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2 Agosto 2024
15:00

L’Arbitrato cos’è e come funziona

Cos’è un Arbitrato? Partiamo col dire che l'arbitrato, non è quello che avviene in campo durante una partita di Tennis o di calcio, quello semmai è l’arbitraggio, ma è un procedimento alternativo per la risoluzione delle controversie disciplinato agli artt. 806 - 840 del Codice di procedura civile in cui la decisione viene rimessa dalle parti ad uno o più soggetti privati denominati “Arbitri” e che emettono la loro decisione attraverso l’emanazione di un “Lodo”.

L’Arbitrato cos’è e come funziona
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain

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Cos’è un arbitrato?

Con l'arbitrato si realizza una deroga volontaria, favorendo l’autonomia privata, al principio generale secondo cui la giurisdizione è esercitata dalla magistratura.

L’arbitrato deve, poi, essere tenuto distinto dall'istituto dell'arbitraggio (nemmeno in questo caso siamo in ambito sportivo) disciplinato dall'art. 1349 c.c., con cui non viene indicata una modalità di risoluzione di una controversia tra le parti, ma al contrario il diverso caso in cui, in sede di conclusione del contratto, le parti abbiano rimesso ad un terzo la determinazione della prestazione presente nel contratto stesso.

Riassumendo:

  • L'arbitraggio presuppone, un rapporto contrattuale incompleto, perché mancante di un elemento essenziale;
  • L'arbitrato, invece, presuppone un rapporto perfetto in tutti i suoi elementi ma controverso

Ma quando si può ricorrere all’arbitrato?

Iniziamo con il precisare che le possono essere oggetto di arbitrato solo quelle materie che comprendono i “Diritti disponibili” secondo quanto disciplinato dall’art. 806 c.p.c.

La possibilità di ricorrere alla procedura arbitrale, abbiamo detto, nonostante sia rimessa alla libera volontà delle parti, è esclusa in caso di questioni afferenti diritti indisponibili, come ad esempio le questioni riguardanti “stato e separazione personale”, oltre che in caso di divieti espressamente formulati dalla legge.

Per completezza precisiamo che un diritto è ritenuto disponibile quando le parti possono rinunciarvi dal punto di vista sostanziale e processuale.

Secondo quanto stabilito dall'art. 806 c. 2 c.p.c., inoltre, per ciò che riguarda le controversie in materia di lavoro di cui all'art. 409 c.p.c., queste, possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o dai contratti o accordi collettivi di lavoro.

La clausola di arbitrato eventualmente contenuta negli accordi collettivi ha natura facoltativa, di talché le parti possono sempre preferire la giurisdizione ordinaria sino a quando non abbiano dato inizio al procedimento arbitrale.

La convenzione di arbitrato

La volontà delle parti di rimettere la decisione ad un terzo imparziale deve essere espressa per mezzo di un negozio giuridico chiamato “convenzione di arbitrato” o “clausola compromissoria", che può assumere la forma del “compromesso” o dell “patto compromissorio”.

Si tratta, nello specifico, di un negozio privato avente rilevanza ed effetti processuali, consistenti nella preclusione del ricorso alla giurisdizione ordinaria, soggetto alla disciplina generale in materia di contratti in quanto compatibile.

Ai sensi dell'art. 807 c.p.c. il compromesso, ovvero il contratto con il quale le parti convengono di deferire la controversia tra le stesse già insorta ad uno o più arbitri, deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità.

Il requisito di forma ad substantiam si intende rispettato anche quando la volontà, non predisposta su contratto scritto, venga espressa per messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi.

Ulteriore requisito previsto a pena di nullità è quello della determinatezza dell'oggetto. Concretamente, l'oggetto viene espresso tramite la formulazione contestuale o successiva dei quesiti, ossia l‘indicazione delle questioni che gli arbitri dovranno esaminare.

La clausola compromissoria

Cos’è questa clausola compromissoria? e perché è così importante?

Innanzitutto partiamo col dire che solitamente la clausola compromissoria va distinta dall’altro tipo di convenzione ovvero il compromesso.

Infatti:

  • con il compromesso, poiché con quest’ultimo le parti affidano ad arbitri controversie già insorte;
  • con la clausola compromissoria, le parti deferiscono ad arbitri le controversie che nasceranno da un determinato contratto.

Come abbiamo detto, secondo l'art. 808 c.p.c., anche la clausola compromissoria deve essere pattuita in forma scritta.

Essa individua la pattuizione inserita in un contratto con cui le parti preventivamente si impegnano a risolvere per mezzo di arbitrato tutte le eventuali controversie aventi ad oggetto lo stesso contratto ed è soggetta al meccanismo della doppia sottoscrizione secondo quanto previsto dagli artt. 1341-1342 c.c. e 33 codice del consumo.

Infine esiste una convenzione di arbitrato in materia non contrattuale, disciplinata dall'art. 808-bis c.p.c., che prevede la devoluzione ad arbitri di controversie future derivanti da fatti illeciti o ogni altro atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art 1173 c.c.

