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21 Luglio 2023
9:00

Clausole vessatorie: cosa sono, esempi e come si sottoscrivono

Nell’ambito di un contratto, si considerano vessatorie le clausole che determinano un significativo squilibrio nei diritti e negli obblighi a svantaggio di una delle parti.

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Clausole vessatorie: cosa sono, esempi e come si sottoscrivono
Avvocato
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Nella realtà di tutti i giorni ci ritroviamo spesso a concludere contratti.

Per soddisfare esigenze importanti, come quella di usufruire dell’energia elettrica oppure quella di avere un telefono, sottoscriviamo contratti predisposti unilateralmente da chi vuole erogare un servizio o vendere qualcosa.

Questi contratti, talvolta, rispondono soltanto alle esigenze di chi li predispone, e non incontrano i bisogni dei cittadini che in maniera, più o meno consapevole, li sottoscrivono. In questi contratti, cioè, sono spesso contenute clausole che danneggiano il contraente che non è consapevole fino in fondo del contenuto delle stesse.

Per questo è fondamentale conoscere i propri diritti.

Il Codice civile e il Codice del Consumo trattano le clausole vessatorie, cioè quelle clausole che creano uno squilibrio contrattuale a favore di una parte e a sfavore dell'altra.

Negli ultimi anni, infatti, è stata approntata una tutela a favore del consumatore proprio per evitare che quest’ultimo possa essere danneggiato nella sottoscrizione di un contratto senza nemmeno averne ben chiaro il contenuto.

Vediamo, nello specifico, in cosa consiste questa tutela e, in particolare, a cosa ci riferiamo quando parliamo di clausole vessatorie.

Sommario

Il Codice civile sulle condizioni generali di contratto

La disciplina delle clausole vessatorie è contenuta nel Codice civile e nel Codice del consumo (Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n.206).

Per  quanto non previsto dal Codice del consumo, ai contratti conclusi  tra  il  consumatore  e  il professionista si applicano le disposizioni del Codice civile.

Nel Codice civile non vi è un espresso riferimento alla vessatorietà delle clausole, ma viene predisposta una disciplina in tema di “condizioni generali di contratto”.

Il riferimento è all’ipotesi classica, quella dei moduli o formulari predisposti da una delle parti.

Nel Codice civile viene infatti stabilito, all’art. 1341, che le condizioni generali di contratto predisposte da un contraente sono efficaci solo nell’ipotesi in cui al momento della conclusione del contratto, questi le ha conosciute o comunque avrebbe dovuto conoscerle con l’uso dell’ordinaria diligenza.

Viene inoltre stabilito, ai sensi dell’art. 1341 del Codice civile, secondo comma, che “In  ogni  caso  non  hanno  effetto,  se  non  sono  specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a  favore  di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal  contratto  o  di  sospenderne  l'esecuzione,  ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del  contratto, clausole compromissorie  o  deroghe  alla  competenza  dell'autorità giudiziaria”.

Le condizioni poste dall’art. 1341 c.c. sono, dunque, le seguenti.

Se un solo contraente ha posto le condizioni generali di contratto, queste ultime:

  • sono efficaci se l’altro contraente le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle;
  • anche se conosciute non sono efficaci se non approvate per iscritto qualora stabiliscano limitazioni di responsabilità o comunque determinino una serie di situazioni di squilibrio nei diritti e negli obblighi a svantaggio dell’altro contraente, situazioni elencate in maniera specifica e tassativa dalla norma.

Altre indicazioni le ritroviamo nella norma di cui all’art. 1342 c.c. ove viene disciplinata l’ipotesi del contratto concluso mediante moduli o formulari.

Viene infatti stabilito che: “Nei contratti conclusi  mediante  la  sottoscrizione  di  moduli  o formulari,  predisposti  per   disciplinare   in   maniera   uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al  modulo  o al formulario prevalgono  su  quelle  del  modulo  o  del  formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate”.

