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31 Luglio 2023
17:00

Il dolo nel diritto penale: caratteristiche e tipologie

Il dolo è uno degli elementi psicologici del reato (assieme alla colpa e alla preterintenzione). Chi compie l'azione lo fa con coscienza e volontà, cioè prevedendo e desiderando di arrecare un danno.

Il dolo nel diritto penale: caratteristiche e tipologie
Dottoressa in Giurisprudenza
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Nel diritto penale, il dolo assume la connotazione di elemento psicologico del reato, così come previsto dall’articolo 43 del Codice Penale, assieme alla colpa e alla preterintenzione. Il dolo rappresenta una precisa connotazione della volontà cosciente di colui che agisce con una condotta tale da arrecare danno ad altri.

Il dolo, assieme alle accezioni di colpa e preterintenzione, sono molto utilizzati per descrivere i reati commessi e più in generale le condotte penali.

Oltre alla rappresentazione della volontà dell’evento che tende a realizzarsi, si ritiene in dottrina che il dolo si caratterizzi di una sua psicodinamicità: il dolo, infatti, non sarebbe solo da intendersi come la coscienza la volontà dell’evento, ma in uno spettro più ampio occorrerebbe riconoscere anche l'animus nocendi, ovvero l’atteggiamento interiore che l’agente asseconda con le sue azioni.

Anche quando il soggetto non avrebbe voluto concludere una determinata azione, è indiscusso che avrebbe potuto controllare i propri impulsi.

Vediamo di seguito le caratteristiche,  le differenze e le tipologie che attengono alla connotazione di questo elemento soggettivo del reato.

Il dolo assume poi anche un altro significato nel caso in cui si tenda a descrivere un illecito civile e i vizi del consenso causati in chi è chiamato a stipulare un contratto. Per questo argomento, si consiglia la lettura dell’articolo Il dolo: caratteristiche e differenze nel diritto civile e penale e I vizi della volontà: errore, dolo e violenza.

Caratteristiche del dolo

Le azioni di ciascuno di noi che mirano a creare o modificare le circostanze si denotano per l’atteggiamento volitivo, ovvero la volontà cosciente di attenersi ad una condotta. O addirittura voler omettere alcuni comportamenti e azioni.

La connotazione psicologica di chi agisce e si prefigge l’obiettivo di arrecare danno ad altri, si chiama dolo.

Il dolo è costituito da due aspetti:

  • un momento rappresentativo, nel quale il soggetto agente ha una visione anticipata delle sue azioni, della messa in opera e delle conseguenze del reato;
  • un momento volitivo, per cui occorre che l’agente abbia l’effettiva volontà di realizzare il comportamento e che questo raggiunga.

Il dolo può essere misurato nella sua intensità, cioè verificando il legame intercorrente tra l’immaginazione e la volontà del verificarsi dei fatti.

L’intensità del dolo influisce sul giudizio che il giudice dovrà compiere nel determinare la gravità del reato commesso e quindi determinare la pena, ciò sarà possibile valutando: la durata del proposito; la consapevolezza delle proprie azioni/omissioni; il grado di volontà dell’agente (è il caso del dolo intenzionale che è più intenso di quello eventuale).

Accertare il dolo e la sua intensità è diverso dalla ricostruzione del movente del reato, ovvero del motivo che ha portato il soggetto agente a compiere una determinata azione. Il movente è un elemento costitutivo del dolo e non viceversa, cioè affinché il reato sussista occorre che all’origine vi sia uno scopo.

A propria volta, diverso da dolo e dal movente è la premeditazione.

La premeditazione è una circostanza eccezionale rispetto al dolo e funge da aggravante speciale (cioè che determina un aumento della pena), identificando una maggiore capacità criminale del soggetto agente.

Il reo, infatti, prefissa una decisione in maniera costante nel tempo e preordina i mezzi necessari al compimento del suo proposito criminoso in un lasso di tempo rilevante.

