I lavoratori italiani ogni mese sono alle prese con la lettura della propria busta paga, per controllare quanto erogato dal datore di lavoro nello stipendio mensile. Capita spesso che le voci inserite generano dei dubbi sulla correttezza della busta paga stessa. In alcuni casi ci sono dei veri e propri errori nella busta paga e il lavoratore si chiede cosa fare.
La risposta generale è che ogni dato sbagliato nella busta paga va trattato singolarmente.
Ossia bisogna verificare se trattasi di un errore materiale o una vera e propria omissione del datore di lavoro.
L’elaborazione della busta paga è generalmente affidata a dei professionisti quali i Consulenti del Lavoro oppure ad impiegati qualificati interni all’azienda che sono specializzati nell'elaborazione delle retribuzioni (payroll).
Ma in caso di errore accertato, il lavoratore ha come prima strada quella di segnalare all’azienda quelli che sono sospetti errori in busta paga.
La complessità della lettura della busta paga non aiuta. La maggior parte dei lavoratori si chiede infatti “come leggere la busta paga?”. Però in molti, col tempo, imparano molto bene a controllare il proprio stipendio. Può capitare anche che, visto la complessità del calcolo della busta paga, il lavoratore semplicemente si sbagli. E in realtà non vi siano errori.
In questo approfondimento, cerchiamo di rispondere ad una serie di domande e dubbi dei lavoratori italiani alle prese con il controllo della propria busta paga, per aiutarli caso dopo caso.
Cosa deve contenere la busta paga e il Libro Unico
Il principio generale dettato dalla Costituzione all'art. 36 è quello che “la retribuzione costituisce il corrispettivo della prestazione fornita dal lavoratore che ha diritto ad un compenso proporzionato alla quantità e qualità del suo lavoro”.
Tradotto in termini pratici, il lavoratore ha diritto ad essere retribuito in busta paga sulla base di quanto gli spetta di diritto per la quantità (le ore di lavoro effettuate) e la qualità del suo lavoro (deve essere retribuito secondo il CCNL di settore e in base al livello spettante).
Partiamo dalla base, ossia elencare cosa deve contenere obbligatoriamente una busta paga, quindi quali sono i dati che se mancanti determinano un omissione da parte del datore di lavoro, quindi un possibile errore in busta paga.
La busta paga o prospetto paga deve quindi contenere una retribuzione corretta in base alle ore lavorate, alle indennità spettanti secondo il contratto collettivo, nonché la puntuale indicazione di tutti i dati obbligatori per legge:
- i dati del lavoratore (nome, cognome, codice fiscale);
- l’inquadramento e il livello contrattuale, la data di assunzione e la data di fine rapporto di lavoro, le posizioni Inail e Inps, i dati relativi all’autorizzazione Inail (ex timbro Inail);
- tutti gli elementi fissi e continuativi della retribuzione (paga base, indennità di contingenza, eventuale superminimo);
- gli eventuali scatti di anzianità di servizio;
- tutte le indennità spettanti secondo il CCNL (il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro);
- Le somme a titolo di rimborso spese o trasferta;
- Le trattenute a qualsiasi titolo effettuate (contributi previdenziali Inps, ritenute Irpef, rate di addizionali regionali e comunali, ecc.);
- Le detrazioni fiscali (detrazioni per lavoro dipendente, detrazioni per figli a carico, detrazioni per coniuge a carico, detrazioni per familiari a carico);
- L’assegno per il nucleo familiare (se spetta, vista l'introduzione dell'assegno unico e universale per figli a carico);
- e le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali (indennità di malattia ad esempio).
Lavoro straordinario in busta paga. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Generalmente si trovano nel corpo centrale del cedolino paga dove si trovano le retribuzioni non fisse e continuative.
Il calendario presenze nel Libro Unico. Il libro unico del lavoro, che non è altro che l’unione del libro paga e del libro matricola da tempo abrogati, deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi.
Il calendario presenze non deve essere obbligatoriamente consegnato al lavoratore, al quale invece spetta per legge la busta paga, appunto. Per maggiori informazioni vediamo le modalità di consegna della busta paga.
Cosa fare se la busta paga è sbagliata
Abbiamo detto in premessa che la busta paga deve compensare il lavoratore di tutti i suoi diritti in materia di retribuzione. Detto in altre parole, al lavoratore spetta uno stipendio correttamente elaborato sulla base delle ore lavorate, del livello contrattuale e del contratto collettivo.
In Italia il calcolo della busta paga è complesso e quindi può capitare di frequente che possa esserci qualche errore nell’elaborazione della busta paga. Ma bisogna distinguere sempre due casi:
- quando la busta paga è sbagliata per errore materiale del datore di lavoro (o di chi elabora le buste paga);
- oppure quando c’è un comportamento illecito del datore di lavoro che omette o registra in maniera infedele di dati retributivi in busta paga generando differenze sui trattamenti retributivi, previdenziali e fiscali spettanti al lavoratore.
