Quando sugli scaffali del supermercato o all'interno di una bottega di un salumiere leggiamo prodotto DOP,DOC o DOCG, di cosa stiamo parlando?
Perché questi prodotti, che possono sembrare simili ad altri, costano così tanto?
Di seguito proveremo a darvi una spiegazione sul perché i prodotti agroalimentari tradizionali, i prodotti di origine protetta, i prodotti di origine controllata e così via, sono così buoni quando giungono sulla tavola di noi consumatori.
Introduzione
I prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) sono prodotti inclusi in un apposito elenco, istituito dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) e sono prodotti che per loro natura godono di una particolare tutela in quanto derivanti da filiere che godono di particolari specifiche organolettiche e di lavorazione che ,li distinguono da altri prodotti simili.
Il termine "tradizione",infatti, deve essere tale da attribuire al prodotto determinate peculiarità, in relazione alle modalità specifiche che lo distinguono nettamente da prodotti simili della stessa categoria.
Il prodotto, poi, per diventare un prodotto tradizionale richiede un periodo di almeno 30 anni.
I prodotti contrassegnati con il marchio STG (specialità tradizionali garantite) sono poi, disancorati dal territorio di produzione.
Il marchio STG infatti non richiede espressamente che il prodotto provenga da quella terra e da quella gente.
Ambito di applicazione
La tutela di tali prodotti trova la sua disciplina all'interno dell’art. 2 Reg.1151/2012, che si applica ai prodotti agricoli destinati al consumo umano, elencati all’interno dell’allegato I del regolamento, e ad altri prodotti agricoli alimentari elencati nel regolamento stesso ( per ciò che concerne gli STG si tratta di prodotti che riguardano: piatti pronti, birra, cioccolato, prodotti derivati, panetteria pasticceria, confetteria, paste alimentari ecc)
Secondo quanto previsto e disciplinato dall’art.18, Reg.1151/2012, per beneficiare della registrazione STG un nome deve designare uno specifico prodotto o alimento ottenuto con un metodo di produzione (per questo è importante guardare il disciplinare di produzione), trasformazione o composizione che corrispondono ad una pratica tradizionale, oppure il prodotto deve essere ottenuto da materie prime o ingredienti utilizzati tradizionalmente.
Una persona fisica o giuridica può essere equiparata ad un gruppo a condizione che la persona in questione sia il solo produttore a presentare la domanda. (art. 49, lett.a del reg. 1151/2012)
Per le DOP e le IGP vi è un ulteriore requisito indicato dalla Lett. “b” è richiesto anche il requisito relativo alla zona geografica di produzione che deve possedere caratteristiche differenti da quelle delle zone limitrofe.
Secondo quanto disposto dall’Art.19 re.1151/2012 il disciplinare di produzione deve contenere i requisiti di sotto elencati:
- Nome cui è proposta la registrazione
- Descrizione del prodotto con caratteristiche fisiche organolettiche ecc
- Descrizione del metodo di produzione
- Elementi fondamentali che attestano il carattere tradizionale del prodotto.
Si tratta di prodotti specifici tradizionali per cui la commissione istituisce un apposito registro (portale Ambrosia) ex art. 22, reg.1151/2012
La procedura di registrazione di una STG è simile a quella di DOP o IGP
Esempi di STG sono:
La Mozzarella STG
Il Latte fieno STG
Pizza napoletana STG
L’amatriciana tradizionale STG
Vincisgrassi alla maceratese STG
Jamon Serrano STG
Differenza tra Dop, Igp ed Stg
Differenza tra DOP e IGP e la STG è che mentre nella DOP e IGP è tutelato il legame tra territorio e qualità del prodotto, (legame molto stringente nella DOP) nelle STG l’accento cade nelle caratteristiche intrinseche del prodotto ovvero nelle ricette tradizionali utilizzate.
La novità per le STG, introdotta con il reg.1151/2012, prevede che la registrazione possa avvenire solo con la “riserva del nome” impedendo così che il nome possa essere utilizzato nell’etichetta di prodotti analoghi non rispettosi del disciplinare di produzione. L’aspetto di criticità del regolamento precedente era legato alla registrazione senza riserva del nome.
