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22 Giugno 2024
15:00

Gli AirTag della Apple sotto processo: da trova-oggetti a trova-persone

L’evoluzione tecnologica che negli ultimi anni è cresciuta in maniera esponenziale, non solo questa ha rivoluzionato il panorama industriale e sociale ma ha aperto anche nuove frontiere nel campo della criminalità. I dispositivi tecnologici,infatti, sono sempre più utilizzati per scopi malevoli e spesso il loro utilizzo iniziale viene stravolto. E’ questo il caso delle ricorrenti californiane che, nel dicembre 2022, hanno querelato la società multinazionale statunitense Apple Inc. per aver immesso sul mercato il dispositivo di localizzazione AirTag.

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Gli AirTag della Apple sotto processo: da trova-oggetti a trova-persone
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain
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La Apple, è, ancora una volta, sotto accusa.

Questa volta la questione è sorta non perché il colosso americano è stato dichiarato reo di aver utilizzato pratiche di concorrenza sleale ma per aver immesso sul mercato gli AirTag, dispositivi nati con lo scopo di localizzare gli oggetti ed in caso di smarrimento, ritrovarli.

Il caso giudiziario ha origine da due cittadine californiane, le quali sostengono che gli AirTag Apple permettono si di rintracciare gli effetti personali di chi li utilizza, ma anche di risalire alla posizione delle persone senza il loro consenso, violando così la privacy di coloro che, loro malgrado sarebbero spiati nei loro movimenti quotidiani.

Le misure “anti–stalking” adottate dalla società in fase di progettazione non sarebbero state infatti sufficienti a evitare i numerosi episodi di violenza e persecuzione riportati alle forze dell’ordine statunitensi.

Gli AirTag Apple

L’AirTag è un accessorio che la Apple ha lanciato nel 2021, che , infilato nel portafoglio, nello zaino, in valigia o attaccato alla bicicletta ed è a forma di disco delle dimensioni di una moneta e quindi molto facile da nascondere e trasportare tanto che alcuni lo agganciano anche al collare del proprio cane.

Questo viene associato al proprio dispositivo tramite la tecnologia bluetooth consentendo agli utenti di rintracciare gli oggetti tramite l’invio di una notifica con la posizione dell’accessorio all’app “Dov’è” installata negli apparecchi la quale utilizza infatti un sistema di chiavi crittografiche pubbliche e private per identificare i singoli dispositivi AirTag ed infine l’Air-Tag permette anche di attivare la modalità “Smarrito”.

Di talchè, se il dispositivo viene rilevato da un altro dispositivo della rete, l’utente riceve una notifica in automatico con indicazione dell’ultima posizione rilevata.

Il caso

La questione sollevata dalle ricorrenti dinanzi alla Corte Distrettuale Federale degli Stati Uniti (United States District Court, Northern District of California) è che il dispositivo permetterebbe di rilevare la localizzazione delle persone senza il loro consenso.

Tra le querelanti, in particolare:

una donna ha riportato di aver trovato un AirTag nello zaino del figlio, inserito dal marito durante un divorzio gravemente conflittuale per tenere traccia dei movimenti della moglie, mentre un’altra donna ha accusato l’ex fidanzato di aver posizionato un AirTag nella sua macchina per localizzarne ogni spostamento.

Ma sono in realtà molti di più i casi segnalati alla polizia di vittime di veri e propri episodi di stalking.

Solo nel 2022 sarebbero state almeno 150 le denunce sporte dalle vittime di atti persecutori negli Stati Uniti e, in due casi, gli AirTag sarebbero stati addirittura utilizzati in episodi di omicidio.

Al momento del lancio degli AirTag nel 2021, il colosso statunitense, era ben consapevole della possibilità per il dispositivo di ricostruire la posizione delle persone ma aveva rassicurato gli utenti di aver implementato delle misure “anti–stalking” e che gli AirTag sarebbero stati in grado di assicurare di più elevati standard di privacy.

In particolare, gli AirTag avrebbero inviato avvisi sonori al dispositivo della persona tracciata quando quest’ultima si trovava nella vicinanza di un AirTag per un periodo di tempo prolungato.

Sin dal lancio sul mercato, Apple ha infatti sempre precisato che gli AirTag sono stati ideati per rintracciare oggetti, non persone.

Le misure di sicurezza sarebbero state ulteriormente rafforzate da Apple in seguito alla causa intentata dalle vittime.

