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20 Luglio 2023
13:00

Diritto d’uso: cos’è e come si costituisce

L'uso è uno dei diritti reali, di cui agli artt. 1021 a 1026 del Codice Civile, e rappresenta un'accezione dell'usufrutto. L’uso permette al titolare di usare il bene e godere dei frutti limitatamente ai propri bisogni. I frutti in questione possono essere solo quelli naturali, mentre i frutti civili, cioè quelli economici, sono esclusi.

Diritto d’uso: cos’è e come si costituisce
Dottoressa in Giurisprudenza
Uso diritti reali come funziona

L’uso è uno dei diritti reali previsti all'interno del nostro ordinamento.

Il diritto di uso rappresenta un’accezione del più ampio genus di usufrutto ed è disciplinato all’interno dell’articolo 1021 del Codice Civile rubricato “Uso”.

Assieme all’usufrutto, infatti, è uno dei diritti reali disciplinati dalla legge.

Grazie al diritto d'uso,  viene a determinarsi la commistione tra il diritto di godimento del bene altrui e la cd “modica perceptio” (ovvero il diritto di raccogliere i frutti).

E' necessario però che questi  possano essere destinati al consumo materiale e diretto, ma a esclusione di quelli che vengono chiamati frutti civili e definiti ex art .820 c.c., e nei limiti del godimento di colui che usa e della sua famiglia.

Differenza diritto d’uso e usufrutto

Il diritto d’uso è un diritto reale di godimento la cui disciplina non va confusa con quella dell’usufrutto.

Tra i due, infatti, vi sono notevoli differenze: innanzitutto, il diritto d’uso rappresenta una forma limitata del più ampio usufrutto.

L’uso permette al soggetto che se ne serve di utilizzare il bene (oppure “res” in latino) e ottenerne all’occorrenza i frutti, qualora ve ne fossero, solo in stretta misura (es. fabbisogno necessario per sé e la famiglia).

L’uso è contemplato esclusivamente per quelli che sono chiamati frutti naturali – ad esempio, il grano prodotto dalla campagna, le pere dell’albero e così via – poiché direttamente generati dal bene.

Sono esclusi, invece, i frutti civili  che derivano dalla soddisfazione economica generata dalla cessione del bene.

A differenza dell’usufrutto, l’uso è un diritto personalissimo e in quanto tale non è possibile cederlo ad altri. Ciò è sostenuto anche dall’art. 1024 c.c.

Allo stesso modo, il diritto d’uso non può essere dato in locazione.

Titolari del diritto d’uso: diritti e obblighi

Titolari del diritto d’uso possono essere sia le persone fisiche che le persone giuridiche ma con facoltà differenti.

Le persone fisiche sono escluse dalla possibilità di godere di quelli che l’ordinamento definisce “frutti civili”, cioè quelli in denaro, e quelli non strettamente necessari al soddisfacimento dei bisogni della famiglia dell’usuario e dell’usuario stesso;

Per le persone giuridiche la titolarità del diritto di uso è riconosciuta per la sola utilizzazione del bene, escludendo la possibilità di percepire i frutti generati, poiché come detto esclusivamente rimessi al bisogno della persona fisica.

Il beneficiario del diritto di uso gode degli stessi diritti a cui l’ordinamento rimanda per l'usufruttuario.

L’usuario, quindi, può:

  • utilizzare direttamente il bene immobile;
  • ottenere il possesso dell’immobile;
  • essere tutelato da eventuali usurpazioni e agire con azioni atte a riconoscere il suo diritto;
  • apportare lavori migliorativi e addizionali all’immobile (pensiamo al caso in cui volessimo riparare un danno o installare degli elementi che andrebbero, nel loro complesso, ad accrescere la valutazione economica del bene, ma anche la sua utilizzabilità)

Allo stesso modo, i titolari del diritto d’uso sono rimessi a precisi obblighi.

