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13 Ottobre 2024
15:00

Enfiteusi: cos’è, come funziona e spiegazione del diritto reale

Il diritto di enfiteusi è il diritto reale meno frequentemente utilizzato nel nostro ordinamento.

Enfiteusi: cos’è, come funziona e spiegazione del diritto reale
Dottoressa in Giurisprudenza
Il diritto di enfiteusi, diritti reali

Il diritto di enfiteusi è uno dei diritti reali di godimento su cosa altrui descritti dal nostro ordinamento (artt. 957 – 977 c.c.)

L'enfiteusi riconosce al titolare del diritto (enfiteuta) il potere di utilizzare il fondo altrui e di percepirne anche i frutti, a patto di migliorarne le condizioni e di corrispondere periodicamente un canone.

Vediamo insieme l’evoluzione storica del diritto di enfiteusi.

Origine dell'enfiteusi: cenni storici

L’enfiteusi trae origine dall' “ager vectigalis” del diritto romano, ovvero una particolarità dell’ager publicus e che rappresentava, a propria volta, l’insieme del territorio (come latifondi, terreni ecc.) appartenenti allo stato.

Si trattava, quindi, dell’insieme delle terre conquistate alle popolazioni assoggettate e che veniva occupato dai coloni militari e dai cittadini, con il beneplacito dello stato.

Successivamente, nel corso del VII e VIII secolo, l’enfiteusi subì delle modificazioni sotto l’egida della Chiesa romana e in epoca feudale,  invece era utilizzato come strumento amministrativo per regolamentare la cessione/concessione dei fondi.

L'enfiteusi medievale intendeva concedere a terzi ampie porzioni di territorio: ciò rappresentava una pratica particolarmente diffusa a cui ricorrevano anche monasteri e abbazie che, non di rado, non riuscivano da soli a gestire i terreni di proprietà e la cui cura veniva quindi affidata ai cittadini.

Per lungo tempo, il diritto di enfiteusi ha subito un periodo di stasi all’interno dell'ordinamento, non subendo alcuna modificazione o ammodernamento sino all'inserimento nel Codice Civile del 1865

Soltanto con i successivi lavori di cui al Codice del 1942, a cui parteciparono personalità come Piero Calamandrei e Dino Grandi, la disciplina dell’enfiteusi ha trovato collocazione all’interno del Libro III e dei suoi articoli 957 a 977.

Allo stato attuale, il diritto di enfiteusi trova scarsa applicazione.

Il diritto di enfiteusi: cos'è e come funziona

L’enfiteusi (artt. 957  c.c.e seguenti) riconosce al titolare del diritto di poter disporre di un bene immobile (per esempio, un terreno) che è di proprietà di un terzo.

Il livellario (detto anche enfiteuta) ottiene sostanzialmente la concessione del fondo, percependone i frutti, ma impegnandosi ad apportare modificazioni migliorative e di corrispondere un canone periodicamente (in natura o denaro).

In base all'art. 975 c.c., una volta cessata l'enfiteusi, l'enfiteuta ha il diritto di percepire il rimborsi dei miglioramenti compiuti, in considerazione del valore assunto dal fondo accertati al momento della riconsegna.

L’enfiteusi può essere costituita sia su fondi urbani, sia su fondi agricoli.

In base all'art. 958 c.c.c, l'enfiteusi può essere perpetua oppure a tempo, tuttavia, mai per una durata inferiore ai 20 anni.

In ogni caso, la subenfiteusi non è ammessa (art. 968 c.c.).

Diritti e doveri dell'enfiteuta

L'enfiteusi, seppur limitatamente, concede al titolare del diritto poteri particolarmente estesi. Il diritto di enfiteusi può essere concesso a tempo determinato (vale a dire, fissando una scadenza) oppure in via perpetua.

L’enfiteuta, o livellario, esercita i suoi poteri sul fondo, sui frutti generati, sul tesoro ritrovato e sul sottosuolo del fondo le stesse facoltà. Vale a dire, comportandosi analogamente al proprietario.