E’ irrilevante, invece, che per la sussistenza del dolo la rappresentazione dell’evento sia proprio quella prefissata dall’agente: non importa cioè che Tizio per uccidere Caio lo spinga oltre la ringhiera immaginando che questi cadrà di sotto, ma che la morte di Caio si verificherà per l’infarto sopraggiunto dalla caduta. Tizio risponderà ugualmente di omicidio doloso.

Differenza con colpa e preterintenzione

Il momento rappresentativo e quello volitivo sono due sfumature che ricorrono anche nella valutazione degli altri elementi oggettivi del reato, che sono la colpa e la preterintenzione.

Entrambi però si distinguono dal dolo sotto molteplici punti di vista. Vediamo di seguito le differenze tra dolo e colpa, così come tra dolo e preterintenzione.

La colpa attiene a quel comportamento tenuto da colui che compie l’azione con negligenza; imprudenza o imperizia e talvolta anche per inosservanza delle leggi e della disciplina.

Si dice, infatti, che un reato sia colposo quando cioè sia contro la volontà del suo agente che, pur volendo compiere un’azione o omettendola, non ha previsto le eventuali conseguenze dannose e non ha evitato il pericolo generato.

Proviamo a spiegarlo con un esempio: Sempronio, poliziotto, porta con sé la propria pistola di ordinanza. Credendola scarica e, dimenticando di non aver riposto separatamente i proiettili invece inseriti, prende a pulire l’arma alla presenza della famiglia. Inavvertitamente parte un colpo che colpisce uno dei presenti. Carlo risponderà del reato di lesioni colpose e, se avesse cagionato la morte, invece di omicidio colposo.

Per ulteriori riferimenti, si consiglia la lettura della colpa.

La preterintenzione caratterizza il reato poiché si verifica oltre l’intenzione dell’agente, cioè quando l’azione o l’omissione generano un evento ben più lesivo di quello voluto.

Chi compie l’azione prevede e vuole la realizzazione delle circostanze e delle loro conseguenze ma queste vengono a verificarsi in maniera più grave, pericolosa o dannosa di quello che ci si sarebbe aspettati.

Il reato preterintenzionale può essere definito come quel reato commesso con un misto di dolo e colpa.

Per esempio: A seguito di una discussione e con l’intento di spaventare l’amico dopo l’alterco, Mevio decide di lanciare una pietra in direzione di Caio.

Mevio, infatti, immagina che la pietra possa colpire l’amico e che possa ferirlo. Mevio però non prende in considerazione che la pietra colpirà Caio alla testa, il quale perderà l’equilibrio e cadrà al di là della ringhiera del belvedere.

L’evento meno grave e prefissato da Mevio sono le lesioni, mentre quello grave che effettivamente viene a verificarsi è la morte.

Per ulteriori riferimenti, si consiglia la lettura della preterintenzione.

Tipologie di dolo

E’ possibile parlare di diverse specie di dolo, infatti, si distingue tra:

  • dolo diretto (o intenzionale), ogni volta in cui l’agente consegue l’evento che è voluto e rappresentato come tale;
  • dolo indiretto (o eventuale), attraverso il quale l’agente prevede il realizzarsi dell’evento e delle sue conseguenze, accettando il rischio di quello che si verificherà;
  • dolo di danno, con il quale l’agente ha voluto effettivamente ledere il bene tutelato dalla legge (ad esempio, causare lesioni personali);
  • dolo di pericolo, l’agente ha voluto solo minacciare il bene (esempio, l’omicio tentato per il quale si è cercato di attentare alla vita di una persona, senza riuscirci);
  • dolo d’impeto, frutto di una decisione improvvisa che, senza intervalli di tempo, produce l’azione (per esempio, la colluttazione immediatamente successiva alla provocazione);
  • dolo di proposito, tra il sorgere dell’idea criminale e della sua reale attuazione vi è un certo lasso di tempo.
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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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