fini dell’imputabilità, “anomalie caratteriali o alterazioni della personalità che risultino tali da non presentare gli esposti caratteri e, ancora, gli stati emotivi e passionali che in quanto temporanei ed accidentali non sono destinati a definire un quadro di infermità come previsto dal codice penale”.

La dipendenza da gioco d’azzardo, dunque, rileva qualora ricorrano “ipotesi in cui si registra nel carattere irresistibile per l’agente degli impulsi all’azione l’apprezzamento da parte del primo della riprovevolezza della seconda che risulta comunque non contenibile per la consistenza ed ampiezza degli impulsi, tali da vanificare la capacità di apprezzare dell’azione le conseguenze”.

Deve inoltre esservi “il nesso eziologico tra impulso e condotta criminosa sicché il fatto di reato deve essere causalmente determinato da quello specifico disturbo mentale idoneo ad alterare non l’intendere, ma il solo volere dell’autore della condotta illecita, restando fermo l’onere dell’interessato dimostrare il carattere cogente nel singolo caso dell’impulso stesso”.

In applicazione di questi principi la Cassazione ha dunque stabilito che “il disturbo da gioco d’azzardo è un disturbo della personalità o disturbo del controllo degli impulsi destinato, come tale, a sconfinare nella patologia e ad incidere, escludendola, sulla imputabilità per il profilo della capacità di volere”.

Ludopatia e reato continuato

Questione centrale attiene alla determinazione del ruolo della ludopatia con riguardo al reato continuato.

Va premesso che si parla di reato continuato, secondo quanto stabilito dall’art. 81 del Codice penale, quando chi  “con  più  azioni  od  omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche  in  tempi diversi più violazioni della stessa o  di  diverse  disposizioni  di legge”.

In questi casi, per il principio del favor rei, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo.

La giurisprudenza ha più volte chiarito che per aversi reato continuato occorre che in concreto le varie condotte siano avvinte da un disegno unitario e preordinato.

Non è dunque sufficiente che sussista un legame occasionale tra le varie condotte poste in essere, per beneficiare del calcolo di pena stabilito dall’art. 81 c.p.

La Cassazione si è espressa di recente, con sentenza del 20 ottobre 2023, n. 42877, per valutare l’incidenza della ludopatia ai fini della configurabilità del reato continuato.

Bisognava valutare, cioè, se la continuazione potesse essere affermata.

Bisognava stabilire, in pratica, se l’irresistibile impulso che caratterizza la condotta del ludopatico avesse determinato la costruzione del disegno criminoso poi posto in essere dal reo.

La Cassazione ha escluso il legame tra ludopatia e reato continuato.

Al contrario, vi era una notevole distanza cronologica tra gli eventi commessi, a riprova dell'insussistenza di una determinazione originaria dell’autore dei reati.

Le ultime sentenze in materia

Vanno segnalate alcune sentenze in materia.

Un esempio è costituito dalla sentenza dell’8 ottobre 2021, n. 36709 della Corte di cassazione penale, che ha stabilito che: “In tema di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva, la disciplina prevista dall'art. 656, comma 5, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 90 e 94 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, riguarda soltanto i condannati affetti da tossicodipendenza, non essendo conseguentemente applicabile, per il suo carattere eccezionale, ai soggetti affetti da ludopatia o da altre dipendenze differenti dalla tossicodipendenza, ancorché a quest'ultima assimilabili”.

Con sentenza del 24 ottobre 2016, n. 44659 la Cassazione ha escluso la presenza di un nesso tra azione delittuosa e ludopatia e quindi ha considerato l’agente imputabile in quanto: “il vizio del gioco costituiva, nella specie, solo l'antefatto del crimine, commesso non in vista di un'immediata occasione di gioco rispetto alla quale fosse urgente, alla stregua di una spinta psicologica "compulsiva", il necessario approvvigionamento finanziario, ma per rimediare agli effetti economici gia' prodotti dal vizio stesso”.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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