Anche in questo caso, la convenzione deve essere stipulata per iscritto e avere un oggetto determinato.

Da ultimo, all'art. 808-quater c.p.c., il legislatore, con una norma di chiusura, ha previsto che nel dubbio, la convenzione di arbitrato debba essere interpretata nel senso di estendere la competenza arbitrale a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convezione si riferisce.

Arbitrato rituale e arbitrato irrituale, cosa sono?

A seconda dell’efficacia del lodo possiamo distinguere tra arbitrato rituale ed irrituale:

  • L’ arbitrato rituale, è disciplinato dall'art. 824-bis c.p.c., e prevede che dalla data della sua ultima sottoscrizione da parte degli arbitri, gli effetti del lodo sono equiparati a quelli della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria.  Il lodo rituale, quindi, fa stato tra le parti ex art. 2909 c.c. e determina le preclusioni di cui all'art. 324 c.p.c.; in altre parole, è idoneo sia al giudicato formale che a quello sostanziale.
  • Nell’arbitrato irrituale, invece, il lodo ha efficacia negoziale. L'art. 808-ter c.p.c. prevede, infatti, che le parti, con apposita pattuizione scritta, possano stabilire che in deroga a quanto disposto dall'art. 824-bis c.p.c. la controversia venga definita con determinazione contrattuale.

Di conseguenza, il lodo irrituale non può acquistare esecutorietà, né essere impugnato per nullità avanti la Corte d'Appello.

In questi casi l'unica impugnazione possibile rimane quella di annullabilità di cui all'art. 808-ter c. 2 per i motivi ivi tassativamente elencati, omologhi ai motivi di impugnazione del lodo rituale ex art. 829 nn. 1, 2, 3 , 4 e 9 c.p.c.

Arbitrato di diritto ed arbitrato di equità

A seconda del criterio di giudizio impiegato dagli arbitri per la risoluzione della controversia, viene in rilievo la distinzione tra:

  • arbitrato di diritto
  • arbitrato di equità

Secondo quanto previsto dall'art. 822 c.p.c., gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, a meno che le parti non abbiano disposto con qualsiasi espressione che gli stessi pronunciano secondo equità.

La previsione di una decisione secondo equità, da un lato, permette la ricerca di una giustizia più aderente al caso concreto basata sull'applicazione di regole metagiuridiche ancorché nel rispetto dei principi generali e delle norme fondamentali dell'ordinamento; dall'altro, evidentemente, non è compatibile con l'impugnazione per nullità del lodo per violazione delle regole di diritto sostanziale e, in generale, per ogni error in iudicando.

Recentemente, con l’avvento della Riforma Cartabia, è stato introdotto, in relazione alla decisione degli arbitri, l'art. 822 c.p.c il comma 2 che così dispone: "Quando gli arbitri sono chiamati a decidere secondo le norme di diritto, le parti, nella convenzione di arbitrato o con atto scritto anteriore all'instaurazione del giudizio arbitrale, possono indicare le norme o la legge straniera quale legge applicabile al merito della controversia. In mancanza, gli arbitri applicano le norme o la legge individuate ai sensi dei criteri di conflitto ritenuti applicabili."

Arbitrato “Ad Hoc” e “arbitrato amministrato”

Con riferimento all'aspetto organizzativo e pratico, si parla di:

  • arbitrato ad hoc disciplinato dall'art. 816-bis c.p.c., si svolge secondo i criteri individuati dalle parti nella convenzione di arbitrato e le regole determinate dagli arbitri, nei limiti della legge;
  • arbitrato amministrato disciplinato dall'art. 832 c.p.c. si svolge secondo regolamenti precostituiti di istituzioni arbitrali e sotto la supervisione delle stesse. Le parti, in particolare, possono semplicemente richiamare il regolamento di una determinata istituzione arbitrale (cd. arbitrato regolamentato), oppure svolgere l'intero arbitrato usufruendo dei servizi della camera arbitrale adita che tiene conto dell'andamento del procedimento fornendo se necessario il supporto logistico per l'espletamento della procedura.

Gli Arbitri

Gli arbitri, ovvero, coloro ai quali viene deferita la decisione della controversia devono essere sempre in numero dispari, questa disposizione  è contenuta nell'art. 809 c.p.c.

Può trattarsi, quindi, di un solo arbitro o di un collegio.

L’importante è che si tratti di soggetti muniti della capacità legale di agire; se le parti non ne hanno indicato il numero nella convenzione di arbitrato e non si accordano in merito, gli arbitri sono tre.

Se le parti hanno indicato un numero pari di arbitri, in assenza di pattuizione contraria, provvede all'ulteriore nomina il Presidente del Tribunale.

Il Presidente del Tribunale provvede anche nel caso in cui le parti nulla abbiano disposto sulla nomina degli arbitri, come nel caso in cui la nomina sia stata demandata all'autorità giudiziaria o ad un terzo che non vi ha adempiuto.

