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1 Agosto 2023
11:00

Il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario

Il giudice ordinario esercita la propria giurisdizione in ordine alle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi. Il giudice amministrativo, invece, è il giudice naturale dell'interesse legittimo. Non sempre è facile individuare il giudice cui devolvere la cognizione della controversia. La Costituzione e il Codice del processo amministrativo (Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n.104) recano norme fondamentali in materia.

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Il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario
Avvocato
riparto di giurisdizione

La tematica del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo è ricca di risvolti interessanti e assume importanza cruciale, poiché direttamente legata alla questione relativa alla individuazione dei poteri di cui gode il giudice amministrativo e alla definitiva affermazione del principio di effettività della tutela, sancito dall’art. 24 della Costituzione.

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha segnato la tematica in esame riflette le tensioni di fondo che animano il diritto amministrativo e che hanno richiesto nel corso degli anni una rilettura del sistema, coerente con i principi tracciati a monte dal Costituente.

Tematica di rilievo, dunque, anche se si considera che nel diritto dell’Unione europea non è presente la dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo e che, anche per questo, va posta particolare attenzione nell’interpretazione del fondamento del binomio considerato.

La presenza nel nostro ordinamento della posizione giuridica di interesse legittimo non può infatti risolversi in un vulnus di tutela per il privato.

Al contrario, il riconoscimento di un giudice speciale cui devolvere le questioni inerenti al rapporto tra amministrazione e cittadino, se interpretato dalla giusta prospettiva, deve rappresentare una garanzia di piena tutela in sede giurisdizionale per il privato  in un settore così delicato, come quello del diritto amministrativo, considerati i rapporti di forza che tale branca del diritto sottende.

Il ribaltamento della concezione della pubblica amministrazione, non più vista come entità dotata di poteri incontestabili, bensì come organizzazione posta al servizio del cittadino, deve cioè condurre a una ulteriore valorizzazione del giudice amministrativo, fondata sul riconoscimento allo stesso dell’intera gamma di poteri necessari ad assicurare il soddisfacimento degli interessi del privato.

Questo poiché egli è il giudice che si assume il delicato compito di realizzare, nell’ambito del processo, quella tutela piena ed effettiva degli interessi del privato al cospetto del potere statuale auspicata dal Costituente.

Tutto ciò premesso, si comprende come la corretta individuazione del giudice effettivamente munito di giurisdizione attenga alla realizzazione di una idonea tutela per il privato e sia dunque questione di carattere centrale.

Di conseguenza, il legislatore e la giurisprudenza sono chiamati a svolgere un ruolo cruciale nella risoluzione delle questioni interpretative che possono porsi alla loro attenzione.

Va da subito chiarito che il giudice amministrativo è il giudice cui è demandata la tutela dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione e che nella nostra Costituzione è espressamente delineato l’ambito di operatività della giustizia amministrativa.

Il giudice amministrativo è un giudice speciale e sul punto vale la pena ricordare che la nostra Costituzione contiene un esplicito divieto di istituzione di nuovi giudici speciali, che non siano espressamente previsti nel testo costituzionale.

Il giudice amministrativo di primo grado è il Tribunale amministrativo regionale (TAR)  e il Tribunale  regionale  di giustizia amministrativa per la regione autonoma del Trentino –  Alto Adige.

Il giudice amministrativo di secondo grado è il Consiglio di Stato, le cui decisioni sono ricorribili in Cassazione solo per quanto concerne i motivi inerenti alla giurisdizione.

Individuazione del giudice competente nelle controversie con la Pubblica Amministrazione

La tutela degli interessi legittimi e, in “particolari materie”, dei diritti soggettivi, nei confronti della pubblica amministrazione è riservata al Consiglio di Stato e agli altri organi della giustizia amministrativa secondo quanto stabilito dalla Costituzione all’art. 103.

All’art. 113 della Costituzione è poi stabilito che “contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa”.

A norma dell’art. 24 della Costituzione è inoltre disposto che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

Nella Costituzione sono dunque presenti le coordinate di riferimento in tema di riparto di giurisdizione.

Secondo quanto stabilito dalla Costituzione, come visto, il giudice ordinario è competente a decidere in materia di diritti soggettivi, mentre il giudice amministrativo esercita la propria giurisdizione in tema di interessi legittimi e, in particolari materie, dei diritti soggettivi.

La giurisdizione amministrativa si articola  in  giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito.

Le tre ipotesi di giurisdizione sono delineate nel Codice del processo amministrativo (Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104).

Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimitàle  controversie  relative   ad   atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche  amministrazioni,  comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali,  pure  se introdotte in via autonoma(art.7 del Codice del processo amministrativo).

Il concetto di giurisdizione riferito all’ambito entro cui opera la pubblica amministrazione è poi correttamente delineato dal Codice laddove è precisato che “Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o  comunque  tenuti  al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”.

La giurisdizione generale di legittimità riguarda, dunque, controversie relative ad atti, omissioni o provvedimenti dell’amministrazione.

Nell’ottica della concentrazione dei giudizi, è stato stabilito che la giurisdizione generale di legittimità riguarda anche le controversie relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e gli altri diritti patrimoniali consequenziali.

Tali domande sono attratte all’ambito della giurisdizione generale di legittimità anche se introdotte in via autonoma.

Nelle materie di giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo conosce, pure ai  fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.

Nel Codice del processo amministrativo, infatti, viene stabilito che il principio di effettività della tutela è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni  forma di tutela degli interessi  legittimi e, nelle  particolari   materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.

Il riferimento contenuto nella norma esaminata alle “particolari materie” riguarda la giurisdizione esclusiva e riproduce la disposizione costituzionale sopra citata.

La Corte costituzionale, con nota sentenza del 6 luglio, n. 204, ha tracciato i confini della giurisdizione esclusiva.

Secondo la Corte costituzionale, infatti, il riferimento alle “particolari materie indicate dalla legge” esprimerebbe “il carattere residuale delle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva, la cui peculiarità non a caso è stata tradizionalmente riscontrata nella sicura e necessaria compresenza o coabitazione di posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo legate da un inestricabile nodo gordiano”.

Nella norma di cui all’art. 133 del Codice del processo amministrativo sono poi individuate alcune materie devolute alla giurisdizione esclusiva.

Tra queste vanno menzionate le controversie in materia di:

  • risarcimento del danno ingiusto  cagionato  in  conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del  termine  di  conclusione  del procedimento amministrativo
  • formazioneconclusione  ed  esecuzione  degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e  degli accordi fra pubbliche amministrazioni
  • nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato; 
  • diritto di accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa; 
  • procedure di  affidamento di  pubblici  lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella  scelta del contraente o del  socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale,  ivi  incluse  quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative; 
  • rapporti di lavoro  del  personale in regime di diritto pubblico.

Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge e dall'articolo 134 del Codice del processo amministrativo.

Nell'esercizio della giurisdizione di merito il  giudice amministrativo può sostituirsi all'amministrazione.

A norma dell’art. 134 sono devolute alla giurisdizione estesa al merito del giudice amministrativo le seguenti materie:

  • l'attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive  o  del giudicato nell'ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV; 
  • gli atti e le operazioni in materia  elettorale,  attribuiti alla giurisdizione amministrativa
  • le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è  devoluta  alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese  quelle  applicate dalle  Autorità amministrative  indipendenti  e  quelle  previste dall'articolo 123; 
  • le contestazioni sui confini degli enti territoriali; 
  • il diniego di rilascio di nulla osta cinematografico di cui all'articolo 8 della legge 21 novembre 1962, n. 161.

Una disposizione fondamentale è contenuta all’art. 11 del Codice del processo amministrativo.

Viene invero stabilito che: “Il  giudice  amministrativo,  quando declina  la   propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che  ne  è fornito.

Quando   la   giurisdizione  è  declinata   dal   giudice amministrativo in favore di  altro  giudice  nazionale  o  viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono  fatti salvi gli effetti processuali  e  sostanziali  della  domanda  se  il processo è riproposto innanzi al giudice  indicato  nella  pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato.

Quando il giudizio è tempestivamente riproposto davanti al giudice  amministrativo,  quest'ultimo,  alla  prima  udienza, può sollevare anche d'ufficio il conflitto di giurisdizione".

In ipotesi di difetto di giurisdizione, dunque, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, in omaggio al principio di effettività della tutela.

L’individuazione della causa petendi come criterio di riparto

Una volta stabilito che il giudice amministrativo è il giudice naturale dell’interesse legittimo mentre il giudice ordinario esercita la propria giurisdizione in ordine alla tutela dei diritti soggettivi, va delineato il criterio in base al quale individuare la posizione giuridica soggettiva fondante la pretesa del soggetto.