Precedentemente infatti i produttori che non erano conformi al relativo disciplinare potevano comunque utilizzare la denominazione registrata.
La tutela debole del segno STG ha fatto sì che il segno STG sia divenuto un segno scarsamente distintivo facendo sì che i produttori utilizzassero un marchio privato.
Resta fermo che la qualità di cui è espressione il segno STG prescinde dall’aspetto territoriale, poiché il riferimento alla zona è solo eventuale.
Il marchio STG ha avuto scarso successo fino al 2006 che con l’allargamento dell’UE ai paesi dell’Est ha dato modo al marchio STG di avere un discreto interesse.
La registrazione STG non creando una effettiva qualificazione geografica dell’origine e non riservando l’uso dello stesso ai produttori dell’area di provenienza del Know-How ha avuto scarso successo annullando il vantaggio competitivo che dovrebbe derivare dalla registrazione.
ETICHETTATURA DELLE DOP, IGP ed STG
Possiamo vedere che per le etichettature dei marchi dop, igp ed stg si applicano le disposizioni in materia di etichettatura del Reg. 1169/2011
Per i prodotti originari dell’unione europea commercializzati come dop o ing il simbolo dell’unione deve figurare nelle modalità prescritte nel Regolamento n°664 del 2014 per le denominazioni di origine protette, le indicazioni geografiche protette e le specialità tradizionali garantite secondo il quale nell'apposito allegato vengono così indicati i simboli da apporre ai relativi prodotti
- Denominazione di Origine Protetta: l' allegato al Reg. n. 664/2014 individua il simbolo DOP sfondo rosso ed oro
- Specialità Tradizionale Garantita: l' allegato al Reg. n. 664/2014 simbolo STG oro e azzurro
- Indicazione Geografica Protetta: l' allegato al Reg. n. 664/2014 simbolo IGP giallo e oro
I nomi registrati come DOP, IGP sono oggetti di un regime di protezione di ampia portata (art. 13 reg,1151/2012) che impedisce:
- L’utilizzo del nome registrato per prodotti che NON sono oggetto di registrazione anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingredienti;
- Qualsiasi usurpazione imitazione o evocazione anche tramite l’uso di un nome che è semplicemente una traduzione del nome protetto, o di espressioni come “genere” “tipo” “metodo” anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingredienti.(Tale protezione era mancante nel precedente regolamento);
- Uso di indicazioni che possono trarre in inganno sull’origine, natura o qualità essenziale del prodotto;
- Di qualsiasi prassi che in generale possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.
NOZIONE DI EVOCAZIONE
Il regime di protezione del marchio accordato dal Reg. 1151/2012 è molto ampio.
Le denominazioni registrate sono tutelate contro qualsiasi prassi che possa indurre in errore il consumatore circa l’origine del prodotto:
- Sia di fronte a pratiche di contraffazione
- Sia di fronte a pratiche di EVOCAZIONE, ovvero di impiego per un prodotto di termini o espressioni tali da trarre in inganno il consumatore
Brevemente la Sent. Corte di Giustizia Europea sul caso CamboZola(4 maggio 1999, in causa c-87/97, Consorzio per la tutela del formaggio gorgonzola) ha sancito che, “l’uso di una denominazione come Combonzola, può essere considerato ai sensi dell’art. 3 par. 1 lett. B come una evocazione della denominazione d’origine protetta del termine "Gorgonzola".
In un caso del genere si verifica il caso di "evocazione" ogni qualvolta che il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione di origine protetta, in modo che il consumatore sia indotto ad avere una errata percezione del prodotto.
Evocazione ingannevole principali sentenze
Problematiche di evocazione ingannevole della "DOP" (Denominazione di origine Protetta), e uso improprio della stessa sono state affrontate anche nella vicenda “parmesan”, formaggio simile esteticamente al parmigiano reggiano
- Sent Parmesan c-66/00 dove la Corte ha concluso per l'inammissibilità per un suo uso transitorio da parte dei produttori di stati diversi da quell produttore del marchio DOP).