In sostanza in alcuni casi c’è un mero errore o mancanza in busta paga, in altri casi ci sono delle vere e proprie omissioni di voci o di indennità o di ore lavorate per volontà del datore di lavoro che occulta parzialmente o totalmente alcuni elementi della retribuzione spettanti al lavoratore.
Cosa fare se la busta paga è errata? E’ chiaro che il lavoratore deve comportarsi in maniera differente, in base al caso che gli è capitato.
Se l’errore in busta paga è un errore materiale, la migliore cosa da fare è presentare una richiesta scritta al datore di lavoro (potrebbe bastare anche un email), con la quale si evidenzia quali sono gli errori, le omissioni e quindi richiedere una modifica della busta paga oppure un conguaglio delle retribuzioni mancanti nelle buste paga successive.
Se invece è il datore di lavoro che volontariamente omette di inserire in busta paga alcune voci della retribuzione (dalle ore lavorate, alle ore di ferie e permessi, dagli straordinari o alla retribuzione per lavoro festivo ad alcune le indennità previste dal CCNL), allora in quel caso di parla di un comportamento illecito da parte del datore di lavoro che genera in favore del lavoratore delle differenze retributive.
In questi casi è bene che il lavoratore prima di agire si rivolga ad un Avvocato o un Consulente del Lavoro o anche un sindacato, per far valere i propri diritti o comunque valutare i passi da farsi per rivendicare le somme che non gli sono state erogate in busta paga.
Fatta la doverosa premessa, diamo ora risposta a tutti quei casi particolari che possono capitare quando nella busta paga c’è un omissione, un errore, un dato sbagliato o un dato mancante. O un comportamento illecito del datore di lavoro.
Busta paga errata: è possibile correggerla?
La risposta è sì, ovviamente sì. E’ possibile correggere un errore in busta paga. Ma ci sono delle scadenze: Il datore di lavoro ha tempo per emettere il Libro unico del Lavoro fino al 16 del mese successivo al mese di elaborazione.
Per intenderci, se si tratta dell’elaborazione della busta paga di gennaio, il datore di lavoro può emetterla fino al 16 febbraio (se la busta è quella di febbraio, ha tempo fino al 16 marzo e così via).
Il 16 del mese successivo è la data entro la quale il datore di lavoro paga l'F24 contenente i contributi e le “tasse” (Irpef e addizionali) trattenute in busta paga al lavoratore.
Per quanto riguarda i contributi, il datore di lavoro versa anche la quota a carico azienda, oltre che i contributi a carico del lavoratore dipendente.
E’ chiaro che un eventuale variazione delle buste paga può essere fatta entro la scadenza del 16, giorno ultimo per il versamento in F24. Ovviamente, se ad apposita richiesta di variazione delle buste paga, il datore di lavoro risponde di aver già versato l’F24, allora probabilmente gli errori in busta paga potranno essere conguagliati con il riconoscimento delle voci omesse nella busta paga successiva.
Quindi il lavoratore che si accorge di un errore nella propria busta paga, soprattutto se comporta il riconoscimento di qualche indennità aggiuntiva oppure qualche ora di ferie o permessi retribuiti oppure di qualche detrazione fiscale o comunque se comporta variazioni in termini di netto in busta paga del lavoratore, deve sapere che il datore di lavoro può elaborare la variazione della busta paga stessa entro il 16 del mese successivo (se non è stato già versato l’F24 in data precedente), perché è anche il termine ultimo per ricalcolare le buste paga e di conseguenza anche i contributi e le tasse da pagare con l’F24 in scadenza proprio il 16.
Cosa succede se un lavoratore si accorge dopo il 16 del mese successivo che non gli è stata pagata qualche voce della retribuzione?
Beh in questo caso può richiedere al datore di lavoro di erogare la differenza spettante nelle buste paga successive, ovviamente riconoscendo degli “arretrati anno corrente” in busta paga oppure degli “arretrati anno precedente” nel caso in cui la busta paga dove c’era la voce mancante è dell’anno precedente. In quest’ultimo caso la tassazione applicata è quella separata, mentre per gli arretrati anno corrente la tassazione è quella normale, con le aliquote Irpef.
Busta paga senza numero progressivo? Busta paga senza timbro Inail? Busta paga senza matricola Inps?
In questo caso, a meno che il datore di lavoro non abbia rilasciato una copia bozza della busta paga al lavoratore, abbiamo la presenza di errori importanti nell’elaborazione del Libro Unico del lavoro.
E’ infatti obbligatorio per legge che il LUL o la busta paga contenga l’indicazione della posizione INPS (matricola Inps dell’azienda), della posizione INAIL (codice PAT territoriale) e per rendere ufficiale e valido il Libro Unico, quindi la busta paga, l’indicazione dell’autorizzazione Inail rilasciata alla casa produttrice del software di elaborazione delle paghe, nonché, soprattutto, l’indicazione del numero di autorizzazione all’emissione del Libro Unico, sempre rilasciata dall’Inail in luogo del vecchio timbro Inail.
Pertanto tutte queste voci devono essere indicate in busta paga per far sì che essa sia una busta paga “ufficiale”. Ovviamente nella busta paga devono esserci anche i dati del lavoratore, dal codice fiscale al livello contrattuale, alla mansione, alla data di assunzione e la data di scadenza del contratto, le ore lavorabili e le ore retribuite di quel mese, ecc.
