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30 Luglio 2023
11:00

Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra coniugi (art. 156 del Codice civile)

Sulla base dell'art. 156 del Codice civile, il giudice può disporre che un coniuge debba essere tenuto a versare all'altro un assegno di mantenimento. Qualora sussistano i presupposti, il giudice può pronunciare l'addebito nei confronti di uno dei coniugi. La pronuncia di addebito implica la sussistenza di un rapporto causale tra la condotta del coniuge e la crisi coniugale. Se un tradimento viene effettuato quando la coppia è già in crisi, e non è la causa delle separazione, non può costituire motivo di addebito.

Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra coniugi (art. 156 del Codice civile)
Avvocato
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La norma di cui all’art. 156 del Codice civile reca una disciplina in tema di effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi.

L’art. 156 del Codice civile così dispone:

Art. 156. 

 “Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi

  Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui  non  sia  addebitabile  la  separazione  il  diritto  di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. 

  L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato

  Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 del codice civile e seguenti. 

  Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti”.

Spiegazione dell’art. 156 del Codice civile

L’art. 156 c.c. consta di quattro commi, a seguito dell’intervento del legislatore, attuato con la Riforma Cartabia, (d.lgs.  10  ottobre  2022,  n.  149,  come modificato dalla l. 29 dicembre 2022, n. 197), con l’adozione della quale sono stati abrogati alcuni commi relativi alla determinazione dell’entità dell’assegno di mantenimento o all’ipotesi di inadempimento.

Al primo comma è stabilito che il giudice determina l’assegno di mantenimento a favore del coniuge il quale non abbia proprie entrate, a meno che non venga pronunciato addebito della separazione nei confronti dello stesso.

Bisogna allora chiedersi, prima di tutto, quali sono le differenze tra assegno di mantenimento e assegno divorzile.

Bisogna poi chiarire il significato del termine “addebito”.

Differenza tra assegno di mantenimento e assegno divorzile

Come detto, uno dei coniugi può essere tenuto a versare un assegno di mantenimento nei confronti dell’altro nell’ipotesi in cui quest’ultimo non riesca a provvedere a sé stesso.

Va effettuata una distinzione tra assegno divorzile e assegno di mantenimento.

L’assegno di mantenimento viene versato da un coniuge a favore dell’altro dopo la separazione; mentre l’assegno divorzile è versato dopo la pronuncia di divorzio.

Secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza (si veda, ad esempio, Corte d'Appello di Brescia, sentenza del 17 febbraio 2023, n. 272) l'assegno di mantenimento riconosciuto al coniuge più debole nella separazione non ha una funzione perequativa compensativa, poiché tale funzione è propria dell'assegno divorzile.

La quantificazione dell'assegno di mantenimento, dunque, prescinde dalla valutazione dell'apporto dato dai coniugi in costanza di matrimonio.

Il Tribunale di Novara, con sentenza del 9 gennaio 2023, n. 9 ha inoltre precisato che la separazione personale, a differenza del divorzio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, quindi con l’assegno di mantenimento deve essere garantito all’altro coniuge il tenore di vita goduto durante il matrimonio, poiché è ancora attuale il dovere di assistenza materiale.

Che cos’è l’addebito della separazione?

La separazione può essere addebitata a uno dei due coniugi.

L’addebito può essere richiesto da un coniuge il quale ritenga che la separazione si è verificata per colpa dell’altro.

L’addebito sta dunque a indicare che la separazione è avvenuta a causa della condotta tenuta da uno dei due coniugi, e ha delle precise conseguenze.

Quali sono le conseguenze giuridiche della pronuncia di addebito?

La persona cui viene addebitata la separazione, in primo luogo, non potrà avere diritto all’assegno di mantenimento, così come stabilito dall’art. 156 del Codice civile al primo comma.

In secondo luogo, in caso di morte dell’ex coniuge, il coniuge superstite non potrà ereditare la sua quota qualora gli sia stata addebitata la separazione.

Qualora la pronuncia di addebito segua a violenze e maltrattamenti, inoltre, si possono prefigurare conseguenze penali a carico della persona che ha commesso reati.

La pronuncia di addebito, inoltre, non preclude una richiesta di risarcimento del danno sofferto dall’altro coniuge, il quale, se vittima di tradimento, ad esempio, potrà dimostrare che dalla condotta adulterina sono derivate sofferenze tali da procurargli un effettivo danno.