- Sent. Parmesan 2 c-132/05, poi, l’uso del termine “Parmesa” è stato riconosciuto come Evocazione della DOP in quanto ne costituiva una parziale traduzione, oltre al suo usuale utilizzo assieme ad elementi grafici allusivi all’Italia, La corte ha, quindi, concluso che un tale uso può creare confusione al consumatore recando danno al produttore italiano.
- Sent Morbier causa c-490/19 la Corte ha asserito che i nomi registrati sono protetti contro qualsiasi pratica che possa indurre il consumatore sulla vera origine del prodotto.
- SentenzaConsorzio tutela aceto balsamico di Modena, causa c-432/18 in tale pronuncia, i giudici tedeschi chiedevano di stabilire se la denominazione “aceto balsamico…” si estendeva anche ai termini non geografici. A tal proposito la Corte al punto 26 ha affermato che la protezione contenuta nell’art. 13 si estende non solo alla denominazione composta in quanto tale ma anche ad ogni sua componente.
LA PROTEZIONE EX OFFICIO
Una rilevante innovazione apportata dal Reg. UE 1151/2012 rispetto al Reg. n. 510/2006 relativo alla "protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari", è data dalla previsione contenuta dall’articolo 13, par. 3 il quale prevede che “gli stati membri adottano le misure adeguate per prevenire o far cessare le denominazioni IGP o Dop usate o commercializzare in ogni stato membro”.
Tale tipo di misura viene denominata “Protezione EX officio” secondo la quale, sussiste un Espresso Obbligo di ogni Paese membro di fare tutto ciò che è possibile, attraverso i mezzi amministrativi e giurisdizionali messi a disposizione dall’Ordinamento interno, per proteggere non solo i prodotti nazionali ma ogni prodotto che si fregi di una DOP o IGP solo per il fatto che sia commercializzato nel territorio dello stato in questione.
Secondo quanto disposto dall’Art. 16 II comma del D.M. Mipaaf (oggi MASAF) che prevede disposizioni nazionali per l’attuazione del regolamento 1151/2012: "l’ispettorato centrale ICQRF (l’ispettorato centrale della qualità e della repressione frodi), è l’autorità incaricata ai sensi dell’art. 13 par. 3 reg.1151/2012 di adottare le misure per prevenire o far cessare l’uso illegale delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette prodotte o commercializzate in Italia".
L’ICQRF ha stipulato accordi anche con ALIBABA per proteggere tali prodotti.
Invece per i regimi di qualità DOP IGP STG rimane ferma la vigilanza del rispetto della legislazione alimentare generale che deve svolgersi a norma del Reg. UE n.625/2017.
L’autorità preposta poi al coordinamento della attività di controllo per i regimi di qualità è il MASAF, (Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) uova denominazione data dal Governo Meloni al precedente MIPAF(ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali) il quale trae ispirazione dal ministero francese MASA (Ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire).
Nel sito del MASAF vi è inserito l’elenco delle Autorità pubbliche di controllo designate per le produzioni DOP IGP STG.
DOP e IGP come ingredienti
Come viene indicato l’utilizzo di ingredienti DOP o IGP all'interno di un prodotto?
e lo spiega il Regolamento n. 1151 del 2012 agli articoli 13 e 14.
- Art. 13 reg. n. 1151/2012 lett. A e b sussiste anche quando il prodotto dop e igp è utilizzato come ingrediente in un alimento.
- Art. 14 reg. n. 1151/2012 regolamento dei confini con il marchio
Con una recente nota, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo (“MIPAAFT”) ha fornito importanti indicazioni in merito alla possibilità di utilizzare, nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità di un prodotto trasformato, il riferimento ad una Denominazione d'Origine Protetta (DOP) o ad una Indicazione Geografica Protetta (IGP).
La Nota del MIPAAFT è intervenuta per introdurre indicazioni specifiche integrando le disposizioni normative europee (su tutte quelle introdotte dal Regolamento UE n.1151/2012) ed italiane (in particolare, quelle dettate dal D. Lgs. 297/04).