In poche parole, se vengono aggiunte nuove clausole al modulo, queste ultime prevalgono sul modulo stesso.

La disciplina delle clausole vessatorie nel Codice del consumo

Il Codice del consumo  (Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206), all’art. 33 ha previsto delle ipotesi specifiche di clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore.

Si considerano vessatorie, malgrado la buona fede, infatti, quelle clausole che “determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio  dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.

Questa definizione ci offre alcuni indizi importanti:

  • non rileva la buona fede dei contraenti;
  • le clausole contrattuali devono determinare “un significativo squilibrio di diritti e obblighi” a svantaggio di una delle parti coinvolte nel contratto.

Il Codice del consumo pone rimedio allo squilibrio tra le parti prevedendo che le clausole vessatorie vengano colpite da nullità.

Al secondo comma ritroviamo un elenco di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria.

Si presumono vessatorie, infatti, le  clausole  che hanno per oggetto, o per effetto, una serie di conseguenze, specificamente elencate all’art. 33 del Codice del consumo, che di seguito si riporta:

  • escludere o limitare la responsabilità del professionista  in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da  un fatto o da un'omissione del professionista; 
  • escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti  del  professionista  o  di  un'altra  parte  in  caso   di inadempimento totale o parziale o di adempimento  inesatto  da  parte del professionista; 
  • escludere o limitare l'opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo; 
  • prevedere  un  impegno  definitivo  del  consumatore   mentre l'esecuzione della prestazione del professionista è subordinata  a una condizione  il  cui  adempimento  dipende  unicamente  dalla  sua volontà; 
  • consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il  contratto  o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal  professionista  il  doppio  della  somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere; 
  • imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di  ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di  denaro  a  titolo  di risarcimento, clausola penale o altro  titolo  equivalente  d'importo manifestamente eccessivo; 
  • riconoscere al solo professionista e non anche al  consumatore la  facoltà  di  recedere  dal  contratto,  nonché  consentire   al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di  corrispettivo  per  prestazioni  non  ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto; 
  • consentire al professionista di recedere da contratti a  tempo indeterminato senza un ragionevole  preavviso,  tranne  nel  caso  di giusta causa
  • stabilire un termine eccessivamente anticipato  rispetto  alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di  evitare la tacita proroga o rinnovazione; 
  • prevedere  l'estensione  dell'adesione  del   consumatore  a clausole che non ha avuto la possibilità di  conoscere  prima  della conclusione del contratto; 
  • consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o  del servizio da  fornire,  senza  un  giustificato  motivo  indicato  nel contratto stesso; 
  • stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione; 
  • consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa  recedere  se  il  prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto  a  quello  originariamente convenuto; 
  • riservare  al  professionista  il  potere  di  accertare  la conformità del  bene  venduto  o  del  servizio  prestato  a  quello previsto  nel  contratto   o   conferirgli   il   diritto   esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
  • limitare la responsabilità del professionista  rispetto  alle obbligazioni derivanti  dai  contratti  stipulati  in  suo  nome  dai mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni  al rispetto di particolari formalità;
  • limitare   o   escludere   l'opponibilità  dell'eccezione d'inadempimento da parte del consumatore; 
  • consentire al professionista di sostituire a sé un terzo  nei rapporti derivanti  dal  contratto,  anche  nel  caso  di  preventivo consenso del consumatore, qualora risulti  diminuita  la  tutela  dei diritti di quest'ultimo; 
  • sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni  della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria,  limitazioni  all'adduzione  di  prove,   inversioni   o modificazioni  dell'onere  della  prova,  restrizioni  alla  libertà contrattuale nei rapporti con i terzi; 
  • stabilire come sede del  foro  competente  sulle  controversie località diversa da quella di residenza  o  domicilio  elettivo  del consumatore; prevedere l‘alienazione di un diritto  o l'assunzione  di  un obbligo come subordinati  a una  condizione  sospensiva  dipendente dalla mera volontà del professionista a  fronte di  un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore;
  • imporre  al  consumatore  che  voglia  accedere  a  una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie  prevista dal titolo II-bis della parte  V,  di  rivolgersi  esclusivamente  ad un'unica  tipologia  di  organismi  ADR  o  ad  un  unico   organismo ADR;
  • rendere  eccessivamente  difficile per il consumatore l'esperimento della procedura di  risoluzione  extragiudiziale  delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte.