Busta paga senza data scadenza contratto
Se il lavoratore ha un contratto a tempo indeterminato, è giusto che la casella “data scadenza contratto”, che generalmente è nella parte alta del cedolino accanto ai dati del lavoratore, sia vuota.
Se invece il lavoratore ha un contratto a tempo determinato o contratto a termine, o comunque un contratto con una data di termine, è obbligatorio inserire la data di scadenza del contratto nella busta paga.
Nel caso in cui nel mese di elaborazione della busta paga il contratto di lavoro si è concluso, ossia c’è stato un licenziamento o una dimissioni in una data del mese, allora nella casella ci sarà indicata la data dell’ultimo giorno di lavoro effettuato dal lavoratore (es. lavoratore licenziato il 14 aprile, nella busta paga deve esserci indicato 14 aprile come ultimo giorno di lavoro nella casella “data scadenza contratto” e al lavoratore vanno erogate tutte le indennità di fine rapporto, quali ferie residue, permessi residui, ratei di tredicesima e quattordicesima, nonché il TFR e in alcuni casi anche l’indennità sostitutiva del preavviso).
Nel caso non vi fosse tale data, è possibile che il rapporto di lavoro non sia stato chiuso, almeno in busta paga. Il lavoratore se ne accorgerà se nelle busta paga mancano il pagamento delle indennità di fine rapporto.
Busta paga senza contributi Inps e/o esonero contributivo del 6 o 7%
Coloro che sospettano che nella busta paga non ci siano i contributi Inps trattenuti e versati, devono controllare bene la parte centrale e la parte finale del cedolino paga. Generalmente nelle buste paga viene inserito nel corpo centrale del cedolino o nella parte bassa della busta paga il calcolo dei contributi.
Più precisamente il lavoratore troverà indicato l’imponibile previdenziale o imponibile Inps e poi accanto il calcolo dei contributi Inps a proprio carico. E’ infatti sull’imponibile previdenziale che viene calcolata la quota di contributi a carico del lavoratore trattenuta in busta paga, che generalmente è del 9,19%.
Poi al lavoratore viene potenzialmente riconosciuto l'esonero contributivo del 6 o 7% che riduce i contributi a carico del lavoratore.
Se tra le trattenute in busta paga, il lavoratore trova ritenute a titolo di contributi, allora i contributi previdenziali nella busta paga ci sono e sono calcolati. In busta paga si troverà evidenza solo dei contributi a carico del lavoratore, mentre l’azienda effettivamente verserà oltre ai contributi a carico del lavoratore, anche quelli a proprio carico, in base alle aliquote contributive dell’Inps.
Busta paga senza trattenute Irpef
La busta paga nella parte centrale del cedolino paga o nella parte conclusiva in basso del prospetto paga contiene anche il calcolo delle “tasse”, ossia la tassazione applicata al lavoratore. In questo caso l’Irpef viene calcolata, sulla base delle aliquote Irpef, sull’imponibile fiscale (che in busta paga, potete controllarlo, non è altro che l’imponibile previdenziale meno i contributi Inps a carico del lavoratore).
La tassazione in busta paga viene calcolata sulla base del reddito presunto o del reddito comunicato dal lavoratore con il modulo detrazioni. Le stesse detrazioni fiscali sono calcolate sulla base del reddito. Parliamo delle detrazioni per lavoro dipendente ma anche le detrazioni per coniuge, figli e altri familiari a carico.
Se nella busta paga non ci sono le trattenute, vuol dire che il reddito annuo è basso e quindi probabilmente il lavoratore è incapiente, ossia non paga l’Irpef perché la detrazione per lavoro dipendente supera l’imposta Irpef lorda oppure la somma delle detrazioni (per lavoro dipendente per familiari a carico) supera l’imposta lorda. Si parla di un lavoratore che è incapiente, quindi se vi comunicato un incapienza fiscale, la motivazione è questa.
La logica conseguenza è che nella busta paga a quel punto non ci sono trattenute a titolo di Irpef. Il lavoratore può controllare nella propria busta paga gli importi a titolo di “imposta lorda”, di “imponibile fiscale” del mese, di “detrazioni spettanti” e di conseguenza l’Irpef pagata o non pagata.
Busta paga senza detrazioni per lavoro dipendente
Al lavoratore dipendente spettano le detrazioni per lavoro dipendente riconosciute in via automatica e sono calcolate in base al reddito annuo presunto. Sono indicate generalmente nella parte bassa del cedolino paga.
E’ bene dare un occhiata al proprio reddito imponibile annuo per verificare se spettano le detrazioni per lavoro dipendente. In ogni caso sono un diritto del lavoratore e quindi se sono mancanti in busta paga, è bene fare specifica richiesta presentando al datore di lavoro il modulo detrazioni.
In ogni caso, il lavoratore può recuperare le detrazioni arretrate tramite il datore di lavoro nel conguaglio fiscale di fine anno oppure autonomamente presentando l’anno successivo la dichiarazione dei redditi, modello 730 o Unico PF.
