La riforma dell'Irpef per il 2025, uno dei capisaldi della politica economica del governo Meloni, si presenta come un intervento ambizioso volto a semplificare il sistema fiscale, ridurre il carico fiscale sul lavoro e promuovere la crescita. Il governo ha annunciato fin dall'inizio che la riforma prevedeva una conferma delle tre aliquote dell'Irpef, accompagnata da un significativo taglio del cuneo fiscale, con l'obiettivo di stimolare i consumi e migliorare il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Tuttavia, le prime analisi sull'andamento della riforma sollevano interrogativi su come queste misure impatteranno davvero i contribuenti e sull'efficacia del sistema.
La riforma sulla carta: tre aliquote e un cuneo fiscale più leggero
Il disegno iniziale della riforma dell'Irpef prevede una strutturazione a tre aliquote: il 23% per i redditi fino a 28.000 euro, il 35% per quelli da 28.000 a 50.000 euro, e il 43% per chi guadagna oltre i 50.000 euro. L'intento dichiarato è di semplificare il sistema e ridurre le differenze tra le fasce di reddito, favorendo i lavoratori a medio-basso reddito.
Accanto a questa riforma delle aliquote, il governo ha introdotto una revisione del taglio del cuneo fiscale. Fino ad ora, la riduzione riguardava i contributi previdenziali che venivano abbattuti per i redditi sotto i 35.000 euro, con un effetto positivo sulle buste paga senza compromettere i futuri versamenti previdenziali. Il nuovo intervento, invece, modifica il sistema. Per i redditi fino a 20.000 euro, è previsto un bonus esentasse, mentre per quelli compresi tra 20.000 e 40.000 euro, si applica una detrazione fiscale.
Le intenzioni sono chiare: alleggerire il carico fiscale per la classe media e aiutare i lavoratori con redditi inferiori, ma i numeri e le dinamiche reali potrebbero rivelare scenari più complessi.
Le criticità sollevate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio
Secondo l'Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), uno degli enti incaricati di monitorare l'andamento delle misure fiscali, la riforma potrebbe avere effetti non del tutto in linea con le intenzioni del governo. Nonostante l'obiettivo di ridurre il numero delle aliquote, infatti, l'Upb sottolinea come la struttura finale del sistema fiscale potrebbe risultare decisamente più complessa.
A causa della sovrapposizione tra il sistema delle aliquote Irpef e il nuovo taglio del cuneo fiscale, il numero di "aliquote effettive" potrebbe passare da 4 a 7, con un aumento significativo della tassazione per alcune fasce di reddito. Il punto più critico riguarda i contribuenti che guadagnano tra i 32.000 e i 40.000 euro, che potrebbero trovarsi a pagare un'aliquota effettiva che arriva fino al 56%. Questo scenario emerge dalla combinazione tra il sistema progressivo dell'Irpef e l'effetto delle detrazioni sul cuneo fiscale, che per alcuni lavoratori potrebbero risultare penalizzanti.
L'Upb evidenzia anche come la riduzione delle detrazioni per i redditi tra 32.000 e 40.000 euro faccia aumentare l'imposta da pagare in modo non lineare. Con il passaggio dalla detrazione fissa di 1.000 euro per chi guadagna fino a 32.000 euro a un progressivo azzeramento della stessa detrazione per chi arriva a 40.000 euro, alcuni lavoratori si troverebbero a fare i conti con un incremento improvviso della tassazione, rispetto al sistema precedente.
L’impatto sulle fasce di reddito medio-basse
Le fasce di reddito che dovrebbero beneficiare maggiormente della riforma sono quelle sotto i 20.000 euro, grazie al bonus esentasse in busta paga. Questi circa 9 milioni di beneficiari, secondo le stime, potrebbero ricevere un incremento medio di circa 490 euro all'anno, con una netta riduzione del cuneo fiscale. Tuttavia, per i redditi tra i 20.000 e i 40.000 euro, la situazione è più complessa.
L'introduzione di un sistema di detrazioni fiscali che diminuiscono progressivamente potrebbe avere un effetto di “gradino”, con incrementi di imposta piuttosto bruschi per chi si avvicina ai 40.000 euro. La riduzione del cuneo, infatti, non agisce più sui contributi previdenziali, ma direttamente sul reddito imponibile, con effetti che potrebbero risultare più difficili da prevedere per i lavoratori che rientrano in queste fasce intermedie.
Le possibili disuguaglianze
Il rischio maggiore, come sottolineato dall'Upb, è che la riforma possa creare delle disuguaglianze tra diverse categorie di lavoratori. Se da un lato i redditi bassi e medi vedono un beneficio tangibile dal taglio del cuneo fiscale, dall'altro i lavoratori nella fascia tra i 32.000 e i 40.000 euro potrebbero sperimentare un effetto di “shock fiscale” dovuto alla rapida decrescita delle detrazioni. Questo potrebbe tradursi in un incremento della pressione fiscale effettiva, che per alcuni risulterà superiore a quella dello scorso anno.
L'aspetto più problematico è che queste modifiche non vengono accompagnate da un’adeguata comunicazione alle persone che potrebbero essere più vulnerabili a questo "salto" fiscale. Non è raro che i contribuenti che si trovano in queste fasce intermedie non siano completamente consapevoli degli effetti concreti delle detrazioni e della riforma dell'Irpef.
Nonostante il governo abbia avviato una riforma mirata a semplificare il sistema fiscale e a ridurre il carico sui lavoratori, resta da capire come le misure verranno applicate effettivamente. Le critiche e le preoccupazioni espresse dall'Upb, unite alle difficoltà di implementazione, suggeriscono che il percorso non sarà privo di ostacoli. Alcuni gruppi politici, come Forza Italia, avevano proposto di abbassare ulteriormente l'aliquota del 35% fino al 33%, ma a quanto sembra, le divergenze politiche all'interno della maggioranza potrebbero rendere difficile raggiungere un consenso su tale modifica.
In ogni caso, il governo sarà chiamato a monitorare attentamente gli effetti di questa riforma e ad affrontare eventuali correzioni che si rendessero necessarie per evitare che la promessa di un sistema fiscale più equo si trasformi in una pressione insostenibile per le fasce medie della popolazione.