Viene inoltre stabilito che, se  il  contratto  ha  a  oggetto  la  prestazione  di  servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista  può (art. 33 Codice del consumo):

  • recedere,  qualora  vi  sia  un  giustificato  motivo,  senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore;
  • modificare,  qualora  sussista  un  giustificato  motivo,  le condizioni del contratto, preavvisando entro un  congruo  termine  il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.

Se  il  contratto  ha  a  oggetto  la  prestazione  di  servizi finanziari  il  professionista  può  modificare,  senza   preavviso, il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro onere, sempre se sussiste un giustificato motivo, e dandone immediata  comunicazione  al  consumatore  che  ha diritto di recedere dal contratto.

Come si stabilisce se una clausola è vessatoria?

Le modalità di accertamento della vessatorietà delle clausole sono stabilite ex art. 34 del Codice del consumo.

Viene infatti stabilito che “la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura  del  bene  o  del  servizio  oggetto  del contratto e facendo riferimento   alle   circostanze   esistenti  al  momento  della  sua conclusione  e  alle  altre  clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende”.

Si stabilisce la vessatorietà di una clausola, in definitiva:

  • valutando la natura del bene o del servizio oggetto del contratto;
  • valutando le circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto;
  • valutando le altre clausole presenti nel concreto o di altro contratto collegato.

La valutazione della vessatorietà di una clausola, dunque, deve avvenire in concreto e inoltre essa “non attiene   alla   determinazione   dell'oggetto   del  contratto,  né all'adeguatezza  del  corrispettivo  dei  beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”.

All’art. 35 del Codice del consumo vengono invece delineate coordinate utili ai fini dell’interpretazione delle clausole vessatorie.

In effetti, in ipotesi di dubbio sull’interpretazione di una  clausola,  prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore.

Esempi di clausole vessatorie

In concreto, quando può definirsi vessatoria una clausola?

Mettiamo caso che si concluda un contratto di compravendita di un’auto.

Se nel contratto il venditore inserisce una clausola che ha l’effetto di escludere ogni sua responsabilità in caso di inadempimento dello stesso, questa dovrà considerarsi vessatoria oppure qualora in un contratto si indichi quale foro competente, in ipotesi di contenzioso, non il foro del consumatore ma il foro del professionista.

Esempi di clausole vessatorie possono ricavarsi dall’analisi della casistica giurisprudenziale.

La Corte di cassazione, sezione II, con sentenza dell’11 aprile 2023, n. 9612 ha stabilito, ad esempio, che deve considerarsi come non apposta per nullità parziale di protezione, ex art. 36, comma 1, del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, la clausola contenuta in un contratto di mediazione che preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione dell'affare, poiché determina un significativo squilibrio normativo ex art. 33, comma 1, del citato d.lgs., così stravolgendo il fondamento causale dell'operazione economica posta in essere dalle parti.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’ adunanza del 15 dicembre 2020 ha dichiarato la vessatorietà delle clausole che non riconoscono il diritto dei consumatori a ottenere il rimborso di una parte della quota versata per l’abbonamento in caso di chiusura dello stadio.

Sono inoltre vessatorie le clausole che non riconoscono il diritto dei consumatori a essere risarciti del danno nell’ipotesi in cui tali eventi siano imputabili alla società e quelle che derogano al foro del consumatore.