Busta paga senza detrazioni per figli a carico
Nella parte bassa del cedolino, generalmente, comunque accanto alla detrazione per lavoro dipendente, ci sono indicate anche le detrazioni per figli a carico. Se sono mancanti vuol dire che il lavoratore non ha presentato al datore di lavoro il modulo detrazioni richiedendo la detrazione per i figli a carico.
Ricordiamo che la detrazione per figlio a carico può spettare per i figli di età pari o superiore a 21 anni, essendo prevista l'erogazione dell'assegno unico e universale per figli a carico di età inferiore a 21 anni, che non transita in busta paga ma viene riconosciuto direttamente dall'Inps su domanda della famiglia.
Prima di contestare al datore di lavoro il mancato inserimento delle detrazioni per figli a carico, se si è presentato il modulo detrazioni, è bene controllare tra reddito e requisiti (come ad esempio lo status di familiare a carico), se vi spettano le detrazioni per figli a carico.
Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia inserito le detrazioni per figli a carico in busta paga è bene segnalare che è possibile recuperare le stesse nel conguaglio fiscale di fine anno, sempre elaborato dal datore di lavoro, oppure nella dichiarazione dei redditi nell’anno successivo.
Busta paga senza detrazione per coniuge a carico
E’ lo stesso discorso delle detrazioni per figli a carico di cui sopra.
La detrazione per moglie a carico o per marito a carico spetta se viene richiesta con il modulo detrazioni al datore di lavoro. Anche in questo caso è bene controllare se tra reddito e requisiti, ivi compreso lo status di familiare a carico, se vi spettano le detrazioni per coniuge a carico in busta paga. In ogni caso sono anch’esse indicate nel cedolino paga generalmente nella parte bassa e accanto alle detrazioni per lavoro dipendente e le altre detrazioni.
Anche in questo caso è possibile recuperare la detrazione per coniuge a carico arretrati direttamente in busta paga con il conguaglio fiscale di fine anno, elaborato dal datore di lavoro, oppure presentando il 730 l’anno successivo.
Busta paga senza bonus di 100 euro (trattamento integrativo)
Il famoso trattamento integrativo (ex bonus Renzi), chiamato anche bonus 100 euro spetta ai lavoratori dipendenti che hanno un reddito annuo inferiore a 15.000 euro. Solo in questo caso spettano 101,92 euro nei mesi di 31 giorni e98,63 euro in busta paga per i mesi di 30 giorni. In alcuni casi viene erogato in busta paga sempre 100 euro, anche se non è corretto.
Il trattamento integrativo spetta anche a coloro che hanno un reddito da 15.000 euro a 28.000 euro, ma viene riconosciuto in dichiarazione dei redditi. Vi consigliamo di leggere la guida al trattamento integrativo.
Se in busta paga mancano i 100 euro del trattamento integrativo, probabilmente il reddito imponibile fiscale dell’anno precedente o presunto nell’anno è superiore a 15.000 euro e quindi non spetta in maniera automatica. Anche per coloro che hanno una busta paga part-time, il trattamento integrativo non spetta se, lavorando tutto l’anno, l'imposta Irpef non supera la detrazione per lavoro dipendente.
Quindi molto probabilmente se il bonus di 100 euro in busta paga non è stato erogato dal datore di lavoro i casi sono due:
1) il lavoratore è incapiente o supera i 15.000 euro di reddito;
2) non è stata fatta una richiesta di erogazione del bonus al datore di lavoro.
Busta paga senza addizionale regionale o comunale
Le addizionali regionali e comunali sono pagate dai contribuenti che nell’anno precedente hanno avuto l’imposta Irpef da pagare.
Se il lavoratore non trova addebitate in busta paga le addizionali, molto probabilmente non sono dovute.
In ogni caso è possibile controllare se ci sono errori in busta paga sulle addizionali controllando la busta paga di dicembre dell’anno precedente, dove c’è il calcolo del conguaglio fiscale di fine anno e quindi anche l’eventuale calcolo delle addizionali regionali e comunali dovute ed eventualmente trattenute tutte insieme nella busta paga di dicembre. In questo caso nell’anno successivo il lavoratore non si trova addebitate le addizionali in busta paga.
Busta paga senza TFR
A meno che il lavoratore non richieda un anticipazione del TFR, la busta paga contenente il TFR è quella conclusiva del rapporto di lavoro oppure la busta paga emessa successivamente alla conclusione del rapporto di lavoro appositamente per erogare il trattamento di fine rapporto al lavoratore.
Se nella ultima busta paga non c’è il TFR, ma solo le eventuali indennità residue per ferie non godute, permessi non goduti e l’eventuale indennità sostitutiva del preavviso, il lavoratore deve farne richiesta al datore di lavoro per ottenere il trattamento di fine rapporto spettante.