L’enfiteuta può trasferire il proprio diritto ad altri, sia per atto tra vivi che per testamento (art. 965 c.c.)

Tra i doveri dell'enfiteuta, vi è l'obbligo di provvedere a interventi migliorativi per il fondo: tutti quei lavori che aumentano il prestigio e il valore economico del terreno, o quei lavori che ne incentivano la produttività.

L’enfiteuta, ex art. 957 c.c., sarà rimborsato delle spese sostenute per compiere simili lavori.

Ulteriormente, l'enfiteuta ha l'obbligo di pagare al concedente un canone periodicamente, che può consistere sia in una domma di denaro che in una quantità di beni in natura. Qualora vi fosse una insolita sterilità del fondo o perdita di frutti, in ogni caso l'enfiteuta non può pretendere nè la riduzione del canone, nè la sua remissione (art. 960 c.c.).

Costituzione ed estinzione dell’enfiteusi

L’enfiteusi può essere costituita con:

  • atto tra vivi, ovvero il contratto;
  • atto di ultima volontà, come il testamento;
  • atto amministrativo;
  • usucapione.

Ex art. 965 c.c., la costituzione dell'enfiteusi puà essere perpetua oppure a tempo, ma comunque non può eccedere i 20 anni.

L’enfiteusi si estingue per:

  • totale o parziale perimento del fondo;
  • scadenza del termine, nel caso di enfiteusi temporanea;
  • non uso per vent’anni;
  • usucapione del diritto di proprietà da parte dell’enfiteuta;

In questa ultima ipotesi, è il caso che ricorre così come descritto dall’art. 969 c.c., in cui viene disciplinata la ricognizione del diritto di enfiteusi da parte del proprietario, almeno un anno prima della scadenza del termine.

L’atto di ricognizione, consente al proprietario del fondo di dare prova e attestare la sua proprietà, al fine di non rendere usucapibile il fondo al suo enfiteuta.

Devoluzione e affrancazione

L’estinzione dell’enfiteusi, inoltre, può verificarsi per due ipotesi particolari:

  • devoluzione;
  • affrancazione.

Per devoluzione si intende l’azione con cui il proprietario richiede all’enfiteuta il pagamento del canone imposto e lo svolgimento delle azioni migliorative sul fondo.

Per affrancazione, invece, si fa riferimento al consolidamento nelle mani dell’enfiteuta sia della proprietà del fondi, sia dei frutti generati.

L’esigenza di una simile scelta è di tutelare l’enfiteuta, garantendogli un tempo minimo e necessario in ordine ai lavori migliorativi che è chiamato a svolgere.

La cancellazione dell’enfiteusi con decreto di trasferimento

Come sappiamo, un bene immobile può essere gravato dalla procedura esecutiva del pignoramento.

Nonostante ciò, il nostro ordinamento prevede che il Tribunale possa decidere che un bene pignorato venga trasferito ad un nuovo proprietario, aggiudicatario dell’immobile. Questo procedimento prende il nome di decreto di trasferimento.

Il decreto di trasferimento è un atto pubblico che viene disciplinato all’articolo 586 del Codice di Procedura Civile.

Cosa accade nel caso in cui il decreto di trasferimento riguardi l’enfiteusi? Che rapporto c’è tra enfiteusi e decreto di trasferimento?

Innanzitutto, è bene ricordare che anche il terreno può essere soggetto a pignoramento e che su un terreno possono insistere sia il diritto di proprietà di un soggetto titolare, sia il diritto di enfiteusi di un altro individuo.

Il pignoramento si estende al solo diritto di proprietà e cancella l’enfiteusi esistente, con il risultato che, in un successivo decreto di trasferimento del fondo al nuovo proprietario, questo altro soggetto avrà conoscenza dell’esistenza di una precedente enfiteusi ma questa non lo riguarderà in alcun modo.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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