video suggerito
video suggerito
25 Giugno 2024
12:35

Diffamazione: cos’è, come difendersi e come è punito il reato

Chiunque offende la reputazione di una persona assente, impedendogli di poter replicare e oppure offende attribuendo un fatto determinato, così come si avvale del mezzo della stampa per offendere la reputazione altrui, commette diffamazione (art. 595 c.p).

8 condivisioni
Diffamazione: cos’è, come difendersi e come è punito il reato
Dottoressa in Giurisprudenza
Diffamazione: cos’è, come difendersi e come è punito il reato

Chiunque offende la reputazione di una persona assente, impedendogli di poter replicare e oppure offende attribuendo un fatto determinato, così come si avvale del mezzo della stampa per offendere la reputazione altrui, commette diffamazione (art. 595 c.p).

La pena base per il reato di diffamazione è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1.032 euro, ma nelle altre ipotesi la pena è aumentata.

Per reputazione si intende la dignità personale e la percezione che gli altri hanno di noi, così come della stima diffusa, del decoro e dell’onore nell’ambiente sociale e professionale.Per cui, per potersi parlare di diffamazione è sufficiente l’utilizzo di parole che attribuiscono qualità sfavorevoli alla persona offesa, ovvero che siano tali da gettare una luce negativa sul suo onore.

La tutela dell’onore trova il suo fondamento all’art. 3 della Costituzione il quale, sancendo la pari dignità tra tutti i cittadini, vieta ai singoli di esprimersi con giudizi di indegnità gli uni con gli altri.

Che cos'è la diffamazione e cosa prevede l'art. 595 c.p.

Il legislatore punisce la diffamazione all'art. 595 del Codice penale, ricomprendendo tale reato all'interno del Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo XII – Dei delitti contro la persona, Capo II – Dei delitti contro l'onore.

"Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

Se l'offesa è recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate".

Si tratta di un reato comune, ovvero che può essere commesso da “chiunque” e comunicando con più persone – almeno due quindi – anche se non presenti nello stesso momento.

L’offesa deve essere pronunciata in assenza della persona diffamata, in modo tale che non possa replicare e difendersi.

Il soggetto passivo del reato può essere ugualmente chiunque, anche la persona incapace di intendere e di volere, così come una società o una persona giuridica.

Inoltre, il reato di diffamazione è a forma libera dal momento che l'offesa all'altrui reputazione può avvenire in qualunque modalità comunicativa (a voce, per iscritto, con gesti).

La diffamazione è un reato di evento, cioè si consuma nell’istante e nel luogo in cui l’offesa viene percepita dai suoi destinatari.

Quando si può parlare di diffamazione: i presupposti e i 3 elementi costitutivi

Si parla di diffamazione ogni volta in cui qualcuno, alla presenza di altri, offende l'altrui onore e reputazione.

Per reputazione si intende il senso della dignità personale così come percepito dagli altri. Per questo motivo, l'offesa alla reputazione può anche riguardare il decoro professionale.

L'offesa deve assumere il carattere della denigrazione, anche sotto forma di parole che attribuiscano qualità sfavorevoli o che riconducano falsamente un fatto determinato alla persona offesa.

Le espressioni offensive devono essere comunicate a più persone e ciò vale anche nel caso in cui l'autore si rivolga a una sola persona ma parlando a un tono di voce tale da essere udito anche da altri con facilità.

Non occorre che i destinatari della comunicazione siano simultaneamente presenti al momento delle dichiarazioni, che infatti possono anche avvenire in momenti successivi ma che comunque coinvolgano più persone – pensiamo ai messaggi vocali o alle mail, che possono essere mandate a più persone in momenti diversi.

Non è diffamazione l’utilizzo di frasi ed epiteti detti per scherzo, per gioco o per finzione.

Esempi di diffamazione

Si parla di diffamazione ogni volta in cui, in assenza della persona alla quale ci si riferisce, si usano espressioni e parole offensive della sua reputazione.

La casistica in tema di diffamazione è davvero ampia e tocca gli scenari più disparati.

Ecco alcuni esempi di diffamazione.

Gli insulti

Un insulto, teso a ledere la dignità altrui e pronunciato in assenza della persona offesa, può rappresentare un esempio di diffamazione.

Per la giurisprudenza, però, non è così per tutti gli insulti.

Vaffanculo”: rappresenta un’espressione di uso così comune da non poter integrare di per sè nè la diffamazione, nè l’ingiuria, ma al più un esempio di gran villania (Corte di Cassazione Penale, sez. V, sent. 27966 del 13 luglio 2007).