Il datore di lavoro in molti casi può erogare il TFR anche in un mese successivo a quello di fine rapporto, emettendo un ulteriore busta paga. Per quanto riguarda il termine di pagamento del TFR bisogna consultare il proprio CCNL. Per prassi, il datore di lavoro può anche erogare il TFR dopo qualche mese, ma bisogna considerare anche il diritto del lavoratore agli interessi e le rivalutazioni monetarie se il pagamento del TFR avviene in ritardo.
In ogni caso, pur se non pagato, è bene richiedere esplicitamente o ottenere l’inclusione del TFR nella busta paga in quanto, pur se non pagato, il TFR inserito in busta paga permette al lavoratore di ottenere un decreto ingiuntivo in caso di contenzioso, ossia quando il datore di lavoro a seguito di licenziamento o dimissioni non intende pagare il TFR.
Busta paga senza l’indicazione delle ferie e dei permessi
Purtroppo capita spesso che nelle buste paga il datore di lavoro, pur pagando la retribuzione giusta, pur erogando normalmente il pagamento dello stipendio, non inserisca le ferie e i permessi residui maturati fino al mese di emissione delle buste paga.
Onde evitare disguidi in merito al numero di ore o giorni di ferie e permessi spettanti, goduti e residui, il lavoratore deve inviare al datore di lavoro un apposita richiesta di variazione del cedolino, se la busta paga è senza l’indicazione delle ferie e dei permessi residui.
Se invece l’indicazione delle ferie e dei permessi in busta paga c’è, ma c’è un errore nelle ferie in busta paga o nell’indicazione dei permessi retribuiti residui, è bene che la cosa sia segnalata al datore di lavoro con una richiesta di chiarimenti o ricalcolo delle ferie o permessi residui.
Datore di lavoro non inserire le ferie in busta paga. Se invece la mancata indicazione delle ferie e dei permessi residui è frutto di un comportamento illecito del datore di lavoro, il lavoratore può sempre dimostrare in un eventuale contenzioso al termine del rapporto di lavoro, o anche in costanza di rapporto di lavoro, l’effettivo ammontare delle ferie non godute o dei permessi retribuiti non goduti, che danno diritto al termine del rapporto alle rispettive indennità per ferie non godute e indennità per permessi residui.
Ferie non godute ma segnate in busta paga: cosa fare
In questo caso non si tratta di un errore in busta paga ma evidentemente di un comportamento illecito del datore di lavoro, il quale “scala” ore o giornate di ferie al lavoratore, senza che le ferie stesse siano godute. Del resto, il godimento delle ferie è obbligatorio per legge. Così facendo il datore di lavoro, da un lato, “risparmia” di pagare l’eventuale indennità sostitutiva per ferie non godute al termine del rapporto di lavoro, dall’altro lato si garantisce le prestazioni di lavoro del lavoratore, senza che si assenti per le ferie.
Se il lavoratore si trova delle giornate o ore di ferie scalate in busta paga pur non avendole godute può ovviamente contestare immediatamente al datore di lavoro tali voci oppure, nel caso in cui tema ripercussioni sul proprio rapporto di lavoro, può procurarsi le prove per dimostrare al termine del rapporto di lavoro di non aver realmente goduto delle ferie indicate nelle buste paga emesse dal datore di lavoro.
Ovviamente per recuperare le ferie non godute effettivamente ma segnate in busta paga, ottenendo quindi l’indennità sostitutiva delle ferie non godute (in caso di fine rapporto), è necessario rivolgersi ad un Avvocato ed ad un Consulente del Lavoro per la quantificazione delle differenze retributive spettanti.
Errori sulle ore o giornate lavorate in busta paga
Il lavoratore ha diritto al pagamento della retribuzione per le ore e le giornate che ha lavorato nel mese di riferimento. Quindi in busta paga il datore di lavoro deve retribuire tutte le ore lavorate, soprattutto se si tratta di operai.
Per gli impiegati va sottolineato, e chiarito agli impiegati che controllano le giornate pagate nella loro busta paga, che aldilà quanto indicato in busta paga come ore lavorate e ore retribuite, generalmente all’impiegato spettano 26 giornate pagate per un totale della retribuzione percepita che deve essere pari al totale degli elementi fissi e continuativi indicati in busta paga stessa.
In altre parole il lavoratore impiegato ha diritto alla paga base, più l’indennità di contingenza, l’EDR, l’eventuale superminimo assorbibile, gli scatti di anzianità e tutte quelle voci indicate nella parte alta del cedolino, che formano un totale spettante (o elementi fissi e continuativi della retribuzione), che nel caso degli impiegati è poi erogato “diviso 26” per 26 giornate retribuite al mese, quindi di fatto interamente.
Per gli operai il calcolo della retribuzione è diversa, in quanto essi vengono pagati in base alle ore lavorate nel mese. Se si riscontrano differenze tra le ore effettivamente lavorate e le ore retribuite in busta paga è bene segnalare l’errore al datore di lavoro, il quale è obbligato a variare la busta paga.
Se invece trattasi di un comportamento illecito da parte del datore di lavoro, ossia l’azienda appositamente eroga in busta paga un numero di ore di lavoro inferiore a quelle spettanti, è bene che il lavoratore abbia le prove delle ore di lavoro svolte in quel mese o in tutti i mesi in cui ci sono mancati pagamenti della retribuzione perché nella busta paga sono retribuite ore inferiori a quelle lavorate.
