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22 Novembre 2023
17:00

Do ut des: cosa significa e come usarlo

Codificata per la prima volta nel Digesto, la formula “Do ut des” faceva riferimento ai cd. contratti innominati. Nel mondo del diritto si riferisce ai contratti a prestazioni corrispettive.

Do ut des: cosa significa e come usarlo
Dottoressa in Giurisprudenza
Do ut des: cosa significa e come usarlo

La nota locuzione latina “Do ut des” veniva utilizzata già nel III secolo d.C., veniva utilizzata con un’accezione puramente giuridica e specialmente con riferimento agli atti di compravendita.

Codificata per la prima volta da Giulio Paolo nel Digesto, l’espressione “do ut des” rappresentava la forma abbreviata dell’originaria “Aut enim do tibi ut des, aut do ut facias, aut facio ut des, aut facio ut facias” che potrebbe essere tradotta come “Do affinché tu dia, oppure affinchè tu faccia, o faccio perché tu dia, o faccio affinché tu faccia”.

Vediamo cosa significa e qual è il suo utilizzo nel mondo del diritto.

Cosa significa Do ut des

La formula “Do ut des” racchiude in sé il significato di un patto reciproco, in grado di impegnare le parti contraenti al rispetto e all’impegno dell’obbligazione sorta tra loro.

Il significato letterale della locuzione è quindi “io do affinchè tu dia a me” ovvero, in senso lato, l’impegno di scambiarsi qualcosa in maniera ben definita.

Nel diritto romano, la formula faceva riferimento ai cd. contratti innominati, ovvero quei negozi giuridici cui venivano riconosciuti effetti obbligatori a pena di azioni sanzionatorie: il contratto in questione, quindi, aveva alla base una forma di reciproco scambio di prestazioni o di beni.

Il concetto alla base del Do ut des è però sopravvissuto sino ai giorni nostri e sempre con riferimento a una tipologia contrattuale. Facciamo chiarezza con alcuni esempi.

Come si utilizza la formula do ut des nel linguaggio comune e nel diritto: esempi

Nel corso del tempo l’utilizzo dell’espressione Do ut des è divenuto sempre più frequente, conformandosi anche ad aspetti culturali ed economici della società.

Per esempio, a oggi l’utilizzo della locuzione ha spesso implicazioni negative, egoistiche e utilitaristiche, tradotte semplicisticamente in “Nessuno fa niente per niente” o addirittura “Se faccio qualcosa per te, mi aspetto in cambio lo stesso”.

Una trasposizione che cela il disvalore etico della società, ma anche il senso di delusione dovuto alla mancanza di empatia e altruismo del prossimo.

A ben vedere però, nel mondo del diritto la formula “Do ut des” assolve a un ruolo molto diverso ed è sopravvissuta sino ai giorni nostri riferendosi a contratti a prestazioni corrispettive.

Do ut des nel diritto privato

L’utilizzo del do ut des nel diritto privato fa riferimento alla sfera dei contratti di scambio, detti anche a prestazioni corrispettive, e dai quali deriva per le parti contraenti un vicendevole e reciproco impegno di assolvere l’obbligo di dare qualcosa.

Si tratta di obbligazioni corrispettive e fondate su una interdipendenza di prestazioni reciproche, così come accade per i contratti compravendita o di locazione di un immobile.

I contratti che realizzano un Do ut des

Vediamo quali sono i contratti che realizzano un do ut des:

Il contratto di somministrazione di lavoro, mediante il quale il lavoratore è assunto e retribuito dal cd. somministratore per svolgere l’attività di lavoro presso un terzo soggetto detto utilizzatore.

Il contratto di permuta, ovvero lo scambio reciproco di beni o diritti senza ricorrere al denaro.

Il contratto di riporto, basato sul duplice trasferimento dei titoli di credito tra riportato e riportatore.

Il contratto estimatorio, cioè il contratto con una parte consegna una o più cose a un'altra che, a sua volta, è obbligata a pagarne il prezzo qualora non restituisse il bene entro il termine fissato.

I contratti costitutivi diritti reali di godimento, stiamo parlando di enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione e servitù.

I contratti costitutivi di garanzia reale o personale, come nel caso del pegno, dell’ipoteca, della fideiussione e dell’anticresi.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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