Rompiballe”: l’epiteto deve essere valutato alla stregua del criterio medio valutativo, cioè con l’accezione di “seccatore” e pertanto non integra il reato (Corte di Cassazione, sezione 5, penale sentenza 27 maggio 201, n. 22887 ).

Coglione”: non assume i connotati dell’offesa se pronunciata con l’intenzione di sottolineare l’affettività giocosa ed è quindi un’espressione colorita se intesa come “ingenua”, “sprovveduta” (Corte di Cassazione, sez. 1, penale sentenza 13 luglio 2017, n. 34442).

Mi hai rotto i coglioni”: non integra il reato poiché intesa quale dichiarazione di insofferenza rispetto ad azioni del soggetto, l’espressione è priva del contenuto offensivo o lesivo dell’onore ma si connota solo della maleducazione di colui che la espliciti (Corte di Cassazione, sez. V, penale, sentenza 3 maggio 2013, n. 19223).

Pazzo”: non ha connotazione diffamatoria se resa in un contesto volto a definire un'organizzazione scorretta e foriera di gravi disorganizzazioni (Corte di Cassazione, sez. V, penale sentenza 25 novembre 2020, n. 17672).

Social network e blog

L’utilizzo delle piattaforme online, dei blog e dei social network ha reso tutti più esposti alle critiche e alla visibilità. La giurisprudenza è tornata frequentemente sul tema sancendo quando è possibile configurare il reato di diffamazione.

Nel caso di contenuti offensivi nel blog, il blogger risponde della diffamazione quando non provvede tempestivamente alla rimozione degli scritti denigratori pubblicati da terzi sul suo sito, poichè ciò permette la diffusione dei commenti diffamatori (Corte di Cassazione, sez. V, penale, sentenza 20 marzo 2019, n . 12546).

Bacheca Facebook: la diffusione del messaggio diffamatorio attraverso la bacheca Facebook integra il reato poiché potenzialmente idoneo a raggiungere un numero indeterminato di persone (Corte di Cassazione, sez. V, penale, sentenza 25 gennaio 2021, n. 13979).

La pubblicazione di immagini su Instagram, manipolate negativamente e volta ad attirare commenti da parte degli utenti, integra il reato di diffamazione (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza del 7 novembre 2017).

Offese in genere

L’attribuzione di frasi, circostanze, qualità, relazioni sentimentali possono – a seconda del loro tenore – integrare il reato di diffamazione.

Nel caso si attribuzione di qualità sfavorevoli, è necessario che le parole gettino una luce negativa sull’interessato (Corte di Cassazione, sez. V, penale, sentenza 11 giugno 2020, n. 17944).

Utilizzare allusioni ed espressioni dubitative, con l'intento di suscitare il dubbio sulla personalità altrui nel comune sentire attraverso la forma delle insinuazioni, purché sussista la capacità di ledere concretamente (Corte di Cassazione, sez. V, sentenza 17 aprile 1991, n. 4384 e Corte di Cassazione, sez. VI, sentenza 11 novembre 1976, n. 1988).

Non integra il reato di diffamazione la segnalazione di comportamenti deontologicamente non corretti. È il caso dell’invio di una comunicazione al Presidente dell’Ordine professionale in cui, con espressioni offensive, vengono segnalati i comportamenti deontologicamente scorretti del professionista poiché è un reclamo diretto personalmente al titolare di un organo e manca la comunicazione con più persone (Corte di Cassazione, sez. V, sentenza 8 maggio 2009, n. 19396).

Inviare email dal contenuto offensivo ad una pluralità di destinatari, tra cui anche il diretto interessato dalle offese, integra comunque il reato (Corte di Cassazione, sez. V, sentenza 8 aprile 2021, n. 13252).

Tipi di diffamazione

La diffamazione può avvenire sia in via orale (pensiamo ai pettegolezzi, alle maldicenze o al chiacchiericcio) oppure attraverso lo scritto (come le email, i commenti sui social network, a mezzo stampa).

Dimostrare la diffamazione orale  può non essere semplice, poiché priva di tracce scritte e il rischio che la querela sporta all’Autorità per tutelare i propri diritti venga archiviata è dietro l’angolo.

Con alcuni accorgimenti è possibile evitare l’archiviazione della querela sporta per diffamazione e che quindi la Procura si attivi in direzione degli accertamenti necessari.

Occorre infatti essere quanto più precisi possibile nella descrizione dei fatti e delle circostanze apprese dai racconti di altri. Possibilmente anche indicando i nomi delle persone a cui sono state riportare le dichiarazioni offensive e che potranno, eventualmente, testimoniare a favore.

La diffamazione scritta è esplicita ogni volta in cui l’autore dei commenti lesivi dell’altrui reputazione e dignità lo fa attraverso lettera, stampa, e-mail, social network, app, internet o altro mezzo di comunicazione idoneo alla diffusione.

