Nel diritto penale, la colpa è uno degli elementi psicologici del reato, così come previsto dall’articolo 43 del Codice Penale, assieme al dolo e alla preterintenzione.
La norma prevede che:
“Il delitto […] è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.
Affinché un reato sia colposo, occorre che:
- sussista la volontà di compiere l’azione dell’agente;
- manchi la volontà di realizzare l’evento, altrimenti si parlerebbe di dolo;
- le circostanze si realizzino a causa di negligenza, imprudenza, imperizia o per l’inosservanza di leggi o discipline.
Caratteristiche
Il reato colposo si connota della violazione delle regole di diligenza che tutti i soggetti sono tenuti ad usare, così come previsto dall’art. 1176 c.c. che parla della diligenza del buon padre di famiglia (intendendo la diligenza media impiegata in termini di avvedutezza e accortezza).
Tuttavia, in presenza di una precisa volontà del soggetto agente, è possibile parlare di colpa solo se da questi poteva esigersi, in virtù delle sue capacità personali, la concreta osservanza delle regole di diligenza.
La diligenza rappresenta l’importanza di prevedere ed evitare il pericolo nel momento in cui avviene la trasgressione. La diligenza racchiude in sé due distinti obblighi, vediamoli insieme:
- obbligo di informarsi delle circostanze e dei pericoli;
- obbligo di agire con cautela;
- in casi particolari ed eccezionali, obbligo del tutto di non agire;
Il dovere di diligenza è chiamato però al rispetto di alcuni limiti, cioè richiamando a propria volta delle regole comportamentali, come il rischio consentito – in termini di attività che, pur ritenute pericolose, possano essere socialmente utili – e il principio dell’affidamento del terzo.
E’ necessario che vi sia un rapporto di causa-effetto tra il comportamento tenuto, l’evento verificatosi e il grado di colpa che si imprime su questi.
L’accertamento della sussistenza della colpa va condotto considerando la differenza tra:
- colpa generica, ovvero la normale diligenza che si potrebbe chiedere all’uomo medio;
- colpa specifica, cioè la violazione di regole cautelari che solo il soggetto agente sarebbe stato chiamato a rispettare.
Tipologie di colpa
La dottrina e la giurisprudenza (cioè, le correnti di pensiero e di applicazione concreta del diritto) suddividono le varie tipologie di colpa in:
- Colpa cosciente (o con previsione), nel caso in cui il soggetto non voglia materialmente compiere il reato ma lo preveda come conseguenza delle proprie azioni – da non confondere con il dolo eventuale, per il quale l’agente ha la certezza che l’evento lesivo non si verificherà (ad esempio, Tizio guida a tutta velocità confidando nei propri riflessi, tuttavia investe un pedone);
- Colpa incosciente, l’agente viola le norme di cautela ma non ritiene che le proprie azioni possano causare alcun reato;
- Colpa propria, rappresenta l’ipotesi tipica di colpa poiché non vi è la volontà di cagionare l’evento con le sue conseguenze;
- Colpa impropria, ovvero quei casi straordinari in cui l’evento è voluto dal proprio agente.
Rappresentano, invece, accezioni particolari della colpa l’eccesso colposo; l’erronea supposizione e l’errore di fatto determinato dalla colpa.
Si parla di eccesso colposo nel caso in cui vi sia una sproporzione tra azione e reazione.
Ne è un esempio tipico “l’eccesso di legittima difesa”. Affinché, infatti, la difesa innanzi al pericolo possa essere “legittima”, occorre che la stessa sia proporzionata rispetto all’offesa ricevuta; nel caso in cui eccedesse il rapporto, cagionerebbe gravi conseguenze.
Pensiamo al caso in cui per difendersi da una rapina, si spari a distanza ravvicinata al ladro mentre è di spalle.
L’erronea supposizione della presenza di cause di giustificazione è tale se si ritiene, con negligenza, imprudenza o imperizia, violazione delle norme o della disciplina, di agire in presenza di cause che escludono la pena.
Infine, l’errore di fatto determinato dalla colpa viene a verificarsi nel caso in cui l'errore sia inescusabile e cagionato dalla negligenza o trascuratezza.
Per esempio, Caio spara contro un'ombra e ammazza un uomo. L’errore non è scusabile e Caio risponderà del reato di omicidio colposo.
Differenze con il dolo e la preterintenzione
Il dolo e la preterintenzione sono gli ulteriori elementi psicologici che caratterizzano il reato.
Il dolo rappresenta una precisa connotazione della volontà cosciente di colui che agisce con una condotta tale da arrecare danno ad altri.
E’ costituito da due aspetti:
- un momento rappresentativo, nel quale il soggetto agente ha una visione anticipata delle sue azioni, della messa in opera e delle conseguenze del reato;
- un momento volitivo, per cui occorre che l’agente abbia l’effettiva volontà di realizzare il comportamento e che questo raggiunga.
Per ulteriori riferimenti, si consiglia la lettura del dolo.
La preterintenzione caratterizza il reato poiché si verifica oltre l’intenzione dell’agente, cioè quando l’azione o l’omissione generano un evento ben più lesivo di quello voluto.
Chi compie l’azione prevede e vuole la realizzazione delle circostanze e delle loro conseguenze ma queste vengono a verificarsi in maniera più grave, pericolosa o dannosa di quello che ci si sarebbe aspettati.