Il principio della doppia firma

Nel Codice civile, come anticipato, è previsto che le clausole vessatorie debbano essere approvate “specificamente” per iscritto.

Si parla, infatti, di “principio della doppia firma”, poiché oltre alla sottoscrizione del contratto, è necessario che ogni clausola venga approvata con sottoscrizione in maniera specifica.

Questo è un principio stabilito dal solo Codice civile e non dal Codice del consumo.

Nel Codice del consumo, infatti, è semplicemente previsto che una clausola vessatoria debba essere colpita da nullità.

La sottoscrizione, in questo caso, non “fa salva” la clausola.

La Corte di cassazione, sez. VI, con ordinanza del 26 maggio 2020, n. 9738 ha stabilito che la necessità dell'approvazione scritta delle clausole vessatorie è esclusa solo se la conclusione del contratto sia stata preceduta da una trattativa che abbia avuto a oggetto in maniera specifica le clausole che necessiterebbero altrimenti di un'autonoma sottoscrizione, mentre la sottoscrizione resta indispensabile per le clausole a contenuto vessatorio alle quali la parte abbia aderito senza alcuna discussione.

Se si prova, dunque, che la clausola vessatoria è stata oggetto di specifica trattativa, può essere evitata la sottoscrizione specifica della clausola.

Cosa fare in caso di clausola vessatoria

Nel caso in cui in un contratto che stipuliamo siano presenti clausole vessatorie ci sono varie possibilità:

  • Adire l’autorità giudiziaria;
  • Attivare uno dei meccanismi stragiudiziali di risoluzione delle controversie presso un organismo ADR;
  • Rivolgersi all’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
  • Intraprendere una class action.

L’azione inibitoria promossa dalle associazioni dei consumatori

Ai sensi dell’art. 37 del Codice del consumo viene prevista l’esperibilità dell’azione inibitoria da parte delle associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti infatti stabilito che le associazioni  rappresentative  dei  consumatori e  le associazioni rappresentative dei  professionisti possono  convenire  in   giudizio   il   professionista   o l'associazione di professionisti e  richiedere  al giudice competente che inibisca l'uso delle  clausole vessatorie.

La tutela amministrativa attuata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato

All’art. 37-bis è inoltre prevista una tutela amministrativa contro le clausole vessatorie.

L'Autorità  garante  della  concorrenza e  del mercato,  sentite  le   associazioni   di categoria  rappresentative, dichiara la vessatorietà delle clausole, d'ufficio  o  su denuncia.

In tal caso l'Autorità applica  una  sanzione   amministrativa pecuniaria tenendo conto di una serie di criteri che sono indicati in maniera specifica all’art. 37-bis, che qui di seguito si riporta:

  • la natura, gravità, entità e durata della violazione;
  • le  eventuali  azioni  intraprese  dal professionista per attenuare il danno subito dai consumatori o per porvi rimedio;
  • eventuali   violazioni   commesse  in    precedenza  dal professionista;
  • i benefici finanziari conseguiti o le  perdite  evitate  dal professionista in conseguenza della violazione, se  i  relativi  dati sono disponibili;
  • le  sanzioni  inflitte  al  professionista  per  la  medesima violazione in altri Stati membri in  casi  transfrontalieri,  in  cui informazioni relative a tali sanzioni sono disponibili attraverso  il meccanismo istituito dal regolamento (UE) 2017/2394;
  • eventuali altri fattori aggravanti  o  attenuanti  applicabili alle circostanze del caso.

Contro gli atti dell'Autorità, è competente il giudice amministrativo.

Il giudice ordinario è comunque competente in ordine alla validità delle clausole vessatorie e in ordine al risarcimento del danno.

Quando una clausola non è vessatoria?

Nel Codice del consumo vengono indicate linee guida specifiche ai fini della valutazione della non vessatorietà di una clausola.