Nei casi in cui c’è un comportamento datoriale scorretto sulle buste paga, è altresì necessario rivolgersi ad un Consulente del Lavoro per la verifica delle proprie buste paga in quanto le ore lavorate in più rispetto a quelle retribuite, ma in realtà anche le ore retribuite in busta paga, potrebbero generare delle differenze retributive spettanti al lavoratore, anche perché potrebbe aver maturato delle ore di lavoro supplementare (nel caso del part-time), straordinario o festivo, non indicate in busta paga, per errore di calcolo della stessa oppure per comportamento illecito del datore di lavoro.
Mancata indicazione in busta paga delle voci fisse
Le voci fisse, come abbiamo già accennato, sono gli elementi fissi e continuativi della busta paga spettanti al lavoratore. Nella parte alta del cedolino il lavoratore può trovare indicata la paga base, l’indennità di contingenza, l’EDR, il superminimo assorbibile e gli scatti di anzianità spettanti. Queste voci formano la paga normale mensile spettante al lavoratore, sulla quale vengono anche calcolate la retribuzione oraria (che è il totale delle retribuzione fisse diviso il divisore orario indicato nel CCNL, che in molti casi è 172 o 168) e giornaliera (che è il totale della retribuzione diviso 26) spettante al lavoratore.
Per maggiori informazioni è possibile leggere gli speciali su:
- paga base e indennità di contingenza;
- scatti di anzianità;
- superminimo assorbibile;
- EDR e terzo elemento della retribuzione.
Queste voci sono collegate al livello contrattuale spettante. Quindi è bene controllare, sulla base del CCNL, se queste voci fisse e continuative sono erogate nella maniera giusta, ossia secondo il livello contrattuale spettante effettivamente o indicato nella lettera di assunzione è quello poi retribuito nella busta paga.
Soprattutto è bene controllare se ci sono errori od omissioni da parte del datore di lavoro riguardo a queste voci della retribuzione fisse e continuative. Ossia se manca l’indennità di contingenza oppure non sono stati pagati gli scatti di anzianità in quel mese o nei mesi precedenti, oppure semplicemente è scattato l’aumento contrattuale da rinnovo CCNL secondo le tabelle retributive del CCNL ma il datore di lavoro ha dimenticato di aggiornare la retribuzione in busta paga (capita di frequente).
In questi casi è possibile richiedere la correzione delle buste paga o l’erogazione di arretrati se l’errore riguarda più buste paga. In questo caso nel cedolino paga poi si troveranno delle voci a titoli di “arretrati anno corrente” o, se trattasi di retribuzioni dell’anno precedente, “arretrati anno precedente”.
In ogni caso, nell’eventualità che il datore di lavoro non paghi le differenze retributive spettanti e maturate, si può avviare un contenzioso, sempre rivolgendosi ad un Avvocato o un sindacato e, per la quantificazione delle somme, ad un Consulente del Lavoro. Prima di avviare un contenzioso, se il lavoratore ritiene che siano errori materiali in busta paga, è sempre consigliabile inviare una richiesta scritta al datore di lavoro dove si richiedono tutte le voci non pagate.
Busta paga part-time ma lavoro full-time. Analogo discorso, quello di ipotizzare l’avvio di un contenzioso, è per il caso in cui il lavoratore svolge un attività di lavoro full time ma la busta paga emessa dal datore di lavoro è un part-time, a quel punto simulato. In questo caso non si parla di errori nella busta paga, ma di un comportamento datoriale atto ad occultare parzialmente il rapporto di lavoro ottenendo un risparmio sui contributi e la tassazione. Quando il lavoratore ha una busta paga part-time ma lavora full-time, se viene pagato secondo un part-time, si parla di notevoli differenze retributive maturate ogni mese dal lavoratore per il differente orario di lavoro svolto rispetto a quello retribuito in busta paga.
Busta paga senza indennità previste dal CCNL
Ora passiamo alle voci variabili nella busta paga. Nella parte centrale del cedolino vengono indicate ogni mese le indennità spettanti al lavoratore e tutte quelle voci che non sono erogate in maniera fissa ma che sono erogate quando il lavoratore esegue una prestazione particolare.
Le indennità in busta paga possono essere tante (dall’indennità di presenza, all’indennità chilometrica, all’indennità speciale, all’indennità di presenza, all’indennità di mensa, all’indennità di disagio, ecc.).
Ogni contratto collettivo prevede delle indennità specifiche legate a quel settore. Alcune indennità, come l’indennità di cassa o l’indennità di maneggio denaro ad esempio, dipendono dal tipo di prestazione svolta dal lavoratore.
Se nella busta paga ci sono errori od omissioni riguardo queste indennità, che generalmente sono indicate nella parte centrale del cedolino tra le voci variabili, è bene segnalare al datore di lavoro la necessità di variare la busta paga ed erogare la giusta retribuzione attraverso una comunicazione scritta.
