I vizi del consenso sono elementi che turbano la libera formazione della volontà di colui il quale ha intenzione di stipulare un contratto e che, in quanto tali, possono incidere sulla sua validità. A mezzo di questi, il soggetto interessato forma una volontà diversa da quella che avrebbe avuto se questi elementi non fossero affatto intervenuti.
Sono vizi del consenso quelli definiti dall’articolo 1427 del Codice Civile:
“Il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere l'annullamento del contratto secondo le disposizioni seguenti”.
L’elemento essenziale della volontà rappresenta un aspetto imprescindibile per la corretta conclusione di un negozio giuridico poiché, a seconda delle dinamiche occorrenti, il contratto ad esempio potrà essere annullato o nullo.
La volontà non deve essere alterata da quelli che l’ordinamento definisce vizi del consenso e che determinano l’annullabilità del contratto.
Infatti, se la volontà sia solo stata deviata, in quel caso il contratto sarebbe annullabile, diversamente, se la volontà manchi del tutto, il negozio giuridico sarebbe nullo.
Pensiamo al caso in cui Tizio abbia acquistato un bracciale credendolo d’oro grazie agli artifici del venditore. E’ chiaro che Tizio è stato condizionato nella sua volontà di acquistare il bracciale, indotto in errore dal materiale prezioso e se lo avesse saputo probabilmente non avrebbe acquistato l’oggetto o, se lo avesse fatto, sicuramente a prezzo inferiore.
Non si può dire, infatti, che Tizio non avesse la volontà di acquistare ma piuttosto che la stessa sia stata viziata, ecco perché l’acquisto sarà annullabile.
Caratteristiche
Come detto, la volontà è l’elemento essenziale del negozio giuridico al punto che può determinare le sorti del negozio.
Nel caso in cui la volontà sia assente, come per le manifestazioni della volontà fatte per scherzo o fini didattici o, ancora, estorta con violenza fisica, determinerà la nullità del negozio giuridico.
La nullità è, infatti, la patologia più grave che può interessare un atto, un contratto e, più in generale, il negozio giuridico poiché rappresenta un vizio così grave da non poter essere sanato e quindi determina l’invalidità dello stesso, con il risultato che il negozio non produrrà i suoi effetti perché inefficace.
Diversamente, se la volontà fosse viziata così come previsto al Capo XII, Titolo II, del Libro IV, cioè ex art. 1427 del Codice Civile, il contratto è annullabile poiché sanabile nei suoi vizi.
Il contratto è annullabile su richiesta del contraente che ha prestato il proprio consenso per errore, carpito con dolo o estorto con violenza.
Vediamo di seguito le diverse accezioni di errore, dolo e violenza quali vizi della volontà.
Errore
L’errore consiste nella falsa rappresentazione della realtà e che concorre in maniera fuorviante a determinare la volontà del soggetto interessato. Negli stessi termini, l’ordinamento tratta anche dell’ignoranza.
Affinchè il negozio giuridico possa essere annullato poiché investito da un errore in cui il contraente sarebbe caduto, occorre che questo sia essenziale e riconoscibile.
Per errore essenziale si fa riferimento al caso in cui riguardi:
- la natura o l’oggetto del contratto;
- la prestazione o una sua qualità che è determinante per il consenso;
- l’identità o le qualità dell’altro contraente che sia determinante al consenso;
- errore di diritto, come ragione unica o principale del contratto.
Per errore riconoscibile, invece, si ritiene l’errore che riguardi il contenuto; le circostanze del contratto o le qualità dei contraenti che una persona con normale diligenza avrebbe potuto rilevare.
Nel caso in cui, a cadere in errore siano entrambi i contraenti, non è necessario che l’errore sia riconoscibile, poiché si tutela l’affidamento delle parti, ma basta che l’errore si connoti della sua essenzialità.
L’errore assume poi due diverse connotazioni, a seconda che si tratti di errore ostativo o di errore vizio. Vediamoli di seguito:
L’errore ostativo, è l’errore che ricade sulla dichiarazione e ad esso si equipara la dichiarazione inesatta. La sua particolarità è che non inficia la formazione della volontà, poiché non si vorrebbe affatto dichiarare.
Nel caso dell’errore sulla dichiarazione, ad esempio si afferma di voler comprare 100 mele, ma se ne volevano solo 10.
Nel caso di errore sulla trasmissione, per esempio digito sulla stampante una richiesta di 21 copie invece di 12.
E’ palese come in questa ipotesi non vi sia la volontà di una dichiarazione.
In altri termini, invece è possibile parlare dell’errore vizio che è la falsa rappresentazione della realtà a seconda che si parli di:
- errore di fatto, cioè comprendente una circostanza materiale del negozio giuridico;
- errore di diritto, inteso come la falsa conoscenza, supposizione o ignoranza dell'esistenza o interpretazione della legge.
