La recente approvazione del Codice dei contratti pubblici con Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n.36, in attuazione dell’articolo 1 della Legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” costituisce un approdo fondamentale, poiché reca una disciplina organica e profondamente innovativa della materia.
L’approvazione di questa riforma costituisce, inoltre, un obiettivo centrale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Come si può leggere nella Relazione al Codice dei contratti https://www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/17550825/3_CODICE+CONTRATTI+RELAZIONE.pdf/d3223534-d548-1fdc-4be4-e9632c641eb8?t=1670933091420, in data 30 giugno 2022 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha affidato la formulazione del progetto di Codice dei contratti pubblici al Consiglio di Stato, ai sensi del comma 4 dell’art. 1 della Legge n. 78 del 21 giugno 2022.
I Consiglieri di Stato, nella redazione del Codice, sono stati affiancati da magistrati dei Tar, da giudici di Cassazione, della Corte dei conti, da Avvocati dello Stato ma anche da esperti esterni come professori, economisti, ingegneri, un informatico e un accademico della Crusca.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici è dunque il prodotto dell’apporto di conoscenze relative a svariati campi.
La materia dei contratti pubblici ha un valore fondamentale, in quanto la realizzazione degli interessi della collettività è sovente demandata all’utilizzo del modulo consensuale, strumento agile e idoneo a soddisfare molteplici esigenze.
L’affidamento dei contratti pubblici fonda questioni di carattere centrale, poiché è strettamente connesso alla ripartenza dell’economia, alla realizzazione di una serie di opere e alla erogazione di servizi che rendono un Paese appetibile agli occhi degli investitori.
La tematica dei contratti pubblici, in definitiva, è strettamente connessa alle potenzialità di crescita di un Paese.
Un Paese in cui lentezze di tipo burocratico rendono difficile, se non impossibile, il raggiungimento di una serie di obiettivi fondamentali per la ripartenza economica, è infatti un Paese che rischia di restare ai margini, escluso dal circolo virtuoso generato dai nuovi investimenti e dalla generale spinta in avanti determinata dalla crescita economica.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici è stato concepito sulla base di questa precisa consapevolezza.
Per questo motivo, sono stati stravolti i connotati della normativa precedente, attraverso la rigorosa codificazione dei principi in materia, principi che sottendono la necessità di fornire coordinate ermeneutiche in grado di orientare in maniera concreta gli operatori, nell’ottica di una generale responsabilizzazione di tutti coloro che sono coinvolti nella delicata fase di affidamento ed esecuzione del contratto pubblico.
Il principio del risultato, in primis, sta a testimoniare il fatto che spesso, annebbiati dagli eccessi tipici della iper-regolamentazione, abbiamo perso di vista il fine ultimo della normativa in tema di appalti: permettere l’affidamento e l’esecuzione del contratto.
Per questo motivo, autorevole dottrina ha affermato che il nuovo Codice dei contratti pubblici più che una riforma rappresenta un’autentica rivoluzione.
- 2.1Il principio del risultato
- 2.2Principio della fiducia
- 2.3Principio dell’accesso al mercato
- 2.4Principio di buona fede e tutela dell’affidamento
- 2.5Principio di auto-organizzazione amministrativa
- 2.6Principio di autonomia contrattuale
- 2.7Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale
- 2.8La digitalizzazione degli appalti
Che cos'è un contratto pubblico?
Un contratto pubblico è un negozio giuridico a titolo oneroso.
Con la stipulazione di un contratto pubblico, una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici l’esecuzione di lavori e opere oppure l’acquisizione di servizi e forniture.
Il contratto è, dunque, il vero protagonista di questa materia, proprio per questo caratterizzata da aspetti pubblicistici (quelli relativi alla gara e all’affidamento del contratto) e aspetti privatistici (quelli relativi all’esecuzione del contratto).
Non è possibile, infatti, operare una completa equiparazione del contratto pubblico al contratto disciplinato dal diritto privato.