Se il mancato pagamento delle indennità è dovuto ad un omissione voluta dal datore di lavoro, è bene che il lavoratore agisca anche in questo caso, rivolgendosi ad un Avvocato o un Consulente del Lavoro, in quanto deve valutare se la mancata erogazione dell’indennità può essere poi dimostrata in giudizio in un futuro.
Ad esempio, il mancato riconoscimento dell’indennità di cassa, comporta che il lavoratore poi deve dimostrare di aver avuto funzioni di cassa nell’espletamento della propria attività lavorativa, quindi potrebbe essere necessario rivendicare con una lettera al datore di lavoro l’indennità non riconosciuta. O comunque valutare, rivolgendosi ad un Avvocato, se sussistono gli elementi per dimostrare in un eventuale giudizio di aver esercitato quelle funzioni di cassa che permettono il diritto alla relativa indennità.
Busta paga senza indennità di malattia
Questo è un caso diverso, in quanto l’indennità di malattia pur essendo pagata dal datore di lavoro è erogata dall’Inps. La normativa prevede che l’indennità di malattia venga pagata dall’Inps, dopo i 3 giorni di carenza, nella misura del 50% che poi diventa del 66% dopo 20 giorni. Ma molti CCNL prevedono che il datore di lavoro debba pagare in busta paga un “integrazione malattia” fino al 100% della retribuzione. Quindi il lavoratore in busta paga deve trovarsi due voci, una come “indennità di malattia c/Inps” e l’altra come “integrazione malattia”. Se la malattia è iniziata nel mese il lavoratore deve ricevere, per i primi tre giorni, anche il pagamento della voce “carenza malattia”. Se ciò non accade, ma il lavoratore ha regolarmente presentato il certificato di malattia, abbiamo un caso di mancato pagamento della malattia.
In caso di mancato pagamento della carenza malattia, il lavoratore deve immediatamente contestare all’azienda la busta paga con l’omissione. Analogo discorso se c’è un mancato pagamento dell’integrazione al 100% della malattia a carico della ditta.
Se la malattia non è pagata dal datore di lavoro, il lavoratore deve agire contestando l’illecito al datore di lavoro, che è obbligato ad adempiere a tale obbligo. Nei casi estremi, il lavoratore può denunciare agli ispettori dell’Inps il mancato pagamento dell’indennità di malattia.
Come richiedere il pagamento dell’indennità di malattia direttamente all’Inps? Solo in alcuni casi ciò è possibile. L’Inps paga direttamente l’indennità di malattia ai lavoratori agricoli, ai lavoratori stagionali assunti a tempo determinato e ai lavoratori sospesi o disoccupati che non godono di trattamenti di integrazione salariale.
Stipendio inferiore alla busta paga: cosa fare
Nella maggior parte dei casi in cui ci sono errori, la busta paga è errata in difetto, ossia con una indicazione della retribuzione sbagliata e inferiore. Se il lavoratore ha diritto ad uno stipendio più alto di quello indicato in busta paga, come abbiamo più volte detto, è bene segnalare al datore di lavoro quali sono le voci mancanti o sbagliate all’interno della busta paga. Quindi formalizzare una richiesta di modifica delle buste paga. Nel caso in cui invece lo stipendio percepito è inferiore a quanto indicato in busta paga, il lavoratore ha diritto alle differenze retributive tra quanto percepito e quanto indicato in busta paga.
Poi c’è il caso in cui la busta paga è errata in eccesso, ossia al lavoratore viene riconosciuto in busta paga denaro o voci in più del dovuto. In quel caso, è bene che il lavoratore segnali al datore di lavoro gli errori in busta paga al fine di conguagliare il tutto nelle retribuzioni successive.
Va detto però che se la retribuzione più alta è stata erogata al lavoratore per un numero consistente di mensilità, di fatto la retribuzione percepita potrebbe essere considerata anche un diritto acquisito del lavoratore, anche se sono stati erogati soldi in più in busta paga per errore.
Busta paga inferiore allo stipendio netto percepito: cosa fare
E’ il caso contrario a quello in cui il lavoratore lavora full-time e viene retribuito con una busta paga part-time.
In questo caso invece lo stipendio percepito è più alto della busta paga. Ossia il lavoratore ad esempio lavora full-time, viene retribuito full-time, ma riceve una busta paga da lavoratore part-time o comunque inferiore a quella spettante in base alle ore lavorate ed al livello spettante.
In questo pur se la retribuzione effettivamente percepita è superiore a quanto indicato in busta paga, sussiste comunque un danno per il lavoratore in quanto la busta paga inferiore al dovuto, comporta comunque un danno in riferimento non solo ai contributi previdenziali versati ma anche in riferimento al TFR maturato in busta paga, nonché le ferie ed i permessi retribuiti maturati, oltre che la tredicesima e l’eventuale quattordicesima.
Anche il lavoratore che è in possesso di una busta paga inferiore allo stipendio percepito deve consultare un Avvocato ed un Consulente del lavoro in quanto potrebbe aver subito dei danni dal punto di vista economico.
