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17 Ottobre 2024
16:00

La maternità surrogata è reato universale: cosa significa e cosa cambia in caso di GPA

Riconoscere la maternità surrogata come reato universale significa punire il cittadino italiano che faccia rientro nei confini nazionali dopo essersi recato all’estero per concludere la gestazione per altri, e ciò a prescindere che nel Paese prescelto si tratti o meno di una pratica legalmente riconosciuta.

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La maternità surrogata è reato universale: cosa significa e cosa cambia in caso di GPA
Dottoressa in Giurisprudenza
La maternità surrogata è reato universale: cosa significa e cosa cambia in caso di GPA

Il Senato ha dato il via libera definitivo al riconoscimento del reato universale di maternità surrogata, ottenendo 84 voti favorevoli, 58 contrari e nessuna astensione.

La nuova disposizione interviene riformulando una parte dell’articolo 12, comma 6, di cui alla Legge 19 febbraio 2004, n. 40 che già consente di punire la gestazione per altri, ma la cui portata innovativa sta nel fatto che il cittadino italiano sia chiamato a rispondere di un reato commesso all’estero e  in cui la condotta non è reato.

La maternità surrogata è una tematica da anni al centro del dibattito e su cui si scontrano da un lato i sostenitori della tecnica di fecondazione assistita, dall’altro lato invece chi equipara la gestazione per altri a un mercimonio di bambini al grido dispregiativo di “utero in affitto”.

Una cosa però è certa, il nostro ordinamento riconosce la GPA come reato già dal 2004 ma  adesso consentirà di estendere la sua punibilità anche in quei paesi dove viene praticata legalmente (per esempio, Canada, Stati Uniti, ma anche Georgia, Grecia, Irlanda e altri).

Ma quali sono le implicazioni della legge approvata dal Senato e quali sono le reali criticità applicative a livello normativo?

Cos’è la maternità surrogata

La gestazione per altri (o maternità surrogata) è una forma di fecondazione assistita, ovvero una specifica tecnica con cui si consente a una donna (gestante) di portare a termine una gravidanza per conto di single o coppie che non hanno la possibilità di concepire.

I genitori intenzionali acquisiranno la responsabilità genitoriale nei confronti del bambino e saranno gli unici ad avere un legame genetico con il nascituro.

Si parla infatti di surrogazione gestazionale e non tradizionale poichè l’embrione viene creato con i gameti dei genitori intenzionali, a differenza invece della seconda in cui il patrimonio genetico discende dalla madre surrogata.

Da un punto di vista legale, si tratta a tutti gli effetti di un contratto stipulato tra i futuri genitori e la gestante, all’interno del quale vengono statuiti i diritti e le responsabilità reciproche, così come gli aspetti economici e finanziari di cui i genitori intenzionali dovranno farsi carico (come le spese mediche della madre surrogata).

In alcuni Paesi, tuttavia, viene anche riconosciuto un vero e proprio compenso a titolo di retribuzione in favore della gestante, motivo per il quale molti definiscono in via dispregiativa “utero in affitto” questa tipologia di fecondazione assistita ritenendolo un turismo procreativo.

Cos'è il reato universale e cosa vuol dire che la GPA è diventata reato universale

Il nostro ordinamento opera secondo il cd. principio di territorialità (art. 3 c.p.), ovvero intendendo reprimere quei reati commessi nel territorio italiano.

Un reato universale (o meglio, “giurisdizione universale” dal momento che la prima espressione non esiste nel nostro codice), invece, è quel tipo di crimine che viene perseguito ovunque sia stato commesso, proprio riconoscendo la sua particolare gravità. Ne sono un esempio i crimini di guerra nell’ambito del diritto internazionale, in virtù della fondamentale considerazione proveniente da tutti gli Stati.

Riconoscere la maternità surrogata come reato universale significa punire il cittadino italiano che faccia rientro nei confini nazionali dopo essersi recato all’estero per concludere la gestazione per altri, e ciò a prescindere che nel Paese prescelto si tratti o meno di una pratica legalmente riconosciuta.

Allo stato attuale e in virtù del principio della doppia incriminazione, è già possibile perseguire penalmente il ricorso alla maternità surrogata anche se compiuta all’estero ma a patto che la condotta sia considerata reato anche nel Paese straniero in cui viene realizzata. Il procedimento si attiverà su richiesta del Ministro della Giustizia.

Da quando la gestazione per altri è vietata in Italia e cosa cambia dopo il sì al Senato

In Italia, il ricorso alla gestazione per altri (GPA o maternità surrogata) è vietato da circa vent’anni, vale a dire dall’entrata in vigore dell’articolo 12, comma 6 della Legge 40/2004 in materia di procreazione medica assistita.

La ratio sottesa è sempre stata quella di evitare che il ricorso a questo tipo di fecondazione assistita potesse realizzare una sorta di “turismo procreativo” che ingenerasse a propria volta una compravendita neonatale a seguito del risvolto economico per la gestante.

Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro". A questa disposizione viene aggiunto un nuovo paragrafo e secondo il quale "se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all'estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana".

