Condominio e comunione presentano elementi in comune, ma non sono la stessa cosa.
Se proviamo a ragionare in termini di insiemi, possiamo dire che tra la comunione e il condominio vige il seguente rapporto.
L’insieme “condominio” è contenuto nell’insieme più ampio che è rappresentato dalla “comunione”.
Prima di stabilire le differenze tra condominio e comunione, però, bisogna chiarire i due concetti.
- 3.1Quali norme si applicano al condominio, e quali norme si applicano alla comunione?
- 3.2Il vincolo di accessorietà delle parti comuni rispetto alle parti di proprietà esclusiva
- 3.3Le quote dei partecipanti alla comunione e i diritti dei condomini sulle parti comuni
- 3.4Che differenze ci sono tra condominio e comunione in tema di miglioramento della cosa comune?
- 3.5Approvazione del regolamento e nomina dell’amministratore sono atti obbligatori sia in ipotesi di condominio che in ipotesi di comunione?
- 3.6Che differenza c’è nella disciplina relativa al rimborso delle spese tra condominio e comunione?
- 3.7Anche il condominio si può sciogliere come la comunione?
- 3.8Le obbligazioni dei condomini hanno natura solidale o parziaria?
Che cos’è il condominio?
Il condominio è una specie di comunione forzosa.
Nel condominio, infatti, una serie di soggetti, i condomini si trovano a condividere parti comuni, rispetto alle quali vantano la posizione di comproprietari, e parti che sono escluse dal regime di comunione, poiché sono abitazioni di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Che cos’è la comunione?
La comunione è una forma di condivisione della proprietà o di altro diritto reale.
Nella comunione, ciascun comunista è proprietario di una quota ideale del bene in comunione.
Le differenze tra comunione e condominio
Comunione e condominio sono dunque concetti differenti.
Tanto è vero che nel Codice civile sono previste norme specifiche in tema di comunione e norme specifiche in tema di condominio.
Vediamo, nello specifico, quali sono le differenze.
Quali norme si applicano al condominio, e quali norme si applicano alla comunione?
Alla regolamentazione del condominio vanno applicate le norme che ritroviamo nell’ambito del Libro III, Titolo VII, Capo II, che è dedicato alla materia specifica del “Condominio negli edifici”.
Per quanto non espressamente previsto dal Capo II, ai sensi dell’art. 1139 c.c., si applicano le norme in tema di comunione, contenute nel Capo I.
Le norme sulla comunione, dunque, sono contenute nel Libro III, Titolo VII, Capo I del Codice civile intitolato “Della comunione in generale”.
Il vincolo di accessorietà delle parti comuni rispetto alle parti di proprietà esclusiva
Il condominio, rispetto alla comunione, ha dunque una sua peculiarità, in quanto a differenza della comunione, vi sono parti di proprietà esclusiva rispetto alle quali le parti in comune presentano un vincolo di accessorietà.
Sul punto si è espressa la Corte di cassazione con sentenza pronunciata a Sezioni Unite il 31 gennaio 2006 n. 2046, onde chiarire l’applicabilità della disciplina codificata in tema di condominio al cosiddetto condominio minimo ovvero il condominio composto da due soli condomini.
Alcuni, invero, sostenevano l’applicabilità delle norme in tema di comunione all’ipotesi del condominio minimo, in ragione della presenza dei soli due condomini, escludendo l’applicabilità delle norme in tema di condominio a questa figura.
La Corte di cassazione ha chiarito che “la specifica fisionomia giuridica del condominio negli edifici -la tipicità, che distingue l'istituto dalla comunione di proprietà in generale e dalle altre formazioni sociali di tipo associativo- si fonda sulla relazione che, nel fabbricato, lega i beni propri e comuni, riflettendosi sui diritti, dei quali i beni formano oggetto (la proprietà esclusiva e il condominio).
Le norme dettate dagli artt. 1117, 1139 del Codice civile si applicano all'edificio, nel quale più piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse e un certo numero di cose, impianti e servizi di uso comune sono legati alle unità abitative dalla relazione di accessorietà”.
La Corte ha inoltre stabilito che: “se nell'edificio almeno due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, il condominio – considerato come situazione soggettiva o come organizzazione – sussiste sulla base della relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni e, per conseguenza, indipendentemente dal numero dei partecipanti trovano applicazione le norme specificamente previste per il condominio negli edifici”.
Di conseguenza, ha concluso la Cassazione, in relazione al rimborso delle spese delle parti comuni non trova applicabilità il 1110 c.c., dettato in tema di comunione, bensì trova applicazione il 1134 c.c., dettato in tema di condominio.
L’elemento caratterizzante il condominio è, dunque, la relazione di accessorietà, elemento che lo distingue dalla comunione, in cui tale relazione di accessorietà tra parti di proprietà comune e parti di proprietà esclusiva non sussiste.
