La Corte di cassazione, con ordinanza dell’8 marzo 2024, n. 6261 ha stabilito un importante principio in merito alla dichiarazione dello stato di adottabilità del minore.
In particolare, la Corte ha stabilito che, anche se la madre presenta una serie di deficit di tipo cognitivo e comportamentale, va salvaguardato l’interesse del minore a non recidere il suo rapporto con la stessa, laddove venga dimostrata l’effettiva volontà di recupero da parte del genitore.
Nel caso di specie, la madre ha effettuato un concreto percorso di recupero, recidendo la sua precedente relazione dannosa con persona tossicodipendente, cominciando a svolgere un’attività lavorativa e prendendo in affitto un’abitazione.
La Corte di cassazione ha inoltre tenuto a sottolineare la sussistenza di un profondo e forte legame affettivo tra madre e figlio, che va salvaguardato nell’interesse di quest’ultimo, anche in presenza di un quadro deficitario delle capacità genitoriali, laddove ci siano prove concrete di recupero da parte del genitore.
I fatti di causa
Il Tribunale per i minorenni di Torino decretava che la madre di un minore potesse incontrare il proprio figlio in un contesto protetto con il sostegno del personale competente.
Veniva inoltre richiesto ai Servizi sociali di effettuare un approfondimento sulle sue competenze genitoriali.
Dalla c.t.u psichiatrica emergeva che la donna presentava “funzioni cognitive deficitarie e una personalità gravemente immatura di carattere post-traumatico”.
Veniva rilevata, inoltre, la non prevedibilità di un recupero delle capacità genitoriali in tempi adeguati ad accompagnare la crescita del figlio.
La madre, inoltre, non era consapevole delle proprie problematiche in quanto genitore.
Il minore aveva sviluppato un atteggiamento di paura “che potrebbe evolvere negativamente sul suo sviluppo psicoevolutivo, manifestando un atteggiamento ansioso-evitante e instabilità motoria”.
Veniva inoltre rilevato dal Tribunale per i minorenni che non vi erano figure familiari sostitutive dei genitori e per questo motivo veniva dichiarato lo stato di adottabilità del bambino, e ne veniva confermato l’inserimento presso la famiglia che lo aveva accolto con conseguente interruzione dei suoi rapporti con la famiglia originaria.
Avverso la sentenza del Tribunale dei minorenni di Torino veniva proposto appello che veniva rigettato in quanto si rilevava che la madre non aveva recuperato le capacità genitoriali, poiché continuava a manifestare problematiche di carattere cognitivo e comportamentale.
In una relazione era inoltre evidenziata “una situazione di evidente sofferenza del bambino nell’affrontare gli incontri in luogo neutro con la madre, con regressione nei comportamenti del bambino”.
La madre ricorreva in Cassazione sostenendo, in sostanza, la sua concreta possibilità di recupero delle capacità genitoriali.
L’ordinanza della Corte di cassazione
Secondo la Corte di cassazione i motivi di ricorso sono fondati.
In particolare, la Cassazione ha richiamato i precedenti della stessa Corte, in base ai quali “il giudice di merito, nell’accertare lo stato di adottabilità di un minore, deve esprimere una prognosi sull’effettiva ed attuale possibilità di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento, in primo luogo, alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con il minore, ancorché con l’aiuto di parenti o di terzi e avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali”.
L’indagine del giudice, in sostanza, non deve trascurare alcun profilo rilevante inerente ai diritti del minore, in quanto è necessario verificare “se l’interesse di quest’ultimo a non recidere il legame con i genitori naturali debba prevalere o recedere rispetto al quadro deficitario delle capacità genitoriali, che potrebbe essere integrato, almeno in via temporanea, da un regime di affidamento extrafamiliare potenzialmente reversibile o sostituibile da un’adozione “mite” ex art. 44, l. n. 184 del 1983”.
A parere della Cassazione, la Corte d’appello non ha tenuto conto del percorso effettuato dalla madre per migliorare le proprie capacità genitoriali.
La madre ha infatti troncato la precedente relazione dannosa con una persona tossicodipendente, ha trovato un’attività lavorativa e locato un’abitazione.
Tra madre e figlio vi è, inoltre, un forte legame affettivo “che pone in evidenza un interesse di quest’ultimo a non recidere il legame con i genitori naturali”.
La Corte di cassazione ha dunque cassato la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del grado di legittimità.