Il reato preterintenzionale può essere definito come quel reato commesso con un misto di dolo e colpa.
Per esempio: A seguito di una discussione e con l’intento di spaventare l’amico dopo l’alterco, Mevio decide di lanciare una pietra in direzione di Caio.
Mevio, infatti, immagina che la pietra possa colpire l’amico e che possa ferirlo. Mevio però non prende in considerazione che la pietra colpirà Caio alla testa, il quale perderà l’equilibrio e cadrà al di là della ringhiera del belvedere.
L’evento meno grave e prefissato da Mevio sono le lesioni, mentre quello grave che effettivamente viene a verificarsi è la morte.
Per ulteriori riferimenti, si consiglia la lettura della preterintenzione.
La colpevolezza
Perché possa parlarsi di reato occorre che vi sia un nesso di causalità tra la condotta e l’evento. Cioè, perchè il reato sussista, occorre che l’agente riconosca l’esistenza del nesso psichico per la realizzazione dell’evento lesivo: in diritto, si definisce imputazione soggettiva del fatto.
L’attribuibilità psicologica del fatto-reato alla volontà dell’agente rappresenta il cd. principio di colpevolezza, affermato all’articolo 27 della Costituzione: “la responsabilità penale è personale”, per il quale se non vi è colpevolezza dell’agente si esclude la responsabilità penale.
Il principio di colpevolezza, così come enunciato, rappresenta uno dei capisaldi del diritto penale ed è espresso dalla locuzione latina nullum crimen, nulla poena sine culpa (letteralmente, nessun reato senza nessuna colpa) e secondo il quale per compiere un reato occorre una partecipazione psicologica al momento di commissione del fatto.
La valutazione della colpevolezza prescinde dalla personalità del reo ma attiene al giudizio del singolo reato commesso.
La portata del significato della colpevolezza e, in senso più ampio, dell’articolo 27 della Costituzione sono stati a lungo dibattuti sia in dottrina che in giurisprudenza. Inizialmente si riteneva che la norma sancisse esclusivamente il divieto della responsabilità penale per il fatto altrui, ma ad oggi la tesi dominante ritiene che l’art. 27 Cost. esclude la legittimità costituzionale di tutte le ipotesi di responsabilità in cui si prescinde dalla colpevolezza dell’agente (in questo senso, Mantovani; Dell’Andro; Fiandaca-Musco; Bricola e Fiore).
In questa direzione si è mossa la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 3644 del 24 maggio 1988, ha accolto quest’ultima interpretazione e ha sancito la necessità di una lettura combinata tra il primo e il terzo comma dell’art. 27 Cost., affinchè: “il fatto imputato, perchè sia legittimamente punibile, deve necessariamente includere almeno la colpa dell'agente in relazione agli elementi più significativi della fattispecie tipica”.
Differenza con la colpevolezza
La colpevolezza raccoglie in sé elementi comuni al dolo e alla colpa, riprendendo da questi il momento volitivo e il momento intellettivo, ma anche l’inosservanza della diligenza e delle regole di disciplina.
E’ possibile definire la colpevolezza come un’accezione più ampia e più grave della colpa, che di contro ne rappresenta una sfumatura.
La colpa professionale
Nell’ambito del diritto penale, il problema della configurabilità della colpa medica è particolarmente dibattuto.
Proprio con riferimento all’attività medico-chirurgica che ha gettato le basi della discussione, il mondo del diritto si è domandato se il reato colposo cagionato da professionista nell’esercizio della sua professione debba essere valutato alla stregua delle regole generali (verificando l’eventuale negligenza; imprudenza; imperizia ecc.) oppure debba trovare applicazione l’art. 2236 del Codice Civile che sostiene che il professionista sia chiamato a rispondere solo per la colpa grave?
Mentre in passato si riteneva applicabile anche al campo del diritto penale la norma di stampo civile, dal momento che le attività che richiedono particolari competenze tecniche avrebbero dovuto valutarsi con elasticità ai fini della condotta colposa (pensiamo proprio all’attività medico-chirurgica); sul punto è intervenuta sia la Corte Costituzionale che la Suprema Corte di Cassazione ritenendo che il riferimento all’art. 2236 c.c. non possa essere visto come una norma a carattere eccezionale applicabile per analogia, ma che anche il grado della colpa possa esclusivamente condurre alla determinazione e commisurazione della pena o, in casi specifici, comportare l’applicazione della circostanza aggravante.
Sul tema è poi intervenuto il legislatore con due provvedimenti legislativi: da un lato il “Decreto Balduzzi”, dall’altro la Legge n. 24 dell’8 marzo 2017 e con i quali si è disposto che il professionista sanitario che, nello svolgimento della propria attività, si fosse attenuto a linee guida e best practices accreditate dalla comunità scientifica non risponda penalmente per colpa lieve.
Con l’avvento della Legge 24/2017 è stato abrogato il Decreto Balduzzi e ha trovato luogo la nuova evoluzione normativa con la previsione di cui all’articolo 590 sexies c.p., estendendo l’applicazione in tema di lesioni colpose e omicidio anche alla professione sanitaria: nel caso in cui l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi della legge oppure, in loro mancanza, le buone pratiche clinico-assitenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle linee guida siano adeguate alla specificità del caso concreto.