È possibile provare la diffamazione subita tramite scritto grazie alla produzione di una prova documentale, ovvero avvalendosi di una copia dell’articolo o della pagina in cui compare il contenuto diffamatorio.

Ai fini del processo, la validità del documento come prova è indicata dall’articolo 234 c.p.p. il quale dispone che:

“È consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.

Quando l'originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia.

È vietata l'acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti”.

Quando si parla di diffamazione aggravata

La diffamazione aggravata si verifica con il mezzo della stampa o di altri mezzi di comunicazione, o riguardi un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, così come prevedono i commi 3 e 4, art. 595 c.p.:

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.

La diffamazione aggravata prevede esplicitamente che i soggetti elencati siano assenti al momento delle dichiarazioni perchè, se invece fossero presenti, si configurerebbe il reato di Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario di cui all’art. 342 c.p.

E’ ovvio che l’offesa diffamante se circoscritta in un ambiente ristretto, come possa essere un gruppo di amici o il luogo di lavoro, avrà una portata diversa rispetto alla diffusione di dominio pubblico.

La procedibilità

Il reato di diffamazione è procedibile a querela di parte, cioè la persona offesa ha il diritto di segnalare all’Autorità giudiziaria il reato subito.

La legge prevede che solo il diretto interessato dalla vicenda abbia il diritto di presentare la querela al fine di rendere noti i fatti lesivi alle Autorità competenti e far sì che queste si attivino per la ricerca degli elementi utili che condurrà poi all’iscrizione della notizia di reato e successivamente al processo.

La procedibilità a querela impedisce al processo di iniziare “d’ufficio”, ovvero su impulso della Procura della Repubblica (a differenza, invece, della calunnia).

La pena per la diffamazione

Cosa si rischia in caso di diffamazione?

La pena base per la diffamazione è la reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 1.032 euro.

Se la diffamazione attribuisce un fatto determinato all’offeso, la reclusione è fino a 2 anni oppure la multa fino a 2.065 euro.

Se l’offesa avviene usando la stampa o un altro tipo di comunicazione, seguirà la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni oppure la multa fino a 516 euro.

Diffamazione a mezzo stampa e diritto di cronaca

In tema di diffamazione, il diritto di cronaca assume una particolare importanza anche alla luce del fatto che i fatti offensivi possano essere resi noti ad un numero indistinto di persone perché pubblicati a mezzo stampa.

L’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà di stampa prevedendo che non possa essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Tuttavia, anche i diritti fondamentali incontrano il limite dell’esercizio entro il rispetto dell’onore e della dignità altrui.

Il diritto di espressione e di stampa, così come in generale può essere inteso il diritto all’informazione, si distingue in diritto di cronaca, diritto di critica e di satira.

Il diritto di cronaca e di critica presuppongono il controllo di ciò che viene pubblicato e in particolare verificare:

  • la pertinenza, ovvero che i fatti siano realmente di interesse pubblico e meritevoli di divulgazione;
  • la continenza, utilizzando ciò espressioni e parole opportune e adeguate;
  • la verità della notizia, cioè che i fatti siano veri, le fonti attendibili e che non sia semplicemente la notorietà di “voci di corridoio”;
  • l’attualità, che le circostanze siano attuali e d’interesse pubblico.

Al pari, la satira – rappresentando una forma di espressione artistica – forza la mano sugli aspetti della continenza (ricorrendo ad espressioni pungenti e ironiche) e dell’obbligo della verità, ma in ogni caso è chiamata al rispetto di tutti gli altri aspetti visti fin qui.

Il diritto di cronaca si basa sull’esposizione di fatti di interesse pubblico che abbiano lo scopo di poter informare tutti.
Come sappiamo, il diritto all’informazione è esplicitamente tutelato all’art. 21 della Costituzione e, in quanto tale, l’informazione deve garantire che i suoi contenuti siano:

  • liberi da condizionamenti, vale a dire che non siano soggetti a limitazioni o censure;
  • raccontare fatti veri e rilevanti;
  • narrare circostanze attuali;
  • rispettare il diritto all’oblio;

Che responsabilità ha il direttore del giornale in caso di diffamazione?

Il direttore del giornale ha il dovere di vigilare sui contenuti pubblicati, a lui spetta l’ultima parola ed è quindi responsabile delle conseguenze generate dai contenuti diffamatori.

La Cassazione è intervenuta frequentemente sul punto, vediamo insieme le sentenze più interessanti:

Il direttore di un giornale risponde del reato di diffamazione, poiché responsabile del tenore diffamatorio che accompagna l’articolo pubblicato, nel caso in cui abbia contribuito a formare il titolo o abbia approvato consapevolmente i contenuti prima che venissero mandati in stampa.