Proprio perché sono in gioco interessi pubblici, interessi della collettività, la fase relativa alla scelta del contraente è regolamentata da norme di carattere pubblicistico che devono rispettare una serie di principi.
I principi da rispettare
Come si può leggere nella Relazione di accompagnamento al Codice dei contratti pubblici, gli obiettivi perseguiti con l'approvazione della normativa in esame sono stati quelli della:
- semplificazione;
- digitalizzazione;
- trasparenza;
- accelerazione, “intesa come massima velocizzazione delle procedure, ma non solo sulla carta”;
- la tutela dei lavoratori e delle imprese.
Il principio del risultato
Sintesi degli intenti perseguiti è contenuta nell’art. 1 del Codice dei contratti.
L’art. 1 del d.lgs. 31 marzo 2023, n.36 così dispone:
“Articolo 1.
Principio del risultato.
1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.
3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell'interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea.
4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l'esercizio del potere discrezionale e per l'individuazione della regola del caso concreto, nonché per:
a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;
b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva”.
Il precedente Codice dei contratti, approvato con Decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50 non conteneva un riferimento specifico ai principi fondanti la materia dei contratti pubblici.
Con l’approvazione del nuovo Codice, si è invece ritenuto di codificare i principi che animano la materia, poiché essi, come indicato nella Relazione al Codice, “rendono intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso al Codice rispetto alla frammentarietà delle sue parti, e consentono al tempo stesso una migliore comprensione di queste, connettendole al tutto”.
I principi generali costituiscono, in pratica, una “memoria del tutto”, una memoria “che le singole e specifiche disposizioni non possono avere, pur essendo a esso riconducibili”.
Nella norma di cui all’art. 1 viene dunque enunciato il principio del risultato, poiché viene stabilito che "le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione”.
Viene inoltre precisato che l’affidamento e l’esecuzione del contratto devono essere realizzati “con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”.
Che cos’è il principio del risultato?
Il principio del risultato è dunque espressione della necessità di superare una concezione legata ai formalismi e alle catene della iper – regolamentazione in omaggio a un nuovo modo di concepire l’azione pubblica.
Il legislatore dice, cioè, quello che deve essere fatto: in primis, raggiungere il risultato, ovvero affidare il contratto e fare in modo che esso venga eseguito.
Un obiettivo che appare scontato, ma che restava, troppo spesso, nell’ombra.
In tale ottica, il principio del risultato appare strettamente collegato agli altri principi che la stessa legge richiama ovvero il principio di legalità, trasparenza e concorrenza.
Il principio di legalità esige che l’azione amministrativa sia fondata sulla legge.
Questo principio costituisce il riflesso della concezione democratica della pubblica amministrazione, una concezione che assume una rinnovata luce, a seguito dei profondi mutamenti legislativi registratisi negli ultimi anni, e che fonda una mutata considerazione del rapporto tra cittadino e amministrazione.
La Legge sul procedimento, ovvero la Legge 7 agosto 1990, n.240, in primis, reca una serie di disposizioni che sono volte a regolamentare le varie fasi di formazione della volontà della pubblica amministrazione.
Il procedimento amministrativo, infatti, termina con l’adozione del provvedimento amministrativo, espressione dell’esercizio della funzione amministrativa.
Le regole volte a valorizzare l’aspetto della partecipazione, della trasparenza, della collaborazione tra amministrazione e cittadino, delineano il nuovo volto della pubblica amministrazione, che non è più vista come detentrice di un potere oscuro e incontestabile, ma come apparato a servizio del cittadino.
Questo completo mutamento di prospettiva è espressione schietta dei principi tracciati dal Costituente, che ha delineato il volto di una pubblica amministrazione imparziale, efficiente, vicina ai bisogni del cittadino, democratica.
Nel nuovo Codice dei contratti pubblici, all’art. 12 vi è un espresso rinvio esterno, per quanto non espressamente previsto, alle disposizioni di cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 e a quelle relative al Codice civile per ciò che concerne la stipula del contratto e la fase di esecuzione dello stesso.