Secondo una prima impostazione, la posizione tutelata andrebbe individuata sulla base del petitum formale. Se il privato chiede l’annullamento del provvedimento amministrativo, sarebbe invero configurabile la giurisdizione del giudice amministrativo. Negli altri casi sarebbe invece configurabile la giurisdizione del giudice ordinario.

Questo criterio è stato progressivamente superato.

La giurisprudenza amministrativa e la giurisprudenza della Corte di cassazione sono infine giunte a individuare come criterio di riparto quello fondato sulla valorizzazione della causa petendi ovvero quello che fa riferimento alla posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio.

Una volta stabilito che il criterio di riparto è fondato sulla causa petendi, bisogna stabilire come individuare la posizione giuridica sostanziale sottesa alla domanda del privato.

Secondo una prima impostazione, bisognerebbe fare riferimento al binomio attività d’imperio-attività di gestione. Nelle ipotesi in cui l’amministrazione agisce nell’ambito dell’attività di gestione, ponendosi sullo stesso piano del privato, sarebbero individuabili posizioni di diritto soggettivo in capo ai privati e sarebbe dunque competente il giudice ordinario.

Nell’ipotesi in cui l’amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere di imperio, si configurerebbe in capo al privato una posizione di interesse legittimo e andrebbe dunque affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Secondo una diversa impostazione bisogna far riferimento al binomio norme di azione – norme di relazione.

Se i rapporti sono disciplinati sulla base di norme di relazione, sono coinvolte posizioni di diritto soggettivo e andrebbe affermata, di conseguenza, la giurisdizione del giudice ordinario. Se invece i rapporti sono disciplinati sulla base di norme di azione, sarebbero coinvolte posizioni di interesse legittimo e sarebbe dunque configurabile la giurisdizione del giudice amministrativo.

Si è giunti infine a elaborare la teoria della carenza – cattivo uso del potere.

Sulla base di questa teoria, se il potere dell’amministrazione sussiste ma è esercitato in maniera errata, è configurabile un’ipotesi di cattivo uso del potere, e la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.

Se invece la sussistenza del potere dell’amministrazione è contestata a monte, si è in presenza di un’ipotesi di carenza di potere e va affermata la giurisdizione del giudice ordinario.

Questo tipo di criterio è stato sostanzialmente riprodotto dalla norma di cui all’art.7 del Codice del processo amministrativo. Si fa infatti riferimento all’esercizio o al “mancato esercizio del potere” ai fini dell’individuazione della giurisdizione del giudice amministrativo.

Interpretazione ed evoluzione dell'interesse legittimo

L’interesse legittimo è una posizione giuridica soggettiva di vantaggio, collegata a un bene della vita, su cui incide l’esercizio del pubblico potere.

L'interesse legittimo è tutelato dall’ordinamento in via mediata in quanto connesso alla realizzazione dell’interesse pubblico.

Nello specifico, la posizione di interesse legittimo sottende un contemperamento di interessi tra il privato e la collettività.

E’ una posizione giuridica direttamente legata, dunque, come detto, all’esercizio del potere amministrativo.

La posizione di interesse legittimo non trovava una piena tutela in una fase in cui la concezione della pubblica amministrazione era connessa a una visione ormai superata del rapporto autorità-cittadino.

La L.A.C., ovvero la Legge abolitrice del contenzioso amministrativo (Legge 20 marzo 1865, n. 2248) aveva infatti stabilito la devoluzione alla giurisdizione ordinaria di tutte le cause per “contravvenzionie “tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico.

Veniva poi stabilito che “Gli affari non compresi nell'articolo precedente saranno attribuiti alle autorità amministrative”.

L’interesse legittimo era dunque considerato come “un affare” non compreso nella categoria dei diritti civili e politici, una posizione sostanzialmente sprovvista di tutela.

Con l’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato con la Legge 31 marzo 1889, n. 5992 si è verificata un’inversione di tendenza, in quanto, una volta istituito il giudice amministrativo era necessario porsi il problema delle posizioni giuridiche oggetto di tutela dinanzi a tale giudice.

Un ulteriore passo in avanti è stato effettuato con il successivo riconoscimento del Consiglio di Stato come organo giurisdizionale con legge 7 marzo 1907, n. 62, istitutiva della V Sezione.

Il cammino verso il pieno riconoscimento di tutela dell’interesse legittimo si è compiuto con l’approvazione della Costituzione della Repubblica italiana del 1948, ove agli artt. 24, 103, 113 è stato tracciato il pieno riconoscimento dell’interesse legittimo quale posizione sostanziale da tutelare.

