Sì, il docente a contratto anche quando rimesso all’insegnamento di discipline ufficiali è considerato un lavoratore autonomo.
Stesso discorso vale anche per il docente a contratto che è chiamato a compiere tute quelle attività ulteriori e accessorie rispetto all’insegnamento (attività di tutoraggio studenti, organizzazione e partecipazioni a convegni e riunioni di ateneo, così come esami e tesi di laurea): anche in questo caso è considerato lavoratore autonomo e non viene equiparato ad altri professori di ruolo.
Sul punto è recentemente intervenuta la Cassazione.
Il fatto
Tizio già docente di ruolo presso la Scuola Superiore XY, agiva in giudizio ne confronti dell’Università degli Studi Tal dei tali ed esponendo di aver prestato l’attività di insegnamento sin dal 1993-1994 e, successivamente, anche dopo il prepensionamento dal servizio scolastico nel 1995 e senza interruzione fino all’a.a. 2006-2007.
Tizio, ritenendo la natura subordinata dell’attività svolta, chiedeva il riconoscimento delle differenze retributive spettanti. La domanda veniva accolta dal Tribunale di primo grado, sebbene successivamente la sentenza veniva riformata dalla Corte d’Appello che ne rigettava le pretese.
Avverso tale decisione il docente proponeva ricorso per cassazione, cui resisteva con controricorso l’Università.
La decisione
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza del 9 giugno 2024, n. 22603 ha chiarito le caratteristiche del rapporto di lavoro dei docenti a contratto, ribadendo che si tratta di lavoro autonomo anche dopo l'evoluzione normativa che ha esteso la possibilità di assegnare corsi universitari a soggetti esterni.
In origine, infatti, gli atenei potevano affidare incarichi di docenza a professori esterni esclusivamente per materie non ufficiali. Successivamente, l'ambito è stato ampliato per includere anche materie ufficiali, ad eccezione di quelle fondamentali e caratterizzanti.
L'ultima evoluzione normativa ha eliminato queste restrizioni, ma non ha assimilato la scelta dell'ateneo di assegnare corsi a docenti esterni a una carenza organizzativa dell'istituzione, né all'abuso di contratti a termine.
La Corte prosegue precisando un noto principio di diritto consolidato e secondo cui “In ambito universitario, nel regime di cui all’art. 1, co. 32, della l. n. 549 del 1995 e poi del D.M n. 22 del 1998 e dell’art. 23 della l. n. 240 del 2010, le docenze a contratto sono tipici rapporti di lavoro autonomo, coordinato ed eventualmente continuativo, anche quando gli incarichi didattici, che possono comprendere non solo l’insegnamento, ma anche le normali attività accessorie (esami, assistenza alle tesi di laurea; partecipazioni a riunioni di Ateneo; tutoraggio inerenti alla materia), sono conferiti per l’insegnamento di discipline ufficiali”.
Ne consegue il mantenimento di una distinzione tra i rapporti tra Atenei e professori universitari di ruolo o a contratto.
Questa differenziazione è fondata anche sulla decisione di conferire incarichi a professionisti di elevata specializzazione o rinomati in uno specifico settore o disciplina di insegnamento.