L’imprenditore è un soggetto che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi (art. 2082 del Codice civile).
Devono dunque essere ravvisati due elementi:
- l’esercizio professionale di un’attività economica;
- l’attività economica esercitata deve essere finalizzata alla produzione o allo scambio di beni e servizi.
L’imprenditore ha la direzione dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori (art. 2086 del Codice civile).
Nel Codice civile viene valorizzato l’aspetto della gestione organizzativa dell’imprenditore, il quale è tenuto a costituire un assetto adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa anche ai fini del rilevamento tempestivo di una eventuale situazione di crisi, per il migliore superamento della stessa (art. 2086 del Codice civile).
L’imprenditore è poi tenuto ad adottare tutte le misure idonee a garantire la tutela dell’integrità psico-fisica dei lavoratori (art. 2087 del Codice civile).
Cosa si intende per esercizio diretto dell’attività di impresa?
Nell’ipotesi in cui un soggetto eserciti attività di impresa spendendo il proprio nome negli affari con i terzi, si parla di esercizio diretto dell’attività di impresa, per distinguerla dal differente caso in cui un soggetto svolga attività d’impresa avvalendosi di un prestanome e rimanendo “nell’ombra”.
Cosa si intende per esercizio indiretto dell’attività di impresa?
Quando si parla di esercizio indiretto dell’attività di impresa, si intende fare riferimento a quell’ipotesi in cui un soggetto si avvale di un altro, il quale svolge la funzione di prestanome, per compiere gli atti relativi alla vita della società.
Nella contrattazione con i terzi, dunque, il soggetto che spende il proprio nome appare l’imprenditore “reale”.
I terzi faranno, cioè, affidamento su tale soggetto nella definizione degli affari.
La realtà, tuttavia, è ben differente da ciò che appare.
A muovere le fila della situazione, infatti, è unicamente l’imprenditore occulto ovvero colui che agisce “dietro le quinte”.
L’imprenditore occulto assume la reale gestione dell’azienda, è lui a coprire i costi necessari e a incamerare i proventi, ciò che unicamente chiede al prestanome è di spendere il proprio nominativo negli affari compiuti per l’azienda, e per questo tipo di attività gli corrisponde una certa cifra.
Il motivo di questo meccanismo è di facile intuizione.
Nell’ipotesi in cui l’attività non risulti più fiorente e si accumulino debiti, i creditori potranno aggredire il patrimonio del prestanome, che normalmente è un soggetto nullatenente, mentre il patrimonio dell’imprenditore occulto rimarrà al riparo da ogni possibile vicenda.
L’imprenditore occulto, in definitiva, ha delle motivazioni precise in base alle quali sceglie di non spendere il proprio nome nella gestione dell’azienda e restare ai margini.
Chi è l’imprenditore occulto
L’imprenditore occulto, come anticipato, è quel soggetto che si avvale di un prestanome per l’esercizio dell’attività di impresa. Gli atti compiuti dal prestanome, dunque, saranno imputabili direttamente allo stesso.
In realtà, la direzione dell’azienda e il godimento dei proventi derivanti dallo svolgimento dell’attività economica saranno dell’imprenditore occulto, il quale, come anticipato, si avvale del prestanome per non rispondere con il proprio patrimonio dei debiti societari.
Il meccanismo sotteso al rapporto tra imprenditore occulto e prestanome è stato ricondotto allo schema del mandato senza rappresentanza, di cui all’art. 1705 del Codice civile.
Sulla base di questa disposizione, il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi.
In caso di fallimento, bisogna dunque stabilire cosa accade.
Secondo parte della dottrina, per i debiti societari risponde il prestanome in solido con l’imprenditore occulto.
A sostegno di questa impostazione, aderente alla realtà dei fatti, vengono apportate una serie di norme dell’ordinamento, la cui ratio sarebbe quella di rendere assoggettabile al fallimento tutti i soci illimitatamente responsabili.
La giurisprudenza maggioritaria, tuttavia, tende a respingere questo genere di impostazione, poiché si fonderebbe su criteri di imputazione della responsabilità eccessivamente elastici.
Inoltre, i creditori dell’imprenditore occulto, qualora si aderisse all’impostazione abbracciata da parte della dottrina, risulterebbero eccessivamente esposti alle vicende patrimoniali derivanti dal fallimento dell’impresa, pur non avendo mai avuto conoscenza della reale consistenza degli affari in cui risulta coinvolto l’imprenditore che non ha mai speso il proprio nome.