La tutela dell’interesse legittimo ha trovato poi un ulteriore riconoscimento con la sentenza della Cassazione n.500/99 con la quale è stata riconosciuta la piena risarcibilità dell’interesse legittimo.

L’approvazione del Codice del processo amministrativo ha segnato il definitivo passaggio alla cognizione sostanziale dell’interesse legittimo.

L’interesse legittimo, cioè, è una posizione giuridica soggettiva di vantaggio che gode di piena e autonoma dignità e il giudice amministrativo, attualmente, dispone di tutti gli strumenti necessari ad assicurare tale tutela.

L’approvazione del Codice del processo amministrativo, in sostanza, segna il definitivo passaggio del processo amministrativo da giudizio sull’atto a giudizio sul rapporto.

Il giudice amministrativo, un tempo considerato esclusivamente quale giudice dell’annullamento, attualmente dispone di tutte le tecniche di tutela indispensabili per garantire al privato il pieno soddisfacimento dei propri interessi.

La nota sentenza del Consiglio di Stato resa in Adunanza Plenaria del 23 marzo 2011, n.3 ha sul punto tracciato coordinate ermeneutiche fondamentali.

La decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato

La nota sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 23 marzo 2011, n.3 ha tracciato linee interpretative fondamentali in tema di pregiudiziale amministrativa, valorizzando il nuovo volto assunto dal giudice amministrativo come delineato nel Codice del processo.

Va ricordato che il giudice amministrativo, tradizionalmente, era considerato alla stregua di giudice dell’annullamento. In tale ottica il risarcimento del danno poteva essere richiesto esclusivamente al giudice ordinario.

Si faceva riferimento, cioè, al meccanismo della pregiudiziale amministrativa. Il privato era tenuto a chiedere, in primo luogo, l’annullamento dell’atto illegittimo al giudice amministrativo e poi era tenuto a rivolgersi al giudice ordinario per chiedere il risarcimento del danno consequenziale. Tale meccanismo si risolveva in un vulnus al principio di effettività della tutela del privato.

A seguito di una lenta e sofferta evoluzione dottrinale e giurisprudenziale è stato sancito il definitivo superamento della pregiudiziale amministrativa.

Il giudice amministrativo, anche nell’assetto delineato con l’approvazione del Codice del processo, è anche il giudice del risarcimento e la domanda risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo può essere presentata anche in via autonoma.

Come stabilito dall’Adunanza Plenaria, infatti: “L’art. 30 del codice ha infatti previsto, ai fini che qui rilevano, che l’azione di condanna al risarcimento del danno può essere proposta in via autonoma (comma 1) entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo (comma 3, primo periodo). La norma, da leggere in combinazione con il disposto del comma 4 dell'art. 7 – il cui inciso finale prevede la possibilità che le domande risarcitorie aventi a oggetto il danno da lesione di interessi legittimi e di altri diritti patrimoniali consequenziali siano introdotte in via autonoma – sancisce, dunque, l’autonomia, sul versante processuale, della domanda di risarcimento rispetto al rimedio impugnatorio”.

Ha precisato il Consiglio di Stato, inoltre, che “Il riconoscimento dell’autonomia, in punto di rito, della tutela risarcitoria si inserisce – in attuazione dei principi costituzionali e comunitari in materia di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale richiamati dall’art. 1 del codice oltre che dei criteri di delega fissati dall’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 – in un ordito normativo che, portando a compimento un lungo e costante processo evolutivo tracciato dal legislatore e dalla giurisprudenza, amplia le tecniche di tutela dell’interesse legittimo mediante l’introduzione del principio della pluralità delle azioni. Si sono, infatti, aggiunte alla tutela di annullamento la tutela di condanna (risarcitoria e reintegratoria ex art. 30), la tutela dichiarativa (cfr. l’azione di nullità del provvedimento amministrativo ex art. 31, comma 4) e, nel rito in materia di silenzio-inadempimento, l’azione di condanna pubblicistica (cd. azione di esatto adempimento) all’adozione del provvedimento, anche previo accertamento, nei casi consentiti, della fondatezza della pretesa dedotta in giudizio (art. 31, commi da 1 a 3)”.

In definitiva, “alla stregua di tale dilatazione delle tecniche di protezione, viene confermata e potenziata la dimensione sostanziale dell’ interesse legittimo in una con la centralità che il bene della vita assume nella struttura di detta situazione soggettiva”.

Ciò premesso il Consiglio di Stato ha fornito una definizione di interesse legittimo: “L'interesse legittimo va, quindi, inteso come la posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita interessato dall’esercizio del potere pubblicistico, che si compendia nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene.