E’ bene specificare che, per non incorrere nelle conseguenze della legge, non si può invocare l’errore di diritto come scusa. Ad esempio, non si potrà violare un contratto solo adducendo di non sapere che i contratti vadano rispettati in ogni loro parte.
Al contrario, invece, qualora avessi acquistato un immobile credendolo in regola ma scoprissi – una volta conclusa la compravendita – che sia del tutto abusivo e a rischio crollo, potrò invocare l’errore di diritto per richiedere l’annullamento del relativo contratto concluso e sempre che il mio errore fosse conoscibile al contraente originario e che questi l’abbia utilizzato a mio discapito.
Particolarità è che la parte non in errore può offrirsi di adempiere al contratto in maniera conforme al contenuto tale che l’errore non si sarebbe generato.
Dolo
Nell’ordinamento giuridico il dolo rappresenta una precisa connotazione della volontà cosciente di colui che agisce con una condotta tale da arrecare danno ad altri.
Il dolo è disciplinato agli articoli 1439 e 1440 del Codice Civile che richiamano alcuni elementi imprescindibili, quali:
- la volontà di generare un inganno;
- l’induzione in errore del soggetto contraente raggirato;
- l’azione idonea ad eludere la realtà, l'artificio o raggiro in grado di ingannare.
Caratteristica del dolo è che esso sia determinante, cioè che sia idoneo a convincere il deceptus (che in giuridichese sarebbe il contraente) a concludere il contratto e che, in assenza di dolo, non avrebbe concluso.
E’ possibile parlare di dolo nel diritto civile sotto due diverse configurazioni:
- dolo contrattuale
Inteso come il vizio del consenso sorto nel momento di stipulare un contratto e che ne è motivo di annullamento. Disciplinato dall’articolo 1439 del Codice Civile come segue:
“Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe contrattato.
Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio”.
Facciamo un esempio per spiegare meglio l’articolo 1439 c.c.: Tizio decide di acquistare una nuova automobile e si rivolge al conoscente Caio, poiché sa che questi, tramite il suo giro di amicizie, conosce qualcuno interessato, al contrario, a vendere la propria auto. Caio effettivamente conosce Sempronio che, pochi giorni prima, gli ha confessato di voler vendere la propria vettura, ormai datata e oltre il chilometraggio massimo. Caio e Sempronio si accordano però nel manomettere il contachilometri dell’auto, al fine di farla apparire meno usurata dall’utilizzo e concludere la vendita ad un prezzo per loro più vantaggioso, potendo successivamente dividere tra loro il ricavato.Tizio, ignaro delle reali circostanze, acquista l’automobile propostagli da Caio. Solo successivamente si accorge della realtà dei fatti e decide di annullare il contratto di vendita, con il risultato di vedersi restituita la somma di denaro pagata e a propria volta rendendo l’auto a Sempronio.
- dolo extracontrattuale
Cioè la coscienza e la volontà di compiere un’azione o omissione con il fine di danneggiare altri, racchiude accezione di responsabilità civile prevista dall’articolo 2043 del Codice Civile che prevede:
“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
La norma disciplina il sistema della responsabilità extracontrattuale, detta anche aquiliana (originata dal diritto romano, cioè la Lex Aquilia del III a.C.), cioè il principio in base al quale la lesione di un diritto soggettivo o di una posizione giuridica tutelata dalla legge obbliga l’autore del danno a risarcire l’eventuale pregiudizio arrecato.
- dolo incidente
E’ il caso in cui il contratto sarebbe comunque sorto poiché ugualmente sussistente la volontà del contraente, ma presumibilmente il contratto sarebbe stato accettato a condizioni differenti.
- dolo determinante
Si definisce tale quel tipo di dolo che è concorso a determinare il negozio giuridico, senza la presenza dello stesso il contratto non sarebbe mai stato concluso perché privo di consenso.
- dolo omissivo
Inteso come l’atteggiamento di inerzia intrapreso da uno dei contraenti e preordinato ad un sistema teso alla malizia e alle astuzie idonee a ingenerare l’inganno della controparte.
Violenza
Nella sfera dei vizi della volontà rilevabili ai fini dell’invalidità del negozio giuridico, una particolare accezione è assunta dalla violenza.
Perchè il negozio possa essere annullato, occorre che la violenza sia di tipo morale e/o psichico e cioè che si concretizzi nella minaccia di un male notevole e ingiusto, anche se proveniente da terzi così come previsto ex art. 1434 c.c.
La violenza si concretizza in quella prospettazione figurata al soggetto contraente che è indotto a stipulare un contratto che, altrimenti in assenza di violenza, non avrebbe concluso.