Il procedimento di arbitrato

Abbiamo visto fin’ora chi sono i soggetti preposti all’emanazione del lodo, chi può richiedere un arbitrato e come vengono nominati gli arbitri.

Ma come funzione un arbitrato? vediamolo qui brevemente

La scelta della sede dell'arbitrato è rimessa alle parti, in mancanza di determinazione delle stesse vi provvedono gli arbitri.

In via residuale, l'art. 816 c.p.c. stabilisce, secondo il principio di territorialità, che la sede dell'arbitrato si intende stabilita nel luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato e, nel caso in cui la stipula sia avvenuta all'estero, la sede è a Roma.

Il procedimento di arbitrato si svolge secondo le regole determinate dalle parti nella convenzione arbitrale; in assenza di regole procedimentali ex parte, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento della procedura nel modo che ritengono più opportuno, nel rispetto del principio del contraddittorio fissato dall'art. 816-bis c.p.c., con la concessione alle parti di ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa.

La difesa tecnica nel corso del procedimento è facoltativa; salvo espressa limitazione, la procura conferita al difensore si intende generale e a quest'ultimo vanno notificati il lodo e l'eventuale impugnazione.

Il nuovo art. 816bis1, inserito dal decreto legislativo di attuazione della Cartabia n. 149/2022 specifica che "La domanda di arbitrato produce gli effetti sostanziali della domanda giudiziale e li mantiene nei casi previsti dall'art. 819 quater."

La fase istruttoria

La fase istruttoria è ispirata al principio di collegialità, con la possibilità di delega di cui all'art. 816-ter c.p.c., che disciplina, altresì, le modalità di assunzione dei mezzi di prova.

Recentemente la Riforma Cartabia ha introdotto una novità in materia di “tutela cautelare”. E’ infatti consentito oggi, secondo quanto previsto dall'art. 818 c.p.c. la concessione di provvedimenti cautelari.

Avverso tali provvedimenti le parti possono proporre reclamo secondo quanto previsto nel nuovo art. 818bis, mentre per porre in atto le misure cautelari si dovranno seguire le regole dell'art. 818ter, il quale a sua volta rimanda all'art. 669 duodecies, in quanto la misura cautelare deve essere attuata sotto il controllo del tribunale nel cui circondario si trova la sede dell'arbitrato.

In caso di questioni pregiudiziali che siano penali, civili o costituzionali, il procedimento arbitrale viene sospeso con ordinanza motivata e, in caso di mancato deposito dell'istanza di prosecuzione entro il termine indicato dagli arbitri o, in difetto, entro un anno dalla cessazione della causa di sospensione, ne segue l'estinzione (art. 819bis c.p.c)

La Cartabia ha arricchito le disposizioni dedicate all'arbitrato attraverso la riformulazione dell'art. 819 ter c.p.c, dedicato ai rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria e l'inserimento del nuovo art. 819 quater che si occupa della "Riassunzione della causa"

Il lodo arbitrale

Infine l’arbitrato si conclude con una pronuncia denominata “Lodo

Il lodo arbitrale, deve essere depositato a norma dell'art. 820 c.p.c. nel termine indicato dalle parti o nel termine legale di duecentoquaranta giorni dall'accettazione della nomina da parte degli arbitri, salva possibilità di proroga.

L'eventuale ritardo nella pronuncia deve essere fatto valere con specifica eccezione nelle modalità indicate dall'art. 821 c.p.c.

Il lodo, in particolare, deve essere redatto per iscritto e contenere: nominativo degli arbitri, indicazione della sede di arbitrato, delle parti, della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti, esposizione sommaria dei motivi, dispositivo, data e sottoscrizione.

In assenza del contenuto minimo (motivi, dispositivo, sottoscrizione) il lodo è nullo ai sensi dell'art. 829 c.p.c., mentre la carenza degli altri requisiti può essere sanata mediante la procedura di correzione di errore materiale di cui all'art. 826 c.p.c.

Il lodo rituale va depositato unitamente alla convenzione di arbitrato nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato per la dichiarazione di esecutività.

A mente dell'art. 825 c.p.c., il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi in cui vi sarebbe soggetta la sentenza di medesimo contenuto.

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Marco D'Amico
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain
Mi sono laureato all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli con una tesi in diritto amministrativo, materia nella quale mi sono poi specializzato. Collaboro dal 2009 con Aldo Sandulli, professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università Luiss Guido Carli. Sono Cultore della materia in diritto amministrativo presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Nel 2010 ho partecipato alla costituzione della Rivista Giuridica MUNUS, sui Servizi Pubblici, fondata dai professori Aldo Sandulli e Giacinto della Cananea. Nel 2022 ho conseguito un master in Diritto Pubblico Europeo presso l’European Public and Law Organizzation e nel 2023 un master in Diritto Impresa e Sicurezza Agroalimentare con una tesi sulla tutela dei prodotti agroalimentari e del marchio “Made in Italy”presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
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