L’usuario ha precisi doveri:

  • rispettare la destinazione economica impressa al bene, con la conseguenza che non potrà ottenere un guadagno economico del bene messo a disposizione di altri o addirittura commercializzare i frutti generati;
  • utilizzare il bene con diligenza e rispetto, compiendo tutti gli atti di custodia necessari;
  • riparare e amministrare il bene;
  • risarcire gli eventuali danni da lui cagionati e valutati alla stregua della perdita del valore del bene per il suo proprietario;
  • versare una cauzione al momento dell’acquisto del diritto di godimento, se espressamente richiesto dal contratto;
  • fare l'inventario degli immobili e descriverli.

In diritto, si dice che l’usuario sia tenuto a comportarsi secondo “la diligenza del buon padre di famiglia”.

Cosa significa? Questa locuzione rappresenta lo sforzo richiesto al soggetto nell’assolvimento di una determinata funzione e, più nel concreto, la diligenza che utilizzerebbe l’uomo medio – appunto il buon padre di famiglia – secondo la sua esperienza e valutando l’obbligazione cui si trova innanzi.

Il proprietario deve comportarsi come il nudo proprietario, cioè:

  • occuparsi della manutenzione straordinaria del bene;
  • scegliere di cedere il bene a terzi;
  • essere avvertito dei turbamenti patiti dal beneficiario;
  • occuparsi economicamente delle imposte gravanti sul bene, salvo la ripartizione pro quote con il proprio usuario;

Cosa accade tra proprietario e usuario in caso di spese straordinarie?

Le spese straordinarie, come possono essere quelle di riparazione di pilastri; solai; scale e altri, rappresentano un'incombenza del proprietario.

Nella pratica, tuttavia, non di rado può accadere che queste spese vengano invece assegnate al beneficiario.
In un simile caso, l’usuario potrà assolvere alle spese straordinarie facendosene carico ma al contempo potrà richiedere il rimborso di quanto sostenuto di tasca propria al momento della scadenza del contratto.

Proprio a garanzia dell’esborso economico e, quindi, delle spese che l’usuario ha dovuto pagare di tasca propria, è riconosciuto il diritto di ritenzione: cioè significa che l’immobile riparato, sarà restituito solo in cambio del rimborso delle spese.

Uso esclusivo

Il proprietario del bene ha la facoltà di disporre come meglio crede, secondo quanto previsto dal nostro ordinamento. Può succedere che questa facoltà possa però essere concessa anche ad altri soggetti, come capita nel caso del condominio.

Nel condominio è possibile concedere l’uso esclusivo a condomini non proprietari del bene, ma ciò non significa che ne siano proprietari.

Mentre, infatti, il diritto di proprietà interviene direttamente sul bene, come un potere esercitabile in via esclusiva riconoscendo al soggetto titolare la piena proprietà; nel caso dell’uso esclusivo, esso rappresenta una particolare facoltà riconosciuta al condomino che ne gode e che gli consente di escludere gli altri.

All’interno del condominio, l’utilizzo delle aree comuni è rimesso in parti uguali tra tutti i condomini, e infatti, l’articolo 1102 del Codice Civile – “Uso della cosa comune”, descrive come:

“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.

Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.”

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 28972 del 17 dicembre 2000, si sono pronunciate con una deroga importante a tale principio.

L’uso esclusivo delle aree comuni condominiali può essere riconosciuto solo se approvato all’unanimità dei condomini, oppure dal proprietario originario dell’intera struttura. 

Tuttavia, pur riconosciuto l’uso esclusivo di un bene condominiale al condomino, o a più condomini, tutti gli altri saranno chiamati a partecipare al riparto delle spese di manutenzione.

Facciamo un esempio: il lastrico solare, ovvero la superficie che svolge da copertura dell’impianto condominiale (e, se provvisto di ringhiere per l’affaccio, diviene terrazza) secondo la legge coloro che ne hanno l’uso esclusivo, sono chiamati a corrispondere ⅓ delle spese di riparazione o costruzione; mentre i restanti condomini sono rimessi al versamento dei ⅔ delle spese e ciò in proporzione alla suddivisione millesimale all’interno del condominio.

Ciò perché il lastrico solare, pur riconosciuto nell’uso esclusivo di un singolo condomino, assolve ad una funzione basilare per l’interno edificio e quindi utile per ogni singolo condomino.

Comodato d’uso

Ai sensi dell’articolo 1803 del Codice Civile viene definito il comodato d’uso:

“Il comodato è il contratto col quale una parte consegna ad un'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo  per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Il comodato è essenzialmente gratuito.”

Il comodato d’uso altro non è che una tipologia di contratto, grazie al quale un soggetto sceglie di consegnare ad un altro un  bene (mobile o immobile che sia), andando in contro alle esigenze di questi e consentendogli di utilizzare (o meglio, usare) il bene per un uso specifico o per un certo lasso di tempo.

Unico limite è che il bene dovrà essere restituito al proprietario, detto anche comodante.

Il fruitore, o comodatario, non dovrà corrispondere alcuna cifra poiché particolarità del comodato d’uso è proprio la gratuità.

Il comodato d’uso è definito un contratto reale, ciò significa che diventa effettivo nel momento in cui il bene viene consegnato dal soggetto originario ad un altro – cioè dal comodante al suo comodatario.

L’unica prestazione prevista da questo contratto è che la “res” (per i latini significa “cosa”, più in generale per noi invece è il bene) dovrà ritornare al suo proprietario.

E’ possibile dire che tra proprietario e fruitore si instauri un particolare rapporto, fatto di fiducia e di qualità personali, che consentono la buona riuscita del comodato d’uso.

Le utenze verranno pagate dal comodatario, ovvero dal fruitore. Saranno a suo carico le utenze previste dall’utilizzo del bene, gli oneri e le volture, così come spese dell’atto, di registro e di bollo.

Uso: Si può concedere l’utilizzo di un bene ad un terzo soggetto?

Se dovesse sorgerci il dubbio sul fatto che l’usuario possa a propria volta concedere l’utilizzo di un bene ad altri, la risposta è no.

L’usuario, ovvero colui che ottiene l’utilizzo del bene da parte del proprietario, non può in alcun modo cedere o locare a terzi l’immobile, e quindi il proprio diritto.

Il diritto di uso è, ripetiamo, un diritto esclusivo che garantisce al solo fruitore di godere del bene e dei suoi frutti naturali.

Il proprietario è l’unico che può cedere il bene a terzi. Come abbiamo visto, l’usuario dovrà sottoscrivere il contratto e usare il bene per il tempo e gli scopi descritti.

Come si costituisce l’uso?

L’uso, o meglio il diritto di uso, può essere costituito attraverso:

  • atto tra vivi, ovvero un contratto;
  • “mortis causa” (in giuridichese rappresenta tutte le ipotesi che si verificano a causa di morte), come la successione testamentaria;
  • usucapione;
  • riserva a favore del coniuge, di cui all'art. 540 c.c.

L’ipotesi di costituzione del diritto d’uso a cui rinvia l’articolo 540 del Codice Civile, rappresenta l’unico caso “ex lege” (in giuridichese significa “esplicitamente definito in quanto tale dalla legge”) e riserva al coniuge superstite, in qualità di soggetto legittimario, il diritto di usare quei bene di proprietà del coniuge deceduto o quelli in comune.

L’atto con cui viene instaurato l’uso deve essere redatto in forma scritta ad substantiam (riprendendo il latino, nel diritto, significa che per essere valido quell’atto deve essere per forza redatto nei modi e termini richiesti dalla legge, nel nostro caso per iscritto).

Nel caso in cui il diritto di uso sia stato costituito attraverso un contratto o per lascito testamentario, questo dovrà essere trascritto presso i registri immobiliari.

Estinzione del diritto d’uso

L’uso si estingue attraverso le medesime modalità previste per l’estinzione dell’usufrutto.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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