L’impresa collettiva si configura nell’ipotesi in cui l’esercizio dell’attività d’impresa venga esercitata da un insieme di soggetti.
Solitamente l’impresa collettiva viene esercitata a seguito della costituzione di una società, ma non è detto che ciò accada.
Dottrina e giurisprudenza, infatti, hanno ritenuto ammissibile lo svolgimento dell’attività di impresa collettiva anche in forme diverse da quella societaria.
Il contratto di società secondo l’art. 2247 cc
Sulla base di quanto disposto dall’art. 2247 del Codice civile, “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.
Il contratto di società va dunque tenuto distinto dalla comunione.
La comunione, infatti, viene costituita o mantenuta allo scopo di mero godimento e lo scopo di godimento mero esula dall’oggetto del contratto di società.
La società può perseguire, sostanzialmente, tre scopi:
- scopo lucrativo: che va inteso in senso oggettivo in riferimento al lucro realizzato complessivamente dall’attività, e in senso soggettivo che attiene al momento della divisione degli utili;
- scopo mutualistico: si mira a fornire ai soci beni e servizi oppure occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle che troverebbero sul mercato;
- scopo consortile: si mira a coordinare le attività di più imprese che abbiano un analogo oggetto ovvero determinate fasi della produzione.
Cos’è un’impresa collettiva
L’impresa collettiva è un’impresa esercitata da più persone che non necessariamente operano in società.
Si ritiene ammissibile, infatti, l’esercizio dell’impresa collettiva anche mediante la costituzione, ad esempio, di un'associazione.
Come e quando è nata l’idea dell’impresa collettiva
Già nel I secolo d.C. erano presenti forme primordiali di esercizio collettivo dell’attività di impresa, con particolare riferimento all’ambito della lavorazione dei tessuti.
Soltanto dopo il 1500, tuttavia, l’impresa collettiva conobbe una maggiore diffusione, fino a quella che è stata poi la Rivoluzione industriale, epoca in cui l’impresa collettiva ha conosciuto una definitiva consacrazione.
Qual è la differenza tra impresa individuale e collettiva
L’impresa individuale è un’impresa esercitata dal solo imprenditore, mentre l’impresa collettiva è esercitata da più soggetti, che possono essere uniti o meno in società.
Nello svolgimento dell’impresa collettiva, dunque, vi è l’apporto di diversi soggetti ai fini dello svolgimento dell’attività economica.
Sul punto è utile citare una sentenza della Corte di cassazione per evitare confusione.
La Corte di Cassazione, sezione I, con sentenza del 2 dicembre 2015, n. 24560 ha infatti precisato che: “L'impresa familiare di cui all'art. 230 bis c.c. appartiene solo al suo titolare, anche nel caso in cui alcuni beni aziendali siano di proprietà di uno dei familiari, in ciò differenziandosi dall'impresa collettiva, come quella coltivatrice, la quale appartiene per quote, eguali o diverse, a più persone, e dalla società, con la quale è incompatibile. L'inesistenza di quote in base alle quali determinare gli utili da distribuire implica che questi ultimi sono assegnati in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato e, in assenza di un patto di distribuzione periodica, non sono naturalmente destinati ad essere ripartiti tra i partecipanti, ma al reimpiego nell'azienda o all'acquisto di beni”.
Elementi costitutivi dell’impresa collettiva
L’impresa collettiva è un’impresa a tutti gli effetti, dunque svolge un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi.
Essa è costituita da più soggetti e può essere esercitata in forma societaria (l’ipotesi più frequente) o in forma diversa.
L’impresa collettiva non societaria
L’impresa collettiva può essere esercitata da associazioni, consorzi, fondazioni.
Nell’ipotesi in cui l’impresa collettiva sia esercitata, ad esempio, da un’associazione, gli utili devono essere reimpiegati per lo svolgimento dell’attività dell’associazione stessa.
Per quanto riguarda il consorzio, il senso è sempre lo stesso: l'eventuale presenza di utili (ad esempio nei consorzi che svolgono attività esterna) non deve comunque snaturare la causa del contratto consortile. L'attività lucrativa deve dunque assumere carattere secondario rispetto a quella principale che è costituita dallo svolgimento comune di varie fasi dell'attività di produzione.
Per quanto riguarda la fondazione, la stessa può assumere le forme dell'impresa collettiva, a patto che l'attività svolta sia funzionale al conseguimento dello scopo di tipo altruistico perseguito dalla fondazione. Gli utili eventualmente conseguiti andranno destinati al raggiungimento dello scopo della fondazione.
Punti di forza e di debolezza dell’impresa collettiva
L’impresa collettiva ha come punto di forza l’unione di apporti differenti finalizzata a garantire la migliore gestione dell’attività economica.
Il coinvolgimento di differenti soggetti, tuttavia, può rendere più complessa la gestione delle decisioni comuni.