Ai sensi dell’art. 34 non possono essere considerate vessatorie le clausole che “riproducono disposizioni di legge  ovvero  che  siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi  contenuti  in  convenzioni internazionali delle quali siano parti  contraenti  tutti  gli  Stati  membri  dell'Unione  europea  o l'Unione europea”.

Non  sono vessatorie, inoltre, le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.

Nel  contratto  concluso  mediante  sottoscrizione  di moduli o formulari  incombe sul professionista l'onere di  provare  che  le  clausole, malgrado siano unilateralmente predisposte, siano state oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

Anche l’analisi della giurisprudenza permette di comprendere meglio quando una clausola non può essere considerata vessatoria.

La Corte di cassazione, sez. III, con ordinanza del 2 marzo 2023, n. 6307 ha stabilito che la clausola apposta a un contratto di durata, che ne preveda il divieto di rinnovazione tacita alla scadenza, non può considerarsi vessatoria, dal momento che non determina un vantaggio unilaterale a favore del predisponente, avendo a oggetto un contegno riferibile a entrambe le parti.

Importante chiarimento è stato effettuato, inoltre, in merito alla valutazione della convenienza economica del contratto.

La Corte di cassazione, sezione VI, con ordinanza del 25 novembre 2021, n. 36740 ha stabilito che la nozione di significativo squilibrio fa esclusivo riferimento a uno squilibrio di carattere giuridico e normativo, relativo alla distribuzione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

La previsione normativa, infatti, non consente di sindacare l'equilibrio economico, ossia la convenienza economica dell'affare concluso.

Chi applica le clausole vessatorie?

Le clausole vessatorie vengono sovente applicate dal professionista ai danni del consumatore.

Si tratta spesso di condizioni generali contenute in moduli o formulari predisposti unilateralmente.

Sono contratti standard, destinati a disciplinare una serie indefinita di rapporti.

Sono contratti cui il consumatore si limita ad aderire, come capita nel caso del contratto di fornitura di energia elettrica, ad esempio.

Le clausole vessatorie possono essere poste anche all’interno di un contratto concluso con un professionista, ad esempio un avvocato.

Quando si considerano nulle le clausole vessatorie?

Una particolare tipologia di nullità è inserita nell’art. 36 del Codice di consumo.

Si fa infatti riferimento a una “nullità di protezione”, e si specifica che le clausole vessatorie vengono considerate nulle mentre il contratto rimane valido per il resto.

Tale disposizione è ispirata al principio di conservazione del contratto.

Com’è noto, infatti, la nullità, nella sua disciplina di carattere generale prevista dal Codice civile, riguarda l’intera stipulazione contrattuale, qualora risulti che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità (art. 1419 c.c.).

I suoi caratteri sono l’imprescrittibilità e la rilevabilità d’ufficio.

Il contratto è nullo in quanto presenta una grave difformità rispetto alle previsioni di legge.

Il contratto nullo non può essere convalidato come il contratto annullabile, ma può essere convertito in altro contratto valido di cui presenti i requisiti di sostanza e di forma (art. 1424 c.c.)

La nullità parziale è peculiare poiché non investe l’intera stipulazione contrattuale ma solo la clausola vessatoria.

Nel caso dei contratti conclusi con il consumatore, la nullità dell’intera stipulazione contrattuale si risolverebbe in uno svantaggio per il consumatore stesso.

Ecco perché il contratto che il consumatore ha voluto concludere, è fatto salvo.

Viene infatti specificato dalla stessa norma che la  nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

All’art. 36 del Codice del consumo ritroviamo, inoltre, una lista di clausole che sono considerate nulle anche se oggetto di trattativa in quanto hanno per oggetto o per effetto di (art. 36 Codice del consumo):

  • escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso  di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;
  • escludere  o limitare le azioni del consumatore nei confronti del  professionista  o  di  un'altra  parte  in caso di inadempimento totale   o   parziale   o   di  adempimento  inesatto  da  parte  del professionista;
  • prevedere  l'adesione  del consumatore come estesa a clausole che  non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

Differenze tra clausole vessatorie del Codice civile e del Codice del consumo

Il Codice civile e il Codice del consumo recano una disciplina in tema di clausole vessatorie che contiene una serie di differenze.