Ai fini dei vizi del consenso, non rileva la violenza di tipo fisico poiché in quel caso la volontà originariamente mancherebbe del tutto.
La disposizione di cui all’articolo 1435 del Codice Civile descrive la violenza come:
“La violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all'età, al sesso e alla condizione delle persone”.
La violenza è rilevante anche se perpetrata nei confronti del coniuge, dell’ascendente o del discendente che siano chiamati a stipulare il negozio giuridico.
L’annullamento: il rimedio dei vizi della volontà
Contro i vizi della volontà il nostro ordinamento prevede delle azioni di rimedio, prima tra tutti l’annullamento.
Ex art. 1427 c.c. si prevede che:
"Il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere l'annullamento del contratto secondo le disposizioni seguenti”.
La cui tutela del soggetto contraente trova ragione nel giustificare la circostanza in cui la volontà sia stata formata in modo viziato e non conforme alla libertà obbligatoriamente richiesta. Ragione per cui l’annullabilità rappresenta una valutazione di disvalore del negozio portato a compimento in modo falsato.
E’ possibile far valere l’annullabilità del contratto attraverso due modi:
- Azione di annullamento, attraverso la quale il giudice emana un provvedimento che elimina gli effetti del contratto che si sono realizzati fino al momento di intervento della pronuncia e ordina il ripristino delle condizioni antecedenti. L’azione di annullamento può essere fatta valere esclusivamente da coloro che siano individuati come legittimati dall’ordinamento, ovvero ex art. 428 c.c., l’incapace di intendere e volere. L’azione di annullamento è prescrivibile in 5 anni, cioè un termine abbreviato rispetto alla prescrizione ordinaria;
- Eccezione di annullamento, che consente di far valere nel corso del procedimento ordinario già instaurato la situazione meritevole di censura da parte del contraente violato. L’eccezione di annullamento è imprescrittibile e può essere esercitata anche nel caso in cui sia invece già prescritta l’azione di annullamento.
Tutti possono agire per far valere l’annullabilità del contratto?
La risposta è desumibile ai sensi dell’articolo 1441 del Codice Civile che prevede che l’annullamento possa essere eccepito esclusivamente dalla parte nei cui confronti sia stato previsto il vizio, o da colui il quale potrebbe ottenere gli effetti patrimoniali o il disvalore patrimoniale dalla sentenza di accoglimento.
In deroga a quanto previsto, tuttavia, l'ordinamento richiama anche le ipotesi di legittimità assoluta e cioè che riconoscono il potere di far valere l’annullamento a qualunque soggetto interessato dal negozio concluso anche se in via subordinata, ciò ai sensi dell’art. 100 del Codice di Procedura Civile.
La sentenza di annullamento pronunciata dal giudice è in grado di eliminare gli effetti prodotti dal contratto sino a quel momento e, pertanto, si dice che abbia efficacia costitutiva. Al pari, è riconosciuta anche l’efficacia retroattiva, ovvero la capacità di estendere la pronuncia a tutti gli effetti prodotti dal contratto ormai annullato.
Grazie alla sentenza di annullamento è possibile ripristinare le situazioni di fatto e di diritto esistenti prima del negozio giuridico viziato.
La sentenza di annullamento è in grado di produrre effetti anche nei confronti dei terzi che assumano, nel negozio giuridico concluso, una posizione subordinata. L’effetto nei loro confronti è rimesso dalla disciplina dell’art. 1445 c.c. come segue:
“L'annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento”.
La disciplina sancisce come i vizi della volontà da cui dipenda l’annullamento del negozio giuridico non possano pregiudicare l’acquisto dei diritti a titolo oneroso da parte dei terzi in buona fede. Spieghiamolo meglio, costoro infatti saranno pregiudicati se:
- vi fosse un diritto di acquisito a titolo gratuito (per esempio, una donazione);
- in presenza di cattiva fede;
- l’annullamento dipenda dall’interdizione, inabilità o minore età poichè sui terzi grava il dovere di informazione.
La legge però contempla anche altri rimedi alternativi alle conseguenze generate dall’annullamento, propendendo per delle soluzioni tese a conservare gli effetti del contratto con degli aggiustamenti: è il caso della rettifica e della convalida.
La rettifica permette alla parte non coinvolta dal vizio di estinguere il diritto all’annullamento della controparte e rendendo il contratto efficace definitivamente. Obiettivo della rettifica è di eseguire l’obbligazione oggetto del contratto in maniera conforme e consona sia al contenuto che alle modalità che in maniera corretta il contraente, se non indotto in errore, avrebbe inteso concludere.
La convalida, di contro, viene compiuta dalla parte interessata dai vizi. Essa può essere espressa o tacita, cioè dichiarata apertis verbis oppure desunta da comportamenti non altrimenti interpretabili.