Anche nei riguardi della situazione di interesse legittimo, l'interesse effettivo che l'ordinamento intende proteggere è quindi sempre l'interesse a un bene della vita che l’ordinamento, sulla base di scelte costituzionalmente orientate confluite nel disegno codicistico, protegge con tecniche di tutela e forme di protezione non più limitate alla demolizione del provvedimento ma miranti, ove possibile, alla soddisfazione completa della pretesa sostanziale”.

Come si distinguono interessi legittimi e diritti soggettivi?

La distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo assume valore prioritario ai fini dell’individuazione del giudice competente.

Il diritto soggettivo è una posizione giuridica soggettiva di vantaggio collegata a un bene della vita tutelata in maniera diretta e immediata dall’ordinamento giuridico.

L’interesse legittimo è una posizione giuridica soggettiva di vantaggio, collegata a un bene della vita, tutelata in maniera indiretta e mediata dall’ordinamento giuridico.

Questo perché, come detto, l’interesse legittimo sottende un’attività di comparazione tra il diritto del singolo e gli interessi della collettività coinvolti.

In adesione a quanto stabilito dal Consiglio di Stato con sentenza resa in Adunanza Plenaria, n.3 del 2011, la posizione di interesse legittimo ha valore sostanziale ed è collegata a un bene della vitainteressato dall’esercizio del potere pubblicistico”.

Riparto di giurisdizione nella materia dei contratti pubblici

Nella materia dei contratti pubblici si sono posti problemi interpretativi in ordine alla individuazione della corretta delimitazione del riparto di giurisdizione.

In linea di massima, può essere tracciata una linea di demarcazione tra due fasi che interessano la procedura a evidenza pubblica.

La prima fase, che precede l’aggiudicazione, è regolamentata da norme di rilievo pubblicistico e di conseguenza in questo frangente sarebbe configurabile la giurisdizione del giudice amministrativo.

Nella seconda fase, successiva all’aggiudicazione del contratto, la pubblica amministrazione e il privato opererebbero sul medesimo piano, per questo motivo, in tale fase, sarebbe configurabile la giurisdizione del giudice ordinario.

Accanto a queste due fasi è individuabile una fase intermedia rispetto alla quale possono essere individuate oscillazioni interpretative in ordine al riparto di giurisdizione.

La giurisprudenza amministrativa, in linea di massima, ha teso a estendere l'ambito di operatività della giurisdizione esclusiva a tutte le fasi della procedura di gara a evidenza pubblica, comprendendovi quella successiva all'aggiudicazione, prima della stipulazione del contratto.

La competenza del giudice amministrativo sarebbe dunque individuabile anche con riguardo alle controversie concernenti le conseguenze risarcitorie derivanti dall'annullamento e dalla revoca dell'aggiudicazione, in esercizio di poteri di autotutela dell'amministrazione (Consiglio di Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018) ovvero in ipotesi di decadenza dell’aggiudicazione.

Si tratterebbe di giurisdizione esclusiva estesa al risarcimento.

Stesso discorso va fatto, invero, con riguardo alle ipotesi di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione rilevabili prima dell’aggiudicazione del contratto. Anche tali ipotesi, invero, sono attratte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La Corte di cassazione a Sezioni unite, con Ordinanza 4 gennaio 2023, n. 111 si è discostata da questa impostazione delineando coordinate ermeneutiche difformi.

In tale ultima pronuncia si è, in particolare, evidenziato, che nella fase intermedia tra l'aggiudicazione e il contratto, vi sono una gamma di situazioni “che possono collocarsi in una fase sì prenegoziale, ma nella quale l'esercizio di poteri discrezionali pubblicistici non viene (più) in rilievo” e che “ove si discuta dell'affidamento di un pubblico servizio, la giurisdizione amministrativa esclusiva indicata dall'art. 133, primo comma, lett. e), n. 1), c.p.a. concerne le controversie relative al procedimento di scelta del contraente fino al momento in cui acquista efficacia l'aggiudicazione definitiva, mentre le controversie vertenti sull'attività successiva, anche se precedente alla stipula del contratto, debbono di necessità seguire l'ordinario criterio di riparto”.

Anche se la decadenza dall'aggiudicazione definitiva è stata pronunciata dall'amministrazione, l’esercizio del potere di carattere pubblicistico “rimane sullo sfondo” rispetto alla “controversia meramente risarcitoria volta a ottenere, sulla base di un asserito comportamento precontrattuale illecito riparazione dei danni derivati dalla mancata stipula del contratto”.

