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10 Febbraio 2024
13:00

Il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. n. 74/2000

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è disciplinato dall’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000. Viene prevista la pena della reclusione da 4 a 8 anni. Vediamo in cosa consiste.

Il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. n. 74/2000
Avvocato
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Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è disciplinato dall’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000.

Si tratta di un reato tributario.

Nella specie, si tratta di un reato tributario dichiarativo.

La pena è della reclusione da quattro a otto anni, a seguito della riforma del 2019, che ha decretato un generale aumento delle pene previste per i reati tributari.

Vediamo quali sono gli elementi di questo reato.

Quando si verifica il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. 74/2000

Il reato di “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" è previsto ex art. 2 del d.lgs. n. 74/2000 e si verifica quando ci si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte e si menzionano elementi passivi fittizi.

Il reato di “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” è previsto ex art. 2 del d.ls. n. 74/2000.

Il legislatore prevede la pena della reclusione da quattro a otto anni per questa tipologia di reato.

Nella specie, è punito con tale pena chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative alle imposte menzionate elementi passivi fittizi.

Secondo quanto previsto dalla norma, il fatto viene considerato come commesso avvalendosi di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti se tali fatture o documenti sono registrati nell’ambito delle scritture contabili obbligatorie oppure quando sono tenuti come prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

All’ultimo comma, il comma 2-bis, viene poi previsto che se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a 100.000 euro, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Viene dunque prevista una soglia al di sotto della quale la pena è diminuita.

Il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. 74/2000: il dolo specifico

Per ciò che concerne l’elemento soggettivo del reato, la giurisprudenza ha sottolineato più volte la necessità che questo sia integrato dal dolo specifico.

Il Tribunale di Vicenza, con sentenza del 23 aprile 2020, ha ad esempio specificato che usare fatture false relative a operazioni inesistenti, registrarle in contabilità e inserirle nelle dichiarazioni presentate all'Amministrazione finanziaria sono fatti che integrano la fattispecie delittuosa della dichiarazione fraudolenta di cui all'articolo 2 del Dlgs 74/2000 anche per ciò che concerne l'elemento soggettivo, rappresentato dal dolo specifico.

Il dolo specifico, in particolare, è rappresentato dal fine di evadere le imposte.

Interessante la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II penale, del 7 ottobre 2021, n. 36415 con cui è stato stabilito che per integrare la fattispecie in questione occorre la consapevolezza dell’utilizzatore della frode commessa dal fornitore.

Siccome si tratta di un reato di pericolo, a prescindere dall’effettiva evasione fiscale, è sufficiente, secondo la Corte, anche il dolo eventuale.

In altra occasione, la Corte di Cassazione, sez. III penale, con sentenza del 17 febbraio 2021, n. 6163 ha stabilito che in caso di società di persone, il dolo specifico di evasione può essere riferito anche all'evasione dell'Irpef, atteso che la dichiarazione societaria deve avere ad oggetto anche tale imposta, fermo restando che assoggettati al pagamento sono i singoli soci con riguardo alla rispettiva quota di partecipazione”.

Esempio di reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. 74/2000

Il reato può essere integrato nell'ipotesi in cui, ad esempio, Tizio emette fatture false per un'operazione di euro 200.000.

In questo caso non vi è neppure la riduzione di pena, perché si configura la reclusione da 4 a 8 anni.

Il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. 74/2000: cosa si rischia e soglie di punibilità

Per commettere il reato di falsa dichiarazione fraudolenta mediante fatture o altri documenti per operazioni inesistenti non occorre superare una determinata soglia per essere punibili.

Tuttavia, al di sotto dei 100.000 euro, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, invece della reclusione da 4 a otto anni.

Al di sotto dei 100.000 euro, dunque, è prevista una pena inferiore.

Il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. 74/2000: giurisprudenza

Decisamente copiosa e interessante la giurisprudenza in tema di dichiarazione fraudolenta.

Di seguito si riportano alcune recenti sentenze.

Corte di Cassazione, sezione 3 penale, sentenza 18 luglio 2023 n. 31010

In tema di reati tributari, sussiste il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti anche nel caso in cui il soggetto obbligato presenti una dichiarazione integrativa infedele in data successiva all'inizio dell'accertamento fiscale, a condizione che di esso abbia avuto formale conoscenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che, a tal fine, non è necessario che sia intervenuta la notifica dell'avvio del procedimento di accertamento, essendo sufficiente il compimento di attività – quali accessi, ispezioni, verifiche, partecipazione al contraddittorio, invio e risposte a questionari – che abbiano coinvolto il contribuente e si siano tradotte in atti del procedimento specifici e di contenuto pertinente all'accertamento medesimo)”.

Corte di Cassazione, sez. 3 penale, sentenza 26 aprile 2023 n. 17211

Integra il delitto di cui all'art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, la condotta di chi, agendo quale "autore mediato", onde evadere le imposte, predisponga fatture o altri documenti per operazioni inesistenti che traggano in errore il soggetto tenuto alla presentazione della dichiarazione fiscale, inducendolo ad inserire, in quest'ultima, elementi passivi fittizi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la decisione con la quale era stato condannato l'amministratore di fatto di una società che aveva consapevolmente indicato, nelle scritture contabili, elementi passivi fittizi, inseriti nella dichiarazione presentata dall'amministratore giudiziario)”.

Corte di Cassazione, sezione 3 penale, sentenza 25 luglio 2023, n. 32088

In tema di reati tributari, la nozione di "altri documenti", di cui all'art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, deve essere intesa come riferita a tutti i documenti destinati ad attestare fatti aventi rilevanza fiscale, cui la normativa tributaria attribuisce valore probatorio analogo a quello delle fatture. (Fattispecie in cui è stato escluso che l'oggetto materiale del reato potesse essere costituito da una scrittura privata relativa a una "consulenza tecnica senza vincoli di subordinazione per ricerca di mercato, rapporti con i clienti e fornitori")”.

Corte di Cassazione, sezione 3 penale, sentenza 20 gennaio 2020, n. 1998

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti sussiste sia nell'ipotesi di inesistenza oggettiva dell'operazione, cioè quando non sia stata posta mai in essere nella realtà, sia in quella di inesistenza soggettiva, ossia quando l'operazione vi sia stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura, sia infine nel caso di sovrafatturazione qualitativa, nel quale la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti, in quanto oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'esposizione nella dichiarazione di dati fittizi anche solo soggettivamente implica la creazione delle premesse per un rimborso al quale non si ha diritto e l'indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non è circostanza indifferente ai fini dell'Iva, dal momento che la qualità del venditore può incidere sulla misura dell'aliquota e, conseguentemente, sull'entità dell'imposta che l'acquirente può legittimamente detrarre)”.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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