Il dipendente assunto con contratto a tempo determinato e che svolge attività stagionali può scegliere di esprimere la propria volontà a essere assunto in futuro, una volta terminato il contratto.
Si chiama diritto di precedenza e si atteggia come una sorta di prelazione nei confronti degli altri lavoratori che potrebbe essere assunti dal prestatore.
Sul tema è intervenuta anche la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza del 9 aprile 2024, n. 9444.
L’art. 24 del Dlgs 81/2015
Il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, intitolato “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” dedica spazio ai cd. diritti di precedenza all’interno dell’art. 24.
E’ fatto obbligo per il datore di lavoro provvedere a richiamare espressamente all’interno del contratto il diritto del lavoratore a che, una volta cessato il rapporto di lavoro a tempo determinato, possa essere assunto precedentemente rispetto ad altri dipendenti che il datore intende assumere nei prossimi 12 mesi. Lo stesso vale anche per lo svolgimento di attività stagionali.
Si tratta di un obbligo formale che mira a far conoscere al lavoratore le modalità di esercizio
del diritto, tra le quali la necessità che questi manifesti formalmente la propria volontà entro un certo termine dalla data di cessazione del rapporto.
Il risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza del 9 aprile 2024, n. 9444 si è pronunciata con riguardo al risarcimento del danno da parte del datore di lavoro che si dimostri inadempiente rispetto alla prescrizione formale, pregiudica l’esercizio del diritto di precedenza per il lavoratore.
Il datore sarà comunque tenuto al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1218 c.c., così come in ogni altro caso di assunzione di soggetti diversi in violazione del diritto di precedenza.
Nel caso in cui il datore proceda comunque a nuove assunzioni, sarà convenuto in giudizio perché inadempiente alla prescrizione formale con il risultato che difetto di manifestazione di volontà del lavoratore non sarà opponibile.