La domanda di risarcimento, secondo la Corte di cassazione, “si proietta e parametra, quindi, non nella fase pubblicistica della gara ma in un ambito pienamente contrattuale ovvero pre-contrattuale, in fase successiva all'aggiudicazione definitiva, in cui i soggetti si ritrovano su un piano di perfetta parità, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice ordinario”.

Le decisioni del Consiglio di Stato

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, in linea di massima, tende a tracciare un discrimen tra le due fasi che interessano la procedura a evidenza pubblica.

La prima fase, che precede l’aggiudicazione, sarebbe regolamentata da norme di rilievo pubblicistico e di conseguenza in questo frangente sarebbe configurabile la giurisdizione del giudice amministrativo.

Nella seconda fase, successiva all’aggiudicazione del contratto, la pubblica amministrazione e il privato opererebbero sul medesimo piano, per questo motivo, in tale fase, sarebbe configurabile la giurisdizione del giudice ordinario.

Accanto a queste due fasi vi sarebbe una fase intermedia.

Secondo la giurisprudenza amministrativa, in questa fase, sarebbe configurabile la giurisdizione esclusiva in tutte le fasi della procedura di gara a evidenza pubblica e anche in quella successiva all'aggiudicazione, prima della stipulazione del contratto.

In particolare, con sentenza del Consiglio di Stato del 27 ottobre 2021, n. 7217,  sono stati considerati attratti alla giurisdizione del giudice amministrativo:

– sia l'esercizio di poteri di autotutela tesi alla rimozione degli atti di gara, compresi l'annullamento e la revoca dell'aggiudicazione ex art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, e le conseguenze che ne derivano in termini risarcitori per la lesione del legittimo affidamento del privato nella legittimità di quegli atti;

– sia il provvedimento di "decadenza" dall'aggiudicazione adottato nei confronti dell'aggiudicatario per mancanza dei requisiti, generali o speciali di partecipazione (cfr., tra le tante, già C.d.S., V, 23 febbraio 2015, n. 844) emersa dopo l'aggiudicazione, in occasione della verifica ex art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, ovvero per inottemperanza ad obblighi di allegazione documentale preordinati alla stipulazione del contratto (cfr. C.d.S., V, 29 luglio 2019, n. 5354, e 2 agosto 2019, n. 5498); con conseguente giurisdizione amministrativa in tema di escussione della cauzione provvisoria ed eventuale risarcimento dei danni derivati alla pubblica amministrazione, in qualità di stazione appaltante, dalla mancata stipulazione del contratto imputabile all'aggiudicatario "decaduto" (cfr. C.d.S., III, 31 agosto 2016, n. 3755, e, di recente, II, 31 dicembre 2020, n. 8546)”.

Con sentenza n. 20 del 2021 l’Adunanza Plenaria ha inoltre stabilito che  l‘affidamento è un istituto che trae origine nei rapporti di diritto civile e che risponde all'esigenza di riconoscere tutela alla fiducia ragionevolmente riposta sull'esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata.

Sorto in questo ambito, l'affidamento ha assunto il ruolo di principio regolatore di ogni rapporto giuridico, anche quelli di diritto amministrativo.

Per l’Adunanza Plenaria, “la giurisdizione amministrativa va affermata quando l'affidamento abbia a oggetto la stabilità del rapporto amministrativo, costituito sulla base di un atto di esercizio di un potere pubblico, e a fortiori quando questo atto afferisca ad una materia di giurisdizione esclusiva”.

La giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo, cioè, “perché la "fiducia" su cui riposava la relazione giuridica tra amministrazione e privato, asseritamente lesa, si riferisce non già ad un comportamento privato o materiale – a un "mero comportamento" – ma al potere pubblico, nell'esercizio del quale l'amministrazione è tenuta ad osservare le regole speciali che connotano il suo agire autoritativo e al quale si contrappongono situazioni soggettive del privato aventi la consistenza di interesse legittimo”.

Va affermata la giurisdizione amministrativa anche quando il comportamento della pubblica amministrazione non si sia manifestato in atti amministrativi, “nondimeno l'operato dell'amministrazione costituisce comunque espressione dei poteri ad essa attribuiti per il perseguimento delle finalità di carattere pubblico devolute alla sua cura”.

Ha dunque concluso il Consiglio di Stato: “è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione sulle controversie in cui si faccia questione di danni da lesione dell'affidamento sul provvedimento favorevole”.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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