La Corte di Cassazione, sezione I civile, con ordinanza dell’11 dicembre 2023, n. 34382 ha stabilito che, nei giudizi di separazione e divorzio, a fronte della richiesta di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli, giustificata dall'insorgenza di maggiori oneri legati alla loro crescita, il giudice deve verificare se questo aumento delle spese implichi la necessità di rivedere l'assegno, anche se le condizioni economiche del genitore sono immutate.
La Cassazione ha inoltre precisato che l'aumento delle esigenze economiche del figlio è notoriamente legato alla sua crescita e non necessita di specifica dimostrazione.
Vediamo in dettaglio cosa ha stabilito la Corte di cassazione.
I fatti di causa
Il Tribunale di Brescia aveva pronunciato la separazione personale di due coniugi, ponendo a carico del padre il mantenimento della figlia minore e della moglie per la cifra complessiva di Euro 4.500,00 al mese.
Il Tribunale disponeva successivamente l'affido provvisorio della minore al padre, anche per le decisioni di maggior interesse e che il diritto di visita della minore con la madre avvenisse solo con incontri protetti.
Infine, il Tribunale disponeva che la madre corrispondesse al padre l'assegno di mantenimento per la figlia pari a Euro 500,00.
Questa decisione del Tribunale era dipesa dal fatto che la madre si era trasferita con la minore a Montecarlo: ne era conseguita una condanna della genitrice per i reati di cui agli articoli 574-bis e 388 c.p. (sottrazione di minori e trattenimento di minore all'estero e mancata esecuzione dolosa di provvedimento giudiziario).
La Corte d'appello di Brescia confermava la sentenza di primo grado e poi con ordinanza del 2019, la Cassazione, in accoglimento del ricorso della madre, rilevando il vizio dell'omesso ascolto della minore, cassava la sentenza d'appello, rinviando la causa in secondo grado.
Entrambe le parti riassumevano la causa innanzi alla Corte territoriale che disponeva l'affidamento della minore in via condivisa ai genitori e che la minore avesse la propria residenza presso la madre.
Il padre era dunque tenuto al mantenimento della minore per Euro 800,00.
Tra le parti venivano ripartite al 50% le spese di viaggio, che la minore avrebbe dovuto sostenere per venire in Italia, per i periodi di vacanze estive e natalizia, e per il 100% a carico del padre in ordine ai restanti periodo di vacanza e fine-settimana.
Considerata la retribuzione della madre, pari a Euro 2.000,00 e quella del padre pari a Euro 3.380,00 mensile, e considerando il fatto che lo stesso era anche proprietario di dieci immobili, l'assegno di mantenimento della figlia veniva determinato nella somma di Euro 800,00.
La madre presentava ricorso in Cassazione.
L’ordinanza della Corte di cassazione
La ricorrente si doleva del fatto che la Corte d'appello, nel determinare l'assegno di mantenimento, non aveva tenuto adeguatamente conto dell'ingente disparità reddituale e patrimoniale tra le parti e del fatto che il padre avesse cessato di versare ogni contributo dal provvedimento del Tribunale, allorché la figlia si era trasferita presso la madre.
La ricorrente lamentava inoltre che la somma determinata non teneva conto della maggiore spesa dovuta per l'aumento dell'età della figlia.
Per la Corte, i primi due motivi di ricorso proposti sono fondati.
La Corte ha specificato che “L'obbligo di mantenimento del minore da parte del genitore non collocatario deve far fronte ad una molteplicita' di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessita' di cura e di educazione, secondo uno standard di soddisfacimento correlato a quello economico e sociale della famiglia di modo che si possa valutare il tenore di vita corrispondente a quello goduto in precedenza”.
Inoltre, “In tema di assegno di mantenimento del figlio, l'aumento delle esigenze economiche di quest'ultimo e' notoriamente legato alla sua crescita e non ha bisogno di specifica dimostrazione. Ne consegue che le esigenze di cura, educazione, istruzione ed assistenza, crescenti con l'eta' – che devono essere soddisfatte dai genitori ai sensi dell'articolo 337 ter c.c., comma 1 – non possono ritenersi coperte ed assorbite integralmente con l'assunzione del pagamento delle c.d. "spese straordinarie", dovendosi provvedere ad un proporzionale adeguamento dell'assegno di mantenimento”.
Di conseguenza, “Nel giudizi di separazione e divorzio, a fronte della richiesta di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli (minorenni o maggiorenni e non autosufficienti economicamente), giustificata dall'insorgenza di maggiori oneri legati alla crescita di questi ultimi, il giudice di merito, che ritenga necessarie tali maggiori spese, non e' tenuto, in via preliminare, ad accertare l'esistenza di sopravvenienze nel reddito del genitore obbligato, ma a verificare se tali maggiori spese comportino la necessita' di rivedere l'assegno, ben potendo l'incremento di spesa determinare un maggiore contributo anche a condizioni economiche dei genitori immutate (o mutate senza alterare le proporzioni delle misure di ciascuno dei due), ovvero non incidere sulla misura del contributo di uno o di entrambi gli onerati, ove titolari di risorse non comprimibili ulteriormente”.
Per la Cassazione, la Corte d'appello non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, poiché non è stato considerato il sensibile incremento delle esigenze della minore, cresciute con l'età, né la molteplicità delle esigenze connesse anche al nuovo contesto sociale ove la minore è collocata.
Per questi motivi, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche riguardo alla regolazione delle spese del giudizio in cassazione.