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15 Giugno 2024
9:00

L’assegno divorzile spetta all’ex coniuge che ha rinunciato al lavoro di indossatrice

La Cassazione ha stabilito che l'assegno divorzile spetta all'ex coniuge che ha rinunciato alla sua carriera di indossatrice per accudire i figli e la famiglia.

L’assegno divorzile spetta all’ex coniuge che ha rinunciato al lavoro di indossatrice
Avvocato
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La Cassazione ha stabilito che l'assegno divorzile spetta all'ex coniuge che ha rinunciato alla sua carriera di indossatrice per accudire i figli e la famiglia e che il solo conseguimento di una eredità da parte del coniuge beneficiario non può decretare l'automatica rideterminazione dell'assegno familiare o addirittura la sua revoca.

Con la sentenza in esame, la Corte di cassazione ha ribadito i principi consolidati in giurisprudenza in tema di assegno divorzile.

La Corte di cassazione ha inoltre stabilito che la revoca dell'assegnazione della casa familiare all'ex coniuge non può nemmeno giustificare l'automatico aumento dell'assegno divorzile.

Vediamo, in dettaglio, cosa ha stabilito la Cassazione, cos'è l'assegno divorzile e che funzione svolge e la giurisprudenza rilevante sul punto.

L'assegno divorzile: funzione

L'assegno divorzile è una somma che un coniuge, a seguito del divorzio, deve versare periodicamente all’altro coniuge, qualora quest’ultimo non disponga di propri mezzi per vivere o comunque non sia in grado di procurarseli.

Con la sentenza con cui si pronuncia sul divorzio, il giudice quantifica l'assegno divorzile tenendo conto di vari fattori:

  • condizioni dei coniugi;
  • ragioni della decisione;
  • contributo personale ed economico dato da ognuno alla conduzione familiare;
  • contributo personale ed economico dato da ognuno alla formazione del patrimonio dell’altro o di quello comune;
  • reddito di entrambi;
  • durata del matrimonio.

La sentenza della Cassazione

Secondo la Corte di cassazione, la corte d'appello ha deciso applicando "presupposti estranei alla natura dell'istituto". Il Giudice di secondo grado ha infatti sostenuto che la prova del nesso di causalità tra tra il sacrificio operato da Caia in relazione alle proprie aspettative professionali come indossatrice per accudire i figli e il vantaggio tratto dal marito andrebbe desunto dalle dichiarazioni del testimone e dalle ammissioni di Tizio.

Non si può infatti determinare l'assegno divorzile "alla luce del solo criterio di comparazione dei redditi e della complessiva situazione patrimoniale e finanziaria dei contendenti, senza la puntuale prova, della quale è onerata la parte richiedente, della ricorrenza dei presupposti della non indipendenza economica e del particolare e decisivo contributo dato in costanza di matrimonio, al quale si possa causalmente ricondurre un significativo concorso nella formazione del patrimonio dell'altro coniuge".

La Corte ha poi considerato inammissibili il primo, il secondo e il terzo motivo.

La Corte d'appello, infatti, ha correttamente escluso la possibilità di ridurre o addirittura revocare l'attribuzione dell'assegno divorzile alla ex coniuge sulla base dell'ottenimento di somme dall'eredità paterna.

Questo poiché la ex coniuge non svolge e non può svolgere per età e motivi di salute attività lavorativa.

Inoltre, Caia, sulla base delle risultanze, ha dato un contributo di rilievo alla situazione economica della famiglia durante il matrimonio rinunciando alla propria attività, ben remunerata, per accudire i figli e la famiglia.

Sulla base di tali valutazioni, la Corte di Cassazione ha dunque considerato immune da censure la decisione della Corte d'appello che ha ritenuto di non dover rideterminare l'assegno divorzile.

Sul punto la Cassazione ha sottolineato che "compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile".

Per la Cassazione ciò è avvenuto, con riguardo al caso di specie.

Quanto al quarto motivo di ricorso, per la Cassazione risulta fondato.

In tema di assegno divorzile, ha chiarito la Cassazione, la revoca dell'assegnazione della casa familiare al coniuge che beneficia dell'assegno divorzile non può giustificare l'automatico aumento di tale assegno "trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l'accertamento del venir meno dell'interesse dei figli alla conservazione dell'habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggior età e del conseguimento dell'autosufficienza economica o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario e la revoca dell'assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro ex coniuge costituisce sopravvenienza valutabile ai fini della revisione delle condizioni di divorzio, in quanto il relativo godimento, ancorché funzionale al mantenimento dell'ambiente familiare in favore dei figli, riveste valore economico tanto per l'assegnatario, che ne viene privato con la revoca, quanto per l'altro ex coniuge, che se ne avvantaggia attraverso il compimento di attività suscettibili di valutazione economica, che gli erano state precluse col provvedimento si assegnazione, potendo lo stesso andarvi ad abitare o concederla in locazione o impiegarla per la produzione di reddito".

La Corte d'appello, ha specificato la Cassazione, non ha inoltre tenuto conto del fatto che la raggiunta autosufficienza economica dei figli non si riverbera solo sulla madre ma anche sul padre e quindi per entrambi determina una maggiore disponibilità economica.

Per questi motivi, la Cassazione ha accolto il quarto motivo di ricorso e cassato la sentenza impugnata avuto riguardo alla censura accolta, con rinvio alla Corte di appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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