Principio di legalità e trasparenza, dunque, come espressione diretta del principio di democraticità dell’azione amministrativa.
Viene inoltre richiamato il principio di concorrenza, che assume una nuova valorizzazione, in quanto, come è stato efficacemente affermato, la nuova disciplina valorizza la concorrenza in quanto mezzo per raggiungere il risultato e non in quanto risultato in sé da raggiungere.
La concorrenza, in poche parole, non è il vero risultato cui tendere.
La concorrenza è un mezzo che permette all’amministrazione di effettuare la migliore scelta nell'affidamento del contratto e di farlo eseguire.
E’ la stessa legge a chiarire questo aspetto: “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti.
L’obiettivo della semplificazione è invece perseguito con la valorizzazione del principio di trasparenza. Questo perché la trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità”.
Il concetto di verificabilità è collegato a quello di accountability, ovvero responsabilità per i risultati conseguiti.
Il principio del risultato è dunque espressione del principio di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione).
Il principio del risultato è inoltre “criterio per l'esercizio del potere discrezionale e per l'individuazione della regola del caso concreto”.
In tale ottica il principio del risultato fonda la responsabilizzazione dei funzionari, in quanto è criterio cui attenersi per esercitare il potere discrezionale.
Il principio del risultato, infatti, costituisce inoltre la base per “valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti”, e “attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva”.
Principio della fiducia
All’art. 2 viene codificato l’innovativo principio della fiducia.
Come chiarito nella Relazione di accompagnamento al Codice, “si tratta di una segno di svolta rispetto alla logica fondata sulla sfiducia (se non sul “sospetto”) per l’azione dei pubblici funzionari”.
Tale sfiducia, infatti, ha generato in passato una forma di “burocrazia difensiva”.
Il dipendente, cioè, aveva “paura di firmare”, e a causa di questa paura “i funzionari, frenati dal timore delle possibili conseguenze del loro agire, preferiscono astenersi dal farlo, con inevitabile pregiudizio dell’efficienza e, più in generale, del buon andamento dell’azione amministrativa”.
Si può ben comprendere come la paura della firma abbia rappresentato un ostacolo evidente alla realizzazione degli obiettivi della pubblica amministrazione.
La fiducia prevista all’art. 2 deve essere reciproca e riguarda “l‘azione legittima, trasparente e corretta dell'amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”.
Il principio della fiducia, lo stabilisce la norma stessa, “favorisce e valorizza l'iniziativa e l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l'acquisizione e l'esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”.
Proprio per dare valore alla fiducia nei confronti dei funzionari, è stata operata una delimitazione della colpa grave rilevante ai fini dell’affermazione della responsabilità dei funzionari.
La colpa grave, infatti, riguarda “la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonche' la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l'omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell'attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell'agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto”.
Inoltre, è stabilito che: “Non costituisce colpa grave la violazione o l'omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti”.
Come scritto nella Relazione di accompagnamento al nuovo Codice dei contratti, in pratica “Non si tratta, allora, di regalare la fiducia a funzionari che non la meritano, né tanto meno di incidere sull’intensità del sindacato giurisdizionale. Si tratta, al contrario, di dettare una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività”.
Principio dell’accesso al mercato
Ai sensi dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici è invece disciplinato il principio dell’accesso al mercato.
Viene infatti stabilito che:
“Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l'accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”.
Come chiarito nella Relazione di accompagnamento al Codice “Il principio in questione risponde all’esigenza di garantire la conservazione e l'implementazione di un mercato concorrenziale, idoneo ad assicurare agli operatori economici pari opportunità di partecipazione e, quindi, di accesso alle procedure ad evidenza pubblica destinate all’affidamento di contratti pubblici”.
Il principio di accesso al mercato è dunque fondato sulla necessità di garanzia delle pari opportunità agli operatori economici.
Come precisato in precedenza, la concorrenza è un mezzo per effettuare al meglio l’affidamento del contratto e non un fine.
