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21 Luglio 2023
9:00

Il danno da nascita indesiderata (rif. art. 1 c.c.)

Con l’espressione “danno da nascita indesiderata” si fa riferimento a una lesione cagionata a un soggetto, quando questi era ancora nel grembo materno, che gli ha causato una serie di sofferenze, sul piano psichico e fisico.

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Il danno da nascita indesiderata (rif. art. 1 c.c.)
Avvocato
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Oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali, il danno da nascita indesiderata costituisce uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni.

Con l’espressione “danno da nascita indesiderata” si fa riferimento a una lesione cagionata a un soggetto, quando questi era ancora nel grembo materno, che gli ha causato una serie di sofferenze, sul piano psichico e fisico.

Il danno da nascita indesiderata scaturisce, dunque, da condotta colposa o dolosa dei sanitari.

Un esempio tipico consiste nell’omissione da parte del medico della diagnosi di una malformazione.

Stabilito che si tratta di un danno, bisogna valutare chi ha il diritto di essere risarcito per la lesione subita e in che termini.

L’art 1 del Codice civile dispone, al primo comma, che la capacità giuridica si acquista al momento della nascita.

Al secondo comma viene inoltre specificato che i diritti che vengono riconosciuti al concepito sono subordinati all’evento della nascita.

Il Codice è dunque chiaro sul punto. Anche colui che si trova ancora nel grembo materno ha dei diritti, tuttavia potrà godere in concreto di tali diritti solo dopo la nascita.

I diritti patrimoniali del concepito

Al concepito sono dunque riconosciuti una serie di diritti di natura patrimoniale. Un esempio è fornito dal primo comma dell’art. 462 c.c. ove è disposto che sono capaci a succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione.

All’art. 715 c.c. è inoltre disposto che se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può avere luogo prima della nascita dello stesso.

All’art. 784 c.c. è poi previsto che la donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito.

Le ragioni del concepito sono dunque fatte salve. Il concepito può infatti vantare un’aspettativa, che potrà essere concretamente soddisfatta quando si verificherà l’evento della nascita.

Il nascituro non ancora concepito: cosa prevede il Codice

Il nostro ordinamento, tuttavia, non prevede soltanto una tutela a favore del concepito, ma anche per il nascituro che non sia ancora stato concepito.

Viene infatti disposto all’art. 462 c.c., terzo comma, che possono ricevere per testamento i figli di una persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti.

Nello stesso senso viene disposto, all’art. 784 c.c., primo comma, che la donazione può essere fatta a favore del concepito ovvero a favore dei figli di una persona vivente al momento della donazione anche se non ancora concepiti. In base a quanto disposto dal comma 3 dello stesso articolo, se la donazione è fatta a favore di un non concepito, i frutti sono riservati al donante fino al momento della nascita del donatario.

I diritti non patrimoniali del concepito

Se non possono sollevarsi dubbi circa la tutela dei diritti patrimoniali del concepito, che è espressamente prevista dal Codice civile, numerose questioni sono invece sorte in giurisprudenza sulla possibilità di prevedere una tutela per i diritti non patrimoniali del concepito.

In giurisprudenza è stato infine riconosciuto, a seguito di un tormentato iter giurisprudenziale, il diritto per un soggetto a ottenere il risarcimento del danno per lesioni cagionate con condotta colposa o dolosa del medico.

Con sentenza dell’ 11 maggio 2009, n. 10741, la Cassazione ha infatti affermato che se il medico omette di segnalare alla gestante l’esistenza di test diagnostici prenatali dotati di maggiore efficacia rispetto a quelli utilizzati, impedendole di accertare l’esistenza di una malformazione congenita del concepito, questi, una volta nato, potrà ottenere il risarcimento del danno per essere nato non sano.

Questo importante orientamento della Cassazione ha origine da un’interpretazione sistematica delle norme dell’ordinamento. Il concepito va infatti considerato a tutti gli effetti un soggetto di diritto. Se solo si guarda alla stessa normativa nazionale, sono diverse le norme che prevedono una tutela per il concepito.

L’art. 1 della legge n. 194/1978, ad esempio, prevede che “lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”; l’art. 254, 1° comma, c.c. prevede che il riconoscimento del figlio naturale può effettuarsi non solo a favore di chi è già nato ma anche dopo il solo concepimento.

Sono inoltre numerose le norme di carattere sovranazionale che prevedono la tutela della vita umana, elevandola a principio fondamentale, come l’art. 3 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 o l’art. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000.

Per la Cassazione va dunque sposata una nozione di soggettività giuridica senz’altro più ampia, poiché possono essere considerati soggetti giuridici, i titolari di interessi protetti, a vario titolo, anche sul piano personale.

Il concepito ha dunque autonoma soggettività giuridica perché titolare, ad esempio, del diritto alla vita, del diritto alla salute o all’integrità psico-fisica, del diritto all’onore o alla reputazione, del diritto all’identità personale.

Condizione per l’esercizio di tali diritti è l’evento della nascita, che corrisponde al momento della separazione del feto dal grembo materno e all’emissione del primo respiro.

Il danno da nascita indesiderata

Se il concepito può essere considerato un soggetto di diritto a tutti gli effetti, può dunque essere ammesso il risarcimento del danno da “nascita indesiderata” ovvero il diritto a nascere sano.

La Corte di cassazione ha inoltre specificato, con sentenza resa a Sezioni Unite, del 22 dicembre 2015, n.25767, che il risarcimento del danno da nascita indesiderata non può essere negato considerata l’anteriorità del fatto illecito rispetto alla nascita, poiché si può essere tutelati anche se non dotati di capacità giuridica ai sensi dell’art. 1 c.c.

In giurisprudenza il danno da nascita indesiderata è stato riconosciuto al concepito, ai genitori del bambino nato malformato e anche ai fratelli.

E’stato infatti effettuato riferimento alla figura del contratto con effetti protettivi in favore dei terzi. L’inadempimento del medico dispiega i suoi effetti, cioè, anche nei confronti degli altri membri della famiglia.

La relazione di prossimità che lega altri componenti del nucleo familiare alla gestante, infatti, costituisce un presupposto valido per ottenere un risarcimento, poiché anche tali soggetti vengono danneggiati dalla condotta colposa o dolosa del medico.

Quanto alla valutazione del danno, la Cassazione ha specificato, con sentenza del 19 luglio 2018, n. 19151, che con riguardo al danno non patrimoniale il giudice di merito deve rigorosamente valutare, sul piano della prova, sia l'aspetto interiore del danno ovvero il danno morale, che il suo impatto modificativo in pejus sulla vita quotidiana ovvero il danno esistenziale, o danno alla vita di relazione, poiché oggetto dell'accertamento e della quantificazione del danno risarcibile è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto.

Il diritto a non nascere se non sano

Le Sezioni unite, con sentenza del 22 dicembre 2015, n.25767, non hanno invece riconosciuto il diritto a non nascere se non sano. La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che in questa ipotesi il danno risarcibile sarebbe rappresentato dal diritto a non nascere se non sano, ma la “non vita” non può essere considerata un bene risarcibile, la vita è al contrario il sommo bene da tutelare.

La Corte ha infatti stabilito che se si parte dal concetto di danno-conseguenza, consacrato all'art. 1223 c.c., esso risulterebbe legato alla stessa vita del bambino, e l'assenza di danno sarebbe invece collegabile alla sua morte.

In questo vi è dunque una contraddizione insuperabile:la non vita non può essere un bene della vita. Allo stesso modo non può essere considerato un bene l'omessa distruzione della vita in fieri, che è il bene per eccellenza, al vertice della scala dei valori dell'ordinamento.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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