Corte di Cassazione, sez. V, sent. n. 12548 del 20 marzo 2019

La responsabilità del direttore del giornale per i danni cagionati dalla diffamazione pubblicata a mezzo stampa è data dal fatto che costui ha l’obbligo di controllo e facoltà di sostituzione dei contenuti.

Corte di Cassazione Civile, sez. III, sent. n. 10252 del 12 maggio 2014

Quali notizie sono diffamatorie? E’ ovvio che non tutte le notizie possano ritenersi offensive o lesive della dignità altrui, è indiscusso che il contenuto diffamatorio di una notizia deve risultare dalla notizia complessivamente esposta.

Il solo fatto che una notizia sia stata espressa in forma dubitativa ma occorre verificare che siano esposte frasi volutamente ambigue, sottintese, allusive e suggestive idonee a ingenerare la falsità sul conto altrui.

E’ possibile diffamare anche avvalendosi di altri mezzi di comunicazione, pensiamo ai pubblici comizi o agli spettacoli televisivi che, per loro natura, sono in grado di raggiungere un’ampia  e indiscriminata fetta della popolazione.

Differenze tra diffamazione, ingiuria e calunnia

E’ responsabile del reato di diffamazione, ex art. 595 c.p., colui che offende l’altrui reputazione e onore riferendosi ad un gruppo di persone in assenza della persona offesa.

Si parla di calunnia, così come previsto dall’art. 368 c.p., nel caso in cui si incolpi qualcuno di aver commesso un reato o se ne simulino a suo carico le tracce, rendendo edotta l’Autorità giudiziaria.

La calunnia è un reato di pericolo, ovvero non è necessario che l’accusa instauri realmente un processo contro l’innocente perchè l’autore venga punito, ma è bastevole anche la mera potenzialità di arrecare un danno e di avviare inutilmente un processo.

Le due ipotesi non vanno confuse con l’ingiuria.

Con il D.L. 15 gennaio 2016, n. 7 l’ingiuria è stata depenalizzata: ad oggi non è più un reato che verrà punito nel processo penale, ma è un illecito civile che genererà il risarcimento del danno causato alla persona offesa.

Si parla di ingiuria nel caso in cui l’offesa all’onore, alla dignità e alla rispettabilità di una persona venga pronunciata in sua presenza.

Come è punita l’ingiuria?

Depenalizzando l’ingiuria, sono venute meno le sue conseguenze penali.

Ad oggi, poiché illecito civile, l'ingiuria prevede la liquidazione di un risarcimento in favore della vittima e valutato alla stregua del danno subito da parte del giudice. In più, è prevista la sanzione da 100 a 8.000 euro nel caso in cui sia attribuito un fatto determinato; se invece l’ingiuria avviene davanti a più persone, la sanzione pecuniaria va dai 200 fino ai 12.000 euro.

Il risarcimento del danno per diffamazione

La diffamazione può comportare il risarcimento del danno subito.

Sul punto, sono intervenute diverse sentenze autorevoli delle Sezioni Unite sancendo che, una volta appurata la natura diffamatoria, la persona offesa ha il diritto a vedersi riconosciuto il risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti ingiustamente perchè lesa nella dignità, immagine e reputazione.

Tuttavia, per potersi liquidare il risarcimento, occorre valutare concretamente il pregiudizio sofferto, così come le ricadute alla sfera personale e professionale delle dichiarazioni diffamatorie.

Il risarcimento per la diffamazione può essere:

  • liquidazione di una somma di denaro quantificata dal giudice;
  • ordine di pubblicazione della sentenza ai danni dell’autore della diffamazione;
  • ordine di pubblicazione della smentita con rettifica dei fatti che hanno riguardato il diffamato.

Come ci si difende dall'accusa di diffamazione

Offendere pubblicamente la reputazione altrui è un reato, si parla infatti di diffamazione ogni volta in cui si offenda la dignità, l’onore e la reputazione di una persona in sua assenza e alla presenza di due o più persone.

Può accadere però di essere accusati di aver diffamato qualcuno e apprendere di essere stati querelati. E’ possibile difendersi dalla diffamazione?

E’ consigliabile innanzitutto farsi assistere da un avvocato, ma è bene ricordare di ammettere i propri sbagli e adoperarsi spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze di quanto causato.

A questo punto la persona offesa potrebbe scegliere di non presentare la querela; in alternativa, rimettere la querela (ovvero, ritirarla) qualora già resi noti i fatti all’Autorità.

Avatar utente
Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
Sfondo autopromo
Segui Lexplain sui canali social
api url views