Principio di buona fede e tutela dell’affidamento
La buona fede è un principio generale dell’ordinamento giuridico, sovente chiamato in causa con riguardo al contratto, in ambito civilistico. La buona fede deve cioè permeare le trattative contrattuali ma anche la conclusione e l’esecuzione del contratto.
Il principio di buona fede, quale principio generale dell’ordinamento deve poter essere applicato, tuttavia, anche nell’ambito dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione.
Nel nuovo Codice dei contratti pubblici il riferimento alla buona fede è espresso.
Ai sensi dell’art. 5 è infatti stabilito che “Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell'affidamento”.
La buona fede e l’affidamento sono dunque principi che devono animare il comportamento di tutti coloro che sono coinvolti nella procedura di gara.
Viene inoltre chiarito che anche prima dell’aggiudicazione sussiste un affidamento dell'operatore economico sul legittimo esercizio del potere e sulla conformità del comportamento amministrativo al principio di buona fede.
Questa norma registra l’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni in tema di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione.
Viene tuttavia specificato che in caso di aggiudicazione annullata, l'affidamento non si considera incolpevole se l'illegittimità è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti.
Quando l’aggiudicazione non spetta, “il danno da lesione dell'affidamento è limitato ai pregiudizi economici effettivamente subiti e provati, derivanti dall'interferenza del comportamento scorretto sulle scelte contrattuali dell'operatore economico”.
Principio di auto-organizzazione amministrativa
In base all’art. 7 è stabilito che “Le pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l'esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso l'auto-produzione, l'esternalizzazione e la cooperazione nel rispetto della disciplina del codice e del diritto dell'Unione europea”.
Secondo quanto previsto nella Relazione di accompagnamento al Codice “La codificazione del principio in esame determina un maggiore allineamento del diritto nazionale all’ordinamento dell’Unione, che pone l’autoproduzione e l’esternalizzazione su un piano di tendenziale parità, così superando l’opzione fortemente restrittiva del d.lgs. n.50/2016, sulla quale si erano appuntati i dubbi di compatibilità comunitaria”.
Principio di autonomia contrattuale
Come spiegato nella parte iniziale di questa trattazione, attualmente il contratto costituisce uno degli strumenti più utilizzati dalla pubblica amministrazione per perseguire i propri fini.
Anche la pubblica amministrazione, dunque, è dotata di autonomia contrattuale.
Tale principio è codificato all’art. 8: “Nel perseguire le proprie finalità istituzionali le pubbliche amministrazioni sono dotate di autonomia contrattuale e possono concludere qualsiasi contratto, anche gratuito, salvi i divieti espressamente previsti dal codice e da altre disposizioni di legge”.
Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale
Altra disposizione fondamentale è stata inserita all’art. 9 del nuovo Codice dei contratti pubblici.
Questa disposizione disciplina l’ipotesi delle cosiddette sopravvenienze.
Il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale, infatti, viene fatto salvo anche nella materia dei contratti pubblici.
Viene cioè disposto che: “Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all'ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l'equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali".
La rinegoziazione, secondo quanto previsto dalla norma in esame, “si limita al ripristino dell'originario equilibrio del contratto oggetto dell'affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica”.
Se le circostanze sopravvenute rendono la prestazione inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell'impossibilità parziale.
Viene infine previsto che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l'inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità, in particolar modo quando il contratto risulta particolarmente esposto per durata e contesto economico di riferimento, al rischio di sopravvenienze.
La digitalizzazione degli appalti
Altro aspetto centrale della disciplina in tema di appalti è quello della digitalizzazione.
In omaggio a quanto stabilito con il PNNR, la nuova normativa è infatti volta a favorire la transizione digitale. Viene dunque creato un sistema di e-procurement al fine di informatizzare le varie fasi delle procedure relative agli appalti pubblici.
Viene, in particolare, regolamentata una “Banca dati nazionale dei contratti pubblici” e vengono previste una serie di procedure automatizzate relative al ciclo di vita dei contratti pubblici.