Il 10 febbraio 2022 la società californiana diramò un comunicato stampa dal quale si evinceva che la Apple “condanna nel modo più assoluto possibile qualsiasi uso illecito dei propri prodotti” e che, “riconoscendo che i tracciamenti indesiderati sono ormai un problema della nostra società”, la stessa “ha prestato particolarmente attenzione a questo aspetto durante la progettazione del dispositivo”.

A seguito degli episodi illeciti registrati, la società avrebbe inoltre implementato una serie di misure con lo scopo di impedirne ogni uso improprio, tra cui la ridefinizione della logica di avviso dei tracciamenti indesiderati per far sì che l’utente venga immediatamente avvertito da una notifica

quando un AirTag sta seguendo il suo percorso.

Secondo quanto affermato dalla casa produttrice, le misure adottate nella progettazione del dispositivo sarebbero sufficientemente in grado di tutelare la privacy degli utenti: l’AirTag non memorizza i dati della persona rintracciata e la cronologia di localizzazione viene trasmessa in forma anonima e criptata di talchè nemmeno il produttore sarebbe in grado di risalire all’identità della persona tracciata.

Tali affermazioni però appaiono quantomeno contraddittorie. Infatti, nella guida all’utilizzo degli AirTag sul sito Apple, è la stessa società che detta indicazioni nel caso in cui l’utente riceva una notifica sulla presenza di un dispositivo non desiderato nelle vicinanze: “Se visualizzi il messaggio mostrato sopra sul tuo dispositivo, significa che un AirTag o un altro accessorio di Dov’è si è allontanato dalla persona che lo ha registrato e adesso è in movimento con te. È possibile che l’AirTag sia applicato a un oggetto che hai preso in prestito. Oppure, è possibile che la persona che lo possiede ti stia tracciando a tua insaputa.”

Da quanto dichiarato si evince, quindi, che è la stessa società che, nonostante difenda le misure adottate a tutela della privacy degli utenti, rileva e di conseguenza ammette, la possibilità che i dispositivi vengano utilizzati per scopi diversi da quelli per cui sono stati ideati.

Apple, infatti, avvisa sul proprio sito che se l’utente ritiene che la propria sicurezza sia a rischio, può contattare le forze dell’ordine locali che potranno collaborare con la società.

Tali misure, tuttavia, non sarebbero state sufficienti per evitare gli episodi di violenza e stalking subiti dalle vittime.

Infatti il costo e le dimensioni ridotte dei dispositivi, nonché la loro facilità di utilizzo, avrebbero trasformato l’AirTag da dispositivo per rintracciare gli oggetti smarriti o rubati allo strumento perfetto per gli stalker.

Il giudice distrettuale di San Francisco, dopo aver esaminato la questione, ha ritenuto che il tema fosse meritevole di ulteriore indagine e, dunque, non ha archiviato la causa per possibile negligenza e responsabilità oggettiva della società.

Considerazioni finali

La questione che è posta all’attenzione del giudice non riguarda solo la tutela della privacy degli utenti ma anche e soprattutto se Apple possa essere considerata responsabile oggettivamente per i danni causati alle vittime.

In caso positivo, sarebbe responsabilità dell’azienda evitare che le persone possano utilizzare i dispositivi AirTag per scopi criminosi e quindi questa dovrebbe correre immediatamente ai ripari trovando sistemi anti stalking molto più efficaci di un semplice disclaimer inserito sul sito o sul libretto di istruzioni.

Non ci resta dunque che attendere l’esito del processo per capire come il giudice federale affronterà la questione legata a questi dispositivi controversi.

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Marco D'Amico
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain
Mi sono laureato all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli con una tesi in diritto amministrativo, materia nella quale mi sono poi specializzato. Collaboro dal 2009 con Aldo Sandulli, professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università Luiss Guido Carli. Sono Cultore della materia in diritto amministrativo presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Nel 2010 ho partecipato alla costituzione della Rivista Giuridica MUNUS, sui Servizi Pubblici, fondata dai professori Aldo Sandulli e Giacinto della Cananea. Nel 2022 ho conseguito un master in Diritto Pubblico Europeo presso l’European Public and Law Organizzation e nel 2023 un master in Diritto Impresa e Sicurezza Agroalimentare con una tesi sulla tutela dei prodotti agroalimentari e del marchio “Made in Italy”presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
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