A livello generale, l’art. 1, primo comma, lett. c.) del D. Lgs. 297/04, che introduce una significativa deroga al regime europeo (ammessa dalle rilevanti norme europee) in materia di utilizzo di riferimenti a DOP e IGP nell’etichettatura di un prodotto alimentare.
Esso prevede che, per potere utilizzare, nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità, un riferimento ad una DOP o ad una IGP, sia necessaria un’autorizzazione da parte del consorzio di tutela riconosciuto dal MIPAAFT, che verifichi la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa vigente.
Qualora non vi sia un consorzio di tutela, tale autorizzazione può essere richiesta direttamente al competente Dipartimento del MIPAAFT (Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare e della pesca Direzione Generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – PQAI IV).
Fatta tale premessa, la Nota del MIPAAFT, integrando il D.Lgs. 297/04, individua ed elenca i requisiti che il produttore di un alimento composto, trasformato o elaborato, all’interno del quale vi siano ingredienti DOP o IGP, dovrà soddisfare per ottenere l’autorizzazione all’utilizzo del riferimento alla DOP o IGP nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità di tale prodotto.
Tali requisiti riguardano le modalità di presentazione del riferimento alla DOP o alla IGP che non dovranno indurre il consumatore a ritenere che l’intero prodotto finale (i.e. il prodotto composto, elaborato o trasformato) sia un prodotto tutelato dalla DOP o dall’IGP.
Al riguardo, il produttore non potrà utilizzare la denominazione relativa alla DOP o alla IGP con caratteri superiori a quelli utilizzati per il marchio del produttore stesso e per la denominazione dell’alimento.
Inoltre, il produttore non potrà apporre i “bollini” IGP e DOP, e dovrà inserire fra virgolette il nome del prodotto, utilizzato quale ingrediente, protetto dalla DOP o dalla IGP.
Ad esempio, il produttore di tonno in scatola, che intenda utilizzare olio d’oliva DOP per produrre tonno sott’olio d’oliva, non potrà riportare in etichetta la denominazione dell’olio DOP con caratteri più grandi rispetto a quelli utilizzati per il proprio marchio e per la denominazione del prodotto e, in ogni caso, non potrà apporre il bollino DOP.
Particolarmente rigorosi si rivelano anche i requisiti individuati nella Nota del MIPAAFT per l’approvvigionamento del prodotto DOP o IGP e i relativi oneri probatori che dovranno essere soddisfatti da parte del produttore del prodotto finale.
Infatti, per ricevere l’autorizzazione da parte del consorzio di tutela (ovvero, in mancanza di un consorzio di tutela, da parte del MIPAAFT), il produttore dovrà:
- dimostrare e garantire che l’ingrediente DOP o IGP sia stato acquistato da fornitori a loro volta sottoposti al controllo dell’organismo di certificazione;
- sottoscrivere un impegno a registrare i bilanci di massa, così da poter dimostrare, qualora richiesto dal MIPAAFT, l’effettiva corrispondenza tra le quantità di prodotti DOP o IGP ricevuti e quelli impiegati nella produzione;
- registrare mensilmente il numero di confezioni prodotte con richiamo alla DOP o IGP;
- immagazzinare e conservare i prodotti DOP o IGP, prima del loro utilizzo nel procedimento produttivo, separatamente dagli altri ingredienti impiegati.
Così, ad esempio, il produttore di tonno in scatola che voglia utilizzare olio d’oliva DOP dovrà prestare particolare attenzione ai propri fornitori di olio d’oliva DOP, registrare in modo preciso le quantità di olio DOP utilizzato, e assicurarsi che l’olio non sia, anche accidentalmente, immagazzinato o conservato con altri prodotti utilizzati per realizzare l’alimento finale.
L’inosservanza delle disposizioni sopra indicate non è esente da sanzioni. Infatti, oltre alle possibili sanzioni penali per il reato di frode in commercio e per le possibili conseguenze derivanti dall’illecito uso della DOP o della IGP previste dal Codice della Proprietà Industriale, il D. Lgs. n. 297/2004 prevede, per la violazione delle norme in materia di uso di una DOP o di una IGP quale ingrediente di un alimento, una sanzione pecuniaria compresa fra Euro 2.500,00 ed Euro 16.000,00.