Quali sono i contratti sotto soglia?
Una delle principali novità introdotte dal nuovo Codice dei contratti pubblici attiene ai contratti sotto soglia.
Per contratti sotto soglia si intendono quei contratti che hanno per oggetto lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea.
Le principali novità in materia di contratti sotto soglia
In ipotesi di contratti sotto soglia è prevista una disciplina del tutto innovativa.
In particolare, è stato previsto, ad esempio, l’affidamento diretto dei lavori al di sotto della cifra di 150.000 euro e in ipotesi di servizi e forniture al di sotto dei 140.000 euro.
Ma vediamo queste novità nello specifico.
Le procedure di affidamento dei contratti sotto soglia
In relazione ai contratti sotto soglia il nuovo Codice dei contratti prevede:
- l’affidamento diretto lavori al di sotto della cifra di 150.000 euro e in ipotesi di servizi e forniture al di sotto dei 140.000 euro;
- procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro;
- procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e inferiore alla soglia comunitaria (euro 5.382.000).
- procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, per l'affidamento di servizi e forniture, di importo pari o superiore a 140.000 euro e inferiore alla soglia comunitaria.
In ipotesi di affidamento di lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino a 5,382 milioni di euro, è possibile procedere con gara a evidenza pubblica senza necessità di motivazione.
Infine, per gli appalti fino a 500 mila euro, le piccole stazioni appaltanti possono procedere direttamente, senza passare per le stazioni appaltanti qualificate.
Tutto ciò permette ai piccoli Comuni di realizzare celermente lavori indispensabili per la comunità.
Che cosa vuol dire affidamento diretto?
Va specificato un dato fondamentale: in ipotesi di affidamento diretto con apposito atto che adotta la decisione di contrarre, si individua l'oggetto, l'importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale (art. 17, comma 2).
Affidamento diretto, dunque, non vuole dire affidamento “fiduciario”, poiché è espressamente previsto l’obbligo di esporre le ragioni della scelta del contraente.
Esecuzione del contratto
Dopo la verifica dei requisiti dell'aggiudicatario la stazione appaltante può procedere all'esecuzione anticipata del contratto.
Qualora il contratto non venga stipulato, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione dei lavori e per le prestazioni eseguite su ordine del direttore dell'esecuzione.
La stazione appaltante può sostituire il certificato di collaudo o il certificato di verifica di conformità con il certificato di regolare esecuzione, che viene rilasciato dal direttore dei lavori e per le forniture e i servizi dal RUP o dal direttore dell'esecuzione, se nominato.
La stipulazione del contratto avviene entro trenta giorni dall'aggiudicazione.
Offerte anormalmente basse
Nel caso di aggiudicazione, con il criterio del prezzo più basso, di contratti di appalto di lavori o servizi di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea è prevista l'esclusione automatica delle offerte che risultano anomale, qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque.
In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare ogni altra offerta che appaia anormalmente bassa.
Il Consiglio di Stato, con sentenza del 9 giugno 2023, n. 5665 ha stabilito che la valutazione di anomalia dell'offerta va fatta considerando tutte le circostanze del caso concreto, poiché anche se l’utile appare modesto può comunque comportare un vantaggio significativo per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria.
Il principio di rotazione nell'aggiudicazione degli appalti pubblici
Gli affidamenti avvengono nel rispetto del principio di rotazione.
In applicazione del principio di rotazione è vietato l'affidamento o l'aggiudicazione di un appalto al contraente uscente qualora due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi.
E' consentito derogare all'applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro.
Il contraente uscente può essere invitato nuovamente solo in assenza di alternative e a condizione di aver eseguito accuratamente il precedente contratto.
Il primo correttivo al Codice dei contratti, approvato con decreto legge del 29 maggio 2023, n. 57
Con decreto legge 29 maggio 2023, n.57 è stato approvato il primo correttivo al Codice dei contratti con il quale, tra l’altro, è stata promossa la parità di genere.
E’ stato stabilito, in particolare, che “le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”.