A partire dal via libera definitivo del Senato al riconoscimento della maternità surrogata come reato a giurisdizione universale si intende estendere la perseguibilità anche in quei Paesi in cui la pratica è legalmente riconosciuta, sanzionando penalmente i cittadini italiani al loro rientro.

Le pene, invece, restano esattamente le stesse, come previste sin dall’origine della Legge 40/2004 – ovvero la reclusione da 3 mesi a 3 anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro, sia per chi organizza o pubblicizza la pratica, ma anche per chi la commissiona (come nel caso dei genitori intenzionali).

Tuttavia, non è ancora chiara quale debba essere la strada da percorrere affinchè il cittadino italiano venga effettivamente chiamato a rispondere del reato compiuto nel Paese straniero in cui la condotta non è perseguita.

I punti critici

L’integrazione della Legge 40/2004 desta non poche preoccupazioni.

Innanzitutto, il problema applicativo: vale a dire come garantire i diritti del bambino in modo tale da evitare discriminazioni, ma anche come consentirà la collaboratività dello Stato straniero in cui la gestazione per altri viene legalmente riconosciuta. Infatti, non esiste alcun dovere internazionale di collaborazione nel caso in cui il Paese straniero non riconosca il medesimo fatto come reato, per cui non vi sarà l’obbligo di fornire i dati dei cittadini italiani.

Se il principio della doppia incriminazione rappresenta un requisito per l’applicabilità della legge penale italiana in relazione ai fatti compiuti dai cittadini all’estero, allora la maternità surrogata non può essere perseguita penalmente se viene effettuata in un Paese in cui tale pratica è legale, creando un vero e proprio paradosso di incostituzionalità.

D’altro canto, tuttavia, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con la pronuncia del 24 gennaio 2017 nel caso Paradiso e Campanelli c. Italia (ricorso n. 25358/12) è già intervenuta ritenendo legittimo il rifiuto italiano di trascrivere automaticamente all’anagrafe i nati da GPA, invocando l’art. 8 della CEDU in tema di diritto al rispetto della vita privata e familiare, secondo cui la filiazione per maternità surrogata all’estero non deve comportare automaticamente il riconoscimento degli atti.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 38162/2022, hanno qualificato la maternità surrogata – anche quando prestata a titolo gratuito – come una pratica che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e compromette profondamente le relazioni umane.” Questa pronuncia ripercorre anche la sentenza n. 79/2022 della Corte Costituzionale, che ha distinto chiaramente tra fecondazione eterologa e maternità surrogata, sottolineando che, nel caso di quest'ultima, la genitorialità giuridica non può basarsi esclusivamente sulla volontà dei componenti della coppia.

Dove è vietata la maternità surrogata e in quali paesi è legale

La regolamentazione della maternità surrogata varia significativamente da paese a paese.

La GPA è vietata in Francia, Germania, Austria, Svizzera, Turchia, Svizzera, Norvegia, Finlandia e Ungheria.

A questi si contrappongono i Paesi che considerano la maternità surrogata legale gli Stati Uniti, il Canada, ma anche Regno Unito e Grecia. Allo stesso modo Ucraina, Russia, Georgia, India e Australia.

In ogni caso questi riconoscono la liceità in varie forme: per esempio, negli US le disposizioni normative variano a seconda dello stato. In California è consentita sia la surrogazione commerciale che quella altruistica.

Analogamente, in Sudafrica e Regno Unito è consentita solo per finalità altruistiche.

Maternità surrogata e fecondazione eterologa: la pronuncia della Corte Costituzionale

Il diritto alla genitorialità e all’autodeterminazione ha raggiunto una svolta importante grazie alla sentenza n. 162 del 2014 della Corte Costituzionale, in tema di fecondazione eterologa e dichiarando l'illegittimità costituzionale del divieto previsto dalla Legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita.

Tale divieto violava i diritti fondamentali delle coppie, tra cui il diritto alla salute, il principio di uguaglianza e il diritto all’autodeterminazione. Questo ha aperto la strada all’uso dei gameti donati nelle tecniche di procreazione assistita in Italia, con un forte impatto sulla vita di molte coppie sterili o infertili.

Successivamente, grazie alla sentenza n. 79/2022, il solco tra  fecondazione eterologa e maternità surrogata è giunto a una svolta ulteriore: mentre la prima implica l’utilizzo di gameti esterni alla coppia per la procreazione, senza implicare una rinuncia della gestazione da parte della madre, la maternità surrogata prevede che una donna porti a termine la gravidanza per conto di un’altra persona o coppia, e che poi rinunci al bambino in loro favore.

La sentenza ribadisce che la genitorialità giuridica, nel caso della maternità surrogata, non può fondarsi semplicemente sulla volontà della coppia intenzionale. In altre parole, non basta che una coppia desideri diventare genitori attraverso un accordo di maternità surrogata perché tale volontà sia automaticamente riconosciuta giuridicamente, dal momento che  questa pratica offende la dignità della donna e mina le relazioni umane.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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