Addebito e tradimento

La violazione del dovere coniugale di fedeltà è la classica ipotesi che può fondare una pronuncia di addebito.

Vanno fatte però alcune precisazioni.

L’infedeltà deve essere la causa specifica della separazione, ovvero il motivo per cui la convivenza è divenuta intollerabile.

Qualora, infatti, non vi sia nesso tra tradimento e separazione, poiché, ad esempio, la convivenza era già divenuta intollerabile in precedenza, allora la separazione non potrà essere addebitata al coniuge infedele.

Addebito e abbandono del tetto coniugale

Altra ipotesi che spesso fonda le pronunce di addebito è l’abbandono del tetto coniugale.

Tra i doveri legati al matrimonio vi è quello della convivenza. Se una persona lascia la propria abitazione, con ciò dando adito alla separazione, potrà essere pronunciato nei suoi confronti l’addebito della separazione.

Anche in questo caso, come per l’ipotesi di tradimento, dovrà essere dimostrato che la convivenza non era già divenuta intollerabile, prima dell’abbandono del tetto coniugale.

Nell’ipotesi in cui uno dei due coniugi lasci la propria abitazione, poiché il matrimonio era già finito nei fatti, non potrà essere pronunciato l’addebito nei suoi confronti.

Spetterà, tuttavia, al coniuge che ha posto fine alla convivenza, dimostrare che la separazione è dovuta ad altre cause e non al suo allontanamento.

Va infine precisato che l’abbandono del tetto coniugale non è più un reato.

Potranno, tuttavia, prefiggersi conseguenze di tipo penale laddove l’allontanamento dalla propria abitazione comporti una violazione dei doveri di assistenza materiale (art. 570 c.p.).

Questa è l’ipotesi in cui il marito, ad esempio, unico in famiglia a percepire lo stipendio, lascia la moglie e i figli privi di sostentamento.

Addebito e violenze

Nell’ipotesi in cui uno dei coniugi si macchi di violenze nei confronti dell’altro, la pronuncia di addebito della separazione, non sarà fondata sulla valutazione comparativa delle condotte dei coniugi.

Sarà sufficiente, infatti, che uno dei due si macchi di violenze nei confronti dell’altro affinché il giudice pronunci nei suoi confronti l’addebito della separazione.

Resteranno fermi, come è evidente, le altre conseguenze civili e penali.

Addebito della separazione: la giurisprudenza

La giurisprudenza in tema di addebito della separazione è molto fitta e utile per comprendere, nei fatti, quando un giudice addebita la separazione a un coniuge.

Il Tribunale di Novara, con sentenza del 9 gennaio 2023, n. 8, ha stabilito che il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi costituisce violazione del dovere di convivenza. Tale condotta, da sola, è idonea a giustificare l'addebito della separazione personale, a meno che non venga provato che esso è stato causato dal comportamento dell'altro coniuge e che dipenda dal fatto che la convivenza fosse divenuta intollerabile già prima dell’abbandono del tetto coniugale.

Il coniuge che ha abbandonato la casa coniugale deve dunque provare che l'intollerabilità della convivenza si è verificata in un momento antecedente.

Il Tribunale di Trieste, con sentenza del 16 gennaio 2023, n. 28 ha stabilito che le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all'altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse.

Qualora vengano accertate violenze, dunque, il giudice è esonerato dal dovere di procedere alla comparazione delle condotte dei due coniugi, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

La Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 28 marzo 2022, n. 1019, ha stabilito che possono costituire prova della violazione del dovere di fedeltà coniugale e fondare, di conseguenza, l'addebito della separazione, le fotografie che mostrano il marito in un atteggiamento di intimità con una donna. Questo genere di atteggiamenti, infatti,  secondo la comune esperienza, possono far presumere l'esistenza tra i due di una relazione extraconiugale.

Il Tribunale di Bari, con sentenza del 10 giugno 2022, n. 2322 ha stabilito che la pronuncia di addebito non preclude la valutazione che la violazione del dovere di fedeltà possa fondare un risarcimento dei danni non patrimoniali, ex art. 2059 c.c.

La prova del danno ingiusto, conseguenza dell'infedeltà del coniuge, deve essere fondata sul fatto che la condizione di afflizione abbia violato diritti costituzionalmente protetti.

Il Tribunale di Cremona, con sentenza dell’8 aprile 2021, n. 130 ha chiarito che l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale è una violazione particolarmente grave, che normalmente causa l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

L’infedeltà va ritenuta, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione, a meno che non venga provata la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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