Errore bonifico della busta paga
Può capitare che la busta paga sia corretta, quindi che in essa vi siano tutti gli elementi calcolati in maniera corretta, ma che semplicemente il pagamento della retribuzione venga effettuato in maniera sbagliata.
Ossia che il datore di lavoro commetta un errore nel bonifico della busta paga erogando una cifra superiore o inferiore al lavoratore. In questi casi è bene richiedere al datore di lavoro l’integrazione del pagamento, se il bonifico ricevuto è inferiore al netto in busta paga indicato nel cedolino, oppure segnalare il maggior pagamento se il bonifico ricevuto è superiore al netto in busta paga.
Nel residuale caso che il datore di lavoro paghi con bonifico un lavoratore per un importo superiore a quello indicato in busta paga, in quanto la busta paga non rispecchia effettivamente le ore di lavoro lavorate, allora in quel caso il lavoratore può utilizzare il pagamento con bonifico per dimostrare in giudizio il diritto a differenze retributive per aver lavorato complessivamente un numero di ore superiori a quelle indicate e calcolate nelle buste paga.
Errore in busta paga: prescrizione
Si tratta di un aspetto importante per coloro che intendono far valere i propri diritti innanzi al Giudice del Lavoro. Quindi questo aspetto legato alla prescrizione dei crediti di lavoro interessa coloro che devono avviare un contenzioso in quanto le buste paga non rispecchiano il proprio rapporto di lavoro. La prescrizione può essere in alcuni casi di 10 anni, quindi si può rivendicare le differenze retributive fino a 10 anni a ritroso, oppure in molti casi di 5 anni. A tal fine consigliamo di rivolgersi ad un Avvocato o Consulente del Lavoro.
Sanzioni in caso di busta paga errata
La legge prevede delle sanzioni per i datori di lavoro in caso di omessa o infedele registrazione dei dati nel Libro unico del lavoro e quindi di fatto delle sanzioni per la busta paga errata. Ma attenzione, dalle sanzioni è escluso l’errore meramente materiale, quindi il comportamento punito è quello del datore di lavoro che omette volontariamente la registrazione di dati nella busta paga che comportano modifiche alla retribuzione del lavoratore, ai contributi previdenziali e alle ritenute fiscali. Ad irrogare le sanzioni è l’Ispettorato del Lavoro. Vediamo tutti gli aspetti.
Sanzioni per il LUL (Libro Unico del lavoro). L’art. 22 del Decreto Legislativo n. 151/2015, in attuazione del Jobs Act, prevede che “Salvo i casi di errore meramente materiale, l'omessa o infedele registrazione dei dati nella busta paga (quelli obbligatori sopra descritti) che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con:
- la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro;
- Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 500 a 3.000 euro;
- Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro.
La nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 (sarebbero i dati sopra descritti che sono obbligatori in ogni busta paga) diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate”.
Con la circolare n. 26 del 2015, il Ministero del Lavoro ha chiarito il concetto di infedele registrazione. Il riferimento è quanto già chiarito con la circolare n. 2/2012 ossia che “il concetto di infedele registrazione nel libro unico (la busta paga) va riferito esclusivamente ai casi di difformità tra i dati registrati e il quantum della prestazione lavorativa resa o l’effettiva retribuzione o compenso corrisposto.
E’ quindi da escludersi qualsiasi valutazione in ordine alla riconduzione del rapporto ad altra tipologia contrattuale ovvero in ordine alla mancata corresponsione di determinate somme previste dalla contrattazione collettiva applicata o applicabile, rispetto alle quali è fatto salvo evidentemente il potere di emanare la diffida accertativa al fine di dare immediata tutela ai lavoratori interessati”.
In sostanza il Ministero del Lavoro ha chiarito che le sanzioni si applicano se nella busta paga del lavoratore mancano delle ore lavorate oppure mancano delle retribuzioni per lavoro festivo o straordinario, tali da rendere difforme le ore pagate da quelle effettivamente lavorate. La sanzione dovrebbe applicarsi inoltre se il datore di lavoro ha dimenticato di inserire qualche indennità prevista dal CCNL e quindi spettante al lavoratore. La stessa sanzione non si applica se ad esempio il lavoratore è inquadrato come apprendista ma in realtà l’apprendistato non è genuino, ma in questo caso ci sono altre tipologie di sanzioni. Ovviamente l’ispettore che rileva mancanze nella busta paga può emanare la diffida accertativa.
Il Ministero nella circolare precisa e sottolinea anche che le condotte di omessa e infedele registrazione, alle quali sono equiparate ai fini sanzionatori anche la tardiva compilazione del LUL, sono punibili a condizione che le stesse abbiano determinato differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali.
La mancata conservazione del Libro Unico per il termine previsto dal decreto di cui al comma 4 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro.
L’omessa esibizione del Libro Unico è punita con la sanzione da 200 a 2.000 euro per il datore di lavoro; da 250 a 2.000 euro per le associazioni di categoria; da 100 a 1.000 euro per i consulenti del lavoro.
Il Decreto conferma che alla contestazione delle sanzioni amministrative appena descritte provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente.