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14 Ottobre 2024
13:00

Diritto alla disconnessione, cosa prevede la proposta di legge: sanzioni fino a 3mila euro per mail e chiamate oltre l’orario di lavoro

Fuori dall’orario di lavoro e per non meno di 12 ore dalla fine del turno, il lavoratore dovrebbe avere il diritto a non ricevere comunicazioni, nè dal datore nè dai colleghi. Diverso invece il caso in cui si tratti di situazioni urgenti e necessarie, in quel caso il lavoratore sarà tenuto a rispondere e riprendere i propri obblighi di lavoro all’inizio del turno.

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Diritto alla disconnessione, cosa prevede la proposta di legge: sanzioni fino a 3mila euro per mail e chiamate oltre l’orario di lavoro
Dottoressa in Giurisprudenza
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Il diritto alla disconnessione in Italia torna a far parlare di sè: un gruppo di parlamentari del PD ha infatti depositato una proposta di legge per regolamentare il diritto dei dipendenti a non ricevere mail, messaggi, telefonate e comunicazioni da parte del datore oltre il normale orario di lavoro.

Quest’estate il tema era tornato sulla cresta dell’onda, complice l’entrata in vigore della medesima disciplina in Australia in tendenza con il resto del mondo sul fondamentale riconoscimento del diritto di ciascuno a staccare la spina dal lavoro e tutelare il tempo libero. È il caso della Francia, prima tra tutte nell’Ue, ma anche Germania, Spagna e Belgio, a cui poi si è progressivamente aggiunta l’Italia con la disciplina del lavoro agile.

Allo stato attuale, in Italia non vi è una normativa uniforme in tema di diritto alla disconnessione che, anzi, non trova applicazione in maniera generalizzata correndo il rischio per molti lavoratori di ricevere le notifiche dall’ufficio anche dopo aver salutato il capo e i colleghi.

Separare il lavoro dalla sfera personale, utilizzate la tecnologia correttamente nel mondo del lavoro e rispettare l’orario dei lavoratori sono solo alcuni dei punti oggetto della proposta di legge.

Diritto alla disconnessione in Italia: cosa prevede la proposta di legge

Lavoro, poi stacco” non è solo una frase che molti lavoratori ripetono prima di dedicarsi al proprio tempo libero, ma è diventato il vero e proprio slogan che in queste ore sta accompagnando la proposta di legge sul diritto alla disconnessione.

Depositata alla Camera e proveniente dal PD, il progetto normativo ha accolto l’istanza del gruppo Gen Z “L'asSociata” che ha inteso innovare l’approccio al mondo del lavoro anche attraverso il rispetto del proprio tempo libero.

Non solo smart working quindi, ma anche e specialmente il diritto a essere offline dopo il consueto orario d’ufficio: basta a messaggi, mail, telefonate, riunioni dopo aver timbrato il cartellino d’uscita.

Tutti i lavoratori hanno il diritto a concludere la giornata lavorativa al momento di chiusura del turno, fissando il limite comincia il periodo di riposo e finisce l’essere costantemente reperibili.

“Il lavoratore ha diritto di non ricevere comunicazioni dal datore di lavoro o dal personale investito di compiti direttivi nei confronti del lavoratore stesso al di fuori dell’orario ordinario di lavoro previsto dal contratto di lavoro applicato e, comunque, per un arco di tempo minimo di dodici ore dalla cessazione del turno lavorativo”, così come sottolinea l’art. 3 della proposta.

Fuori dall’orario di lavoro e per non meno di 12 ore dalla fine del turno, il lavoratore dovrebbe avere il diritto a non ricevere comunicazioni, nè dal datore nè dai colleghi. Diverso invece il caso in cui si tratti di situazioni urgenti e necessarie, in quel caso il lavoratore sarà tenuto a rispondere e riprendere i propri obblighi di lavoro all’inizio del turno.

Chi riguarda?

La proposta di legge intende colmare il vuoto normativo esistente in tema di diritto alla disconnessione.

Lo scopo è di tutelare tutti i lavoratori, non solo i dipendenti che non trovano nel CCNL di riferimento l’applicazione del “right to disconnect”, ma anche i lavoratori autonomi.

Analogamente, del resto, anche le associazioni e gli ordini professionali saranno chiamati a fare la loro parte a tutela dei liberi professionisti, ovvero aggiornando i codici di deontologia professionale a partire dall’entrata in vigore della proposta (qualora venisse accolta!).

Il problema delle dotazioni digitali

Tra i punti fondamentali della proposta di legge avanzata dal Partito Democratico e intitolata “Lavoro, poi stacco”, c’è anche l’utilizzo consapevole delle dotazioni digitali.

Per tutelare il lavoratore e il necessario limite a non essere reperibile oltre l’orario di lavoro, passa anche per gli strumenti tecnologici: computer, tablet, cellulare e sim aziendale sono solo alcuni tra questi.

Sebbene si tratti di una buona regola quella del datore di fornire il lavoratore dei device necessari, troppo spesso invece si permette l’uso promiscuo del proprio telefono personale impedendo al lavoratore di poter discernere il tempo libero dal tempo di lavoro e mantenendolo costantemente attaccato alle comunicazioni formali.

Per questo motivo, la proposta di legge auspica di introdurre un vero e proprio obbligo per i datori di aziende con un numero di dipendenti superiore a 15 di fornire le dotazioni digitali aziendali e di gestire i relativi costi discendenti.

Fino a 3.000 euro di multa per il datore di lavoro

Stop a telefonate, mail, riunioni, messaggi e comunicazioni oltre l’orario di lavoro, a dirlo è la proposta di legge avanzata alla Camera da parte di un gruppo di parlamentari del PD.

Il datore di lavoro che non dovesse attenersi al rispetto della previsione normativa rischia di incorrere in una multa salata a partire da 500 euro e fino a 3.000 euro per ogni lavoratore contattato oltre l’orario d’ufficio.

La proposta di legge, infatti, intende tutelare il diritto a non essere sempre reperibili per il datore e i colleghi, salvo che non si tratti di situazioni urgenti.

Fuori dall’orario di lavoro e per almeno 12 ore dalla fine del turno nessuna comunicazione lavorativa deve essere inoltrata al lavoratore.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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