Anche solo in presenza di due condomini, dunque, si è in presenza di un condominio e vanno applicate le norme specifiche dettate al Capo II.
Le quote dei partecipanti alla comunione e i diritti dei condomini sulle parti comuni
Nella comunione, le quote dei partecipanti si presumono uguali (art. 1101 del Codice civile). Il concorso dei partecipanti ai vantaggi e ai pesi si presume dunque in proporzione alle rispettive quote.
Nel condominio, invece, il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene (art. 1118 del Codice civile).
Le spese sono dunque sostenute in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (art. 1123 del Codice civile).
La ripartizione delle spese nel condominio, in particolare, viene effettuata in base alle tabelle millesimali.
Che differenze ci sono tra condominio e comunione in tema di miglioramento della cosa comune?
Il comunista può apportare modifiche alla cosa comune a proprie spese per il migliore godimento della cosa (art. 1102 del Codice civile).
I condomini possono effettuare innovazioni dirette al miglioramento delle parti comuni solo a seguito di decisione assunta dall’assemblea, modifiche e innovazioni, inoltre, non devono pregiudicare la stabilità dell’edificio, né il decoro dello stesso.
Approvazione del regolamento e nomina dell’amministratore sono atti obbligatori sia in ipotesi di condominio che in ipotesi di comunione?
La nomina di un amministratore è facoltativa nella comunione, mentre nel condominio è necessaria se vi sono più di otto condomini.
Il regolamento della comunione è un atto facoltativo, mentre è necessaria l’approvazione di un regolamento condominiale in presenza di un numero superiore ai dieci condomini.
Che differenza c’è nella disciplina relativa al rimborso delle spese tra condominio e comunione?
Per ciò che concerne il rimborso delle spese, come detto sopra, la materia condominiale è disciplinata ex art. 1134 c.c.. Il condomino che ha assunto la gestione della parti comuni senza autorizzazione non ha diritto al rimborso salvo l’ipotesi in cui si tratti di una spesa urgente.
Diversa è l’ipotesi del rimborso di spese ex art. 1110 c.c. ove è disposto che il partecipante, il quale abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune in caso di trascuranza degli altri comunisti o dell’amministratore, ha diritto al rimborso.
Si tratta, dunque, di due disposizioni completamente opposte.
Anche il condominio si può sciogliere come la comunione?
Per ciò che riguarda lo scioglimento della comunione, ogni comunista può sempre domandarlo.
Nel caso del condominio, invece, le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione.
Abbiamo visto, infatti, che il condominio è un’ipotesi di comunione forzosa.
Le obbligazioni dei condomini hanno natura solidale o parziaria?
Questione peculiare attiene alla natura delle obbligazioni dei condomini.
In ipotesi di comunione, infatti, ai sensi dell’art. 1115 del Codice civile viene stabilito che ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa comune.
Le obbligazioni dei condomini, invece, si possono considerare parziarie o solidali?
La differenza tra obbligazioni solidali e obbligazioni parziarie attiene alla disciplina prevista per le stesse.
Un'obbligazione è solidale quando vi sono più debitori (solidarietà passiva) o più creditori (solidarietà attiva) e tutti sono obbligati "in solido", all’adempimento della prestazione.
Di conseguenza, in caso di solidarietà passiva, ogni creditore potrà chiedere al debitore di adempiere per intero, e costui adempiendo la prestazione libererà tutti i coobbligati, successivamente potrà esercitare azione di regresso nei confronti degli altri.
In caso di solidarietà attiva, il debitore potrà adempiere la prestazione per intero nei confronti di un solo creditore e sarà liberato dal debito.
Nell’obbligazione parziaria, invece, ogni creditore o debitore è responsabile solo in relazione alla propria quota.
Con nota sentenza resa a Sezioni Unite dalla Corte di cassazione 8 aprile 2008, n.9148, si è stabilito che le obbligazioni dei singoli condomini hanno natura di obbligazioni parziarie.
La Corte ha affermato che la solidarietà passiva, infatti, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell'obbligazione, ma anche della indivisibilità della prestazione comune.
In mancanza del requisito della indivisibilità della cosa comune e in difetto di una espressa disposizione di legge, va presunta la intrinseca parziarietà della obbligazione.
Le Sezioni Unite hanno infatti ricordato che “l'obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro”; inoltre “la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge”.
Sul punto va inoltre precisato che con la Riforma del condominio, attuata con legge 11 dicembre 2012, n.220 il legislatore ha modificato l’articolo 63 delle disposizioni attuative al Codice civile che, al secondo comma, dispone che “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini“.
La norma in questione è coerente con quanto stabilito dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite nel 2008.
Ciascun condomino, dunque, risponde pro quota, lo scopo della norma è quello di sollecitare il pagamento da parte dei morosi.