Vediamole:

  • l’elenco di clausole vessatorie contenuto nel Codice civile è da considerarsi tassativo, mentre l’elenco contenuto del Codice del consumo non è tassativo.
  • Nel Codice civile viene previsto che sono comunque efficaci clausole che determinano uno squilibrio nei diritti e obblighi qualora esse siano approvate per iscritto. Nel Codice del consumo, invece, le clausole vessatorie sono comunque colpite da nullità, non conta la sottoscrizione.
  • Nel Codice civile il riferimento è ai contratti in generale, nel Codice del consumo il riferimento è specifico ai contratti del consumatore.
  • Nel Codice civile c’è riferimento, esclusivamente, a condizioni generali di contratto ovvero a moduli e formulari, nel Codice del consumo, invece, il riferimento è a ogni genere di contratto.

Come si sottoscrivono le clausole vessatorie?

Le clausole vessatorie sono spesso contenute in moduli o formulari.

Deve essere previsto in tali moduli, dunque, uno spazio per la sottoscrizione specifica della clausola in questione.

Non è dunque sufficiente la mera sottoscrizione del contratto.

Ogni clausola va approvata in maniera specifica.

Non è dunque legittima la sottoscrizione in blocco di clausole vessatorie tramite un mero richiamo delle stesse.

Il contenuto della clausola vessatoria deve essere chiaro al contraente, egli deve poterne leggere attentamente il contenuto e sottoscriverla consapevolmente.

Conseguenze della mancata sottoscrizione delle clausole vessatorie

In caso di mancata sottoscrizione di clausole abusive, le stesse sono inefficaci, secondo quanto disposto dall’art. 1341 del Codice civile.

Quanto, invece, alla disciplina contenuta nel Codice del consumo, viene espressamente stabilita la nullità, ma a prescindere dalla sottoscrizione.

Clausole abusive

L’espressione “clausola abusiva” non è riferito alle clausole che stiamo esaminando, né nel Codice civile e tantomeno nel Codice del consumo, che le definisce “vessatorie”.

Un riferimento in tal senso lo ritroviamo, invece, nella Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, relativa alle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

All’art. 3 è stabilito che: “una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto”.

Come si può ben constatare, dunque, la disciplina sopra riprodotta è quella richiamata nel Codice del consumo.

In presenza di una clausola abusiva, infatti, non rileva la buona fede se si verifica un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivante dal contratto.

Si può chiedere l’accertamento di una clausola vessatoria posta in un contratto atipico?

Come è noto, le parti sono libere di concludere anche contratti atipici, ovvero contratti non espressamente disciplinati dalla legge, in quanto siano diretti a perseguire interessi meritevoli di tutela (art. 1322 c.c.).

La disciplina predisposta a tutela del consumatore in tema di clausole vessatorie, in quanto diretta a tutelare esigenze preminenti è certamente applicabile anche ai contratti atipici, come, ad esempio, al contratto autonomo di garanzia.

In tal senso si è espressa anche di recente la Corte di Cassazione, sez. III, con ordinanza del 18 febbraio 2022, n. 5423. La Corte ha stabilito l’applicabilità della disciplina suddetta anche laddove la clausola accertata come abusiva esprima il profilo di atipicità del contratto.

Clausole vessatorie tra imprese

Nei contratti tra imprese si applica la disciplina del Codice civile, poiché la disciplina prevista dal Codice del consumo è relativa ai soli contratti del consumatore.

Nei rapporti tra imprese, dunque, varrà la questione vista della doppia sottoscrizione.

Le clausole vessatorie, dunque, dovranno essere singolarmente sottoscritte per essere considerate efficaci.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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